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Autore: trajektoria    26/08/2013    1 recensioni
Sherlock non è morto vicino al Bart's in quel giorno fatale, ma neanche Jim Moriarty. Dopo tre anni di solitudine passati invano a cercare di smantellare la ragnatela criminale di Moriarty, Sherlock scopre che Jim sta di nuovo bersagliando John. I due mortali nemici devono scontrarsi ancora. Tuttavia molte cose sono cambiate dal loro ultimo confronto. E non per il meglio...
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jim Moriarty , Sherlock Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock era pronto a saltare quando sentì una vibrazione nella sua tasca. Questo lo sorprese, forzandolo a schiudere gli occhi e a rilassare i muscoli tesi. Da quando morì, tre anni fa, il suo cellulare era sempre stato silenzioso. L'unica persona che avrebbe potuto inviargli un messaggio era Mycroft, ma non l'aveva mai fatto. Preferiva telefonargli o incontrarlo di persona. Tuttavia Sherlock continuava a tenere il suo vecchio cellulare. Era un'abitudine della sua vecchia vita, non una necessità. Non più.
Prese il cellulare dalla tasca di quell'odiosa giacca azzurra che indossava, e guardò lo schermo.
Ciaaaoooo, Sherlock! -JM
Sherlock fissò il messaggio, il volto inespressivo. Dopo un po' le sue dita cominciarono a muoversi, apparentemente contro la sua volontà, ed inviò la sua risposta.
Penso che dovrei essere sorpreso che tu sia in vita, ma la verità è che non lo sono. - SH
La risposta arrivò quasi istantaneamente.
Non mi sono sorpreso neanche io quando ho saputo di te. Sei piuttosto prevedibile, Sherly.  -JM
Anche tu, mio caro Jim. -SH
Oh, sembra abbiamo molte cose in comune. Come sta il piccolo Johnny? -JM
Sherlock si sentì il sangue pulsare nelle tempie, ma riuscì a mantenere la calma.
E come sta l'adorato Sebby? -SH
Perchè mai hai evitato la mia domanda con un'altra domanda? Tsk tsk. -JM
Le labbra di Sherlock si contrassero mentre rispondeva:
E perchè hai appena fatto la stessa cosa? -SH
Perchè l'ho chiesto per PRIMO! -JM
Rispondere è noioso. SH
E adesso lo sei anche tu. Penso proprio che andrò a fare un saluto al nostro piccolo soldatino. JM
Sherlock digrignò i denti.
Lascialo stare. -SH
Perchè? Lui è divertente. Tu non lo sei. -JM
Sono sicuro che Moran sia più divertente, non hai bisogno di John. -SH
Per favore. Moran è fuori dal paese per affari ufficiali. John è tuuuuuutto soooolo al bar. -JM
Sherlock sapeva che non aveva via di scampo, doveva stare al gioco di Moriarty. Di nuovo.
Cosa vuoi? -SH
Intrattenimento. Ti andrebbe di vederci nel tuo vecchio appartamento? -JM
Quando? -SH
Hai circa trenta minuti prima che il buon dottore venga prelevato. Il tuo arrivo fermerà i miei uomini, decidi tu. Divertiti! -JM
Sherlock non perse tempo a rispondere. Scese di corsa le scale e chiamò un taxi. Gli ci vollero esattamente ventidue minuti per arrivare a Baker Street. Si precipitò giù dal veicolo e salì le scale verso il proprio vecchio appartamento. Entrò nel soggiorno ansimando.
Jim sorrise quando Sherlock irruppe nella stanza. Era seduto nella vecchia poltrona di John, la quale aveva accumulato polvere durante gli ultimi tre anni.
"Ventidue minuti? Non c'era bisogno di così tanta fretta," lo canzonò senza girarsi per guardarlo.
Sherlock gli rivolse uno sguardo carico d'odio, cercando di recuperare fiato. Ignorandone l'occhiataccia, Jim  sorrise amichevolmente.
"Prego, siediti," e fece segno verso il mobilio abbandonato di Sherlock.
Sherlock si incamminò verso la poltrona e lì si sedette, posando il mento sul palmo. Sembrava più smorto e cagionevole rispetto a prima della caduta. Il nuovo taglio di capelli, corto, biondo e chiaramente economico, non gli si addiceva per niente.
"Cosa vuoi?" Chiese impaziente.
"Secondo te voglio sempre qualcosa, Sherlock?" Jim con lo sguardo fisso lo scrutava attentamente.
"Certo," Sherlock sorrise. "Non fai visite amichevoli."
Jim alzò le spalle.
"Voglio solo sapere come te la stai passaaandoo!" esclamò beffardamente.
"Oh, sto benissimo," disse il detective senza troppi preamboli.
Jim gli sorrise.
"Lo vedo. Dimmi Sherly, hai mai pensato... Non so... di dire al tuo piccolo dottore che sei ancora vivo?" chiese, come se stessero conducendo una normale conversazione.
"Dipende," rispose laconicamente.
"Da cosa?" 
"Se riuscirò a smantellare il tuo malefico impero e ad ucciderti," disse tranquillamente.
Jim fece un cenno col capo, guardandolo con l'aria di chi si scusa.
"Oh, ne dubito..."
"Uno può sempre sognare." Sherlock sorrise di nuovo. "Arrivare al tuo scagnozzo s'è rivelato più difficile del previsto. Almeno adesso so perchè. Il ragno non ha abbandonato la sua ragnatela."
