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Autore: Chanel483    26/08/2013    3 recensioni
"So che le probabilità che il mio nome venga estratto sono millesimali, ma non importa, io ho già deciso: che il mio nome sia estratto o no, questi saranno i miei Hunger Games."
Clove è il tributo femminile del Distretto 2 dei settantaquattresimi Hunger Games. Clove è un mago con i coltelli. Clove è un favorito, è stata cresciuta ed allenata al solo scopo di diventare una vincitrice. Clove si allea con Cato e gli altri favoriti quando è nell'arena. Clove ha un fisico minuto. Ma in realtà, cosa sappiamo di Clove, di com'è, di ciò che le piace o di cosa prova? Proprio niente.
Ed è così che inizia la mia storia.
So che non è originale, ci sono mille storie che parlano dello stesso argomento ma ci voglio provare lo stesso.
Vi parlerò dei settantaquattresimi Hunger Games, passo passo dal momento della Mietitura alla fine di tutto, dal punto di vista di Clove.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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-Bagno di sangue
Inutile dire che passo la notte in bianco. Quando finalmente riesco a prendere sonno è quasi alba e meno di un’ora dopo Vlad viene a svegliarmi.
Sono forse le sette del mattino e il mio stilista è vestito come se dovesse partecipare ad una serata di gala di dubbio gusto: pantaloni a righe oro e nere e canottiera di strass smeraldo, senza contare gli occhi pesantemente truccati di nero e fucsia. Nonostante il suo aspetto però, si dimostra molto più gentile e comprensivo del solito.
Non fa commenti strani né si lamenta del mio stato, semplicemente si limita a farmi indossare un paio di stretti pantaloni neri, delle scarpe comode ed una camicia chiara, per poi fermarmi i capelli in una treccia.
Una volta pronta ci avviamo verso il tetto e poi nell’hovercraft che ci sta aspettando lì sopra. All’interno vengo bloccata da un uomo in camice bianco che mi afferra il braccio e gli avvicina una grossa siringa.
Sarà per le poche ore di sonno o perché con la testa sono già all’interno dell’arena, ma istintivamente scatto e gli stringo il polso:<< Che cos’è? >> domando aggressiva, avvicinandomi al suo viso.
Lui solleva le mani, cercando probabilmente di dimostrare la sua innocenza:<< Si tratta di un localizzatore, ci permetterà di sapere dove ti trovi una volta dentro l’arena. Mi serve che tu stia ferma per posizionarlo bene… >>.
L’idea non mi piace affatto, ma allungo comunque il braccio e gli permetto di inserire l’ago sotto pelle e rilasciare il congegno di metallo. Fa un male cane ma stringo i denti per non darlo a vedere.
Una volta finito arriva una donna che ci scorta in una piccola stanza poco lontano dall’entrata, ci sono due divanetti ed un tavolo rotondo al centro, imbandito con pietanze di ogni tipo.
Mangio più che posso nonostante nulla nella mia bocca sembri avere un sapore, lo faccio solo perché non so quanto cibo avremo a disposizione nell’arena e io devo essere al massimo delle forze.
Mezzora dopo sto sorseggiando del succo di mele mentre scruto il panorama, quando i finestrini si oscurano, informandomi che manca poco all’arrivo. Qualche minuto dopo infatti l’hovercraft atterra ed io e Vlad veniamo scortati fino ad una stanza sotto l’arena, dove trovo tutto l’occorrente per prepararmi.
Vlad mi manda a farmi una doccia. Così mi lavo attentamente il corpo, il viso, i capelli e i denti, consapevole che nei prossimi giorni non avrò molte occasioni per dedicarmi alla mia igiene personale. Una volta finito, Vlad mi sistema i capelli in una coda alta, mi fa indossare la biancheria intima e va ad aprire lo scatolone contenente i vestiti, gli stessi per ogni tributo.
Dei comodi pantaloni rosso scuro, una maglia verdino, una spessa cintura, calze, scarponi ed una giacca nera e leggera che mi sta talmente grande da arrivarmi quasi alle ginocchia. Beh, meglio così, mi terrà più caldo; sempre che quest’anno l’Arena non somigli ad un deserto…
Dopo avermi allacciato gli scarponi, Vlad estrae dalla tasca una scatolina e me la porge:<< Il portafortuna del tuo Distretto. >> mi spiega dopo la mia occhiata interrogativa:<< L’ho trovato tra i vestiti con cui sei salita sul treno ed ho pensato che potessi volerlo. Ha dovuto passare i controlli ma è tutto a posto, al contrario di quello di Lux, la ragazza dell’uno: aveva anche lei un anello, ma hanno scoperto che la pietra che vi era incastonata può trasformarsi in una punta avvelenata. Gliel’hanno tolto >>.
