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Autore: angelady    04/03/2008    2 recensioni
Sul treno diretto a Tokio, una ragazza dai lunghi capelli biondi guardava pensierosa dal finestrino... Il ritorno di Nana Osaki dopo la lunga assenza di sei anni, affronterà i fantasmi del suo passato.
Genere: Romantico, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Nobuo Terashima, Ren Honjo, Shinichi Okazaki
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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“Brucia come fuoco sulla pelle il suo ricordo. Ho sempre cercato l’amore dalle persone…le donne erano l’affetto materno che mi è sempre mancato, e forse lo sono tutt’ora.”


La stanza, appena illuminata dal sole sembrava una vecchia aula di scuola, alcuni banchi erano accatastati ai lati, accanto alla finestra che dava sul cortile. Sulla parete sorgevano disegni malcurati e un poco stropicciati sui bordi, e alcuni poster di un gruppo ormai passato.
Shin guardava svogliatamente il suo copione, recitando ogni tanto qualche frase che non gli sembrava chiara, con la mano si sfiorava la testa, e il piede destro si muoveva nervosamente.
Erano passati gli anni, ma lei non l’aveva mai dimenticata. Era iniziato tutto come al solito, certo, con un pizzico in più di curiosità e malizia, ma era rimasto un lavoro per lui. Il peccato dei bambini è quello di crescere troppo in fretta, imparare i giochi della vita prima di aver imparato a vivere, ma non era il suo caso.
Reira era un angelo che danzava alle note della sua chitarra, un angelo ai suoi occhi.
-Non voglio che insisti…non voglio…che insisti…CHE INSISTI!...-
Non se la sarebbe mai tolta dalla testa, lei se ne stava li, anche mentre provava le battute, e i suoi occhi lo trafiggevano, gli ricordavano…quella mano, quella di quel bambino. Non era pronto per affrontare i fantasmi del suo passato. Sulla porta una ragazza se ne stava immobile a fissarlo, Shin non si stupì di vederla. Lei gli sorrise dolcemente mentre si avvicinava a lui con gli occhi grandi e lucidi di ammirazione.
-Ciao Shin…stai provando la parte?-
-Già, ma non riesco bene oggi…tu invece hai già studiato tutto?-
-Si…io apprendo in fretta-
Il dito pericolosamente sul mento di shin, e i suoi occhi troppo vicini per non guardarli, la ragazza si sporse più avanti e gli accarezzo una mano, appoggiata sul copione.
-Rin…non è il momento-
-si, beh…avevo pensato che magari…prima delle riprese potessimo stare un pochino insieme-
Il sorriso, la mano, i capelli che ogni volta ricadevano sul suo corpo esile, le sue labbra e la sua voce da angelo…e tutto era rivolto al suo ricordo, quando lei era sua.
Mise una mano sul viso di Rin, mentre i suoi occhi la scrutavano perplessi mentre la baciava.
L’istinto è come una morsa che ti lega e non ti molla più, rimani intrappolato nel desiderio, nel pericolo di quell’istinto che ti possiede, ed è come non esistere più.
Shin le sfiorava il collo, e le baciava il petto, la camicetta rosa di Rin slacciata lasciava intravedere le forme sinuose ed eleganti. La prese subito, spinto dall’impeto di quelle labbra roventi contro le sue, le gambe avidamente avvinghiate al bacino stretto e magro di lui.
Da lontano le voci provenienti dal corridoio interruppero l’unirsi dei due amanti, si ricomposero in fretta, mentre due figure entravano nella stanza, e tutto era tornato alla scena iniziale. Ora era il tempo di recitare, abbassò un ultima volta lo sguardo sulle parole, poi la luce della telecamera lo abbagliò e una voce diede via alla scena.

“In principio, il mio obiettivo era trovare un lavoro, e poi sarebbe venuto tutto il resto. Dovevo essere al lavoro un secolo fa, e invece mi ritrovo nella vasca da bagno di Ren. Ho la strana sensazione che non è passato il tempo in questi anni, ma sai Hachi, non mi dispiace in fondo. Sono tornata…sono tornata per amore di Ren”