Jim sedeva lì guardando Sherlock, così come il detective guardava il consulente criminale. Quest'ultimo non diede segno di voler continuare la conversazione.
"Che si fa adesso?" Chiese Sherlock dopo alcuni minuti di silenzio.
Jim alzò le spalle.
"Pensavo che avresti avuto molto più da dire."
"Riguardo cosa?"
"Per il mondo sei morto. Ora dimmi, Sherlock," posò il mento sulle sue mani e attese.
"Essere morto ha i suoi vantaggi," disse con indifferenza. "Almeno non ci sono più giornalisti a darmi la caccia."
"Ho sentito dire che John visita la tua tomba molto spesso..." Jim si distese nella poltrona, sorridendo, rifiutandosi di accantonare l'argomento.
"Ne sono perfettamente consapevole," disse con un'espressione dura in volto.
"Alcune volte piange anche," Jim scosse la testa, sforzandosi di apparire preoccupato.
"Dimmi qualcosa che non so." Sherlock suonava annoiato.
"Hai sentito cosa dice?" un angolo della bocca di Jim si contrasse. "E' piuttosto deprimente. Parla come se tu fossi ancora lì."
"Molte persone affrontano così il lutto," rimbeccò stringendosi nelle spalle.
"Non provi la benchè minima empatia? Pensavo foste migliori amici..."
"Appartiene tutto al passato. Le cose sono cambiate," rispose con semplicità.
"Eppure sei sembrato così impaziente di toglierlo dalle mie grinfie..." sorrise Jim.
"Merita una vita tranquilla." sentenziò Sherlock con un'espressione stanca e disinteressata. Non stava fingendo questa volta.
"Non hai dormito bene ultimamente? Non ti fa bene, Sherly."
"Il tuo interesse è commuovente."
Jim fece spallucce e si alzò per andare verso la finestra, lasciando Sherlock solo coi suoi pensieri. Dopo un po' parlò:
"Devo ammettere però di essere colpito."
"Da cosa?"
Jim inclinò lievemente la testa.
"Sembra che tu abbia preso la storia del matrimonio piuttosto bene."
"E perchè non avrei dovuto? E' la perfetta opportunità che ha John per cambiare pagina," disse, sforzandosi di non lasciar trapelare alcun tremito dalla sua voce.
"Hm. Sai, si stanno sistemando piuttosto bene. Le mie spie dicono che stanno pensando di avere dei bambini." sospirò Jim, sorridendo. "E' come se pian piano si stesse dimenticando di te."
"E' meglio per lui," disse Sherlock fissando pallidamente il pavimento.
"Capisco," fece pochi passi e si appoggiò al muro.
"Cosa vuoi, Jim? Pavoneggiarti della tua vittoria?" chiese aspramente.
"A dire il vero è una bella sensazione. Non che tu possa saperlo," rispose sorridendo.
"Fa' pure. Non mi importa più." disse Sherlock apaticamente.
Jim fece il broncio.
"Oh, è piuttosto triste questo, Sherlock..." cominciò, avvicinandosi al detective.
Improvvisamente Sherlock cominciò a ridere.
Jim apparve sorpreso.
"Si? Che c'è di così divertente?"
"Sai dov'ero quando mi hai mandato quel messaggio?" chiese Sherlock, trattenendo un sorriso apatico.
"Non mi son preoccupato di controllare. Sapevo che saresti venuto comunque," sogghignò.
Sherlock sorrise. Ma il suo era un sorriso, vuoto, assente e triste.
"Sul tetto del Bart's, pronto a saltare."
"Di nuovo?" chiese. "Ti sentivi sentimentale?"
"No. Suicida," confessò Sherlock, con espressione sconfitta. "Hai vinto, Jim. Mi hai bruciato il cuore. Hai rotto il tuo giocattolo preferito. Stappa lo champagne e festeggia perchè il grande ex detective Sherlock Holmes è pronto a farla finita!"
Jim ci pensò su. Si avvicinò a Sherlock e si piegò per meglio guardarlo in volto. "Davvero? Triste. Nonostante tutto?"
"Nonostante tutto," fece eco ed annuì. "Sono stanco di questa vita."
Jim sollevò un sopracciglio, esaminando il volto di Sherlock da più vicino.
"Se proprio devi," roteò gli occhi e si fece indietro. Si mise una mano in tasca e ne tirò fuori una pistola. La puntò verso Sherlock. "Saltare giù da un edificio sarebbe stato da stolti, penso di averti sopravvalutato. Non hai pensato al corpo?"
"Ne ho già parlato con Mycroft, non c'è bisogno di preoccuparsi." Alzò le spalle e fissò la pistola. "Tanto per chiedere, dato che già conosciamo la risposta: cosa mi impedisce di farti saltare il cervello qui, seduta stante?"
Jim rispose scocciato.
"Ho due cecchini, uno dall'altro lato della strada, l'altro nella camera da letto."
"Non mi sorprende." Sherlock gli rivolse un sorriso vacuo.
"Sei diventato così monotono, Sherlock!" protestò Jim.
"Non c'è più gusto ad essere intelligente, non più," affermò impassibile.
Jim lo fissò annoiato.
"Bene, se non lo farai tu," allungò il braccio impugnando la pistola. Sherlock lo guardava, quasi con empatia.
"Deve essere frustrante, essere il più brillante giocatore in campo. Niente più sfide, la vita ridotta ad una costante noia."
Stringendo la mascella, Jim lasciò che il braccio gli cadesse lungo il fianco.