Mi ritrovo a ridacchiare tra me al pensiero che abbiano beccato così Lux e, soprattutto, che per una volta non abbia avuto ciò che voleva.
Prendo l’anello contenuto nella scatoletta e me lo rigiro tra le mani. È di Marlene, quello che mi ha lasciato come portafortuna quando è venuta a salutarmi, non so come ho fatto ma me ne ero quasi dimenticata. È un gioiello semplice, una fedina d’argento con inciso il simbolo del Distretto 2. Con un sospiro lo indosso, non penso possa essere in alcun modo visto come una debolezza e avere un legame con casa mi potrebbe essermi di… sostegno.
<< È tutto comodo? >> mi chiede il mio stilista, osservando gli abiti che ho indosso.
Io faccio una prova, cammino un po’ in cerchio, faccio una corsetta sul posto e muovo anche il busto e le braccia, per assicurarmi che tutto vada bene:<< Sì, a posto >> rispondo quindi, prima di tornare a sedermi.
Mi viene offerto ancora da mangiare ed inizialmente rifiuto, poi ci ripenso e mi faccio portare un pezzo di pane, una mela e un’intera brocca d’acqua. L’acqua è perché non so quando la rivedrò e la mela ed il pane per non farmi sentire la fame per un po’, giusto il tempo di trovare qualche provvista.
Finito di mangiare non posso far altro che aspettare fissando la Camera di Lancio, mentre Vlad tenta pateticamente di intavolare una conversazione.
Una voce registrata annuncia che è il momento di prepararsi al lancio ed io faccio come dice.
Sento il cuore battermi in testa, percepisco ogni battito come se avessi un cannone nel cervello.
Vlad mi sistema una ciocca di capelli ribelli e mi sorride leggermente:<< Beh, spero tu vinca. >> mi informa:<< Ho fatto scommettere chiunque conosca su di te, non vorrai certo deluderci… >>.
Mi lascio sfuggire un sorriso che stupisce me per prima. Sto per dire qualcosa per giustificarmi ma alla fine mi stringo nelle spalle: tra pochi secondi entrerò nell’arena, penso sia un motivo accettabile per comportarmi in modo un po’ strano:<< Vedrò di fare del mio meglio >> prometto.
La piastra di metallo sulla quale mi trovo inizia a salire dentro il cilindro, Vlad agita una mano per salutarmi, ma poco dopo la sua figura grassoccia scompare dalla mia vista.
Quando mi ritrovo all’aperto, la luce del sole mi acceca per qualche istante, poi riesco a mettere a fuoco un cielo terso, pini tutt’intorno, uno specchio d’acqua poco distante, un prato e la Cornucopia, proprio davanti a me.
La voce di Claudius Templesmith rimbomba nell’Arena:<< Signore e signori, che i settantaquattresimi Hunger Games abbiano inizio >>.
Un silenzio di tomba cade sull’arena e l’aria sembra cristallizzarsi. Sessanta secondi è il tempo che siamo obbligati ad aspettare prima di lasciare le nostre postazioni, se lo facessimo adesso, esploderemmo appena poggiato piede a terra.
Nel minuto che mi resta prima di iniziare questo bagno di sangue, mi metto a guardarmi intorno, come tutti gli altri tributi. Localizzo gli altri favoriti, o almeno quelli che si trovano dalla mia parte del cerchio che formiamo, e studio la Cornucopia dorata che si trova al centro dell’anello. Attorno ad essa è disposto tutto ciò che possiamo desiderare per sopravvivere qui dentro e il valore degli oggetti diminuisce più ci si allontana dal centro, per esempio, a non più di quattro metri da dove mi trovo io c’è un piccolo gomitolo di spago, mentre nella bocca della Cornucopia, individuo un’invitante tenda canadese.
Incrocio lo sguardo di Ruth e ci scambiamo un ghigno soddisfatto, mentre lei mi indica con il mento uno stupendo set di coltelli, che si trova a diversi metri di distanza da me. Non importa, sarà mio.
Senza smettere di ghignare alzo gli occhi verso il cielo, azzurro e terso di nuvole, il sole mi colpisce gli occhi per un istante. Torno a guardare davanti a me e suona il gong.
Con uno scatto fulmineo scendo dalla piattaforma e mi metto a correre, facendomi largo con destrezza tra i vari oggetti disseminati a terra. So di essere più agile della maggior parte degli altri tributi, essere così piccola in fin dei conti ha i suoi lati positivi.