Ren stava trafficando in cucina, cercando di preparare qualcosa somigliante ad una cena, Nana appena uscita dal bagno, se ne stava con l’accappatoio blu sul letto, i lunghi capelli bagnati sembravano più scuri, si capiva che erano tinti, cercava di pettinarseli, mentre guardava evasiva gli oggetti nella stanza; una tv al plasma davanti al letto con svariate videocassette e dvd, un grande armadio in fondo, accanto alla porta. Doveva averli comprati di recente. Aveva l’aria abbattuta, come se ogni oggetto riflettesse la sua assenza in quegli anni, prese una sigaretta dal pacchetto appoggiato sul comodino e l’accese.
Era ancora tutto li; i rumori della stanza, le voci sussurrate, lo strusciare delle lenzuola sui corpi eccitati e accaldati, ancora tutto come una volta, la stessa passione, lo stesso amore…
Ren e Nana stavano seduti l’uno di fronte all’altra in silenzio, lei sorseggiava il caffè senza guardarlo, mentre lui leggeva una rivista di pettegolezzi.
-Va tutto bene?-
Nana appoggiò la tazza e lo guardò perplessa, giocando con la catenina che teneva al collo.
-Dovevo presentarmi ad un lavoro oggi. Ormai fa niente-
-Colpa mia…-
-Ma no, non darti pensiero. Ne troverò un altro. E tu invece…che fai ora?-
Ren ammiccò un cenno di sorriso.
-Non ho un lavoro-
-E come fai a vivere?-
- E tu piuttosto, che cosa hai fatto in tutto questo tempo?-
Le si avvicinò di più, avvicinando il volto al suo, mentre le avvolgeva le spalle con il braccio. Nana rimase bloccata. Era incapace di parlare…si passò le dita fra i capelli che ricaddero sul volto di Ren.
-Io…io…-
-Cosa? Che hai fatto in questi anni? …chi hai conosciuto…?-
-Mi sono arrangiata come cameriera…e in altri posti. Basta che mi pagavano-
-Certo. Non sei cambiata per niente-
Gli si avvicinò ancora di più all’orecchio, il suo respiro affannato che penetrava nella pelle e la faceva rabbrividire, Ren se ne accorse perché sorrise maliziosamente, sfiorandole col dito il mento.
-Non è così facile cambiare…-
-No, non è facile…ma tu…sei ancora mia Nana-
I suoi occhi lo imploravano di continuare, ora pieni di lacrime non ancora cadute, avvicinò cauta la mano sulle sue labbra. Le avrebbe morse, assaggiate, mangiate in quell’istante.
-Sempre Ren…-
-Quindi sono ancora l’unico con cui hai fatto l’amore…l’unico di cui hai baciato le labbra…l’unico che ha sfiorato e assaggiato il tuo corpo…tutto di te-
-Ren…-
-Sono felice sai? Perché ora che sei qui con me posso tornare a vivere-
Nana lo guardava ancora negli occhi, scoppiando a piangere, mentre le labbra si impossessavano di quelle parole. Ren l’accolse impreparato, mentre le si sedeva a cavallo, e gli slacciò la cintura dei jeans. Ren fece cadere la spallina della canottiera baciandole la spalla, mordendola, leccandola…
La mano di Nana si muoveva investigatrice e avida; si teneva rigida sui piedi, mentre cercava di introfularsi dentro i boxer, strappando a Ren un gemito di piacere.
Le prese il viso fra le mani e si guardarono negli occhi, vogliosi entrambi dello stesso amore, Ren sorrise lievemente.
-Vuoi di nuovo farlo senza alcuna protezione?-
-Protezione?-
-Io non ho usato nulla ieri, e tu…prendi ancora la pillola?-
-No, ma non mi importa-
La guardò negli occhi, senza lasciar cadere mai lo sguardo, mentre lo divorava di baci e il tempo sembrava fermarsi, Nana era come stregata dalle sue iridi, si staccava leggermente da lui, si mordeva il labbro mentre le dita di Ren le sfioravano la pelle e le sue mani le toglievano le mutandine, lei stava ancora guardando l’azzurro intenso dei suoi occhi quando la penetrò inaspettatamente…lasciando che la passione li sorprese entrambi.
La tazza era ancora sul tavolo e il caffè fumava ancora, fuori le luci della città facevano da riflettori sui due innamorati.