"Il suicidio è la via più semplice," ribattè con semplicità. Mentirebbe se dicesse che non l'aveva mai considerato.
"Pensavo che odiassi il solo 'restare in vita'!" sogghignò Sherlock.
Jim emise un suono che era a metà tra l'essere una risata senza gioia ed una beffa. Tornò a fissare la finestra, guardando in basso verso le macchine che sfrecciavano in strada.
Sherlock lo osservò per un po' e poi fece un'improbabile proposta.
"Perchè non lo facciamo insieme?"
Jim si voltò, lo sguardo penetrante.
"Cosa ti fa credere che accetterei?"
"Non ho alcuno scopo, nè voglia di continuare a vivere, e tu sei annoiato oltre ogni immaginazione. Insieme potremmo guardare il mondo bruciare. Non sono più dalla parte degli angeli. Se la cavano bene anche senza di me."
Jim guardò Sherlock, con quella che sembrava pietà nel suo sguardo.
"Mi deprimi caro mio. Non credevo potessi abbassarti fino a questo livello." Alzò entrambe le sopracciglia e ridacchiò, tornando a guardare la finestra.
Sherlock sorrise lievemente.
"Valeva la pena chiedere."
I due restarono in silenzio per qualche minuto. Jim rimuginò un po' e si voltò nuovamente verso Sherlock. Sospirò.
"Ti ucciderei adesso, ma sarebbe noioso, perchè è quello che vuoi."
"Pare che siamo ad un punto morto." Sherlock sorrise, ma i suoi occhi restarono impassibili.
Jim contrasse le labbra.
"A quanto pare. Eccoci qui allora!" Sorrise e con le braccia fece un gesto plateale nella stanza. Restò così per qualche momento, poi gettò nuovamente le braccia lungo i propri fianchi con un tonfo sordo. "Vuoi che moriamo insieme? Cosa proporresti?"
"Tu che dici?" chiese Sherlock, inclinando la testa.
"Io dico che siamo entrambi stanchi. Entrambi annoiati. Dì quello che vuoi, non ti fermerò..." sorrise aspramente.
Sherlock socchiuse gli occhi, ponderando le opzioni per un po'.
"Direi che se dobbiamo morire insieme almeno facciamolo col botto. Facciamo saltare questo posto. Non c'è più nessuno ora che la Signora Hudson si è trasferita a Dublino. Nessuno oltre noi due, ovvio. E i tuoi cecchini naturalmente. Ma quelli possono essere richiamati."
A questi arrangiamenti Jim sorrise. Prese il cellulare e compose un numero. "Si, richiama i cecchini," disse quasi su di giri. "Posiziona dell'esplosivo intorno al perimetro dell'appartamento." Chiuse la chiamata, si rimise il cellulare in tasca e si accasciò sulla poltrona, tamburellando con i piedi.
"Perciò, come trascorriamo i nostri ultimi minuti su questa valle di lacrime?" chiese Sherlock con un ghigno, sentendosi però sollevato, come mai lo era stato dalla caduta. Scalciò la pistola più lontano da loro. Non ne avrebbero più avuto bisogno.
"Fa quello che ti pare," rispose Jim debolmente. Si distese, chiuse gli occhi e sorrise.
Sherlock prese un respiro profondo e pensò a John. Era quella la decisione migliore. Col 221B distrutto sarebbe stato più semplice per lui andare avanti ed essere felice. E Sherlock non desiderava di meglio.
"Non vuoi dire addio a nessuno?" chiese Jim, non spostandosi dalla sua posizione. "Abbiamo all'incirca 15 minuti. Non sono venuto provvisto di esplosivo, sai."
Sherlock ci pensò su per un po'.
"No. Tutti credono che sia morto. Non c'è motivo di dir loro il contrario. E per quanto riguarda Mycroft... scrostare i nostri resti dall'asfalto gliele farà girare quanto basta."
Jim rise. Sembrava isterico, ma non se ne curò. Sherlock guardò l'appartamento per l'ultima volta. Così tanti bei ricordi legati a quel posto, ma li scacciò via. Tutto sarebbe finito di lì a poco.
"Potrei sempre chiamarmi indietrooooo..." disse Jim a mo' di cantilena.
"Vorresti telefonare Moran?" chiese Sherlock, ignorando l'ultimo commento di Moriarty.
Jim fece spallucce.
"Non ce n'è bisogno. E' dall'altra parte della strada con un fucile," e rise di nuovo. Non che gli importasse cosa Moran pensasse.
"Moran è fuori dal paese per affari ufficiali," fece eco Sherlock beffardo.
"L'onestà non è divertente," rispose Jim con un ghigno.
"Anche questo è vero," annuì assente il detective.
Jim sospirò. Sedettero in silenzio per un tempo indefinito.
"E' stato bello giocare con te, Sherly," disse inespressivo.
"Lo penso anch'io. Anche se alla fine hai vinto tu," rispose con calma, non nutrendo più rancore. Non ce n'era motivo.
"Con molta difficoltà." La sua voce si fece più aspra. Riaprì gli occhi e guardò il volto dell'ex consulente investigativo. Sherlock voltò la propria testa verso Jim e lo osservò a sua volta con intensità.
"Ho sempre sospettato che sarebbe finita così. Non c'era alcuna possibilità che uno di noi potesse prevalere sull'altro." sibilò debolmente Jim.
