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Autore: Flitwick    24/08/2013    8 recensioni
Cosa sarebbe successo se i nostri beneamini fossero vissuti nel 2000? E se dopo tante avventure... Fossero già sposati?
Riuscirebbero a sopravvivere ad un primo e lungo anno di matrimonio?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Newlymarried
Introduction: Andrè-Oscar

 
Piacere! Io sono Andrè. Andrè Grandier. Ho ventotto anni e sono un pediatra. Esattamente tre settimane fa ho sposato la persona che amo, Oscar. Non sono gay! Non iniziate a pensare male!
 
Se qualcuno mi avesse detto che un anno fa mi sarei sposata gli avrei riso in faccia, e per me ridere è raro. Eppure, io e Andrè due settimane fa ci siamo sposati.
 
Devo essere onesto. Il giorno del mio matrimonio ho avuto una paura matta. Ma non perché non pensavo di esserne all’altezza. Avevo paura di Oscar! Diciamo che è una ragazza piuttosto particolare e unica... Non è proprio la mogliettina provetta che tutti desidererebbero. Però, lei è bellissima così. E tanto cucino io, lei può stare tranquilla.
Uff... Tiro ancora un sospiro di sollievo nel pensare che quegli anelli d’oro, custoditi nella nostra cassaforte, possano aver suggellato il nostro amore.. Che devo ammettere non è stato proprio a prima vista.. Anzi...
 
Quando il prete ha detto: “Vuoi tu Andrè prendere Oscar come tua sposa?”mi è parso stranissimo, ma, ce l’abbiamo fatta, no? No! Perché io come moglie faccio schifo! Ho ventisette anni e non so cucinare neanche un uovo, odio fare le faccende domestiche e non indosserò mai un completino osé. Io sono una donna seria, anzi, serissima. Penso che se avessi i capelli neri e lisci la gente mi prenderebbe per emo. Ma il mio aspetto fisico è tutto il contrario, quindi non sembro così strana. Anzi. Mi paragonano alle principesse stupide delle fiabe. Si vede che non mi conoscono.
Ma insomma, questa sono io, non devo e non voglio cambiare per niente al mondo. E poi, io ho Andrè che mi ama così come sono.
E a me va bene così.

 
Da piccolo non parlavo con nessuno. Ero molto timido e silenzioso. Pensavo almeno dieci volte prima di aprir bocca. Fino qui tutto bene. Ma io avevo due piccoli problemi. Il primo era l’essere mancino. Sì, lo so. È una stupidaggine, però non so perché gli altri mi disprezzavano. Perché ero diverso. L’altro problema era che sapevo (e so) disegnare molto bene. Ed erano molto invidiosi. Perché io, con la cosiddetta “mano del diavolo”, riuscivo a creare cose magnifiche. Mi trattavano male per questo motivo. Perché ero diverso dai destrorsi ed ero pure più dotato. Eppure grazie a questa mia particolarità ho conosciuto Oscar.
 
Quando ci conoscemmo lo odiai subito, era un bambino stupido e debole, non era nemmeno capace di difendersi. Sì, mi sopporta dall’asilo, e non so ancora come faccia. Comunque, ricordo che un giorno degli stupidi mocciosi gli davano fastidio, al mio Andrè, non ci conoscevamo bene e mi stava già antipatico, ma lo sentivo già mio, sapevo già che dovevo proteggerlo.
Allora, non ricordo con precisione, picchiai i bambini che stavano dando fastidio ad Andrè, e poi quando quest’ultimo mi ringraziò lo mandai male, non mi è mai piaciuta la gente che ringrazia senza motivo.

 
Avevo cinque anni e mezzo e stavo disegnando, quando qualcuno mi afferrò brutalmente per il colletto e mi tirò un pugno.
Un gruppo di bambini continuò a picchiarmi e a ridere, per poi strappare i miei disegni, dicendomi che i bambini stupidi e cattivi usavano la sinistra e che erano dei diavoli.
Scoppiai a piangere per il dolore e per l’umiliazione. Perché tutti i mancini venivano corretti, ma mia nonna si impuntò sul lasciarmi così come sono. Ero disperato, ma improvvisamente apparve una nuvola bionda che gridò a quei bambini di lasciarmi stare, che non avevo nulla che non andasse, e che erano degli idioti che se la prendevano con i più piccoli. Li picchiò. Quando quelli si scusarono e corsero via piangendo io avevo ancora le lacrime agli occhi.
Lei si girò e io la abbracciai di scatto rincominciando a piangere. Lei mi allontanò bruscamente, dicendomi di non frignare. Io la ringraziai tante volte, dopo un po’ mi tirò i capelli dicendomi di smetterla, perché non sopportava i piagnucoloni che ringraziavano sempre. E che l’aveva fatto solo perché avevo bisogno d’aiuto. Poi corse via ridendo e tornando a giocare a pallone. Quando mi ricordai..
“Come ti chiami?” lei si girò e i suoi occhioni blu mi incantarono “Oscar. Mi chiamo Oscar! E tu?”
“Andrè!” mi sorrise
“Bene Andrè, se hai bisogno di aiuto fammi un fischio. Ciaoooo!” “Ciao!”
La nuvola bionda sparì. Lasciandomi con sorriso e un tenero batticuore....
 
Adesso,voi vedendomi come sono ora vi immaginerete che come adolescente io sia stata una di quelle secchione che si tenevano lontane dalla gente, non potrei darvi del tutto torto, ma non ero per niente socievole, ecco. Andrè, il bimbo frignone, era diventato il mio migliore amico. Io ero innamorata di un ragazzo molto richiesto, Hans. Che non so come, divenne il mio ragazzo, spezzando il cuore della mia amica Marie. Eppure non ero felice. Lui era tutto quello che desideravo, ma le farfalle erano sparite, il batticuore svanito e niente sorriso idiota. Niente. Ma un giorno decisi di fare chiarezza.
 
Diverse risse dopo, io e Oscar iniziammo a diventare amici. Credo che Oscar apprezzasse la mia capacità di ascolto. Visto che tutte le volte che vedeva o subiva una ingiustizia se la prendeva sempre con me. Andammo alle elementari e alle medie assieme. Ed eravamo sempre più legati. Eppure più il tempo passava, più i miei sentimenti cambiavano. Arrossivo per un nonnulla e balbettavo se lei per caso mi toccava. Questo caos interno era un vero e proprio problema, che riversavo sul disegno. Block notes, fogli, giornali, ovunque. Disegnavo lei. Sempre e solo lei. No, non ero un maniaco o ossessionato. Solo, forse troppo piccolo per contenere tutte quelle emozioni troppo forti. Ma, un giorno, il mondo mi crollò addosso. Quando lei mi abbracciò dicendomi: “Andrè, lui è Hans. Il mio ragazzo!”
Un vento gelido mi scosse tutto. Conoscevo Hans, era amico di Marie, una nostra carissima amica, sapevo che piacesse a Oscar, ma... Da quel momento mi sentii come tagliato fuori. E non capivo il perché! Eppure non le avevo fatto nulla!
 