Non era morta. Non l’aveva persa, era l’unica speranza che la faceva sorridere in quel momento. Nobu le camminava accanto, incrociando di tanto in tanto il suo sguardo, non riusciva ancora a credere che Hachi gli credesse.
Si fermarono davanti ad una vetrina di cioccolatini e Hachi si ricordò di S. Valentino, quando Satzuki voleva regalare una scatola di cioccolatini a Shin. Si girò di scatto verso di Nobu che le stava sorridendo imbarazzato e provò una strana sensazione al petto.
-Pensavo che sarebbe carino regalare dei cioccolatini anche a Nana quando la incontreremo-
-Stai ancora pensando a Nana?-
-Sempre Nobu, non smetto mai di pensare a lei, perché mi manca in modo indescrivibile. Vorrei tanto sentirla cantare, e dirle quanto è importante per me-
Lo sguardo di Nobu le raggelava il sangue, e il cuore, giurò che si fermasse nell’istante in cui lui prese la sua mano e la invitò ad incamminarsi. Mano per mano. Era una scena già vissuta, eppure aveva la dolcezza e l’armonia di una novità inaspettata. Come era calda la mano di Nobu, nonostante il freddo dell’inverno.
-Quando la incontreremo…-
Si ripè Nobu fra se e se, abbassando leggermente il capo, Hachi gli strinse più forte la mano, respirando la felicità di quel momento. Si sentiva come una ragazzina.
Il telefono squillò mentre si stavano dirigendo verso il centro, per comprare dei regali di natale, e subito l’atmosfera fra loro cambiò. Takumi era piuttosto seccato e innervosito.
-Ti ho detto che domani ho un lavoro da fare e non posso prendermi cura della bambina-
-Ma avevi detto che te ne saresti occupato, Satzuki non vedeva l’ora. Insomma, è dai nonni da due giorni e voleva stare con suo padre…-
-Nana ho detto che ho impegno importante di lavoro! Quindi non discutere!-
-Non discutere?...Takumi io…-
Non potè finire la telefonata perché l’ex bassista dei TRAPNEST riagganciò senza nemmeno salutare, Hachi si stringeva le mani sul petto, trattenendo a stento i singhiozzi.
-Hachi…-
-No Nobu, non dire niente…ti prego non dire niente-
Si arrese, sconsolato, non sopportava vederla piangere, ma non poteva fare nulla per lei se non darle il suo sostegno e la sua amicizia. Il vento soffiò più freddo e prendendola sotto braccio la trascinò in un bar, mentre da lontano la figura elegante e sorpresa di Yasu guardava la scena.
-Dove pensi che sia Nana?-
-In qualche albergo, non penso che sia tornata all’appartamento 707-
-Perché non dovrebbe tornare li? Quell’appartamento è la sua casa…io non capisco Nobu-
-Sarebbe trotto ovvio Hachi!-
Lo guardava tristemente, tenendo il fazzoletto stretto nel pugno.
-Non penso che voglia farsi riconoscere, non sarebbe scappata quel giorno quando mi ha visto-
Haci non rispose, e si chiese se Nana sarebbe scappata anche nel vedere lei. Se non voleva farsi trovare, perché era tornata a Tokio? Il pensiero che non volesse più vederla le bruciava dentro, era insopportabile, e non voleva crederci. Quando la vedrà Nana le verrà incontro e non la lascerà mai più sola, questa era la certezza che sentiva dentro di se.
-Senti che ne dici se andiamo a mangiare fuori stasera? Invitiamo anche Yasu e Ren…-
-Ren? È da tanto che non lo sento, so che è senza lavoro e che non sta molto bene-
-Già, appunto per questo, magari gli fa bene svagarsi un po’-
-Non lo so Nobu…-
-Coraggio, tua figlia è dai nonni e tu sei a casa da sola, sarà un occasione per uscire tutti insieme-
Nobu non aspettò la risposta e nemmeno vide il cenno di assenso che Hachi gli fece, prese il cellulare per scrivere un messaggio a Ren.
-Ecco fatto! “ti va di venire a cena con me Yasu e Haciko? Aspetto la tua risposta…Nobu”-
-Ma a Yasu non l’hai ancora chiesto-
-Ma lui verrà di sicuro…figurati!-
-No, perché c’è Ren-
-Verrà! Lo chiamo adesso per dirglielo-
Il telefono squillava ma nessuno rispondeva. Yasu fissava lo schermo del cellulare con il nome di Nobu che indicava la chiamata. Dentro di lui c’era ancora la colpa di quella notte non voluta con Reira, il ricordo del figlio sul divano che dormiva, l’avrebbe rivisto il mese prossimo, eppure aveva la sensazione che non sarebbe stato così.
Non aveva importanza quanto tempo era passato, né quanto lui desiderasse una famiglia, perché quel bambino non era mai stato veramente suo. Come si può essere padri se non si può insegnare a camminare, a ridere, a parlare…al proprio figlio? Come poteva essere un buon padre se lo vedeva una volta al mese? Si accese una sigaretta, le mani gli tremavano e gli occhiali erano appannati, le lacrime gli riempivano gli occhi.