"Si, me lo sentivo anch'io," concordò cupamente. "Non c'è un lieto fine per quelli come noi."
Jim annuì.
"Non credevo però che l'avremmo fatto in questo modo. Ho sempre pensato che mi avresti sparato e che io avrei ricambiato il favore," rise.
"Non significa niente, sono contento che tu abbia accettato di bombardare l'appartamento. E, dopotutto, in questo modo possiamo condurre una conversazione civile."
Jim fece un cenno con la mano.
"Per chi mi hai preso? Non sono uno psicopatico."
"Solo un sociopatico iperattivo?" chiese Sherlock con un ghigno d'intesa.
Jim rivolse a Sherlock un'occhiata stanca prima di accasciarsi nuovamente lungo la poltrona.
"Esattamente."
Sherlock sospirò, assumendo la stessa posizione di Moriarty.
"Siamo davvero molto simili. Eppure così diversi. Curiosa la vita."
"Hai sbagliato, io sono te," Jim si ritrovò a ridere di sè stesso. "Direi che abbiamo all'incirca 5 minuti."
"Bene. Aspettare è noioso." sentenziò Sherlock.
Jim annuì. Si sentiva finalmente sollevato. Considerò per un momento di chiamare Moran per un addio ma decise poi che non ne valeva la pena.
"Non ricordo l'ultima volta che mi sono sentito così in pace," sussurrò Sherlock in un tono impercettibile.
"So esattamente come ti senti," mormorò l'altro con lo stesso volume di voce.
"Ma guardaci: due dannati monaci Buddisti," rise, ma con ben poca convinzione. "Le tue ultime parole famose?"
Jim guardò Sherlock. Aveva niente da dire? C'era qualcosa circa le "ultime parole famose"; la società le aveva sempre ritenute importanti. Jim non riusciva a pensare a nulla che valesse la pena d'esser detto, poi realizzò che sarebbe stato Sherlock l'uditore delle sue ultime parole. Ma no, non aveva nulla da dire.
"L'ho amato. L'ho amato davvero. E lo amo ancora," sussurrò Sherlock, ma questa confessione non era rivolta a Jim. Era rivolta a sè stesso. Nei suoi ultimi momenti Sherlock poteva permettersi di affrontare la verità.
Jim sorrise.
"Si, lo so," disse aspramente. A dire il vero, detestava John. "Tutti lo sapevano."
"Mi domando se lui sapesse..." il suo tono si affievolì e rivolse lo sguardo al soffitto.
Jim scoppiò a ridere, non ne potè farne a meno.
"Quell'uomo non ne aveva la più pallida idea!"
"A dire il vero è un bene. Considerate le circostanze," sorrise stancamente.
La risata di Jim svanì, ora semplicemente fissava il detective. Si sentiva quasi dispiaciuto per lui. Ma non poi così tanto.
"Non dovresti preoccuparti per lui." Controllò il proprio orologio. "Due minuti."
"Lo so." Sherlock annuì. "Sei sicuro di non voler salutare nessuno?"
Jim scosse la testa, sentendo una punta di gelosia nei confronti di quel bastardo del dottore. A nessuno sarebbe mancato James Moriarty, perchè dire addio?
"Come pensi che spiegheranno l'esplosione in TV? Un'altra fuoriuscita di gas? Il vicinato sembra propenso a questo genere di cose," disse Sherlock, cercando di distrarsi dal pensiero di John.
Jim sorrise debolmente in risposta, ascoltando appena. Sentiva di nuovo quel blocco di odio pesargli sul petto, ma lo represse.
"Quanto?" chiese Sherlock.
"45 secondi." Jim realizzò che le sue ultime parole sarebbero stante probabilmente numeri.
Sherlock prese un respiro profondo e allungò la propria mano verso Jim.
"Insieme."
Jim scrutò il detective prima di prendere la sua mano e stringerla con fermezza. Annuì a mascella stretta, e tornò a guardare il proprio orologio.
"30."
Sherlock si sarebbe aspettato di essere spaventato a così pochi istanti dalla propria morte. Non lo era. La attendeva impazientemente, voleva salutarla come salvatrice da questa miserabile e solitaria vita che s'era ritrovato.
Jim sbuffò dal naso. Non aveva mai pensato alla morte, non alla sua almeno. Non gli importava poi così tanto. Godendosi la sensazione d'impazienza e pace, distolse lo sguardo dall'orologio e tornò a guardare per un'ultima volta la finestra.
"20."
Sherlock tornò a guardare Jim e gli rivolse un sorriso stanco, stringendo ancora di più la sua mano.
"C'è nessun peso di cui vorresti liberarti?" Chiese il detective.
Fissandolo con un'espressione che desiderava tanto potesse decifrare, scosse la testa.
"Dieci."
Sherlock non sembrava sorpreso dell'improvvisa rivelazione. Annuì verso Jim, comprendendo la muta verità. C'era tristezza nei suoi occhi.
"Cinque," disse Jim con tranquillità. Sherlock aveva colto l'indizio. Ma non era più importante adesso. "Quattro."
"Tre." Sherlock chiuse gli occhi e pensò a John, l'amore della sua vita. Si pentiva di non averglielo mai detto. Ma era troppo tardi adesso. Sperava solo che John sarebbe stato felice anche senza di lui.
"Due." Jim guardò il detective per un'ultima volta e chiuse gli occhi.
"Uno."
E le fiamme li consumarono entrambi.