Quelle sensazioni che cercavo c’erano in realtà. Solo che erano rivolte ad un'altra persona. Andrè. Per questo un giorno lo bacia.
Era il mio migliore amico, e non c’era niente di strano nel passare un pomeriggio assieme. Però quel giorno lo lasciai di stucco, unendo le mie labbra alle sue. E poi scappai. Con il sorriso idiota sulla faccia, il batticuore e le farfalle.
Mi ero innamorata del bambino stupido!
 

Finché un giorno.. “Andrè?”
“Dimmi Oscar.”
“Oggi posso venire a studiare da te? Non ho capito matematica... E visto che tu sei un genio...”
“Sì, sì. Non preoccuparti. Vieni pure, la nonna sarà felice di vederti!”
Mi sorrise.
Oscar non sorrideva e non sorride MAI e quando dico MAI intendo proprio MAI MAI!
Arrivò a casa tutta rossa. Doveva aver corso. Ci sedemmo e iniziai a spiegarle l’equazione. Quando mi chiamò.
“Andrè?” mi girai, ma non ebbi il tempo di rispondere che mi baciò. Durò pochi secondi, nei quali io non capii più nulla.. Dopo scappò via correndo.
 
E dopo aver assodato di aver una stupida cotta per il mio migliore amico, ed essere scappata come una perdente, cercai di evitarlo (con successo) per qualche settimana.
Del tipo: se lo incontravo nei corridoi di scuola facevo dietro front, non rispondevo alle sue chiamate e in classe tenevo lo sguardo perennemente basso. Sembravo una dodicenne alla sua prima cotta, che schifo. Avevo pensato di riprendere a comportarmi normalmente, ma era più forte di me. Questo andò avanti finché un giorno Andrè riuscì a bloccarmi nel bagno delle ragazze per farmi parlare. Mi sentivo una tale idiota e mi sforzavo di non arrossire e di tenere lo sguardo alto, ma quando incontravo il suo lo abbassai di colpo. Mi mancava il mio migliore amico ed ero stata davvero stupida a baciarlo. Ma io non gli volevo più bene, non più, lo amavo e l’avevo capito dopo quel bacio.
Mi ero forse pentita del mio comportamento?
Forse un po’, ma dovevo affrontarne le conseguenze. Dovevo incrociare di nuovo i suoi occhi senza arrossire e dovevo rimanere impassibile. Pronta a sentire il suo rifiuto.
Per questo, alzai lo sguardo e rimasi spiazzata quando Andrè mi baciò con d’ impeto, scontrando i nostri nasi, come se avesse paura che scappassi di nuovo. Ricambiai il bacio dopo qualche secondo d’incertezza, e da quel momento direi che ci siamo fidanzati ufficialmente, anche perché non sarei riuscita a schiodarmelo di dosso neanche con la forza.

 
Di solito quando ti accade una cosa del genere si vola a cinquecento metri dal suolo. Bhe, io dovevo sfruttare le mie ali in un altro modo. Quella testolina matta aveva deciso di evitarmi, e ci riusciva alla grande! Spariva di continuo. Non sapevo più come fare, non era possibile andare avanti così. In classe mi ignorava di continuo, mentre nei corridoi sembrava inghiottita dalla folla. Benché il suo aspetto non sia proprio comune.
Un giorno la vidi entrare nel bagno delle ragazze. Sì, ora si può dire che sono un maniaco. Mi feci coraggio ed entrai, facendo spaventare tutte le ragazze, tranne quella faccia tosta di Oscar. La bloccai. Mi fissava in modo altezzoso, che mi chiesi se fosse davvero lei quella ragazza che mi sorrise la settimana prima. O la va o la spacca no? Al massimo mi sarei beccato un ceffone, una sgridata, e nelle peggiori delle ipotesi una bella nota. Presi un bel respiro e la baciai d’impulso. Lasciandola spiazzata.
Eppure lei non mi respinse, anzi, si strinse più a me. Infine mi sorrise, e mi resi conto che quella ragazza che pensavo di aver esisteva. Ed era mia.
(Giusto per la cronaca fummo puniti entrambi. Quindi quattro ore di punizione alla settimana. Esagerati no?)
 
Comunque, diciamo che ci fidanzammo. Ma io e Andrè abbiamo idee diverse sull’essere fidanzati per lui vuol dire stare sempre appiccicati e far venire il diabete all’altro a suon di frasette smielate e cioccolatini; per me invece vuol dire sapere di avere un punto in cui tonare, anche se sei stato via tutta la giornata, se hai combinato dei guai e sei distrutto, sai sempre di avere un qualcuno che si prenderà cura di te. Ok, questo pensiero è troppo mieloso, ma più o meno è quello che penso. Che schifo, mi metto i brividi da sola, bha. Un giorno però Andrè esagerò seriamente, insomma quale persona seria di mente porterebbe a me, Oscar, un mazzo di rose per festeggiare il primo mese insieme? E sempre, quale persona conoscendomi bene, mi porterebbe mi porterebbe a cenare su una terrazza allestita a giardino botanico? Nessuno a meno che non gli manchi qualche rotella, e signori miei ci avevo pensato all’inizio, Andrè doveva aver subito una lobotomia da piccolo di cui non ero a conoscenza. Comunque dopo le rose recapitate  in classe mi portò in questo posto, che, bellissimo era bellissimo, ma insomma.. Proprio me ci doveva portare? Non feci commenti e me ne stetti rigida ad ascoltarlo ciarlare su sciocchezze varie, fino a che non servirono ciò che avevo ordinato, impiatatto in un recipiente a cuore con tanti petali di rosa sopra. Ma che schifo! Mi alzai di botto e lo lasciai lì con il cibo infestato di petali e sicuramente di insetti. L’avevo detto che il nostro concetto d’amore era davvero diverso.
 
Ecco. Ora uno in questo caso si sente al settimo cielo. Io ero al quattordicesimo cielo... Ma questi sono solo dettagli. L’unica cosa incongruente era il nostro piccolo concetto di amore/fidanzati. In questo esageriamo entrambi. Però io era una cosa che ho sempre sognato. Uno tenta di essere galante e romantico la propria ragazza, no? Andai per tutta Parigi, per cercare quelle benedette rose bianche che lei adora e che sono così terribilmente difficili da trovare. E devono essere bianco puro! Senza alcun tipo di sfumatura. Insomma, un casino. Mi ero preparato tutto. In fondo, a quale ragazza non piacciono certe sorprese? È vero, Oscar è un po’ diversa, ma è pur sempre una ragazza.
Uff... Diciamo che a malapena mi ringraziò, come se fosse infastidita. Allora cercai di farmi perdonare portandola a cena in un magnifico orto botanico. Ero sicuro che sarebbe andato tutto bene.. E invece! Prima che potessimo mangiare si alzò schifata, perché avevo progettato una cena con tutti i petali di rosa intorno. Ma dico io, questa benedetta ragazza come si fa a compiacerla??
Per farmi (di nuovo) perdonare, ero tentato di portarla a vedere la finale del Paris-Saint Germant. Chissà... Ma avevo paura che mi facesse volare giù dagli spalti dello stadio. Uff.. E poi dice a me che sono io quello strano. Ma io non sapevo come renderla felice.. Ma...
Dopo esserci diplomati, ed essendo ancora fidanzati, (miracolo), decidemmo la facoltà da prendere. Io medicina, lei lettere = io diventerò vecchio in università mentre lei no. Che bellezza. Comunque, dopo varie liti, terminate con luuuuunghe scuse, silenzi per giorni e giorni e totale ignoramento. Alla fine, riuscii a convincerla ad andare a vivere assieme.
 
