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Autore: LaylaLaRed    22/08/2013    2 recensioni
Il passato non potrà mai dimenticare.
Nemmeno tu.
Sono passati tre anni. Tre lunghi anni.
Sono tutti cambiati. Serena è madre, Blair sta per sposarsi, Nate è direttore del NY Times.
Ma c'è un'ombra del loro passato, che è pronta a tornare.
Qualcuno che non vedevano da tanto, troppo.
Qualcuno che li aveva abbandonati, una notte di tre anni prima.
Qualcuno, solo qualcuno.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Nate Archibald, Serena Van Der Woodsen | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass, Nate Archibald/Serena Van Der Woodsen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Era chiaro.
Era chiaro a tutti che Blair Waldorf avesse tutto sotto controllo.
Nonostante l’organizzazione del suo addio al nubilato fosse stata affidata a Serena van der Woodsen, Blair aveva dovuto riprendere in mano le redini del suo party, e si era preoccupata di mandare Dorota in avanscoperta per chiarire dove fosse finita la bionda.
“No! Avevo detto che le fontane di champagne devono essere due, non quattro! Il mio sarà un party civile, non un party selvaggio!”, aveva sbraitato quando i camerieri avevano posizionato quattro meccanismi che, attivati, iniziavano ad illuminarsi di blu e a fioccare champagne da ogni angolo.
Dopo la telefonata che aveva ricevuto da Charlotte Grimaldi il giorno precedente, si era rinchiusa nella sua stanza a pensare per un’ora e poi aveva pianificato tutto il tempo che le rimaneva prima della grande notte.
“Signorina Blair, della signorina Serena non c’è traccia!”, la voce di Dorota destò la brunetta, ferma in mezzo al salotto di casa Waldorf, dai suoi pensieri.
Si voltò lentamente, respirando in maniera profonda.
“Come non c’è traccia? Ti avevo detto di cercare in tutti i night club e gli hotel della zona!”, sbraitò.
Dorota fece qualche passo indietro, intimorita.
“L’ho fatto, signorina Blair. Ma nessuno ha visto la signorina Serena”, si giustificò, allontanandosi verso la cucina.
Blair emise un urletto nervoso e si avvicinò al telefono, sbuffando.
C’era un messaggio da Stefania.
Roteò gli occhi. Troppo presa dall’organizzazione del party, aveva ignorato di aver finto un’amicizia con quella plebea e di dover continuare a portare avanti il suo piano.
“Ho un vestito perfetto per stasera, B. Un bacio, –St”, citava il messaggio, a cui era allegata la foto di un minidress rosso fuoco fin troppo mini per una donna in procinto di avere un figlio, ed a scollo ampio.
Blair sorrise.
Sapeva esattamente come buttarla giù.
“Il dress-code per stasera è eleganza notturna, Stefania. Non puttanella di Las Vegas”, digitò, omettendo i saluti.
Sorrise compiaciuta e premette il tasto di invio, attendendo la risposta, che non mancò di arrivare dopo qualche secondo.
“Oh, scusami. Ok…facciamo shopping?” le aveva scritto l’italiana.
Blair sbuffò.
Non aveva voglia di intrattenere alcun tipo di conversazione con quella donna, quindi spense il telefono e lo abbandonò su di un tavolino.
Sospirò ancora, guardandosi intorno.
Camerieri e donne delle pulizie che fluttuavano da un lato all’altro della stanza, prendendo ordini da Dorota, che aveva a sua volta l’ordine di far rispettare qualsiasi tipo di dittatura Blair volesse far seguire.
Joseph era stato esiliato dall’appartamento in tempo per l’organizzazione della festa, ed era andato a stare nell’hotel dove aveva organizzato il suo addio al celibato.
Ripensò al giorno prima, e a come era stato difficile ricacciare dentro tutti i ricordi risalenti a Chuck e Louis.