La tazza con il caffè era ancora sul tavolo, ormai aveva smesso di fumare, Ren leggeva sorpreso il messaggio di Nobu, mentre Nana dormiva sul pavimento, accanto alla sedia. Fa freddo per terra, si sarebbe ammalata se non si fosse coperta.
-Nana-
La chiamò debolmente, aveva timore di svegliarla. La ragazza non si mosse, nemmeno quando Ren le sfiorò il viso con la mano.
-“Ti va di venire a cena con me Yasu e Haciko?”-
Ripè forte il testo del messaggio, e questa volta Nana si girò verso di lui, ancora assonnata. Lo sguardo di Ren cadde sul seno nudo, sorridendo malizioso al pensiero delle sue labbra che lo mordevano dolcemente, e a come le piaceva quando lo faceva.
-Che cosa?-
Riprese il controllo dei suoi pensieri, fissandola negli occhi, mentre scherniva divertito la situazione, le portò davanti agli occhi il cellulare.
-Nobu mi ha scritto un messaggio…guarda-
Le mostrò lo scritto, mentre lei prendeva il cellulare fra le mani. Sembrava scombussolata.
“Hachi” alla cena, no, non era pronta a darle delle spiegazioni, non era pronta a guardarla negli occhi, sarebbe scoppiata a piangere e si sarebbe vergognata di se stessa per averla lasciata sola, e aver mentito a tutti, Yasu compreso.
Si sentiva una bambina che doveva accettare la colpa di una marachella, e mentre leggeva quelle righe, il fiato le si fermava in gola. Non era come quando faceva fatica a respirare, qualcosa di peggio e faceva più male.
-Pensi di andarci?-
-Non da solo…-
-Sei matto? Io non vengo di certo!-
-Perché? Infondo sarebbe il momento giusto per ripresentarti a tutti-
-No!-
-Non ci vado senza di te-
-Allora sei uno stupido Ren-
-Sono stato senza di te per anni, non ti mollo neanche un secondo-
-Io rimango qui-
Aveva paura che nel momento in cui avrebbe messo piede fuori di casa lei se ne sarebbe andata. Così come era venuta, come un soffio di vento, lasciandogli il freddo nel cuore. Si alzò andando a prendere l’accappatoio blu che Nana aveva lasciato sul letto, poi tornò mettendoglielo sulle spalle, lei mise una mano su quella di lui. Lo guardava di profilo, mentre le dava un bacio sulla guancia e la stringeva per scaldarla, e si chiese se Ren avesse mai notato il diamante all’anulare. L’anello uguale a quello di Hchi, che tempo fa era il simbolo del loro fidanzamento, spostando gli occhi notò che anche Ren non si era mai tolto il lucchetto che teneva al collo. Dunque non si erano mai lasciati…
-Se vengo, sicuramente rovinò la serata a tutti, e non mi va. Non aver paura che me ne vada via, resterò qui ad aspettarti-
-Voglio andarci con te-
-Non è il caso che per il momento ci vai da solo? Io…non me la sento, non ho ancora la forza per…-
Ren si era alzato e si era rivestito; si stava allacciando la cintura quando le ultime parole di Nana lo colpirono. “Io non me la sento, non ho la forza…” era un passato che non avrebbe mai dimenticato, erano le parole che l’avevano accompagnato per anni, che gli avevano fatto passare momenti in cui vivere non era più una cosa naturale ma una sofferenza, un dovere nei confronti degli amici…di Yasu, chiuse gli occhi un istante e i ricordi gli affiorarono alla mente amari e crudi.