“Ho detto che con te non ci dormo!” urlai dalla camera da letto rivolta alla cucina. Pochi secondi dopo Andrè si affacciò alla porta
“Dimmi perché! Dammi un buon motivo!”
“Non voglio. Punto.” Brontolai separando i letti. Uscii dalla camera e scesi le scale dirigendomi in salone per rimettermi a leggere. Non lo sopportavo, da quando avevamo deciso di andare a vivere assieme , la nostra storia era diventata un inferno. Non che non ci amassimo più, ma insomma, io avevo bisogno dei miei spazi, dei miei tempi, non di trovarmi catapultata da vivere perennemente per i fatti miei a dover condividere un letto. Per convincermi a vivere insieme c’aveva messo tanto tempo e tanti sforzi, ma io non me la sentivo, non ero ancora pronta.
Quante liti, quante sfuriate, quante scuse. E stavamo di nuovo litigando per lo stesso motivo. “Oscar, dimmi perché non vuoi dormire con me!”
“Perché no! Ho detto di no! I letti li voglio separati!” mi alzai e ritornai in camera da letto trovando di nuovo i letti attaccati
“Ma allora sei scemo Andrè? Insomma, ti ho detto di no!” urlai separando i letti “Oscar, ti prego, proviamoci almeno!” mi pregò.
Mi allontanai dalla camera da letto per andarmene in salotto
“Lo prendo per un sì?” stette qualche secondo
“Ok, allora li riattacco.” Affermò senza ricevere alcuna risposta. La sera, dopo una giornata di mutismo da parte mia, andammo a letto, o meglio, lui andò a letto. Io presi il mio cuscino e il mio piumone e mi accampai in salotto.
“Oscar? Ma che fai? Non vieni?” Nessuna risposta
“Oscar ma...” entrò in salotto
“Cosa.. Cosa fai? Oddio, Oscar! D’accordo, separiamo i letti, ma non dormire lì per terra come una rifugiata!”Raccolse il mio cuscino e il mio piumone e separò i letti, poi si sdraiò sul suo. Mi sentivo tremendamente in colpa, ma avevo davvero bisogno di lasciare i letti separati, era necessario per la mia salute mentale. Dopo qualche tempo azzardai
“Andrè..?” sussurrai
“Dimmi Oscar.”
“Ce l’hai con me, vero?”
“Io.. No, non ce l’ho con te.” Rimasi in silenzio per qualche minuto. Stavo per fare una stupidaggine, me lo sentivo e infatti mi maledissi sentendo le mie labbra pronunciare:
“Mi abbracci Andrè?” Non mi rispose, però sentii il frusciare delle coperte e il materasso del suo letto piegarsi sotto il peso di Andrè, che subito mi abbracciò protettivo.
“Mi dispiace.” Sussurrai.
Dannazione, mi stavo mostrando debole.
“Non ce l’ho con te Oscar, solo, non capisco perché un momento mi spingi via e il momento dopo mi abbracci, io... Non ti capisco.”
“Io ho bisogno del mio spazio Andrè, lo so, sono terribile come fidanzata, ma tu... Tu mi ami vero?”
Chi era quella bionda che parlava sull’orlo delle lacrime? Non ero io, non potevo essere io, io avevo il cuore di ghiaccio, no?
“Certo che ti amo Oscar, certo!”
“Ok..” dopo qualche minuto aggiunsi: “Ora puoi andare, ho bisogno del mio spazio.”
Lui rise e mi lasciò un bacio tra i capelli prima di tornare nel suo letto.

 
Bene, ora qualunque maschio si sarebbe fatto i complimenti da solo dopo esser riuscito a convincere la sua ragazza a vivere assieme. Pure io ero orgoglioso di me stesso, perché di solito, la mia opinione vale meno di zero. Sì, le decisioni le prendeva e le prende tutte lei. Purtroppo per me, ma bisogna sopravvivere. Comunque, ero veramente felice, potevo stare ventiquattro ore su ventiquattro con la persona che amo e fare tutto insieme. Ma, dopo le prime 12 ore i miei poveri timpani vennero perforati dalle urla disumane di quella benedetta ragazza. Perché? Perché madmoiselle voleva i letti separati e o separati o lei dormiva in salone. Io non potevo mica lasciarla lì! E mi ero reso conto che forse avevo corso troppo. Oscar la conosco, ha bisogno di metabolizzare. Non avrei dovuto costringerla a dormire con me all’improvviso. Allora decisi di rispettare questa sua decisione e i suoi principi. Senza (quasi) mai cedere ai miei istinti maschili.
 
Cosa ci facevo io in una macchina stracolma di valige di sabato mattina? Ovvio, andavo in montagna. Andrè mi aveva buttata giù dal letto tutto entusiasta della sua idea di passare il weekend in montagna e io non ero proprio riuscita a dirgli di no. Fin qui tutto bene. Ma voi non sapete che io la montagna la detesto. Cioè, no, mi spiego meglio, non ho niente contro campi verdi, alberi, laghetti, spuntoni rocciosi, animali.. E’ solo che io non centro niente con tutta quella roba! Per tutto il tragitto in macchina ho cercato di stilare una lista dei pro e dei contro della montagna, ma alla fine il pro era che Andrè sembrava felice e i contro, bhe, i contro erano davvero troppi per menzionarli tutti. Comunque, arrivati in questa landa desolata dopo pranzo eravamo riusciti, con innumerevoli sforzi a montare una dannata tenda e dopo cena ci mettemmo a guardare le stelle. Dopo qualche minuto, Andrè esordì a parlare di cose strane come il cane dei vicini, poi tutto d’un tratto disse:
 “Sono bellissime le stelle, non trovi Oscar?” e io gli risposi “Le stelle sono solo pezzi di pietra che brillano di luce riflessa, sono sopravvalutate.” Lui si mise seduto di scatto, facendomi sbattere la testa a terra “Ma Oscar! Non puoi smontarmi tutto in questa maniera!” mi voltò la schiena continuando “Io sto qui e organizzo sta cosa romantica per chiederti di sposarmi e tu...”
 Io smisi di lottare contro le zanzare.
“Chiedermi cosa?”
“Di sposarmi, volevo, sì insomma.... Vuoi sposarmi Oscar?” Lo guardai per un lungo minuto e poi non riuscii a trattenermi, gli scoppiai a ridere in faccia, lui mi guardò arrabbiato e poi si alzò lasciandomi sola a ridere. Mi ricomposi e lo rincorsi “Andrè aspetta!” lui si fermò, e io gli andai davanti, lo guardai seria e poi ricominciai a ridere “Oddio Oscar! Sai che mi rimangio tutto!” sbottò innervosito distogliendo lo sguardo
“Sì” dissi asciugandomi una lacrima (fuoriuscita per le risate, sia chiaro!) “Sì che ti voglio sposare.” Lui mi prese in braccio e mi baciò con passione
“Ti amo Oscar..” sussurrò quando ci staccammo.
“Sìsì.. Certo” gli risposi imbarazzata tornando verso la tenda.

