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Autore: Dave1994    27/08/2013    1 recensioni
"Dante,il figlio di Sparda...
No,non è mai stato il solo,figlio mio. Molti di noi si sono sempre battuti per ricacciare le tenebre nel luogo da dove provengono e anche se siamo soltanto umani,abbiamo ottenuto grandi risultati.
Tu sei il mio degno erede. E' tuo destino combattere per diventare un Cacciatore,tuo e di nessun altro.
D'ora in poi il tuo nome sarà Gestalt così che tu possa diventare in tutto e per tutto un Nightingale, proprio come tuo padre."

[Questa storia riprende il Dante della serie più famosa pre-Ninja Theory e inserisce una manciata di nuovi personaggi. Buona lettura!]
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Dante, Lady
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Gestalt inspirò a pieni polmoni quell'aria così densa e satura di smog, per poi trarne una smorfia e finire di scartare il panino che reggeva tra le mani: un denso rivo di salsa ne fuoriuscì vagabondo, serpeggiando tra il formaggio e la carne andandosi a schiantare infine sul parapetto di pietra fredda sul quale era seduto. Il gargoyle poco sotto di lui mantenne la stessa, gelida espressione di sempre senza tradire nemmeno un accenno di appetito.

- Che palle. - mormorò frustrato, poi si guardò attorno e non vedendo nessuno fece scivolare un indice colpevole lungo la superficie di lisciviatissimo marmo e se lo portò alla bocca.

Il sapore dell'interessante combinazione di ketchup e salsa greca gli esplose in bocca, solleticandogli le papille gustative e preparando il suo stomaco ad accogliere la cena. L'uomo sentì la salivazione salire di colpo e, proclamandosi favorevole alla mozione, la sua pancia brontolò decisa.

Con pazienza certosina rimosse gli ultimi resti dell'incartamento attentamente, senza sprecare altra preziosa e gustosa materia prima. Gli succedeva tutte le volte di lasciar cadere gocce di salsa o pezzi di carne per terra e ogni volta si infuriava con se stesso per essersi scordato della promessa che si era fatto in quei momenti.

Dio, Gestalt, cerca di stare un po' più attento.

- Finalmente. - concluse, reggendo tra le mani la tanto amata porcheria che i comuni mortali chiamano “kebab”, e ne addentò un pezzo con voracità.

Non era tanto male, diamine.

E poi aveva una fame da lupi.

Passarono alcuni minuti, durante i quali gli unici suoni udibili da orecchio umano rientravano nella media categoria urbana di ogni giorno: tubi di scappamento, macchine che sgommano, passanti frettolosi e il solito vociare confuso che accompagna fedelmente qualsiasi notte metropolitana. Tuttavia uno in particolare risuono più convinto di altri, quello di mascelle al lavoro e della masticazione attenta e doverosa. Se qualcuno avesse dovuto piazzare un cartello davanti a Gestalt in quel preciso momento questo avrebbe recitato più o meno “Man at work, be careful”.

- Pensavo cercassi compagnia. - disse una voce e chiunque, anche soltanto sentendo quelle parole, avrebbe scommesso almeno un quarto di dollaro che chi le aveva pronunciate stava decisamente sghignazzando di gusto. E per quanto femminile potesse essere la vicinanza di quella presenza al contempo così silenziosa eppur roboante, Gestalt rifletté sul fatto che raramente aveva conosciuto qualcuno più irruente e indiscreto di Trisha.

- Pensavi male. - rispose, masticando il suo panino. Senza fare nulla per scacciare la nuova arrivata.

- Bugiardo, so bene che in realtà sono l'unica degna di considerazione per te tra i Nightingale – rispose la donna, prendendo forma accanto all'uomo i cui capelli brizzolati assomigliavano quanto mai ad una spazzola per scarpe. Cosplay ne rise davvero di gusto.

- O c'è forse qualche nuova matricola che ti attizza? -

- Mhhh. -

- Che mangi? -

- Non lo so. -

- Qualunque cosa sia, dubito sia davvero salutare – affermò lei con l'espressione di chi la sa lunga in fatto di alimentazione. Poi estrasse qualcosa dalla tasca e lo porse al suo compagno.