La mano tremava, le gocce di sudore scendevano lente lungo la fronte e la guancia, il suo respiro era affannoso e singhiozzava debolmente. Si reggeva a fatica al lavandino del bagno, l’espressione del suo volto era sofferente, non aveva smesso un attimo di piangere.
Il cellulare continuava a suonare in continuazione, ma Ren non rispondeva mai, non lo sentiva nemmeno, la sua testa era piena di rimpianti e dolori. Tre giorni prima aveva promesso a Nana che sarebbero andati a fare un giro, ma la pioggia li aveva costretti in casa, non si ricordava quasi niente, come se fosse successo anni indietro, nella sua testa c’era solo l’immagine della donna che amava accovacciata al suo petto, mentre dormiva. Già, stava dormendo, e quando si era svegliato non l’aveva più trovata accanto a se.
Il cellulare non era raggiungibile, e non era andata né da Yasu né da Hachi, e Nobu era tornato ad Osaka…Era subito uscito a cercarla, era stato in tutti i posti immaginabili, ma senza aver successo.
Nana era scomparsa.
Il cellulare suonava ancora, era Yasu, probabilmente la cerimonia del funerale era finita, Ren guardò lo schermo con gli occhi appannati, prese il mano l’apparecchio e lo lasciò ricadere per terra, la sua mano tremava, era debole.
Si trascinò sul bordo del lavabo a forza; accanto al rubinetto dell’acqua calda c’era una siringa, la prese continuando a singhiozzare, la strinse forte in un pugno serrato, il suo pensiero era uno solo, lei non c’è più…lei è morta…lei non è più sua.
Si lasciò scivolare a terra, senza peso, mentre infilava l’ago nella vena del braccio sinistro, ispirando stancamente, aveva superato i suoi limiti. Sentì che il peso di quel dolore si sollevava e lasciava la sua testa vuota, come se stesse galleggiando. Era così facile evadere dalla realtà e dai dolori della vita? La verità è che era sempre stato debole. Debole per non restare quando aveva preso la decisione di unirsi ai TRAPNEST abbandonando l’unica donna che avesse mai amato, debole nell’ammettere che non era felice, che avrebbe voluto allontanare Yasu da Nana, e ora era debole perché non aveva avuto il coraggio di andare al suo funerale.
Lasciò uscire l’ago dalla vena, una lieve scia di sangue scendeva fino al polso, e una goccia cadde sul pavimento, Ren chiuse gli occhi ancora immerso nell’estasi.
Lei è morta…lei è morta…lei è morta…-Nana…-
Singhiozzò debolmente, le mani fra i capelli e gli occhi chiusi, mentre si sdraiava per terra. Era solo.
Si addormentò per circa tre ore, e quando riaprì gli occhi era nel suo letto, qualcuno doveva averlo portato li, perché lui non aveva la forza di alzarsi. Si girò verso la finestra e vide Reira che guardava i primi raggi del sole.
-Reira?-
-Ren-
La ragazza si girò preoccupata e corse al suo fianco, nel frattempo Ren cercava di mettersi seduto, ma lo sforzo gli faceva calare la pressione, la dose che aveva preso doveva essere forte, la sua testa era ancora leggera.
-Ho citofonato per mezz’ora, ma tu non aprivi, così mi sono fatta aprire dal portiere, e ti ho trovato a terra, privo di sensi…con questa-
La voce roca non sembrava la sua, mentre gli mostrava la siringa, Ren chinò il volto all’ingiù amareggiato. Si sentiva in colpa, nei confronti di Reira.
-Mi…dispiace. Mi dispiace-
-Dici sempre così, dici sempre che smetterai, che non sei dipendente, e invece quasi ti ammazzi! Ren…perché?-
-Non posso…vivere…-
-Non dire sciocchezze! Ren ti prego…-
Lei morta, lei non esiste più…lei è solo un ricordo…un ricordo…un ricordo…
Ren non rispondeva, si asciugava gli occhi lucidi, ma non riusciva a smettere di piangere, per ogni lacrima riemergeva il suo ricordo, non si sentiva in colpa per la droga, ma per lei, perché non l’aveva salvata, perché non era riuscito a starle accanto, perché un tempo l’aveva abbandonata, e ora era lui a rimanere solo.
-Lei è morta-
-Ma tu sei vivo, e devi continuare a vivere…perché vuoi gettare via la tua vita così? Tu devi smettere Ren, o ne morirai!-
-Ma io…non…ci riesco….non ci riesco…non ci riesco…non ho la forza per…-
-Devi provarci!-
-Tu non hai detto niente a Takumi…vero?-
-No, figurati, se lo sapesse Takumi…a lui interessa solo il successo della band, la sua fama…-
-Sei ancora innamorata di lui?-
Reira si alzò di scatto dal letto, non se l’era aspettata una domanda del genere.
-Vi ho visti…-
Ammise malinconico, mentre Reira tornava a sedersi al suo fianco, mettendosi una mano sul volto.
-Vi ho visti insieme, mentre entravi nella sua camera…e lo baciavi-
-Oh…Ren-
L’aveva ammesso come se stesse parlando di sé, e mentre glielo confessava sentiva una strana fitta al petto, ormai Reira era l’unica amica che gli rimaneva, l’unica che poteva capirlo. Si avvicinò a lei e la abbracciò esplodendo in un pianto disperato.


Nana lo abbracciò da dietro, respirando il suo profumo, e ascoltando il ritmo del suo cuore, Ren chiuse gli occhi cullato dal tepore caldo del suo corpo.
-Ren…io ti amo-
Sorrise mesto, ormai erano solo ricordi quelli che facevano male. Lei era li con lui.
-Ti amo anch’io-

“Sai Hachi, sono convinta che la mia vita non sia del tutto un disastro, ora che sono qui con Ren, sento di essere sicura di me stessa, e per la prima volta nella mia vita voglio una famiglia, forse dei figli…ma più di ogni altra cosa voglio vederti”


  
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