 
Erano tre settimane che progettavo quel weekend in tutti i minimi dettagli. Dovevo riuscire a fare colpo su di lei. La svegliai di botto un freddo sabato mattina, mentre Oscar mi malediceva in tutte le lingue di questo mondo e si vestiva, intanto io portavo e valige in macchine. La vedi scendere e tendere una mano verso di me
“Cosa c’è?”
“Le chiavi.”
“Cosa?”
“Le chiavi! Dammi le chiavi, altrimenti come guido?”
“Ma non devi mica guidare tu!” mi guardò come se fossi un alieno “Andrè, non fare lo spiritoso. Dammi le chiavi!”
“Uffa, ma voglio guidare io!” Oscar alzò gli occhi al cielo.
“Va bene, ok, guidi tu.” Le sorrisi. Poi mi sedetti. Sapevo che avrei passato le prossime 4 ore nel silenzio più totale. Non parlava mai, ed era inutile costringerla. Arrivammo. Una brezza fresca ci accolse, mentre tiravo fuori le valige dal bagagliaio la vidi fissare un cervo e le chiesi divertito: “Non ne hai mai visto uno?” lei mi fulminò
“Cero che sì! Muoviamoci, non voglio morire di freddo. Passammo il pomeriggio a fare passeggiate nel bosco, finché non arrivò la sera. Ero emozionatissimo.
“Oscar, andiamo a vedere e stelle? Qui in montagna c’è una visuale migliore!” annuì e ci incamminammo. Quello scatolino nella mia tasca bruciava come non mai.
Mi stesi per terra sull’erba fresca
“Non vieni?” la vidi titubante
“Dai, metti la testa sul mio braccio, così non ti sporchi i capelli.” Lei acconsentii e la sentii irrigidirsi vicino a me.
“Sono bellissime le stelle, non credi Oscar?”
“Le stelle sono pezzi di pietre che brillano di luce riflessa.” No! Non era possibile! Mi alzai di scatto facendole sbattere la testa.
“Insomma Oscar! Mi rovini sempre tutto!”
“Cosa?”
“Volevo chiederti di sposarmi!!”
“Cosa?”
“Di sposarmi!” Tirai fuori l’anello dalla mia tasca e glielo porsi. Lei mi guardò e dopo un po’ scoppiò a ridere. Mi alzai infuriato e me ne andai. La sentii ridere e richiamarmi. Mi girai e la trovai ancora a ridere. Che nervi! Poi disse:
“Sì che ti voglio sposare!” Ero strafelice! Le misi l’anello e la baciai con trasporto
“Ti amo Oscar..” lei si scansò imbarazzata. Come era diversa dalla solita Oscar fredda e distaccata.
 
“Oscar i capelli!” “Oscar il trucco!” “Ti sgualcirai il vestito, Oscar!” era mezz’ora che andavamo avanti così. Non ti sedere qui, non ti poggiare là, erano arrivati persino a vietarmi di bere per una scelta di logistica, mi avevano detto che si sarebbe sbavato il rossetto. Ma stiamo scherzando? Ero immobile, in piedi davanti allo specchio, indecisa se piangere o ridere, e di certo non di gioia. Sembravo una di quelle stupide bambole di porcellana, con uno stupido vestito ingombrante, degli stupidi boccoli biondi e uno stupido trucco a coprirmi il viso. Avrei pianto se non ci fosse stata Amélie a controllare sul viso non trasparisse nessuna emozione. Ero davvero stufa e agitata, l’idea di percorrere la navata così conciata di certo non mi aiutava a calmarmi.
Rosalie mi si avvicinò e mi sorrise rassicurante
“Ciao” Non le risposi, ma nel frattempo arrivò anche Marie che si trattenne dal ridermi in faccia
“Ridi pure, so di essere ridicola!” le dissi fissandola dallo specchio “Scusami Oscar, ma questa non sei tu, sembri persino dolce!” rise lei. “Era un modo celato per dirmi che nella vita quotidiana non sembro dolce?” chiesi
“Non è che non sembri, il fatto è che tu non lo sei.” Affermò Marie sorridendomi.
Quando Rosalie raggiunse Amélie per prendere il bouquet e il velo, io e Marie tagliammo la corda, corremmo fuori (per quanto il mio vestito mi permettesse) e salimmo in macchina, sgommando alla volta della casa della casa della mia amica.
Davanti al portone della chiesa c’erano già Rosalie e Amélie ed erano un tantino agitate. Quando mi videro scendere dalla macchina per poco non gli venne un infarto. Sorrisi trattenendo le risa guardando la loro faccia, erano sconvolte. Procedetti a passo svelto e deciso verso l’ingresso.
“Oscar. Ma. Sei. Impazzita??” mi chiese Rosalie mentre Amélie si faceva aria con una mani.
“Devo sposarmi io, non una bambola.” Mi limitai a piegare entrando in chiesa e percorrendo la navata a passo di marcia. Dietro di me potevo sentire distintamente dei brusii e vidi Andrè sbiancare per poi sorridere scuotendo la testa.  Vi domanderete il perché di tanto stupore, bhe.. Mi ero semplicemente cambiata. Al posto di quella scomodissima meringa ottocentesca avevo indossato una comodissima tuta bianca e in testa avevo un velo bianco. Almeno quello.
Sorrisi al prete. “Possiamo cominciare!” annunciai.

