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Autore: _eco    29/08/2013    9 recensioni
[Post-Mockingjay] [Peeta Mellark/Primrose Mellark] [Fluff/piccolissimo Angst, se no non sarei io...]
- Racconteremo alla mamma del tuo amore per le sedie. Magari la convinco a comprartene una in miniatura, eh, Prim? La mettiamo nel mio studio, così mi guardi mentre dipingo, e magari t’insegno anche qualcosa…-
[Questa storia partecipa alla Challenge Multifandom e Originali con il prompt #17 Sedia]
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solchi sul legno.
[Peeta Mellark/Primrose Mellark]
Prim ha piccole dita tozze e paffute, di un rosa che somiglia alla buccia di una pesca matura e succosa.
Peeta la tiene fra le braccia nella sua posizione preferita, il petto della bambina contro il proprio, la morbida peluria scura che le trapunta il capo solletica il suo viso. Prim emette gridolini acuti, borbotta una accozzaglia di suoni senza senso, porta avanti conversazioni indecifrabili con se stessa.
Le piace studiare il mondo intorno a lei, le piace accoccolarsi al petto del suo papà, il piccolo mento poggiato sulle sue spalle larghe e solide, le mani paffute protese in avanti, nel continuo tentativo di sfiorare qualsiasi cosa attiri la sua attenzione. La sua irrefrenabile e avida curiosità, la sua voglia di toccare tutto fa innervosire Haymitch e sorridere amabilmente Effie, causa un moto di preoccupazione in Katniss e una nota d’orgoglio in Peeta.
Si compiace della vivacità di Prim, della sua continua ricerca di novità, dei suoi occhi azzurri che guizzano da un punto all’altro della stanza. Basta un particolare – un quadro, un soprammobile, una penna – per attirare la sua attenzione e spingerla a borbottare allegramente per minuti.
Da un po’, Prim emette gorgoglii acuti, risatine, ogni tanto, e vagiti che suonano come gah gah accompagnati da espressioni meravigliate.
- Ooooh. – dice.
Peeta, adagiando il carboncino sul foglio di carta, si chiede cosa mai possa causare una reazione tanto entusiasta in Prim.
Una macchia sulla parete? Uno di quegli gnomi di legno in miniatura che Effie ha insistito per regalare ai novelli sposi?
Si augura soltanto che Prim non sia in ammirazione della bottiglia di liquore che Haymitch ha accidentalmente dimenticato sul piano della cucina.
Avverte un ritmico picchiettare, alle sue spalle, e lievi vibrazioni scuotere la sedia.
- Si può sapere che combini, piccolo terremoto? – chiede giocoso, prendendo Prim per i fianchi e sollevandola di fronte a lui.
La sua bocca color fragola si accartoccia in un’espressione crucciata, la testa s’inclina da un lato, in una posa del tutto innaturale per una bambina di sei mesi. Peeta non può far a meno di paragonarla a quella che spesso Katniss assume involontariamente, quando viene interrotta nel bel mezzo di una delle sue silenziose riflessioni. Una ciocca di capelli scuri ricade in un ricciolo sulla fronte rosata.
Prim inizia a battere le mani, spesso mancando la destra con la sinistra e viceversa, le guance piene e gonfie su cui si scolpiscono profonde fossette scaturite dal largo sorriso che fa capolino sul suo viso tondo.
Gah. Gah.
- Sì, gah gah. – le fa eco Peeta, sorridendo.
- Cosa c’è? Cos’hai visto? – le chiede dopo, notando lo sguardo turchese della bambina, perso in un punto imprecisato alle sue spalle. – Va bene, Prim, adesso papà guarda con te. Okay? – le promette, dandole un colpetto leggero sul nasino all’insù, la punta arrossata per il recente raffreddore.
Tenendola stretta al petto, si tira su, trascinando la sedia all’indietro.
Quando fa per avviarsi in corridoio, certo che la cosa che ha scatenato in Prim il solito moto di curiosità si trovi lì, la bambina inizia a battere le mani sulle sue spalle.
- Gah. Gah. – dice, agitando la testa.
- Scriveremo un vocabolario che traduca la tua lingua, Prim. Per la nostra salute mentale. – le assicura Peeta, in preda alla divertita esasperazione che lo coglie quando non riesce ad interpretare i desideri della sua bambina.
Peeta arretra di qualche passo, andando a sbattere la schiena contro la sedia.
- Gah! – esclama Prim, con una nota di soddisfazione nella voce.
- La sedia? – replica l’uomo, lo sguardo dubbioso. – Davvero, Prim? Tutto questo per una sedia? – le chiede, sbuffando divertito, mentre si china in modo da farle sfiorare lo schienale di legno.
Prim si zittisce nell’esatto momento in cui le sue dita paffute ne percorrono la superficie, soffermandosi in determinati punti per una ragione che Peeta non riesce ancora a cogliere. La schiena inizia a fargli male, sebbene Prim non pesi poi molto, però non gli riesce proprio di interrompere quell’incantevole istante di ammirazione, quel luccichio che intravede nei suoi occhi chiari, la piccola O in cui le sue labbra rosse si sono modellate.
- Racconteremo alla mamma del tuo amore per le sedie. Magari la convinco a comprartene una in miniatura, eh, Prim? La mettiamo nel mio studio, così mi guardi mentre dipingo, e magari t’insegno anche qualcosa…-
Nella mente di Peeta, si rincorrono fotogrammi di un futuro che si riscopre a desiderare ardentemente: la sua bambina seduta ad un tavolino vicino alla sua scrivania, una matita colorata fra le mani, la sua fantasia che prende forma sulla carta, una voce cresciuta che, ora come ora, non riesce proprio ad immaginare in un visino ancora così piccolo che, a disegno ultimato, chiede la sua approvazione.
Ti piace, papà?
E lui le darà consigli, le dirà come migliorare, ma mai, mai avrà il cuore di criticare una sua opera. S’incanterà a fissare le dita di sua figlia che guidano una matita sulla carta, le labbra color fragola modellate in un amabile broncio di concentrazione, i capelli scuri ad incorniciarle il viso. Li terrà corti? O li preferirà lunghi? Li legherà in una treccia laterale, come sua mamma? O sarà vanitosa, più come Effie, e li vorrà lasciare sciolti sulle spalle?
Quando Prim emette un gorgoglio acuto, Peeta si accorge che forse sta correndo un po’ troppo con l’immaginazione.
La bambina si è soffermata da un po’ su un angolo dello schienale, protendendo le braccia in avanti, percorrendo con le dita i contorni di qualcosa che – guarda che novità! – deve averla incuriosita parecchio. Peeta avvicina la testa a quella di Prim, che adesso, come un gattino che fa le fusa, struscia il capo contro le sue guance, coperte di una rada peluria bionda. Peeta ha dovuto accontentarsi di una corta barbetta, da quando Prim è nata.
Ricorda della sua espressione contrariata, dei singhiozzi che le scuotevano il petto, quando la teneva in braccio.
Credo che la tua barba pizzichi un po’, aveva suggerito Katniss.
Quando, nel frangente in cui le dita di Prim abbandonano lo schienale della sedia, Peeta scorge i solchi che ne attraversano la superficie lignea, un brivido gli percorre il corpo. Avverte il respiro mozzarsi, sente una strana pesantezza alle ginocchia, mentre una nebbia fitta gli vela le iridi azzurre.
Ricorda perfettamente il dolore bruciante alle unghie, spezzate, indebolite dalla pressione con cui artigliavano il legno.
Da quanto tempo non ha un attacco? Suppergiù, da quando è nata Prim. Forse un po’ prima.  
Ricorda la lotta interiore che si ritrovava a sostenere all’improvviso, ricorda come le labbra bruciassero quando emetteva parole che andavano contro il volere del Peeta depistato, ricorda con quale sforzo di volontà si manteneva ancorato allo schienale della sedia, il capo chino, incassato nel collo, ricorda come il cuore gli palpitava in petto, quando i suoi muscoli si irrigidivano e una voce, dentro di lui, gli ordinava di farle del male.
Katniss è un ibrido.
No, non è vero.
Katniss è un mostro. Devi ucciderla.
No, non è vero. Non è vero. Smettila!