Marbles on glass ~ Storia originale qui.

 

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Sherlock era pronto a saltare quando sentì una vibrazione nella sua tasca. Questo lo sorprese, forzandolo a schiudere gli occhi e a rilassare i muscoli tesi. Da quando morì, tre anni fa, il suo cellulare era sempre stato silenzioso. L'unica persona che avrebbe potuto inviargli un messaggio era Mycroft, ma non l'aveva mai fatto. Preferiva telefonargli o incontrarlo di persona. Tuttavia Sherlock continuava a tenere il suo vecchio cellulare. Era un'abitudine della sua vecchia vita, non una necessità. Non più.


Prese il cellulare dalla tasca di quell'odiosa giacca azzurra che indossava, e guardò lo schermo.


Ciaaaoooo, Sherlock! -JM


Sherlock fissò il messaggio, il volto inespressivo. Dopo un po' le sue dita cominciarono a muoversi, apparentemente contro la sua volontà, ed inviò la sua risposta.

Penso che dovrei essere sorpreso che tu sia in vita, ma la verità è che non lo sono. - SH


La risposta arrivò quasi istantaneamente.


Non mi sono sorpreso neanche io quando ho saputo di te. Sei piuttosto prevedibile, Sherly.  -JM
Anche tu, mio caro Jim. -SH


Oh, sembra abbiamo molte cose in comune. Come sta il piccolo Johnny? -JM


Sherlock si sentì il sangue pulsare nelle tempie, ma riuscì a mantenere la calma.


E come sta l'adorato Sebby? -SH


Perchè mai hai evitato la mia domanda con un'altra domanda? Tsk tsk. -JM


Le labbra di Sherlock si contrassero mentre rispondeva:


E perchè hai appena fatto la stessa cosa? -SH


Perchè l'ho chiesto per PRIMO! -JM


Rispondere è noioso. SH


E adesso lo sei anche tu. Penso proprio che andrò a fare un saluto al nostro piccolo soldatino. JM


Sherlock digrignò i denti.


Lascialo stare. -SH


Perchè? Lui è divertente. Tu non lo sei. -JM


Sono sicuro che Moran sia più divertente, non hai bisogno di John. -SH


Per favore. Moran è fuori dal paese per affari ufficiali. John è tuuuuuutto soooolo al bar. -JM


Sherlock sapeva che non aveva via di scampo, doveva stare al gioco di Moriarty. Di nuovo.


Cosa vuoi? -SH

Intrattenimento. Ti andrebbe di vederci nel tuo vecchio appartamento? -JM


Quando? -SH


Hai circa trenta minuti prima che il buon dottore venga prelevato. Il tuo arrivo fermerà i miei uomini, decidi tu. Divertiti! -JM


Sherlock non perse tempo a rispondere. Scese di corsa le scale e chiamò un taxi. Gli ci vollero esattamente ventidue minuti per arrivare a Baker Street. Si precipitò giù dal veicolo e salì le scale verso il proprio vecchio appartamento. Entrò nel soggiorno ansimando.


Jim sorrise quando Sherlock irruppe nella stanza. Era seduto nella vecchia poltrona di John, la quale aveva accumulato polvere durante gli ultimi tre anni.
"Ventidue minuti? Non c'era bisogno di così tanta fretta," lo canzonò senza girarsi per guardarlo.


Sherlock gli rivolse uno sguardo carico d'odio, cercando di recuperare fiato. Ignorandone l'occhiataccia, Jim  sorrise amichevolmente.


"Prego, siediti," e fece segno verso il mobilio abbandonato di Sherlock.


Sherlock si incamminò verso la poltrona e lì si sedette, posando il mento sul palmo. Sembrava più smorto e cagionevole rispetto a prima della caduta. Il nuovo taglio di capelli, corto, biondo e chiaramente economico, non gli si addiceva per niente.


"Cosa vuoi?" Chiese impaziente.

 

"Secondo te voglio sempre qualcosa, Sherlock?" Jim con lo sguardo fisso lo scrutava attentamente.


"Certo," Sherlock sorrise. "Non fai visite amichevoli."


Jim alzò le spalle.


"Voglio solo sapere come te la stai passaaandoo!" esclamò beffardamente.


"Oh, sto benissimo," disse il detective senza troppi preamboli.


Jim gli sorrise.


"Lo vedo. Dimmi Sherly, hai mai pensato... Non so... di dire al tuo piccolo dottore che sei ancora vivo?" chiese, come se stessero conducendo una normale conversazione.


"Dipende," rispose laconicamente.


"Da cosa?" 


"Se riuscirò a smantellare il tuo malefico impero e ad ucciderti," disse tranquillamente.


Jim fece un cenno col capo, guardandolo con l'aria di chi si scusa.

 

"Oh, ne dubito..."


 "Uno può sempre sognare." Sherlock sorrise di nuovo. "Arrivare al tuo scagnozzo s'è rivelato più difficile del previsto. Almeno adesso so perchè. Il ragno non ha abbandonato la sua ragnatela."


Jim sedeva lì guardando Sherlock, così come il detective guardava il consulente criminale. Quest'ultimo non diede segno di voler continuare la conversazione.