Per il primo tratto nessuno osa o riesce ad avvicinarmisi ma, quando sono giusto ad una manciata di metri dai coltelli che avevo adocchiato, sento qualcosa infrangersi contro il retro delle mie ginocchia e farmi cadere a terra. Ci metto mezzo secondo per poggiare i palmi a terra, girarmi e trovarmi davanti la faccia di quella che mi sembra la ragazza del Distretto 7.
La guardo con un misto di pena e rassegnazione. Quella ragazzina spaurita e disarmata pensa davvero di battermi? Con un calcio me la levo di dosso e la afferro per i capelli castani. Lei strilla ma io la ignoro, sto scrutando tra gli oggetti qui vicino, alla ricerca di qualcosa che possa tornarmi utile.
Realizzo in un istante che le armi vere e proprie – spade, lance, archi eccetera – sono troppo lontano, ma individuo velocemente uno spesso spuntone di metallo che fa capolino dall’erba. Non so dire se sia un arma o qualcosa tipo un chiodo, fatto sta che è appuntito e fa al caso mio.
Trascino la ragazza per un paio di passi tirandola dai capelli, arrivata accanto alla punta le do un forte strattone e la sbatto a terra, facendo in modo che le si conficchi nel cranio. Quando la lascio andare il corpo si abbandona sul prato, privo di vita, ed io ricomincio a correre.
Credo sia la prima morte di questi Hunger Games. Quasi mi viene da ridere: la prima uccisione è avvenuta per mano mia, deve essere lo stesso per l’ultima.
In pochi secondi arrivo al set di coltelli e, per non perdere tempo, faccio che afferrare la custodia nella mano sinistra e prendere un coltello con la destra. Sarei più comoda a sistemarli nella giacca, ma non posso permettermi di perdere tempo, diventerei un bersaglio troppo facile.
Noto che gli unici ad essere arrivati alle armi sono miei alleati, gli altri per lo più si limitano a prendere qualche zaino tra i più lontani dalla Cornucopia. Vedo Marvel poco distante da me che soppesa una spada e Ruth, dalla parte opposta, sta raccogliendo un arco mentre si sistema la faretra sulle spalle.
Osservando gli altri tributi, scorgo Katniss e, senza pensarci su due volte, mi lancio verso di lei che proprio in questo momento si sta chinando per afferrare uno zaino.
Qualcuno, non vedo bene chi, si para davanti a me impedendomi di prendere la mira, senza la minima esitazione scaglio il primo coltello di una lunga serie nella schiena del ragazzo che mi blocca la visuale e lui crolla a terra.
Vedo Katniss sollevare gli occhi e puntarli su di me. Un’espressione di terrore le deforma quasi i lineamenti ed io sorrido tra me, ha lo stesso sguardo che si ha davanti alla morte in persona. Molto probabilmente è consapevole del fatto che non le rimangono più che un paio di secondi di vita.
Recupero velocemente un coltello, purtroppo non ho tempo di sceglierlo con attenzione, così mi accontento della lama lunga e seghettata che mi trovo in mano. Lei scatta in piedi ed inizia a correre.
D’un tratto mi ricordo di un vecchio filmato che avevo visto in televisione, probabilmente riguardante dei vecchi Hunger Games: una gazzella che corre disperatamente, fin quasi a crollare, per sfuggire alle zanne di una leonessa.
Ed io sono la leonessa e Katniss è la mia gazzella.
Lancio il coltello con precisione, entro un paio di secondi sarà conficcato nella sua nuca e la Ragazza in Fiamme, si ridurrà ad un cumolo di ceneri.
All’ultimo però la vedo sollevare lo zaino che porta in spalla e coprirsi la testa. La lama si conficca nel tessuto della sacca e lei sparisce nel boschetto davanti a me.
Impiego un paio di secondi a capire cosa diavolo sia successo ma, quando realizzo che quella ragazzina è ancora viva, lancio un urlo frustrato.
Continuando a strillare, mi volto, trovando ad una decina di metri da me il tributo maschile del Distretto 4, il compagno di Ruth, il ragazzino troppo gracile per essere accettato nella squadra dei favoriti. È chino a terra, probabilmente sta cercando qualcosa tra i vari oggetti.
Mi metto a correre e in pochi istanti gli sono addosso. Lo sgozzo senza il minimo risentimento, immaginando che il sangue che mi schizza in faccia e mi scorre tra le dita sia quello di Katniss Everdeen.
D’un tratto, mentre io sono completamente concentrata su ciò che sto facendo, sento un sibilo accanto al mio orecchio, il rumore di una freccia. Mi giro da una parte all’altra e capisco in fretta cosa è successo.