“Ciao, tu devi essere Blair!”, una ragazza dai capelli corvini, gli occhi incredibilmente verdi e il fisico snello e longilineo, tese la mano verso la brunetta.
Blair la squadrò: outfit piuttosto semplice ma elegante, composto da pantaloncini blu a vita alta, camicia bianca abbinata ed ankle boots dello stesso colore degli shorts.
“Non ti piacciono i convenevoli”, fece la ragazza, solare, appena notò che Blair non aveva stretto la sua mano.
“Vogliamo sederci?”, chiese poi, indicando i tavolini all’aperto del bar in cui si erano date appuntamento.
Blair annuì con la testa.
Ancora non capiva perché aveva accettato di incontrarla.
Non era più una Grimaldi. Louis, Beatrice e Sophie erano passato ormai.
Eppure, quella ragazzina le era sembrata così fragile e solare che le aveva in un certo modo ricordato Serena, e dunque aveva rispolverato il suo blazer da occasioni monegasche e si era precipitata al Rose Café.
“So che tu e mio zio avete divorziato dopo appena sei mesi, ma tu sei l’unica parente che mi è rimasta”, sospirò, mentre si accomodava su una delle sedie in ferro.
Blair sgranò gli occhi, balbettando qualcosa di incomprensibile.
“Oh, non preoccuparti. Sono tutti vivi, ma mia madre mi ignora da quando avevo sei anni”, sorrise amara, e Blair ebbe una strana voglia di abbracciarla.
“Beatrice è tua madre?”, domandò.
La ragazza alzò lo sguardo, stupita dalle parole di Blair.
“Mi ha avuta sedici anni fa, quando lei aveva appena quindici anni. Sophie mi ha spedita in Svizzera da una tutrice che conosceva bene, e ho vissuto con lei fino a due settimane fa, quando ho preso una suite allo Union e ho cercato te. Ho letto di te su Internet: la principessa americana, elegante, vendicativa, perfetta, una it-girl, regina del suo liceo, figlia di una stilista e di un avvocato, amante di Audrey. Sai, anche io la adoro”, spiegò la ragazza, mentre una giovane cameriera si avvicinava per le ordinazioni.
Blair rimase stupita dalle parole di quella giovane.
“Mi dispiace che per te sia andata così. Sappi che se vuoi puoi contare su di me”, disse pacata, allungando una mano sul tavolo.
Charlotte la strinse, e sorrise.
“Quante volte hai visto Colazione da Tiffany e Vacanze Romane?”, chiese, eccitata.
Blair ridacchiò. “Almeno cinquanta. O cinquecento?”, rise ancora, e alla sua risata si aggiunse quella della giovane.
Dopodichè, avevano chiacchierato un po’, Blair l’aveva invitata al matrimonio e all’addio al nubilato, e il loro incontro si era chiuso così, con un abbraccio un po’ titubante.


