Il Natale era finalmente arrivato e
lei, all’età di dieci
anni, non vedeva l’ora di scartare quella moltitudine di
regali che sembravano
brillare sotto l’albero addobbato.
Pacchetti grandi, piccoli, rettangolari e tondi, senza contare quelle
caramelle
che le facevano venire l’acquolina in bocca.
Quella notte, a mezzanotte precisa, il fratello la svegliò
per poter scoprire
cosa gli era stato preso, o meglio dire portato da Babbo Natale.
Bambole, puzzle, videocassette… Ma c’era una cosa
davvero inaspettata, qualcosa
che la piccola Mary non aveva scritto nella sua letterina: un libro.
“Harry Potter e la pietra filosofale?”,
domandò un po’ stranita. No, a lei non
era mai piaciuto leggere e, secondo il suo infantile punto di vista,
non le
sarebbe mai piaciuto, era troppo noioso e complicato.
“Un libro?”, domandò a sua volta il
fratello, sapeva benissimo quanto la
piccola non sopportasse quel genere di passatempo.
La bambina un po’ delusa si limitò ad annuire. Be,
gli altri regali le erano
piaciuti un sacco, ma quel libro…
Non ci pensò troppo a lungo, subito i due tornarono a letto
e, ancora
emozionati per i regali scartati, si addormentarono perdendosi nei loro
dolci e
infantili sogni.
Solo il giorno dopo la piccola iniziò a leggere quelle
pagine e, nonostante
cercasse di negarlo in tutti i modi, quella storia la stava
conquistando,
quella lettura le stava risultando interessante, in qualche modo magica.
“Ehi! Ciao!”, fu una voce a distrarla. Un bambino
esile l’aveva affiancata, sul
naso portava un paio di occhiali dalle lenti tonde e dietro la frangia
spettinata si poteva intravedere un segno, o meglio una cicatrice.
“Ciao…”, mormorò col suo
solito fare timido.
“Mi chiamo Harry, Harry Potter.”,
continuò il ragazzino.
Mary sbarrò gli occhietti color nocciola e lo
osservò più attentamente.
Harry Potter? Il protagonista del libro che le aveva portato Babbo
Natale?
Allora esisteva veramente!
“Ma tu sei…”, continuò non
poco in difficoltà.
“Ci siamo appena conosciuti.”, lui le
indicò il libro che la piccola stringeva
tra le mani.
Solo allora capì: quello non si trattava di un semplice
libro. Quello che Mary
stringeva tra le mani era qualcosa di molto più speciale,
qualcosa che l’avrebbe
accompagnata per tanto tempo.
“Vuoi vivere questa avventura con me?”, le
domandò Harry porgendole la mano.
Un sorriso si fece spazio sul viso della piccola.
Delusione? Come poteva aver considerato quel libro un regalo tanto
insulso?
“Si!”, esclamò senza pensarci
ulteriormente e portò la manina a stringere
quella del nuovo amico.
Undici anni dopo…
La cicatrice non gli faceva male da diciannove anni. Andava tutto bene.
Per la milionesima volta Mary lesse quell’ultima frase.
Sentiva un grande peso
nel petto, a cosa era dovuto? Era la seconda volta che finiva di
leggere quella
serie, quel libro, si era vista i film un miliardo di volte. Allora
perché solo
allora, all’età di ventuno anni, si ritrovava a
star male?
“Forse dovrei andare.”, quella familiare voce
risuonò nella sua testa. Lei si
voltò a guardare quell’esile figura che le stava
accanto che, come ogni singola
volta, l’aveva accompagnata durante
quell’appassionante lettura. Aveva pianto
con lei, sofferto, riso e avuto paura, ma mai l’aveva
abbandonata.
“Non farlo, Harry.”
No, non gliel’avrebbe permesso. Cosa avrebbe potuto fare?
Solo con lui poteva
permettersi di fuggire temporaneamente da quella realtà
tanto complicata e
monotona. Solo Harry, suo compagno da quando aveva dieci anni, era
stato capace
di portarla lontano da ciò che la faceva soffrire. Lui era
stato la sua
infanzia, un suo allontanamento le avrebbe sconvolto la vita, non
sarebbe più
stato lo stesso.