Ruth è in piedi e sta riabbassando l’arco proprio ora, mentre dalla parte opposta c’è il corpo di una ragazza riverso a terra, deve essere quella del dieci o forse dell’otto, ha una freccia conficcata nella fronte e la mano stringe ancora una spada corta.
Torno a guardare la mia alleata, magari non per ringraziarla ma almeno per complimentarmi con lei, ma la ritrovo a fissare il corpo martoriato sotto di me, così mi limito a lanciarle uno sguardo interrogativo.
<< Era del mio Distretto >> si limita a spiegarmi, stringendosi nelle spalle e distogliendo lo sguardo dalla mia vittima.
<< È un problema? >> domando rimettendomi in piedi.
Ruth alza lo sguardo verso il cielo:<< Conosco i suoi genitori. Suo padre fa il pescatore e sua madre ha un banchetto di pesce vicino alla spiaggia, vado spesso a comprare da lei >>.
Io mi chino e pulisco la lama del mio coltello sul braccio del ragazzino per rimuoverne il sangue. Non abbiamo più tempo di parlare però, perché dobbiamo andare avanti a combattere.
Lentamente la situazione si calma, la radura si riempie di corpi e i sopravvissuti corrono a nascondersi nel bosco.
È ormai pomeriggio inoltrato quando infilzo la mia ultima avversaria con una spada raccolta da terra e, finalmente circondata solo dai miei alleati, mi lascio scivolare a terra.
<< Era l’ultimo? >> domanda Marvel poco distante da me.
Cato annuisce:<< Cosi sembrerebbe >>.
Quest’oggi ho intravisto Cato giusto per qualche secondo tra uno scontro e l’altro. Ora che mi fermo ad osservarlo, noto che ha un profondo graffio sulla guancia ed un livido sullo zigomo che si fa sempre più scuro.
Ci raggiungono anche Lux e Ruth e ci sediamo insieme, iniziando a valutare la situazione.
<< Dov’è finito Kreg? >> domanda la bionda, guardandosi intorno.
Io mi stringo nelle spalle poiché quest’oggi non l’ho neanche intravisto tra i tributi:<< Se n’è andato subito. >> risponde Marvel:<< È rimasto giusto il tempo di recuperare uno zaino ed un paio dei suoi aggeggi elettronici >>.
Rimaniamo in silenzio qualche istante per assimilare la notizia, poi però sentiamo il rumore di qualcosa in avvicinamento e, alzando gli occhi verso il cielo, vediamo degli hovercraft. Ci allontaniamo dal campo di battaglia, in modo che possano recuperare i corpi.
Andiamo a sederci vicino al laghetto sulla destra della radura e ci controlliamo le ferite. Personalmente credo di essere ricoperta di sangue dalla testa ai piedi, ma come ovvio non è mio, tranne forse per un leggero taglio sul braccio destro, causato da una freccia che è riuscita a sfiorarmi, sono rimasta illesa. Gli altri non sono messi affatto male, tranne che per qualche segno, sono in ottima forma. Anche Lux, che continua a lamentarsi perché è sicura di essersi rotta una caviglia e non poter camminare.
Raccolgo un po’ di acqua con le mani e me la faccio scivolare sul viso e sul collo, devo sfregare con forza perché il sangue ormai secco scompaia del tutto dalla mia pelle, ma alla fine riesco a liberarmene.
I cannoni risuonano nell’arena undici volte.
Siamo fortunati, dopo aver cercato per un paio di minuti, troviamo un piccolo set per il pronto soccorso tra gli oggetti sparsi per la radura. Nulla di che, solo qualche benda, un po’ di disinfettante, ago e filo, ma quanto basta per metterci a posto le ferite.
Una volta sistemati, iniziamo ad organizzarci per la notte. Marvel recupera un’ascia e va a tagliare la legna – essere favoriti ci permette di accendere un bel fuoco senza il rischio di richiamare l’attenzione, tutti sanno dove siamo e nessuno avrà il coraggio di attaccarci – mentre noi altri recuperiamo armi e provviste varie.
Ruth fa un bel lavoro, prende la tenda dalla Cornucopia e trova anche cinque comodi e pesanti sacchi a pelo che ci terranno al caldo durante la notte. Nel frattempo Marvel ha tirato su un bel falò e Cato sta sistemando le armi, dividendole in modo equo tra di noi e tenendo conto delle nostre attitudini. Io e Lux invece ci siamo occupate delle provviste, io del cibo e lei di tutto il resto.
