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Autore: _Connie    27/08/2013    1 recensioni
Ma forse Lucci già aveva capito quale fosse il motivo di tutto ciò, eppure gli risultava ancora difficile ammetterlo e, soprattutto, comprenderlo. Perché lui, che era cresciuto con l’obbiettivo esclusivo di diventare una macchina assassina e nient’altro, trovava inconcepibile che dei pirati mettessero a rischio le loro stesse vite e che per giunta si mettessero contro l’intero Governo Mondiale solo per salvare una loro compagna.
Lucci iniziò ad accarezzare con un dito Hattori – che gli si era appollaiato come al solito sulla spalla – nel tentativo di non pensarci più, ma invano. Quello scontro l’aveva scosso molto più di quanto avesse creduto.
Lucci/Kaku, CP9 nakamaship
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cipher Pool 9, Kaku, Rob Lucci
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sometimes you think of your friends as your family.
 
 
Lucci si trovava seduto sul letto della sua stanza dell’ospedale di St. Popula, intento a scrutare l’orizzonte al di fuori della finestra al suo fianco. Al suo posto, chiunque si sarebbe soffermato sul tramonto che gli si parava di fronte, tanto bello da mozzare il fiato: proprio nel punto dove il sole stava per tuffarsi, il mare si era tinto di rosso, dando l’impressione che nelle profondità oceaniche stesse avvampando un incendio; le nuvole invece avevano sfumature di mille colori, che andavano dal rosso al giallo, dal viola al rosa, regalando uno spettacolo meraviglioso. Lucci, però, era troppo immerso nei suoi pensieri per dar peso al panorama.
Stava ripensando agli avvenimenti degli ultimi giorni, e ancora non poteva credere che fossero accaduti davvero. Lui, il migliore assassino che il Governo Mondiale avesse mai ingaggiato, era stato miseramente sconfitto da un pirata che, per giunta, era stato in grado di battere senza problemi poche ore prima a Water Seven. Si era sempre chiesto, dal giorno in cui si era risvegliato dal coma in cui era caduto in seguito allo scontro, da dove diavolo quel ragazzino avesse tirato fuori tutta quella forza che prima non aveva mostrato. E non solo lui: anche tutti gli altri componenti della ciurma di Cappello di paglia avevano sfoderato una potenza tale da riuscire a sconfiggere l’intero CP9.
Ma forse Lucci già aveva capito quale fosse il motivo di tutto ciò, eppure gli risultava ancora difficile ammetterlo e, soprattutto, comprenderlo. Perché lui, che era cresciuto con l’obbiettivo esclusivo di diventare una macchina assassina e nient’altro, trovava inconcepibile che dei pirati mettessero a rischio le loro stesse vite e che per giunta si mettessero contro l’intero Governo Mondiale solo per salvare una loro compagna.
Lucci iniziò ad accarezzare con un dito Hattori – che gli si era appollaiato come al solito sulla spalla – nel tentativo di non pensarci più, ma invano. Quello scontro l’aveva scosso molto più di quanto avesse creduto.
 