Un nodo spesso gli si aggroviglia in gola, distribuendo ovunque segatura e polvere che gli impediscono di respirare. Peeta sente le braccia cedere, ma impedisce loro di cadere lungo i fianchi.
C’è Prim, ora. Deve tenerla stretta, deve proteggerla.
Non farla cadere, Peeta, non lasciarla andare.
- Tobia è un vero… un vero terremoto, non trovi, piccolina? – le chiede, tirando su la schiena, nel cuore il fardello che il saper ricordare gli ha inflitto inevitabilmente, come un marchio a fuoco sulla carne viva.
Peeta sa che Tobia, il gattino randagio color miele che Katniss, contro ogni aspettativa, ha acconsentito a tenere in casa, è un vero e proprio tornado: si arrampica sul divano e ne graffia il tessuto arancione, marchia con impronte indelebili ogni mobile e così via. Tuttavia, sa anche che quei solchi non sono opera di artigli felini, ma delle sue unghie.
Però Prim non lo sa. E, in più, ama Tobia. Tirarlo in ballo è una garanzia, con lei.
- Terremo lontana da lui la tua sediolina. – le promette, abbandonando un bacio sulla sua testa.

 
Angolo autrice:
MA CHE CAVOLO DI FIGATA È IL NUOVO EDITOR DI EFP!? *FANGIRLA*
Okay, la smetto.
Sono stata fuori dalle scene per quasi una settimana, oh mio Dio! È un evento più unico che raro.
L'ispirazione mi sta abbandonando, è meglio che lo sappiate. Il che dovrebbe giustificare lo schifo che ho appena pubblicato. No, non è la mia migliore one-shot, e nemmeno tra le migliori.
Non ha molto senso. È solo un tornado di fluff, e basta, un po' di angst perché sono una cattivona che ama far soffrire Peeta e tutta la compagnia, a quanto pare.
Solo che, boh, mi mancava Peeta. Mi mancava pubblicare e scrivere su HG. E anche se fa schifo, chi se ne frega?
Recensite, consigliate pure.
Ah, chiarisco che l'accenno ad Effie ed Haymitch è deliberatamente ispirato alla shot di workinprogress, Babysitting - che è la cosa più awwwwww che abbia mai letto.
Rendo l'idea? *punta un coltello contro il lettore* Leggila! XD
Dopo questo garbato invito, mi eclisso.
Un bacio,
S.

 
  
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