 
Sudavo, sudavo tantissimo. Camminavo avanti e dietro, mentre Alain mi fissava.
“Ehi, amico calmati! Keepcalm. Se la biondina ha accettato la proposta è sicuro che viene, ti sposa, e tu passi la tua prima notte da urlo.” Fece lui alzandosi. Il solito. Molto delicato come ragazzo. Non so proprio come faccia a essere il mio migliore amico.
“Alain, tu non puoi capire, io sto morendo di paura! E se non viene??? E se mi lascia all’altare?? La mia reputazione! Il mio amore..”
“La tua prima notte di nozze..”
“Possibile che non ti venga altro in mente?” sbottai
“Ehi, calmo, solo che siete un pochino indietro. Convivete da cinque anni, vi conoscete dall’asilo e siete ancora a zero? L’avessi avuta io una fortuna così! A quest’ora avrei avuto già tre figli!”
“E quindi..?”
“Lasciamo perdere.” Fece segno con la mano “Io non ero così ingenuo neanche a dieci anni.”
“Ehi! Mi stai dando del bambino!”
“No, dell’ignorante su certi argomenti.” Mi sentii ferito nel mio orgoglio maschile.
“Va bene, allora fammi delle domande, su!” lui sghignazzò
“La teoria la sanno tutti.”
 Volevo prenderlo a pugni per scaricare la mia tensione.
“Vuoi fare la prova? Ti posso usare come cavia.” Impallidì.
“Okok. Mi hai convinto. Prova teorica. Allora. Come si chiama..” la    porta si aprì all’improvviso, e apparve Hans tutto rosso e ansimante. “Ecco, vedi, tu stanotte starai così.” Disse Alain tranquillo
“Ma brutto..” fece Hans
“Cosa c’è?” chiesi preoccupato. Riprese fiato.
“Tranquillo Grandier. Niente di che, la biondina avrà dimenticato qualche pizzo.” Continuò Alain
“Macché! Andrè, Marie e Oscar hanno preso la mia  macchina e sono corse via. Non so dove siano andate.” Sbiancai di botto.
“Complimenti Fersen, quanto a tranquillizzare la gente sei bravissimo!” ironizzò il gigante.
“Ehi! Io ho solo riportato ciò che ho visto!” Mi sedetti scosso. Non sapevo cosa pensare.
“Ragazzi, ci pensate a una lesbo-fuga?” fece Hans
“Non dire cavolate Fersen! Hai una figlia! Marie non è stupida come te! Per favore, taci, oppure ficcati qualche pasticcino in bocca e soffocati.” Concluse Alain, poi mi si avvicinò
“Andrè sta tranquillo! Come si fa a lasciare un Adone come te sull’altare? Andiamo! Don’t worry, be happy!” Dopo poco pure Hans iniziò a canticchiare “Don’t worry be happy”.
“Sai svedesino, ti devo rivalutare, canti le canzone giuste quindi..”
“FINITELA!!!” sbottai in preda al panico.
Silenzio.
“Vado a prendere i dolcetti da ficcarci in gola per soffocare.” Fece Fersen, lasciandomi di nuovo solo con Alain.
Arrivò l’orario. Era tutto perfetto, niente sarebbe andato storto. Eppure tremavo come una foglia! Perché Oscar non arrivava?? Quella ragazza è imprevedibile. Improvvisamente partì la marcia nuziale, mi rilassai e immaginai di vedere la mia Oscar vestita come una principessa. Mi voltai, ma la principessa non c’era. Sbiancai ancora di più. In tuta, era in tuta! Non potevo crederci. Eppure sorrisi. In fondo, io dovevo sposare Oscar.
Non Cenerentola.
 
Tornando dal lavoro pensai e ripensai alla stupidaggine che avevo fatto la sera precedente. Dopo lunghi tentativi di persuasione Andrè c’era riuscito, aveva vinto, aveva ottenuto l’unificazione dei letti. Mi ero opposta fino all’ultimo, avevo lottato fino alla fine, ma lui è testardo almeno quanto me, un po’ meno forte, ma testardo uguale. Arrivata a casa, dopo cena arrivò il momento di andare a dormire, entrai in camera e per poco non lanciai un urlo.
“Andrè, cos’è questo coso al centro della stanza??” Andrè arrivò pochi secondi dopo.
“Ah, quello, è il nostro nuovo letto.”
“Ma questo è un due piazze, non sono i nostri letti uniti.”
“Già, avevo pensato che forse sarebbe stato meglio, così è più comodo, no? E non si può separare.”
 “Non erano questi i patti!”
 “Non ci sono mai stati patti!” Sbuffai contrariata  mettendomi sotto le coperte, dopo qualche minuto mi raggiunse Andrè, gli diedi la schiena, non riuscivo a dormire, ma feci finta di essere praticamente in coma quando lui arrivò, non volevo parlare di ciò che provavo. Non volevo e basta.
Quando durante la notte sentii Andrè che mi abbracciava mi immobilizzai e trattenni il fiato, quando poi una sua gamba si infilò tra le mie, saltai su urlando.
“Così non va, così non va!”
“Cosa?” domandò lui con voce impastata, stava dormendo.
“Ehm, io... Le tue braccia, e poi la tua gamba e le mie.. E ho sonno.” “Oscar cosa?”
“Non ce la posso fare.” Mi alzai e feci le scale di corsa per andare in cucina, dovevo trovare una soluzione. Tornai in camera qualche minuto più tardi con un pezzo di spago, lo sistemai sul letto, in modo da dividere in due il letto e spiegai ad un Andrè pressoché attonito il tutto.
“Perfetto, allora, la mia parte del letto” dissi indicando la parte vuota a sinistra
“La tua parte del letto” continuai indicando lui.
“Ok? Ok perfetto! Buonanotte.”
Detto ciò mi buttai sulla mia parte del letto e feci finta di dormire. “Oscar” mi richiamò dopo pochi minuti
“Oscar” ritentò non avendo ricevuto risposta
“Lo so che non dormi.” Niente, cercai di controllare il respiro lento.
“Sei impossibile!” sussurrò dopo una breve risata rimettendosi steso e dandomi le spalle.