“Rimarrò nel tuo cuore.”,
continuò lui sorridendole. I suoi occhi azzurri
brillarono di una strana luce mai vista. Le stava dicendo addio, le
stava
spiegando che ormai era il momento di crescere anche per lei, che non
avrebbe
più potuto rinchiudersi tra quelle pagine ormai ingiallite e
un poco rovinate
per il continuo sfogliarle.
“Non è lo stesso.”, insistette lei.
Chiudendo il libro, Mary, lo sistemò
insieme agli altri volumi della serie.
Sapeva che Harry aveva ragione, sapeva che ormai era ora di andare
avanti, di
accettare che ormai non sarebbe più stata una bambina, che
non poteva più
perdersi fra le mura del grande castello di Hogwarts, che la capanna di
Hagrid
non l’avrebbe più accolta, che non sarebbe
più potuta presentarsi alla tana per
gustare i manicaretti della signora Weasley. Era ora di tornare nel suo
mondo,
almeno per un po’.
“Tornerò.”, le sussurrò il
giovane mago.
Mary spostò lo sguardo sulla cicatrice ben visibile, proprio
quella
procuratagli dal grande signore oscuro. Quante volte Harry avrebbe
voluto
fuggire dalla sua realtà?
Lui era stato fortunato, lui aveva trovato un altro mondo, una
scappatoia da
quella crudele realtà dove si era trovato a vivere per
più di dieci anni.
E lei? Lei conosceva fin troppo bene quelle grigie giornate che
l’attendevano.
Nessun mezzo gigante si sarebbe presentato alla sua porta per portarla
a
Hogwarts. Lei non era una strega, era una normalissima babbana
“Me lo prometti?”, domandò trattenendo a
stento le lacrime.
Sarebbe tornato. Un giorno lei stessa avrebbe riaperto quei libri per
potersi
perdere nuovamente in quel mondo. Non l’avrebbe
più fatto tanto spesso, questo
no, ma sapeva che Harry l’avrebbe sempre accolta a braccia
aperte, mai l’avrebbe
cacciata.
“Te lo prometto.”, annuendo, Harry,
allungò una mano per stringere quella della
ragazza.
Mary gli credeva. Mary l’avrebbe rivisto e avrebbe provato le
medesime
emozioni: sarebbe stata felice di incontrarlo, avrebbe avuto paura di
combattere
Voldemort al suo fianco, avrebbe riso con lui nell’assistere
gli scherzi dei
gemelli Weasley, si sarebbe arrabbiata, rattristata, avrebbe nuovamente
pianto
per le numerose morti, avrebbe festeggiato per la tanta sudata vittoria
e
infine avrebbe sofferto per quel nuovo addio.
“Ti aspetto.”, un piccolo sorriso comparve sulle
sue labbra.
Harry sorrise a sua volta e, cingendole le spalle, la strinse in un
forte
abbraccio. L’amicizia che li legava non si sarebbe sciolta
per quella
lontananza, Mary non si sarebbe scordata di lui.
“A presto.”, le sussurrò prima di
scomparire lasciandola sola.
Una lacrima. Una sola lacrima rigò la guancia della
fanciulla che, lanciando
uno sguardo ai libri della serie, si trovò a sorridere
malinconicamente.
Un giorno avrebbe rivisto quel mondo. Vi sarebbe rientrata sentendone
la
mancanza.
Avrebbe incontrato nuovamente ogni singolo personaggio e probabilmente
li
avrebbe considerati in modo un po’ diverso, forse
più maturo.
“A presto…”, mormorò a sua
volta socchiudendo gli occhi.
Alzandosi dalla sedia della scrivania, Mary, lanciò uno
sguardo fuori dalla
finestra. Dopotutto, nonostante avesse finito di leggere quei libri,
poteva
notare un certo cambiamento nella sua realtà. Tutto le
pareva più colorato, più
speciale. Forse era arrivato il momento di appassionarsi anche a quella.