"Che si fa adesso?" Chiese Sherlock dopo alcuni minuti di silenzio.


Jim alzò le spalle.


"Pensavo che avresti avuto molto più da dire."


"Riguardo cosa?"


"Per il mondo sei morto. Ora dimmi, Sherlock," posò il mento sulle sue mani e attese.


"Essere morto ha i suoi vantaggi," disse con indifferenza. "Almeno non ci sono più giornalisti a darmi la caccia."


"Ho sentito dire che John visita la tua tomba molto spesso..." Jim si distese nella poltrona, sorridendo, rifiutandosi di accantonare l'argomento.
"Ne sono perfettamente consapevole," disse con un'espressione dura in volto.


"Alcune volte piange anche," Jim scosse la testa, sforzandosi di apparire preoccupato.


"Dimmi qualcosa che non so." Sherlock suonava annoiato.


"Hai sentito cosa dice?" un angolo della bocca di Jim si contrasse. "E' piuttosto deprimente. Parla come se tu fossi ancora lì."


"Molte persone affrontano così il lutto," rimbeccò stringendosi nelle spalle.


"Non provi la benchè minima empatia? Pensavo foste migliori amici..."


"Appartiene tutto al passato. Le cose sono cambiate," rispose con semplicità.

"Eppure sei sembrato così impaziente di toglierlo dalle mie grinfie..." sorrise Jim.


"Merita una vita tranquilla." sentenziò Sherlock con un'espressione stanca e disinteressata. Non stava fingendo questa volta.


"Non hai dormito bene ultimamente? Non ti fa bene, Sherly."


"Il tuo interesse è commuovente."


Jim fece spallucce e si alzò per andare verso la finestra, lasciando Sherlock solo coi suoi pensieri. Dopo un po' parlò:


"Devo ammettere però di essere colpito."


"Da cosa?"


Jim inclinò lievemente la testa.


"Sembra che tu abbia preso la storia del matrimonio piuttosto bene."


"E perchè non avrei dovuto? E' la perfetta opportunità che ha John per cambiare pagina," disse, sforzandosi di non lasciar trapelare alcun tremit
o dalla sua voce.


"Hm. Sai, si stanno sistemando piuttosto bene. Le mie spie dicono che stanno pensando di avere dei bambini." sospirò Jim, sorridendo. "E' come se pian piano si stesse dimenticando di te."


"E' meglio per lui," disse Sherlock fissando pallidamente il pavimento.


"Capisco," fece pochi passi e si appoggiò al muro.


"Cosa vuoi, Jim? Pavoneggiarti della tua vittoria?" chiese aspramente.


"A dire il vero è una bella sensazione. Non che tu possa saperlo," rispose sorridendo.


"Fa' pure. Non mi importa più." disse Sherlock apaticamente.


Jim fece il broncio.


"Oh, è piuttosto triste questo, Sherlock..." cominciò, avvicinandosi al detective.


Improvvisamente Sherlock cominciò a ridere.


Jim apparve sorpreso.


"Si? Che c'è di così divertente?"

 

"Sai dov'ero quando mi hai mandato quel messaggio?" chiese Sherlock, trattenendo un sorriso apatico.


"Non mi son preoccupato di controllare. Sapevo che saresti venuto comunque," sogghignò.


Sherlock sorrise. Ma il suo era un sorriso, vuoto, assente e triste.


"Sul tetto del Bart's, pronto a saltare."


"Di nuovo?" chiese. "Ti sentivi sentimentale?"


"No. Suicida," confessò Sherlock, con espressione sconfitta. "Hai vinto, Jim. Mi hai bruciato il cuore. Hai rotto il tuo giocattolo preferito. Stappa lo champagne e festeggia perchè il grande ex detective Sherlock Holmes è pronto a farla finita!"


Jim ci pensò su. Si avvicinò a Sherlock e si piegò per meglio guardarlo in volto. "Davvero? Triste. Nonostante tutto?"


"Nonostante tutto," fece eco ed annuì. "Sono stanco di questa vita."


Jim sollevò un sopracciglio, esaminando il volto di Sherlock da più vicino.


"Se proprio devi," roteò gli occhi e si fece indietro. Si mise una mano in tasca e ne tirò fuori una pistola. La puntò verso Sherlock. "Saltare giù da un edificio sarebbe stato da stolti, penso di averti sopravvalutato. Non hai pensato al corpo?"


"Ne ho già parlato con Mycroft, non c'è bisogno di preoccuparsi." Alzò le spalle e fissò la pistola. "Tanto per chiedere, dato che già conosciamo la risposta: cosa mi impedisce di farti saltare il cervello qui, seduta stante?"


Jim rispose scocciato.


"Ho due cecchini, uno dall'altro lato della strada, l'altro nella camera da letto."


"Non mi sorprende." Sherlock gli rivolse un sorriso vacuo.


"Sei diventato così monotono, Sherlock!" protestò Jim.


"Non c'è più gusto ad essere intelligente, non più," affermò impassibile.


Jim lo fissò annoiato.


"Bene, se non lo farai tu," allungò il braccio impugnando la pistola. Sherlock lo guardava, quasi con empatia.


"Deve essere frustrante, essere il più brillante giocatore in campo. Niente più sfide, la vita ridotta ad una costante noia."


Stringendo la mascella, Jim lasciò che il braccio gli cadesse lungo il fianco.