 
Era sempre la stessa storia. Lo spago. Quel benedetto spago. Era una settimana che andavamo avanti così. Letto unico, ma diviso da una linea. Una follia insomma! La mia pazienza ha un limite, sarò pure molto tollerante, ma sono umano pure io. Mi decisi. Quella sera mi preparai, nascosi le forbici sotto la maglietta e raggiunsi Oscar. Era seduta sul letto e stava leggendo uno dei suoi amati tomi di filosofia. Non si accorse neppure di me, la chiamai: “Oscar” Lei distolse lo sguardo dal libro e mi guardò. Tirai fuori le forbici, e lei mi guardò interrogativa.
“E’ ora di fare un po’ a modo mio.”
Presi lo spago e lo tagliai.
Lei spalancò gli occhi e poi “Come ti sei permesso Andrè?!?” esclamò furibonda. Ghignai lasciando le forbici.
“Facciamo un gioco. Però stavolta le regole le detto io.”
“Cos’è, siamo tornati all’asilo? Sono stanca, rimetti lo spago e buonanotte.” Disse stendendosi e chiudendo gli occhi.
“Eh no cara, stavolta tocca a me.” mi chinai su di lei e la baciai. Si mise seduta di scatto e mi tirò uno schiaffo sulla guancia. Sorrisi.
“Cosa c’è? Hai paura?” la provocai
“Cosa sorridi!?!?! Hai il segno della mia mano sulla faccia. Sei ridicolo, dovrei ridere io.” Rise nervosamente indietreggiando sul letto per allontanarsi da me.
“Sei proprio una fifona.” Mi avvicinai di nuovo a lei, a pochi centimetri dalla sua bocca.
“E adesso che si fa?” chiesi ghignando di nuovo.
Si alzò di scatto lasciandomi solo sul letto, uscì come una furia dalla camera da letto sbattendo la porta. Pochi secondi dopo sentii la voce monotona  di un telegiornale. Sorrisi di nuovo e scesi le scale, trovandola davanti alla televisione.
“Sei una codarda!” le dissi
Alzò lo sguardo dalla televisione e fece una smorfia infastidita vedendomi, ma non disse niente.
“Sai, di solito in amore vince chi fugge.” Feci parlandole all’orecchio
Nessuna risposta, sbuffò rumorosamente alzando il volume delle TV.
La presi per la vita e appoggiai la mia testa sulla sua spalla.
“Hai paura di me?” chiesi gentilmente
“A-l-l-o-n-t-a-n-a-t-i” sillabò con voce bassa e minacciosa
“Altrimenti che mi fai?” chiesi provocandola “Mi metti in punizione?”
“Non voglio essere volgare Andrè.”
“E allora perché non mi rispondi? Io ti ho chiesto se vuoi giocare con me, ma devi stare alle mie regole.”
“E io ti ho risposto chiaramente di non voler giocare, quindi sparisci, disintegrati, vaporizzati. Uno, due tre.. Puff! Non ci sei più. Perfetto.”
“Sai, non hai l’aspetto di una strega, non può funzionare.”
“Vai a dormire Andrè.” disse spingendomi lontano da lei.
“Mi correggo. Di solito le streghe che hanno i capelli biondi e gli occhi azzurri sono le più cattive e le più attraenti.”
“Andrè penso che tu abbia bisogno di un sonnifero, o preferisci una bella botta in testa?”
“Che ne dici di un bacio?”
“Penso che la botta in testa si perfetta.” Disse calma dandomi un pugno piuttosto leggero sulla fronte. La guardai e poi la bloccai prendendola in braccio.
“Allora, adesso io detto le regole principessa.”dissi sornione
“Ma non ero una strega?” mi domandò
“Uhm, hai ragione. Allora mettiamola così. Tu non fare la strega, ma fai la bella principessa che va con il suo principe azzurro.”
Si guardò intorno corrucciando le sopracciglia.
“Non vedo nessun principe. È solo una fregatura fare la principessa!”
“Non sei nella posizione di fare battute né provocare. Il gioco lo conduco io.” Dissi avvicinandomi al suo viso
“Ancora? Andrè stare con i bambini ti fa un brutto effetto. Che ne dici di prenderti una vacanza?”
“Sai, il mio gioco i bambini non possono farlo. Se non sai bene le regole puoi avere delle brutte conseguenze.”
“Smettila, adesso mi sono stufata. Mettimi giù!”
“Perché dovrei farlo?”
“Perché te lo sto chiedendo. Tu non eri quello del ‘ti amo, farei qualsiasi cosa per te?’” non aspettò neanche una risposta “Bene, allora mettimi giù!”
Silenzio. Dannazione, perché doveva sempre avere ragione?
“E tu perché devi sempre averla vinta? Sei una bambina capricciosa!”
“Ma io sono una bambina capri.. Ehi! Non è vero!” sbuffò offesa
“Allora lo ammetti che sei una bimba capricciosa e viziata!”
“Non è assolutamente vero!”
“A no? E perché dovrei metterti giù? E perché dartele sempre tutte vinte? Per una volta non posso avere un capriccio io?”
“Perché tu mi ami.” Disse semplicemente sorridendo.
Tacqui. Mi aveva completamente disarmato. Dopo poco la misi giù.
“Scusa” me ne tornai di sopra ripensando a ciò che mi aveva detto.
 
