Capitolo Tre
– Ciò che è, ciò che sembra
Evee non
si fermò finché il rumore della città
non scomparve alle sue spalle. Il
paesaggio cambiò velocemente dal grigio dei palazzi a un
color giallo-oro,
spruzzato qua e là dal verde di qualche chioma, che
risaltava contro il cielo
terso e immacolato in un quadro di singolare bellezza. Planando
dolcemente tra
campi di grano e alberi di sughero, però, non fece
attenzione a tutto questo ma
solo a grande ulivo, isolato dal resto delle coltivazioni, dove corse
appena
ebbe toccato terra.
La
giovane si appoggio al tronco nodoso, singhiozzando, con le lacrime che
continuavano a cadere copiose e la rabbia che continuava a crescere,
forte,
inesorabile, come alimentata da quelle gocce salate. Rabbia contro
Lucifer che
l’aveva ingannata e contro se stessa perché aveva
ceduto… Ora non aveva più
nulla. Aveva perso la sua umanità, aveva perso la sua anima.
Niente sarebbe mai
più stato come prima.
< Hai
conquistato la libertà in compenso, mia cara >
Al suono
di quella voce l’angelo nero si rivoltò come un
animale ferito, aggredendolo
con una furia che non avrebbe mai immaginato di possedere.
< TU!
Maledetto! Come puoi presentarti ancora davanti a me dopo quello che mi
hai
fatto! > urlò, cercando di colpirlo con tutta la
forza che possedeva. Sapeva
che avrebbe schivato facilmente in suo piccolo pungo, sapeva che quello
che
faceva era inutile, ma non le importava. Cos’altro poteva
perdere tanto?
La sua
rabbia crebbe ancora quando un sorriso di scherno si allargò
sulle labbra
dell’altro, prevedibile, freddo…Odioso. Quello che
non aveva previsto era,
invece, che lui le bloccasse il polso e la costringesse a guardarlo in
quegli
occhi di sangue, ad ascoltare la sua voce di miele.
< Il
tuo disprezzo mi lusinga, Evee, la tua rabbia mi attrae. Non sono
sentimenti
provenienti dall’Inferno che è entrato nella tua
anima ma dalla tua parte
umana! Sono così intensi! > le disse come gustando un
vino dal sapore unico
e inimitabile < Io ti ho dato la libertà ragazza, ho
esaudito il vero
desiderio che tenevi segregato nel tuo cuore! Rifletti su questo, sui
sentimenti che provi. Sei davvero convinta che tutto questo sia
successo perché
ami davvero quel ragazzo? Sei sicura che non sia stata la tua
parte… come dire…
selvaggia ad avere il sopravvento? >
Evee non riuscì a capire se fu la sua espressione a intimorirla o il discorso che aveva pronunciato. Lo sguardo del demone, contrariamente al solito, era serio: nessun sorriso malizioso increspava le sue labbra, nessuna frecciatina era uscita dalla sua bocca, anzi c’era nei suoi occhi qualcosa di completamente diverso, indefinito.
Si
liberò indietreggiando di qualche passo, incerta,
confusa. Non sapeva cosa rispondere… Aveva mentito a se
stessa? Quello che
provava per il suo ragazzo era solo una bugia? Aveva perso tutto per un
capriccio?
<
Menti! > urlò, dopo essersi riscossa, puntandogli
contro un dito < Sei solo un dannato bugiardo! So cosa provo per
lui, so che
quello che ho fatto è stato unicamente per vederlo e per
poter passare con lui
il mio tempo! E tu mi hai tolto quest’unica
possibilità che avevo! >
continuò, stringendo i pugni. La rabbia montava nuovamente,
il suo odio
cresceva. Voleva ucciderlo, voleva con tutte le sue forze che
quell’essere
malefico sparisse dalla sua vita. Lei amava Aaron e non avrebbe
permesso a
nessuno di mettere in dubbio che tutto quello che aveva fatto, anche se
era
stato inutile, era per lui, solo per lui.
< Vuoi
davvero uccidermi mia cara? > le sussurrò
all’orecchio con voce suadente Lucifer, sfiorandole il collo.
La giovane si
irrigidì a quel tocco, spaventata e
incredula per la velocità dei suoi movimenti che non era
minimamente riuscita a
vedere e allo stesso tempo ipnotizzata da quel tocco caldo. Di nuovo
mille
domande tornarono ad assalirla, interrogativi inspiegabili che ancora,
tuttavia, non si era posta talmente presa dai suoi desideri…
Perché la trattava
in quel modo? Perché le faceva questo?
< Non
risponderò alle tue domande ragazza, lo sai. Come
sai che posso leggere nel tuo cuore, oltre che nella tua mente. Tu
brami la
libertà più di ogni altra cosa, brami il cielo
> continuò. Il suo respiro le
carezzava il collo, la sua voce la ammaliava, impedendole di pensare.
Riusciva
solamente ad ascoltare quel suono talmente dolce che cancellava il
resto della
realtà.
<
Ricorda cosa hai provato mentre volavi verso Lisbona,
ripensa alle sensazioni, ai pensieri. Non erano incentrati tutti su
quel
ragazzo. Tu sapevi di essere nata per quello.
Sapevi che era il tuo destino!