Capperi sotto aceto? -

- Dio, e sarebbe salutare QUELLO? -

- Sicuramente più del tuo kebab. Comunque sia, meglio per me – ribatté Trisha, svitando il barattolo che aveva tra le mani e pescandone qualcosa di piccolo e luccicante al fievole lucore dei lampioni lontani – ne avrò di più. -

Gestalt non rispose, continuando a divorare imperterrito il suo panino. Effettivamente ora cominciava a pesargli un po', ma non ci fece troppo caso e strappò un grosso lembo di carne sugosa e saporita dalla sua cena.

- Mi ha chiamato Eric, dice che c'è stato un altro tre-quattro-otto giù al fiume. Hanno trovato un barbone sbranato per metà, una cosa davvero disgustosa. Scusa, ti sto rovinando l'appetito? -

- Affatto. Va' avanti, è affascinante sentirti parlare di cadaveri e demoni putrefatti mentre sono seduto a tavola. - rispose Gestalt, scrutando lontano verso l'orizzonte senza scorgere niente altro che quella dannata foschia. Andava avanti così da mesi, ormai.

C'era sempre stata quella nebbia grigia e pallida, dall'aspetto lugubre e per nulla estiva?

Prima che potesse cercare una risposta, Cosplay andò avanti a parlare non interpellata.

- Tavola è una parola grossa, siamo seduti sul cornicione di una chiesa. Ma non fa nulla, lo sai cos'è un tre-quattro-otto, vero? Non te lo sei scordato in tutti questi anni? -

Gestalt sospirò, esasperato.

Nonostante tutto però, quella ragazza le piaceva. Non tanto nel senso fisico – in fin dei conti, Trisha era identica a qualsiasi altra ventiduenne bionda e con un passato nel Nord Europa, quindi capace di far perdere la testa a qualsiasi distratto newyorkese – quanto nella personalità: era spigliata, schietta ed ironica. Che era la qualità che più apprezzava in una persona, in una donna poi faceva quasi letteralmente scintille.

Sulla base di questi pensieri tenne per sé le cento e uno rispostacce che aveva in serbo per domande stupide di questo genere e disse semplicemente: - Certo che lo so, Trisha. Quant'è vero che gli orsi cagano nel bosco. -

Cosplay lo osservò spiazzata, per poi limitarsi ad una smorfia confusa.

- Un attacco di natura soprannaturale, amico mio. C'erano tracce di solfuro di iodio ovunque ed una puzza di zolfo incredibile. -

- E quindi? Sai che novità, con quello che circola nelle fogne di questa città non mi stupirei nemmeno se ci fosse dell'uranio in questo stesso panino. -

Poi, subito dopo aver pronunciato tali parole, osservò di sottecchi il suo pasto e lo lanciò davanti a sé con forza, trasformandolo in una vera e propria stella cadente di carne e formaggio per gli animali randagi accucciati ai piedi della chiesa, che accolsero quel dono da cielo con lingue penzolanti, occhi da cane pazzo e artigli felini sfoderati per difendere il bottino di guerra.

- Beh – continuò Cosplay, osservandosi le unghie – non pensi alla prova più evidente. -

- Che sarebbe? -

- Metà del marciapiede è ridotto ad una massa fusa e senza forma... -

- … -

- ...e cinque metri buoni di acqua sembra siano ghiacciati nell'arco di due secondi. Ti sembra normale, questo? -

Gestalt estrasse un fazzoletto dalla tasca e si pulì la bocca con disinvoltura, senza risparmiare le interminabili volute del suo folto pizzetto. Solo dopo che ebbe portato avanti un'accurata bonifica delle sopracitate zone, si voltò verso Trisha osservandola con un misto di curiosità e facezia.