Lo guardai salire le scale lentamente e con le spalle ricurve, come se avesse un enorme peso da portare. Sbuffai e mi risedetti sul divano. Avevo fatto bene, certo che sì; non poteva mica tagliare lo spago senza consultarmi e poi pretendere che avrei “giocato” con lui! Lui sapeva perfettamente che è vero, ho paura, che anche se lo amo non riesco a lasciarmi andare. Quindi avevo ragione io, e allora perché guardandolo andare via così sconsolato il senso di colpa mi invase lo stomaco?
“Oh, al diavolo!” bottai salendo le scale a passo veloce per poi dirigermi verso la nostra camera da letto e bussare piano alla porta.
“Sì..”
“Posso entrare?” mormorai socchiudendo la porta
“Sìsì. Sul comodino c’è lo spago.”
Entrai e chiusi la porta piano, mi avvicinai al comodino e presi lo spago, mi sedetti sul letto e finalmente alzai gli occhi su di lui. Se ne stava steso e mi dava le spalle, sospirai. “Andrè, io...”
“Lascia perdere. Non preoccuparti.”
“Sai cosa penso e..”
“Non fa niente, anzi, forse è meglio ritornare ai letti separati.”
“No! Non voglio!”urali quasi, mi dava fastidio ammetterlo, ma non volevo dormire completamente da ola.
“Cosa? Senti Oscar, non c’è bisogno. È meglio per entrambi. Io non mi faccio idee strane e tu puoi stare tranquilla.”
“Ma io sono tranquilla” dissi, per poi aggiungere sottovoce “con lo spago.”
“Mi chiedo perché hai paura di me.”
“Ma io non ho paura di te” dissi agitandomi “Ok, forse un po’ sì, ma non di te, ho il terrore di avere un contatto fisico così intimo, di svegliarmi e trovarmi abbracciata a te.” Scossi la testa “Non so perché..”
“E allora perché unificare i letti? Oscar, sono un uomo, non un santo.”
“Perché tu ci tenevi tanto.” Mormorai a bassa voce, avevo paura di una sua reazione, forse per la prima volta in tutta la mia vita.
Lo sentii sospirare.
“Vado sul divano.” Sentii gli occhi bruciare, ma non avrei pianto, non ci sarei riuscita, come al solito lo avevo deluso, lo deludevo sempre.
“Andrè, ti prego” sussurrai, probabilmente non mi avrebbe sentita.
“Non preoccuparti.” Lo vidi sorridere “Se tu non sei pronta ti aspetterò. E se non accadrà mai sarò disposto a rinunciarci per sempre. Non voglio farti del male. Non voglio toccarti in un modo che ti dia fastidio. Non voglio farti sentire in imbarazzo. È solo una dimostrazione d’amore. Ma ci sono tantissimi altri modi con cui posso darti la prova di quanto ti amo.”
“So che mi ami. Però adesso torna qui, per piacere...” sorrisi, ma il risultato fu solo una smorfia.
“No, meglio di no. Devo ancora ritornare razionale. Forse concentrandomi sul soffitto e  sulle prossime costellazioni che dipingerò mi calmerò.”
“Tolgo lo spago, promesso.” Sospirai “Guarda, lo butto.” Gli dissi guardando il gomitolo di spago che giaceva sul letto per poi lasciarlo cadere sotto di esso.
“Ti assicuro che stavolta lo spago non centra. Solo, che anche io ho bisogno di metabolizzare. Non capisco. E forse non lo capirò mai. Inoltre continuo a essere geloso. Geloso di Hans, per Hans hai rifiutato la tua indole, rendendola più dolce, gli hai donato tutta te stessa. Mi chiedo, cosa non ho io che lui ha?”
“Niente, assolutamente niente Andrè! E comunque Hans adesso non centra niente.”
“Sì invece, sono sicuro che a lui avresti detto di sì. Certe volte mi chiedo se tu mi abbia sposato veramente per amore...”
“Ok, vai sul divano e non mi parlare. È meglio, hai ragione.” Una lacrima, maledizione.
“Separiamo i letti, le camere, la casa, anzi separiamo la vita. Lo so che non sono una moglie perfetta, forse non sono nemmeno una mogli accettabile. Ma non puoi dirmi questo, non puoi dubitare del fatto che io ti ami.”
Mi asciugai la guancia con il dorso della mano e tirai su col naso.
“E, giusto per rimanere in tema, Hans non avrebbe mai detto nulla del genere.”
 Silenzio.
“Vado in sala disegno. Sarà meglio per entrambi dimenticare.”
“No, ora tu rimani qui, ti siedi su questo dannato letto e chiariamo questa cosa, perché io non dimentico niente e penso che anche tu non ci riesca. Quindi tanto vale parlarne e finire di farci del male.”
Fortunatamente avevo smesso di piangere. Si sedette accanto a me.
“Bene, e ora? Io mi sono fatto una ragione del tuo carattere, ho accettato tutto e accetterò pure questo. Non mi pare ci sia altro. Abbiamo già deciso, no?”
“No! Non puoi rubarmi il ruolo adesso! Sono io quella che si intestardisce, che se la prende, che non vuole chiarire e tu, di solito, sei quello che sistema tutto. Adesso per piacere sistema tutto Andrè.”
Sospirò ancora.
“Non è così facile Oscar, se non troviamo un punto d’accordo ci renderemo a vicenda la vita un inferno. Non so neanche se riusciremo ad uscirne!”
“Non fare il pessimista! Tu dici sempre che tutto si può risolvere, allora risolviamo. A costo di restare a parlare fino a Natale!”
“E cosa vorresti risolvere? Sono cinque anni stiamo andando avanti così! Hai delle idee? Io no.”
“E’ un modo gentile per dirmi che questi cinque anni hanno fatto schifo?” chiesi con voce tremolante distogliendo lo sguardo da lui e puntandolo sul pavimento.
Sbuffò.
“Non ho detto questo! Ho detto che sono cinque anni che non riusciamo a trovare una soluzione. E poi..” si addolcì “Posso assicurarti che sono stati i cinque anni migliori di tutta la mia vita.”
“Ma tu vuoi buttare via tutto adesso, non capisco.” Mormorai scuotendo la testa.
“Non è assolutamente una mia intenzione. Solo che questo problema c’è da sempre stato, sin da quando andavamo al liceo e ora, che non abbiamo più sedici anni, non so come risolvere. Siamo davanti a un bivio. E penso che se stavolta sbagliamo sarà difficile tornare indietro e ricominciare da zero.”
“Allora dimmi cosa fare. Dimmelo!” urlai con un impeto di rabbia.
“E’ inutile che ti scaldi, non serve a niente. Dobbiamo trovare un accordo con cui andare avanti per sempre.” Disse pacato guardandomi negli occhi.
“Un accordo, bene. Allora tu vuoi togliere lo spago? Togliamolo! Non mi importa, ok? Togli quel dannato filo e amen.”
“Stai calma, so perfettamente che tu non vorresti toglierlo, e hai una paura matta che io nella notte possa anche solo sfiorarti. O sbaglio?”
“Non ha importanza Andrè! Non fa niente. Sopravvivrò comunque.”
“Oscar, non voglio condannarti all’infelicità, chiaro? Hai paura di me. hai paura del modo in cui io possa toccarti. Hai paura del modo in cui io possa amarti. Oltre te, neanche io potrei sopravvivere sapendo che potrei farti del male inconsapevolmente.”
“Ma perché? Sono io quella che ha paura, non tu. Sono io quella che non vuole un contatto fisico, non tu! Quindi se mi adatterò, per te sarà tutto perfetto e sarai felice.”
“E tu? Io non posso essere felice se tu non lo sei.”
“Posso farcela, ok? Se tu sei felice io posso farcela. Ti ho rovinato già cinque anni della tua vita, non ho intenzione di rovinarti la restante parte. A meno che tu non mi lasci prima...”
“OSCAR FINISCILA DI FARE LA BAMBINA!”
Aveva gridato. Non avevo mai sentito Andrè gridare in tutta la mia vita. E mi lasciò scossa.
“Io non faccio la bambina! Andrè, io ti amo e ho paura di perderti!”
Scoppiai a piangere. Sembrava di essere in una di quelle stupide soap opera in cui la tizia stupida piange come una dannata perché si è rotta un’unghia. Peccato che quella fosse la realtà e che non si era rotta un’unghia, ma una parte del mio cuore.
Sospirò e si chinò su di me.
“Mi dispiace. Non volevo gridare. Non piangere Oscar, per favore. Per favore principessa non piangere. La troveremo una soluzione. Stai tranquilla, su non piangere” disse abbracciandomi e baciandomi tra i capelli.
“Ho paura.”
“Di cosa? Io starò con te per sempre, nessuna potrà mai rimpiazzarti. Tu sei mia. Mia e di nessun altro. La mia piccola principessa, a te il mio cuore apparteneva, appartiene e apparterrà per sempre.”
Agii d’istinto e lo baciai sulle labbra, un bacio vero, come quelli dei film.

 
Mi aveva baciato. Mi era sembrato impossibile, potevo contare sulle dita di un mano tutte le volte che Oscar mi aveva baciato di sua spontanea volontà. Ed ognuna di esse era sempre stata qualcosa di magnifico.
Continuammo a baciarci per un po’, sapevo che tra non molto non sarei più riuscito a resistere.
“Oscar..” mormorai staccandomi piano
“Cosa c’è?” domandò confusa guardandomi
“Rimetti lo spago, vado a dipingere.” Mormorai roco
Oscar mi guardò corrucciando le sopracciglia e poi sorrise, era bellissima.
“Taci Andrè.” Mi disse rincominciando a baciarmi.
Ci stendemmo sul letto e si mise a cavalcioni sopra di me.
“Sei sicura?” sussurrai in un misto di paura e felicità
“Non voglio che tu vada a dipingere, sei  troppo agitato. Altrimenti il soffitto poi farà schifo.” Rise poggiandomi un bacio sul naso.
“Ti amo Andrè.” Mi disse dopo un po’
“Anche io Oscar, anche io.”
 