«Oi, Lucci, sei sveglio?»
Lucci non ebbe il tempo di rispondere che la testa di Kaku aveva già fatto capolino da dietro la porta ormai aperta. Aveva in mano quel che aveva tutto l’aspetto di un cesto di frutta fresca.
Un regalo?
Kaku chiuse la porta alle sue spalle e gli si avvicinò, andando a sedersi sulla sedia che si trovava proprio vicino al letto. «Vedo che stai meglio» gli disse, sorridendo.
Lucci annuì, iniziandolo a fissare con il suo solito sguardo truce. «Che ci fai qui?»
«Ti ho portato questo.» Kaku gli porse il cesto, sempre sorridendo. «Abbiamo pensato che avrebbe potuto aiutarti a riprenderti, visto che probabilmente ti sarai già stancato di rimanere rinchiuso in quest’ospedale.»
L’altro annuì di nuovo. «Infatti» aggiunse, spostando il proprio sguardo da Kaku al cesto che ora si trovava sul mobiletto affianco al letto.
Sì, è proprio un regalo.
Ma perché?
«Gli altri si trovano nel bar qui vicino, ma più tardi dovrebbero venire anche loro» continuò Kaku. «Si stanno godendo finalmente un po’ di relax dopo tutto il casino di questi giorni, quindi ho preferito venire da solo e lasciarli lì.»
Già, era vero.
Lucci era venuto a sapere che, quando lui era ancora in coma, pur di racimolare in qualche modo i soldi che servivano per le varie spese mediche, gli altri si erano messi a fare gli artisti di strada.
Avevano messo da parte il loro orgoglio per lui.
Kaku cominciò improvvisamente a fissarlo senza motivo apparente, mentre il sorriso scompariva dalle sue labbra. Questo suo cambio d’umore repentino fece insospettire Lucci, il quale si girò di nuovo verso l’altro.
«In realtà sono venuto da solo per un altro motivo.»
Lucci non ebbe nemmeno il tempo di provare a immaginare quale motivo potesse essere, che le labbra di Kaku già premevano contro le sue. Quasi d’istinto, mentre l’altro si poggiava sul letto con un braccio e con l’altro gli cingeva il collo, Lucci portò una mano dietro la nuca di Kaku, aumentando la pressione tra le loro labbra e al contempo premendo la propria lingua su quelle dell’altro, che ben presto si schiusero. Dopo qualche secondo, però, dovettero separarsi ansanti per riprendere un po’ di fiato.
«Allora era per questo che sei venuto?» domandò Lucci, impassibile come al solito.
Kaku – almeno i primi tempi in cui l’aveva conosciuto – si era sempre chiesto se la persona che in quel momento gli si trovava di fronte fosse un uomo o una macchina priva di sentimenti creata con le stesse sembianze; ma dopo un po’ era giunto alla conclusione che il vero problema di Lucci era il suo orgoglio sconfinato che non gli permetteva di provare emozioni come gioia, tristezza o amore. Poi, dopo l’inizio di quella loro strana relazione, Kaku aveva cominciato finalmente a capire fino in fondo Lucci: lui provava emozioni del genere, solo che l’eccesivo orgoglio non gliele faceva dimostrare o esprimere – almeno non di fronte ad altre persone. Ma ormai Kaku ci aveva fatto l’abitudine.
«Più o meno» gli rispose, ridacchiando. Si sedette sul letto, rivolto verso la finestra e il panorama al di fuori di essa. Si era fatto ormai buio e le stelle e la luna non erano coperte più da alcuna nuvola: se si aguzzava lo sguardo, si riusciva persino a vedere la Via Lattea al di là dei tetti della città.
Dopo un paio di minuti, Kaku finalmente parlò. «Non credo di voler più essere un assassino del governo.»
Lucci non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio, anche se impercettibilmente. «Perché?» lo incalzò, vedendo che l’altro non si decideva a continuare.
Kaku aveva abbassato lo sguardo. «Quando… quando sono stato sconfitto da Roronoa, ho ripensato a tutto il tempo passato a Water Seven. Sai, al lavoro alla Galley-La, alla gente del posto, alle bevute da Blueno… E ho realizzato che quella vita, per quanto ordinaria fosse, mi piaceva.» Fece una breve pausa, durante la quale Lucci non batté ciglio. Se era interessato a ciò che Kaku stava dicendo, non lo dava a vedere. «So che non si può tornare indietro, e so anche che degli assassini come noi non possono ambire a una vita normale. Ma so anche che, se c’è una cosa che voglio forse anche più di una vita ordinaria, quella è rimanere insieme ai membri del CP9. È l’unica famiglia che abbia mai avuto e non voglio perderla.»
Kaku rivolse improvvisamente il proprio sguardo su Lucci, il quale non poté fare a meno di mostrarsi un po’ sorpreso. Lo vide appoggiare la propria testa su una mano e sorridergli. «E lo stesso vale anche per te, no?»
Quelle parole colpirono Lucci come una scarica elettrica, ma non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzarle che sentirono delle urla provenire dal corridoio. Con ogni probabilità era la caporeparto che tentava di scacciare qualcuno.
«Non potete entrare in così tanti! Solo una persona alla volta può far visita al signor Lucci, ma ormai l’orario delle visite è terminato e lui deve riposare!»
«Cosa? E allora come mai Kaku sta ancora lì dentro, eh?»
«Jabura, calmati ora…»
«E non dirmi di star calmo, Blueno, che altrimenti mi incazzo ancora di più! Perché cavolo quello lì è sempre privilegiato in un modo o nell’altro? Mi dà sui nervi!»
«Non dovresti urlare in un ospedale, chapapapa!»
«Yoyoi! Mi dispiace signorina, ecco… Me ne assumerò io la possibilità facendo harakiri!»
«Kumadori, il giorno in cui lo farai per davvero gioirò, sul serio. Califa, non c’è modo di convincere ‘sta tizia a farci entrare?»
«Temo che l’unico modo sia minacciare di ucciderla.»
«…Ma voi cosa diavolo siete?!»
E mentre Kaku non poteva fare a meno di ridacchiare pensando quanto la sua famiglia fosse scalmanata, riuscì a scorgere con la coda dell’occhio – anche se appena accennato e quasi impercettibile – un sorriso divertito spuntato tra le labbra del gelido e impassibile Rob Lucci.
 
[Angolo dell’autrice]
Titoli così prolissi non sono proprio da me – voglio dire, di solito sono piuttosto corti, formati anche da una sola parola. Ma la colpa non è mia. La colpa è sua. *addita Gintama e i suoi titoli improbabili*
Comunque, questa è la mia prima Lucci/Kaku. Fic su questa coppia scarseggiano, ma io ho sempre voluto scriverne una.♥
Non ricordo nemmeno più come mi sia venuta l’ispirazione per farlo, ma probabilmente l’idea è venuta perché nella long che sto scrivendo ci sono pure loro, quindi mi sono messa un po’ a  fantasticare… ed ecco qua il risultato, nonostante non c’azzecchi assolutamente niente. XD E poi ho voluto anche aggiungerci un po’ di nakamaship, perché volevo sottolineare anche questo aspetto del CP9. u_u
Essendo la mia prima Lucci/Kaku, sono – come al solito XD – insicura sul carattere dei personaggi. Sono IC? Sono OOC? Le critiche sono sempre ben accette, in ogni caso. ^^
Alla prossima! :3
 
P.S. Per chi lo stesse aspettando, il prossimo capitolo di Who Wrote Holden Caulfield? è in fase di elaborazione. Più o meno. u_u
  
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