- Dubito che un poltergeist abbia deciso all'improvviso di andarsene a spasso, divorando barboni e scombinando i quattro elementi. Da come la metti giù, sembra grave. -

- E lo è, cazzo! - proruppe la donna, alzandosi in piedi – ma come al solito, i Nightshade se ne sbattono animatamente. Pensando solo alle stronzate che ci propinano tutti i giorni... -

- Non essere così volgare... -

- Me ne frego della volgarità, Gestalt! Qua è in gioco la vita di innocenti ignari e non sopporto che chi può effettivamente fare qualcosa volti la testa dall'altra parte facendo finta di niente. Sono talmente abituati ad avere a che fare con demoni minori e spiritelli da non accorgersi di quando ne arriva uno potente. -

L'uomo si passò una mano tra i capelli, solleticandosi le punte e congiungendo infine le dita di entrambe le mani davanti al naso. Faceva sempre così, quando pensava ad una strategia.

- Credi che sia così grave? -

- L'hai detto tu, amico. Un poltergeist non fa queste cose e i fantasmi neanche ci pensano sopra. Loro amano apparire davanti alle persone assumendo le forme dei loro cari e spaventandole a morte, tutto qui. Non hanno mai ucciso nessuno, al massimo avrà causato due svenimento e forse mezzo infarto. - concluse Trisha, voltandosi di spalle e salendo sul cornicione davanti a Gestalt. Da là sopra una caduta sarebbe stata fatale, ma l'uomo era convinto che la sua compagna cadendo sarebbe stata capace di trarsene in salvo in almeno quindici modi diversi.

Aveva la stoffa, quella donna.

- Là fuori – pronunciò Cosplay con il tono solenne di una sentenza – c'è qualcosa di pericoloso, molto pericoloso, in grado di alterare la realtà attorno a lui e sciogliere marciapiedi. E ghiacciare fiumi. E probabilmente far cadere vecchiette che attraversano la strada, per Dio. -

- Da come la metti giù mi demoralizzi tutto il discorso serio che hai appena fatto. - sbuffò Gestalt con una smorfia, trattenendo un accesso di riso. Queste uscite del tutto fuori luogo lo facevano morire ogni volta, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti a Trisha. Si sarebbe gonfiata come un pallone.

- Era per sdrammatizzare. La verità è che abbiamo a che fare con un demone di quelli cattivi e potenti, da libro dell'orrore. Aspettati corna, zoccoli e fauci infuocate in stile Signore degli Anelli. -

- Se lo dici tu. - rispose l'uomo. Poi guardò l'orologio e vedendo l'ora tarda decise che forse la solita capatina serale al quartier generale gli avrebbe risparmiato un brutto quarto d'ora e una lavata di capo dai suoi superiori.

- Andiamo, Cosplay. Provo io a parlarci con i pezzi grossi. -

- Grazie. - disse lei, indietreggiando lentamente fino a confondersi con le ombre circostanti. Una volta svanita del tutto, Gestalt optò per un'uscita di scena molto meno teatrale e d'impatto.

Le scale antincendio.

Amava sembrare in tutto e per tutto un comunissimo ometto. Gli faceva apparire la sua vita molto più normale.

 

 

 

 

Brooklyn. In un districarsi di viottoli densi di vita sociale e attività commerciali, fra ristorantini italiani, sconnessi fast food bisognosi solo di saziare appetiti insoddisfatti e improbabili negozietti di antiquariato e abbigliamento, nessuno si stupirebbe di veder spuntare fuori dal nulla locali e uffici con nomi alquanto improbabili: l'inarrestabile curiosità del cittadino medio-borghese, o anche solo del professionista perditempo, non risparmia nessuno di questi posti e bene o male, prima o poi, tutti vengono sottoposti ed esaminati con cura in base alla loro stravaganza e a ciò che si vende. Proprio per questo è impossibile trovare un newyorkese sprovvisto di contanti, quando va a passeggio per la sua amata città. Non si può mai sapere quali rarità possono aspettarlo qua o là dietro l'angolo, ovunque egli si trovi.