Il sole è appena tramontato quando ci sediamo intorno al fuoco, spartendoci scatole di cibo disidratato. Nulla a che fare con il meraviglioso cibo che mangiavamo a Capitol, ma poteva andarci decisamente peggio. Ricordo un’arena, di almeno un paio d’anni fa, dove l’unica fonte di sostentamento erano le bacche e i frutti che crescevano nei boschi i quali, per di più, con il passare del tempo si sono rivelati essere per lo più velenosi.
Una quindicina di minuti dopo, quando la notte è appena scesa, l’inno che precede il riepilogo dei morti della giornata risuona per tutta l’arena. Solleviamo gli occhi verso il cielo appena in tempo per individuare il sigillo di Capitol che fluttua contro il cielo notturno – che in realtà altro non è che uno schermo che circonda tutta l’arena – quasi fosse un fantasma.
L’inno termina e per qualche istante rimaniamo ad osservare il cielo buio, poi compaiono i morti. Vengono mostrate le stesse immagini che hanno fatto vedere in televisione quando ci hanno dato i punteggi, questa volta però con il numero del Distretto in sovrimpressione.
La prima è la ragazza del Distretto 3, ovviamente poiché noi siamo ancora qui. Poi tocca al compagno di Ruth, il ragazzino che ho ucciso io. Il ragazzo del cinque ed entrambi i tributi dei Distretti 6 e 7 – riconosco la ragazza che ho ucciso, come immaginavo veniva dal sette. Il ragazzo dell’otto. Come già sapevo, poiché sono stata io a farli fuori, i ragazzi del nove.
Dieci morti, ne manca solo uno. Spero con tutta me stessa che sia Katniss, nonostante una parte di me preferirebbe morisse per mano mia, sarebbe decisamente un problema in meno.
E invece no, è la ragazza del dieci. E solo dopo ricordo, è quella che ha ucciso Ruth prima che potesse attaccarmi.
Ricompare il sigillo che, andandosene, ci lascia quasi del tutto immersi nel buio, se non fosse per la flebile luce del fuoco.
<< Ne ho uccisi quattro… >> sussurro tra me, contandoli sulla punta delle dita.
<< Come? >> mi chiede Marvel.
Mi schiarisco la voce:<< Degli undici, quattro li ho uccisi io: quelli del nove, il ragazzino del quattro e la ragazza del sette… >> spiego.
Il ragazzo si stringe nelle spalle, rivolgendomi un mezzo sorriso di cui non capisco bene il significato:<< Io tre >> risponde semplicemente.
<< Allora Kreg è vivo… >> commenta Ruth, gettando nel fuoco la confezione nella quale era contenuta la sua cena.
Annuiamo tutti senza però dire nulla e Cato si alza, sfregandosi le mani sui pantaloni:<< Preparatevi, si va a caccia >>.
Ci mettiamo in piedi a nostra volta ed iniziamo a recuperare un po’ di armi, ma un rumore proveniente dal bosco alle nostre spalle ci distrae. Immobili ascoltiamo quei suoni e decretiamo all’unisono che non può trattarsi del vento o di un animale. Io sfodero due coltelli, Ruth carica l’arco e insieme ci avviciniamo al punto da cui proviene quel rumore.
Pochi secondi dopo, dalla boscaglia, compare il ragazzo del Distretto12, la metà maschile degli “Sventurati Amanti”.
Gli punto contro il coltello, pronta a sgozzarlo senza la minima esitazione, però lui ha le mani alzate e non sembra armato.
<< Fermi, >> esclama appena ci vede:<< sono qui per fare un accordo >>.


Eccomi qua... 
Allora, per prima cosa devo infinitamente scusarmi per il ritardo. So di averci messo una vita ma, oltre ad essere molto impegnata in questo periodo, mancava un po' l'ispirazione. Spero in ogni caso che il capitolo sia per lo meno accettabile.

Per quanto riguarda il contenuto, purtroppo (?) la parte romance (?) è completamente assente, ma poiché questa storia è incentrata sugli Hunger Games di Clove e non sul suo rapporto con Cato, quindi direi che è giusto dedicare un capitolo completamente a ciò che succede nell'arena e ai suoi sentimenti a riguardo. Probabilmente anche il prossimo capitolo sarà per lo più incentrato sull'azione. Non preoccupatevi però, avrete presto quel che volete ;)

In ultimo vi lascio il link del mio nuovo profilo di Facebook, ho creato un account collegato a questo di efp (volevo farlo da una vita!) e quindi se vi va aggiungetemi ;)
Chanel Efp

Grazie a tutti, a chi mi segue, a chi recensisce ecc, senza di voi questa storia non esisterebbe ;) 
Un bacione

Chanel
  
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