“Signorina Blair! Sono quasi le sette, si sbrighi!”.
Blair si accorse di essersi assopita solo quando, testa abbandonata nell’incavo del divano, gambe penzolanti fra un cuscino e l’altro, Dorota l’aveva richiamata urlando.
Il suo addio al nubilato era fissato per le otto, e lei doveva essere pronta almeno mezz’ora prima.
Aprì lentamente gli occhi, rendendosi conto che, fra un ricordo e l’altro, si era abbandonato a Morfeo, e scattò in piedi, presa da una frenesia improvvisa.
“Muoviamoci!”, ordinò, riferita più a se stessa che a Dorota.
Dieci minuti dopo, era ancora lì, nel salotto di casa Waldorf addobbato a festa, con indosso uno splendido vestitino nero di pizzo, firmato Gucci, che fasciava le sue eleganti forme, delle pumps Louboutin e le labbra laccate di rosso.
La stanza era divenuta perfetta: luci soffuse si alternavano a un enorme lampadario da discoteca, che illuminava i sessanta quadratini della pista da ballo e i dieci metri quadri del palcoscenico sul quale si sarebbero esibiti i ballerini.
Buffet di macarons e dolci vari combaciavano alla perfezione con i Martini già versati nei bicchieri e le due fontane di champagne, alternate a ben sei fontane di cioccolato, fra fondente, bianco, alla crema, alle nocciole, al pistacchio e al caramello, che sarebbero state il culmine di baci al sapor di fragola.
Le porte dell’ascensore di casa Waldorf si aprirono, rivelando dei ragazzi a torace nudo, con indosso solo dei pantaloni neri strappati e un cilindro da burlesque.
Blair si precipitò dinnanzi a loro, rimanendo incantata alla vista di capelli biondi, occhi azzurri, pelli chiare e fisici californiani.
“Voi vi dovete accomodare lì…”, balbettò, indicando dei pouf rosa sparsi per la sala, dove le invitate avrebbero potuto toccare con mano le braccia muscolose dei modelli e dei ballerini e fare una foto con loro.
Appena tutto fu sistemato, il flusso degli invitati iniziò a concentrarsi su casa Waldorf.
“Auguri B!”, gli urletti di Penelope ed Iz le perforarono le orecchie, e la voce fastidiosa di Nelli Yuki le invase i timpani.
“C’è anche Nate?”, sussurrò Penelope, ancora ferma alla sua cotta liceale.
Blair scosse la testa in segno di no, e procedette nel salutare gli altri.
Alexia Anderson, importante giornalista di People!, Marie Dubuque, life coach e psicologa franco-americana, Pamela McClacy, it-girl e importante modella.
Blair aveva ancora i suoi contatti, grazie alla Waldorf Design di cui era co-direttrice insieme alla madre.
Fra baci, saluti e pacchetti rosa, Blair continuava a cercare con lo sguardo Serena.
Le porte si aprirono ancora.
“Blair!”, la voce petulante di Stefania si fece largo fra gli invitati.
Blair sbuffò, fingendo un sorriso davanti a lei.
“Ciao!”, esclamò, ricambiando il suo abbraccio con falsità.
Notò che il suo vestito era cambiato: non il minidress che Blair aveva bocciato, ma un vestito ancora più corto, quasi inguinale, di color fucsia acceso, abbinato a tacchi fin troppo alti per una donna al terzo mese di gestazione.
Le accarezzò il ventre, e poté giurare di aver visto, sul volto della donna, anche solo per un attimo, una smorfia.
“Perché non mi hai risposto al messaggio?”, domandò, mentre le allungava un pacchetto regalo.
“Il telefono è abbandonato sul tavolo”, replicò Blair, allontanandosi verso l’ascensore.
“Charlotte!”, gridò, appena notò che la ragazza, fasciata in un abito blu corto sul davanti e lungo sul dietro, stava sbucando dalla porta.
“Ciao B!”, l’abbracciò quella, estraendo dalla clutch azzurra un paio di orecchini.
“Fermati, non lamentarti. Erano di Grace. Di quando era in America”, sospirò Charlotte, porgendole due diamanti luminosi. Blair li afferrò, mentre i suoi occhi emanavano una luce sgargiante.
Era lei.
Era davvero la principessa americana, una volta per tutte.
Se li rigirò fra le mani, prima di raccomandarsi con Dorota di custodirli nella cassetta di sicurezza e non toccarli per tutta la sera, o l’avrebbe mandata a lavorare nell’Upper West Side.
Poi, guardato l’orologio, aveva ordinato al portiere di chiudere l’accesso, mandato a Serena un messaggio infuriato, e spento il telefono.
Era pronta.
Era pronta per dire addio alla sua felicità, alle sue amicizie da nubile, a tutto ciò che era stata la sua vita prima di quella sera.
Era pronta.
Ed era Blair Waldorf, più che mai.

Milan, morning.

“Senta, signora, quello che lei non capisce è che sua figlia mi deve centomila dollari o rivelerò il suo segreto a tutti!”, la voce di un americano, accento perfettamente stabilito, stava inveendo contro una donna sulla sessantina.
“Quale segreto?”, aveva chiesto piccata lei.
“Che sua figlia non è incinta”.
  
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