"Il suicidio è la via più semplice," ribattè con semplicità. Mentirebbe se dicesse che non l'aveva mai considerato.


"Pensavo che odiassi il solo 'restare in vita'!" sogghignò Sherlock.


Jim emise un suono che era a metà tra l'essere una risata senza gioia ed una beffa. Tornò a fissare la finestra, guardando in basso verso le macchine che sfrecciavano in strada.


Sherlock lo osservò per un po' e poi fece un'improbabile proposta.


"Perchè non lo facciamo insieme?"


Jim si voltò, lo sguardo penetrante.


"Cosa ti fa credere che accetterei?"


"Non ho alcuno scopo, nè voglia di continuare a vivere, e tu sei annoiato oltre ogni immaginazione. Insieme potremmo guardare il mondo bruciare. Non sono più dalla parte degli angeli. Se la cavano bene anche senza di me."


Jim guardò Sherlock, con quella che sembrava pietà nel suo sguardo.


"Mi deprimi caro mio. Non credevo potessi abbassarti fino a questo livello." Alzò entrambe le sopracciglia e ridacchiò, tornando a guardare la finestra.
Sherlock sorrise lievemente.


"Valeva la pena chiedere."


I due restarono in silenzio per qualche minuto. Jim rimuginò un po' e si voltò nuovamente verso Sherlock. Sospirò.


"Ti ucciderei adesso, ma sarebbe noioso, perchè è quello che vuoi."


"Pare che siamo ad un punto morto." Sherlock sorrise, ma i suoi occhi restarono impassibili.


Jim contrasse le labbra.


"A quanto pare. Eccoci qui allora!" Sorrise e con le braccia fece un gesto plateale nella stanza. Restò così per qualche momento, poi gettò nuovamente le braccia lungo i propri fianchi con un tonfo sordo. "Vuoi che moriamo insieme? Cosa proporresti?"


"Tu che dici?" chiese Sherlock, inclinando la testa.


"Io dico che siamo entrambi stanchi. Entrambi annoiati. Dì quello che vuoi, non ti fermerò..." sorrise aspramente.


Sherlock socchiuse gli occhi, ponderando le opzioni per un po'.


"Direi che se dobbiamo morire insieme almeno facciamolo col botto. Facciamo saltare questo posto. Non c'è più nessuno ora che la Signora Hudson si è trasferita a Dublino. Nessuno oltre noi due, ovvio. E i tuoi cecchini naturalmente. Ma quelli possono essere richiamati."


A questi arrangiamenti Jim sorrise. Prese il cellulare e compose un numero. "Si, richiama i cecchini," disse quasi su di giri. "Posiziona dell'esplosivo intorno al perimetro dell'appartamento." Chiuse la chiamata, si rimise il cellulare in tasca e si accasciò sulla poltrona, tamburellando con i piedi.


"Perciò, come trascorriamo i nostri ultimi minuti su questa valle di lacrime?" chiese Sherlock con un ghigno, sentendosi però sollevato, come mai lo era stato dalla caduta. Scalciò la pistola più lontano da loro. Non ne avrebbero più avuto bisogno.


"Fa quello che ti pare," rispose Jim debolmente. Si distese, chiuse gli occhi e sorrise.


Sherlock prese un respiro profondo e pensò a John. Era quella la decisione migliore. Col 221B distrutto sarebbe stato più semplice per lui andare avanti ed essere felice. E Sherlock non desiderava di meglio.


"Non vuoi dire addio a nessuno?" chiese Jim, non spostandosi dalla sua posizione. "Abbiamo all'incirca 15 minuti. Non sono venuto provvisto di esplosivo, sai."


Sherlock ci pensò su per un po'.


"No. Tutti credono che sia morto. Non c'è motivo di dir loro il contrario. E per quanto riguarda Mycroft... scrostare i nostri resti dall'asfalto gliele farà girare quanto basta."


Jim rise. Sembrava isterico, ma non se ne curò. Sherlock guardò l'appartamento per l'ultima volta. Così tanti bei ricordi legati a quel posto, ma li scacciò via. Tutto sarebbe finito di lì a poco.


"Potrei sempre chiamarmi indietrooooo..." disse Jim a mo' di cantilena.


"Vorresti telefonare Moran?" chiese Sherlock, ignorando l'ultimo commento di Moriarty.


Jim fece spallucce.


"Non ce n'è bisogno. E' dall'altra parte della strada con un fucile," e rise di nuovo. Non che gli importasse cosa Moran pensasse.


"Moran è fuori dal paese per affari ufficiali," fece eco Sherlock beffardo.


"L'onestà non è divertente," rispose Jim con un ghigno.


"Anche questo è vero," annuì assente il detective.


Jim sospirò. Sedettero in silenzio per un tempo indefinito.


"E' stato bello giocare con te, Sherly," disse inespressivo.


"Lo penso anch'io. Anche se alla fine hai vinto tu," rispose con calma, non nutrendo più rancore. Non ce n'era motivo.


"Con molta difficoltà." La sua voce si fece più aspra. Riaprì gli occhi e guardò il volto dell'ex consulente investigativo. Sherlock voltò la propria testa verso Jim e lo osservò a sua volta con intensità.


"Ho sempre sospettato che sarebbe finita così. Non c'era alcuna possibilità che uno di noi potesse prevalere sull'altro." sibilò debolmente Jim.


"Si, me lo sentivo anch'io," concordò cupamente. "Non c'è un lieto fine per quelli come noi."