>
Più
l’angelo caduto proseguiva, più le sicurezze che
la
giovane aveva avuto fino a quel momento sembravano vacillare e
incrinarsi, come
fragili castelli di carte. Non voleva credere a quelle parole, non
voleva dargli
vinta una battaglia così importante, ma qualcosa metteva
dentro di lei
cominciava a mettere in dubbio le sue stesse emozioni, i suoi stessi
sentimenti, insinuandosi nel suo cuore triste come la lama appuntita di
un
coltello, guidata da quelle carezze apparentemente tenere che lui le
faceva
nell’incavo della spalla.
Con calcolata
lentezza Lucifer si staccò da lei e la fece
girare, ammirando la sua opera in quegli occhi smarriti color del fumo,
non
senza che uno strano brivido l’attraversasse. Si
chinò per lasciarle un
premuroso bacio sulla fronte poi si voltò incamminandosi
verso i campi di grano
e sparì seguito solo da una parola appena sussurrata che gli
fece nascere un
leggero sorriso sulle labbra: < Ipocrita… >
Evee rimase
sola in quella distesa di terra, facendosi
forza per riordinare i suoi pensieri. Continuava a ripetersi che quello
che
aveva detto il diavolo era una menzogna, solo una menzogna, detta
unicamente
per farla star male e divertirsi ancora con il suo dolore. Ma allora
perché
questi dubbi? Cosa si muoveva nel suo cuore facendola stare
così in pena?
Troppe domande
le riempivano la testa senza trovare
risposta e troppi pensieri si accavallavano uno sull’altro
rischiando di farla
ammattire. Voleva che quel flusso sconclusionato di idee si fermasse,
almeno
per un secondo così da poter avere il tempo di risolvere un
problema per volta.
Chiuse gli occhi sdraiandosi sulla terra secca, le grandi ali aperte
sotto di
lei. Un venticello fresco e leggero si alzò accarezzandole
la pelle e donandole
un po’ di calma. Rimase a godersi quella piacevole sensazione
finché, piano
piano, non cominciò a decidere il da farsi.
Lucifer le
aveva detto che se l’avessero vista gli umani
il loro patto sarebbe saltato. Eppure lui aveva bisogno del suo corpo,
altrimenti
non avrebbero stipulato quel patto. Tuttavia non sapeva a cosa servisse
un
semplice corpo umano al Signore degli inferi… e
probabilmente non l’avrebbe mai
saputo…
In quel
momento, però, riteneva più urgente riuscire a
capire cosa lei volesse veramente: se quello che aveva provato per
Aaron fosse
una semplice cotta passeggera o l’amore che aveva creduto
fino a quel momento. I
dubbi che le parole del Diavolo le avevano insinuato nel cuore la
rendevano
inquieta… Non sarebbe dovuto accadere nulla di simile se il
suo sentimento era
davvero così forte come pensava no? Eppure tutti possono
avere un momento di
debolezza… E questa incertezza era sicuramente acuita dalla
distanza e da quell’assurda
situazione…
A poco a poco,
i pensieri divennero una nebbia leggera e
confusa e lei cadde in un sonno ristoratore, dovuto più al
bisogno di staccare
la spina che all’effettivo bisogno di dormire… E
cullata dal tepore di quel
sole pomeridiano si addormentò sotto l’ombra
dell’ulivo.
“Aaron!”
Correva,
veloce, silenziosa, in un bosco di pini.
La temperatura era molto diversa da come la ricordava, l’aria
era pungente la
pioggia batteva sulla sua pelle, ma non sentiva freddo. I suoi piedi
nudi
toccavano appena il terreno coperto da aghi di pino, passi
così silenziosi che
sembrava non toccasse neanche il suolo, solo il suo respiro che copriva
i
piccoli rumori della foresta.
Si sentiva
euforica, in quella corsa sfrenata a
contatto con la natura. La luna era quasi del tutto velata dalle grandi
chiome,
ma la cosa non la disturbava, aumentando anzi la sua eccitazione.
Sapeva cosa
cercava, sapeva come raggiungerlo e ora voleva solo divertirsi.
Finalmente
sbucò in un minuscolo spiazzo, dove la
aspettava un giovane uomo con una maglietta candida e un paio di jeans
strappati. Aveva i capelli mossi, di un castano tanto scuro da sembrare
quello
dei tronchi degli alberi e gli occhi color nocciola. Anche a quella
distanza
riusciva a distinguere il suo sorriso dolce, il movimento dei sui ricci
scomposti dal vento.
Avvicinandosi,
gli sorrise a sua volta, e gli tese
le mani, chiamandolo “Aaron!”
Il ragazzo
indietreggiò di un passo, lo sguardo
improvvisamente sconvolto dal dispiacere, il sorriso sparito dal suo
viso. Si
voltò, evitando di guardarla, come se avesse
paura… O meglio come se si fosse
reso conto che non c’era più speranza.
ECCOMI TORNATA! SCUSATE L'IMMENSO RITARDO E IL CASINO CHE STO COMBINANDO PER RISISTEMARE I CAPITOLI PRECEDENTI MA IL VIAGGIO DI STUDIO IN FINLANDIA MI HA FATTO CAMBIARE IDEA SU PARECCHIE COSE, OLTRE A FARMI NOTARE CHE IL CARATTERE CHE AVEVO SCELTO LO VEDONO SOLAMENTE 2 O 3 PERSONE xDxD
RINGRAZIO Hachico91, Pluma, Lady Alexandra e Niis PER I COMMENTI, CON LA SPERANZA CHE QUESTO TANTO ASPETTATO CAPITOLO SIA DI VOSTRO GRADIMENTO!!!