Sbattei piano le palpebre per abituarmi alla poca luce e rimasi a fissare il soffitto per qualche minuto, tutte le immagini della notte precedente mi passarono davanti agli occhi e arrossii visibilmente.
Mi voltai verso Andrè, che dormiva beatamente al mio fianco. Aveva la bocca socchiusa e i capelli scompigliati sul viso, sorrisi.
Mi sentivo come su una nuvola e un sorriso idiota mi spuntò sulle labbra, scossi la testa e feci per scendere dal letto con i minori movimenti possibili per non svegliare Andrè. Appena fui in piedi raccolsi un cuscino che stava per terra e lo poggiai sul letto.
“Già in piedi?”
Mi girai di scatto e guardai Andrè che sorrideva ancora mezzo steso sul letto.
“Sono le undici, dottore.” Ricambiai il sorriso.
“Solo? Peccato, volevo battere il mio record.”
“Che sarebbe?” mi accigliai
“Intorno alle tre del pomeriggio..”
“E quando lo avresti fatto questo record?”
“Direi di cambiare discorso... A quanto pare abbiamo trovato una soluzione.” fece malizioso
“Già, pare di sì.” Sorrisi “Però ne parliamo dopo, ora torniamo ai tuoi numerosi record, rispondi alla domanda Andrè!”
Lui si stiracchiò per poi tornare a guardarmi.
“Non scendiamo nei particolari.” continuò evasivo
“Che mi nascondi Grandier?”
“Segreto di Stato.”
“Andrè guardami.” mi indicai la faccia e sporsi il labbro in una faccia da cucciolo.
“Ti prego... Mi racconti?”
“E’ proprio necessario? Non mi fa onore...”
Sporsi un po’ di più il labbro e sbattei le ciglia annuendo.
“Uffa, va bene va bene, ma non ridere!” tacque diventando sempre più rosso.
“Nottata in bianco con Aleksej per superare l’ultimo livello del nuovo gioco della Playstation, e purtroppo ha vinto lui. Che vergogna, perdere contro mio fratello minore.”
Mi rilassai e mi lasciai sfuggire un sospiro.
“Ok, bene. Pensavo peggio.”
“Cioè?”
“Niente.” arrossii un po’ e mi voltai a dargli le spalle.
“E no, adesso me lo dici!” disse prendendomi per la vita e trascinandomi di nuovo nel letto con lui.
Distolsi lo sguardo e soppressi la voglia di baciarlo.
“Ehm..” arrossii di nuovo “Avevo pensato a una serata in discoteca in cui ti ubriacavi e portavi a casa una tizia qualunque, di cui adesso non  ricordi nemmeno il nome.” dissi velocissimo
Scoppiò a ridere e io lo guardai male.
“Cosa ridi, scusa?”
“Credi davvero che abbia mai potuto tradirti?” mi chiese avvicinandomi di nuovo a lui.
“No, certo che no! Che idiozia! Io mi fido di te!”
“Davvero?” chiese stringendomi ancora di più
“Sì, mi fido di te, Andrè.” Gli dissi guardandolo negli occhi. Mi sorrise.
“Tornando al discorso di prima...”
“E’ tardi.” Dissi cercando di alzarmi
“No, no. Vieni qui!” disse trattenendomi e facendomi stendere.
“Seriamente, è tardi Andrè.” dissi seria.
Lui mi poggiò un bacio leggero sulle labbra e il mio stomaco impazzì completamente, scese a darmi un bacio sulla mascella e un altro ancora sul collo.
Presi il cuscino e glielo lanciai addosso ridendo.
“Vuoi la guerra, eh? Ti avevo detto chiaramente che in questo gioco comando io.” Disse prendendo un cuscino.
“No, fermo Andrè! Se mi colpisci te ne pentirai amaramente.”dissi riparandomi con le mani il viso e sorridendo.
“Cosa mi fai, sentiamo?” disse iniziando a colpirmi con il cuscino e ridendo “Voglio proprio vedere cosa mi fai,”
“E guerra sia!” dissi prendendo il cuscino che era caduto prima e colpendolo sul fianco.
“Non fare tiri mancini!” disse colpendomi sul braccio sinistro
“Parli tu!” gli risposi dandogli una cuscinata sula testa e poi scoppiai a ridere
“Mi hai spettinato i capelli! I miei capelli sono sacri, chiaro biondina?” disse spingendomi sul letto con il cuscino.
Rimasi sdraiata sulla schiena a guardarlo e sorrisi prima di sferrare un’altra cuscinata contro di lui. Mi tirò altre due cuscinate in faccia per poi dirmi: “Tregua? Tanto ho vinto io. Sei senza armi e sotto il nemico.”
“Devo ammettere che non mi dispiace.” Risi della buffa smorfia che si dipinse sul suo volto.
“1-0 per Andrè. Quindi ora rispondi. L’abbiamo trovata una soluzione?”
“Mi pare di avertelo dimostrato abbondantemente.” Mi si avvicinò ancora di più.
“Sei pentita?”
“Se mi fossi pentita ti avrei distrutto il naso a suon di cuscinate!”
Rise di nuovo.
“Sono così spaventoso come credevi?”
“Sei anche peggio.”
“Ma davvero, non mi dire! Allora rimetto lo spago?”
“No!” dissi a voce alta, poi mi ricomposi “Cioè, come vuoi.” Alzai le spalle indifferente.
“Ci staresti ancora al mio gioco?” chiese ghignando
“O mio dio Andrè! Ho lasciato il caffè sul fuoco!” urlai uscendo veloce dalla camera subito seguita da lui.
“Possibile che non si possa avere un momento di gloria?”

 
 
 
 
Angolino dell’autrice§
Allora, sono certa che arrivata a questo punto.. Ci siano delle cose da chiarire e spiegare.
Come ben sapete Newlymarried era stata pubblicata sull’account Euphemia, condiviso da me e  da una mia cara amica. Ora ci siamo come dire… Separate, e questo è il nuovo account che una mia carissima amica mi ha gentilmente regalato.
Premetto col dire.. Che è stata dura. Non avrei voluto tornare, e nemmeno scrivere più. Ma delle persone splendide mi hanno spinto a tornare e a continuare una storia che io amo davvero tantissimo.
So perfettamente che non avrà lo stesso successo, che molti mi odieranno, e che non mi recensiranno più… Ma vorrei dirvi… Che per me è un sacrificio. Ho deciso di completarla, per poi dare una fine a questa crescita. Perché.. fa male, davvero. Mi ero affezionata davvero molto a questa storia.. che racconta molto di me… ed è difficile lasciarla.. non so se lo avete mai provato, ma è davvero difficile, perché non hai più delle idee che ti entusiasmino…
Io cercherò di fare del mio meglio, vi prego, vi chiedo di sostenermi, perchè vorrei davvero riuscire ad andare avanti.
Ve ne sarò eternamente riconoscente.. Anche se mi lancerete maledizioni, mi odierete…. Vi prego solo di non giudicarmi, perchè amo davvero questa storia.
Grazie per avermi ascoltata,
A presto,
Glaphyra 
  
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