Jim annuì.


"Non credevo però che l'avremmo fatto in questo modo. Ho sempre pensato che mi avresti sparato e che io avrei ricambiato il favore," rise.


"Non significa niente, sono contento che tu abbia accettato di bombardare l'appartamento. E, dopotutto, in questo modo possiamo condurre una conversazione civile."


Jim fece un cenno con la mano.


"Per chi mi hai preso? Non sono uno psicopatico."


"Solo un sociopatico iperattivo?" chiese Sherlock con un ghigno d'intesa.


Jim rivolse a Sherlock un'occhiata stanca prima di accasciarsi nuovamente lungo la poltrona.


"Esattamente."


Sherlock sospirò, assumendo la stessa posizione di Moriarty.


"Siamo davvero molto simili. Eppure così diversi. Curiosa la vita."


"Hai sbagliato, io sono te," Jim si ritrovò a ridere di sè stesso. "Direi che abbiamo all'incirca 5 minuti."


"Bene. Aspettare è noioso." sentenziò Sherlock.


Jim annuì. Si sentiva finalmente sollevato. Considerò per un momento di chiamare Moran per un addio ma decise poi che non ne valeva la pena.
"Non ricordo l'ultima volta che mi sono sentito così in pace," sussurrò Sherlock in un tono impercettibile.


"So esattamente come ti senti," mormorò l'altro con lo stesso volume di voce.


"Ma guardaci: due dannati monaci Buddisti," rise, ma con ben poca convinzione. "Le tue ultime parole famose?"


Jim guardò Sherlock. Aveva niente da dire? C'era qualcosa circa le "ultime parole famose"; la società le aveva sempre ritenute importanti. Jim non riusciva a pensare a nulla che valesse la pena d'esser detto, poi realizzò che sarebbe stato Sherlock l'uditore delle sue ultime parole. Ma no, non aveva nulla da dire.


"L'ho amato. L'ho amato davvero. E lo amo ancora," sussurrò Sherlock, ma questa confessione non era rivolta a Jim. Era rivolta a sè stesso. Nei suoi ultimi momenti Sherlock poteva permettersi di affrontare la verità.


Jim sorrise.


"Si, lo so," disse aspramente. A dire il vero, detestava John. "Tutti lo sapevano."


"Mi domando se lui sapesse..." il suo tono si affievolì e rivolse lo sguardo al soffitto.


Jim scoppiò a ridere, non ne potè farne a meno.


"Quell'uomo non ne aveva la più pallida idea!"


"A dire il vero è un bene. Considerate le circostanze," sorrise stancamente.


La risata di Jim svanì, ora semplicemente fissava il detective. Si sentiva quasi dispiaciuto per lui. Ma non poi così tanto.


"Non dovresti preoccuparti per lui." Controllò il proprio orologio. "Due minuti."


"Lo so." Sherlock annuì. "Sei sicuro di non voler salutare nessuno?"


Jim scosse la testa, sentendo una punta di gelosia nei confronti di quel bastardo del dottore. A nessuno sarebbe mancato James Moriarty, perchè dire addio?


"Come pensi che spiegheranno l'esplosione in TV? Un'altra fuoriuscita di gas? Il vicinato sembra propenso a questo genere di cose," disse Sherlock, cercando di distrarsi dal pensiero di John.


Jim sorrise debolmente in risposta, ascoltando appena. Sentiva di nuovo quel blocco di odio pesargli sul petto, ma lo represse.


"Quanto?" chiese Sherlock.


"45 secondi." Jim realizzò che le sue ultime parole sarebbero stante probabilmente numeri.


Sherlock prese un respiro profondo e allungò la propria mano verso Jim.


"Insieme."


Jim scrutò il detective prima di prendere la sua mano e stringerla con fermezza. Annuì a mascella stretta, e tornò a guardare il proprio orologio.
"30."


Sherlock si sarebbe aspettato di essere spaventato a così pochi istanti dalla propria morte. Non lo era. La attendeva impazientemente, voleva salutarla come salvatrice da questa miserabile e solitaria vita che s'era ritrovato.


Jim sbuffò dal naso. Non aveva mai pensato alla morte, non alla sua almeno. Non gli importava poi così tanto. Godendosi la sensazione d'impazienza e pace, distolse lo sguardo dall'orologio e tornò a guardare per un'ultima volta la finestra.


"20."


Sherlock tornò a guardare Jim e gli rivolse un sorriso stanco, stringendo ancora di più la sua mano.


"C'è nessun peso di cui vorresti liberarti?" Chiese il detective.


Fissandolo con un'espressione che desiderava tanto potesse decifrare, scosse la testa.


"Dieci."


Sherlock non sembrava sorpreso dell'improvvisa rivelazione. Annuì verso Jim, comprendendo la muta verità. C'era tristezza nei suoi occhi.


"Cinque," disse Jim con tranquillità. Sherlock aveva colto l'indizio. Ma non era più importante adesso. "Quattro."


"Tre." Sherlock chiuse gli occhi e pensò a John, l'amore della sua vita. Si pentiva di non averglielo mai detto. Ma era troppo tardi adesso. Sperava sol
o che John sarebbe stato felice anche senza di lui.


"Due." Jim guardò il detective per un'ultima volta e chiuse gli occhi.


"Uno."


E le fiamme li consumarono entrambi.

 

   
 
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