- Ehi, Dexter, secondo te quanto possiamo tirare su fra la quarta e la quinta oggi? Scippare questi umani è dannatamente remunerativo, oltre che divertente – sibilò una vocina squillante da sotto l'impermeabile, la voce smorzata dalla stoffa e dal calore infernale che si sentiva là dentro. Vi fu un movimento improvviso e lunghissime grinfie presero vita all'interno delle maniche, mostrando alla loro estremità propaggini di colore nero sottili ma dall'aspetto incredibilmente forte e flessibili come tralicci.

- Lo sai che non so contare, sei tu quello bravo in matematica. -

- Scusa. Tra Kissington e Flatbush, volevo dire. -

- A quest'ora? Direi abbastanza da permetterci un secondo cheeseburger al doppio bacon – rispose la seconda delle voci, più densa e vicina a quella di un essere umano medio sui ventotto anni – toglimi gli occhiali, non ci vedo un accidente così. -

- Ma così ci vedranno! -

- Se tiro il cappello all'ingiù no, e poi ho gambe veloci. Vorrei che mamma mi avesse dato un paio di braccia belle come le tue, invece di queste qua... - e a quelle parole qualcosa di molto piccolo si mosse ai lati del colletto, ondeggiando docilmente sotto lo strato dell'abito. Quell'improbabile replica di un essere umano si mosse dapprima goffamente, poi sempre con più sicurezza barcollando qua e là lungo il marciapiede imbrattato di escrementi, mozziconi e cicche.

Poi, pochi metri più avanti, una donna attraversò la strada e l'elevata professionalità dei due poltergeist scippatori ricordò loro di esaminare con attenzione la borsetta che questa portava a tracolla lungo il braccio destro. Era piccola e poco spaziosa, ma dalla qualità indiscutibilmente buona e inoltre una ventata proveniente da quella direzione segnalò loro la composizione dell'oggetto: pelle sopraffina di superba fattura, forse di coccodrillo. Fix, da essere del Limbo molto pratico e preparato alla dura vita del vagabondo sulla Terra, stimò il suo valore intorno ai tre zeri e sentì l'impulso di comunicarlo immediatamente al fratello più grande.

- Dexter, altro che cheeseburger col doppio bacon, se riusciamo a rivendere quella a qualche ricettatore possiamo spassarcela nel lusso per almeno tre mesi. -

- Andiamo, allora. - rispose Dexter, aumentando il passo senza tuttavia destare l'attenzione della donna. Attraversò la strada con tutta calma, passando davanti ad un insegna luminescente al neon e due o tre uffici amministrativi, quando qualcosa lo bloccò di colpo facendo quasi strillare Fix dallo spavento. Lo stop improvviso fu tanto brusco da far cadere alla creatura umanoide il cappello a tesa larga che portava sulla testa, che finì direttamente in una pozzanghera inzaccherandosi d'acqua e fango. Dexter non ci fece caso, per quanto fosse affezionato a quell'oggetto morbido e così signorile.

- Che diavolo ti prende?! Dexter! - sussurrò il piccolo poltergeist, ma fu del tutto inutile: la mente conscia di suo fratello era rapita da uno di quei locali che avevano appena oltrepassato. L'uomo dall'impermeabile color cachi era immobile sul marciapiede e oramai quella donna sembrava essere sparita nel nulla, allontanatasi in quell'interminabile cunicolo di strade e viottoli.

Poi, esasperato, Fix aprì la giacca sbottonandone i lembi e mise la sua testolina screziata di blu fuori all'aria aperta, cercando con lo sguardo l'oggetto di tanta attenzione da parte di Dexter.

E poi lo vide.

- Fix... -

- Dexter... -

A entrambi i fratelli vennero i brividi e per poco non se la fecero sotto. Anche perché il minore non lo avrebbe affatto gradito.

L'insegna del locale ardeva di rosso, il neon sfrigolante all'aria serale e pigra della mezzanotte.

Su di questa vi erano scritte soltanto tre parole, che tuttavia ebbero più effetto sulle menti dei due di un'intera biblioteca ricolma di libri e volumi mastodontici.

Fix e Dexter videro chiaramente con le loro demoniache pupille la scritta:

Devil May Cry.

  
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