Lo so, lo so,
vi avevo promesso una Harry- Ginny. Ma stamattina ero a casa con l’influenza,
stavo rivedendo “L’arte del Sogno” (bellissimo, talaltro, ve lo consiglio =P) e
non si sa come mi è venuta l’ispirazione.
Quindi
rieccomi, con una Ron- Hermione. Di nuovo. Scusate!
Spero vi
piacerà, è una cosina semplice- semplice e leggermente diversa dal solito per
certi aspetti, come tutte le mie altre storie per altri. Nessuna anticipazione.
Ditemi che ne pensate, ci risentiamo a fine lettura per due parole.
Un abbraccio!
Buona notte.
C’è
una regola che tutti imparano nella vita. Dopo la tempesta viene sempre la
calma. Dopo un grande spavento, ci viene da ridere. Dopo una lunga corsa i
muscoli si rilassano. Dopo che il cuore ha battuto forte ci sembra di avere uno
strano vuoto nel mezzo del petto. Dopo esser stati allerta abbassiamo di colpo
tutte le difese.
Così
Ron giaceva immobile nel buio, aspettando che arrivasse la calma. Aspettando
che tutti i suoi muscoli si distendessero, che il suo cervello si svuotasse,
che i suoi polmoni iniziassero a respirare più piano. Aspettava quello strano
senso di vuoto nel mezzo del petto, di abbassare le difese, e di crollare
distrutto in un sonno letargico privo di qualunque immagine.
Eppure,
per quanto si sforzasse di essere paziente ed aspettare quel momento, il
momento non arrivava.
Continuava
a sentire il vociare della folla, e vedere sprazzi del volto di Hermione mentre
ballavano, e poi la paura, e il terrore, la fuga, a tratti il respiro gli si
smorzava ancora in gola, si rivoltava tra le coperte odorose di muffa, e il
marmo gelido gli aggrediva la pelle della schiena che si denudava a tratti. Il
silenzio ora era quasi doloroso. Com’era arrivato lì, sdraiato a terra, senza
nessun punto fisso da guardare? Com’era arrivato lì, nascosto, in un posto dove
nessuno avrebbe mai potuto riportarlo indietro?
Questa
era la più dolorosa verità che Ron si ritrovava a fronteggiare, ora. Non poteva
tornare indietro.
E la calma non arrivava, perché si trovava ancora nel bel mezzo della tempesta.
Anzi, era solo all’inizio. Se si fermava un secondo e guardava indietro, poteva
ancora vedere la riva. Era lì, con tutto quello che solo quella mattina ancora
lo faceva sorridere: il matrimonio di suo fratello, l’estate traboccante di
fiori della Tana, le colazioni abbondanti di sua madre, i progetti a lungo e
breve termine. E ora, per quanto avrebbe voluto tornare lì, a volteggiare con
Hermione nella musica del matrimonio, tra invitati e sapore di champagne, non
poteva.
E
la calma non arrivava. Non arrivava.
C’era
un silenzio cupo, fatto di ombre che scivolavano sulle pareti e scricchiolii di
vecchi mobili, vite assopite all’interno della casa, segreti, parole, ricordi,
vecchi momenti, odori e piaceri e scontenti annidati negli angoli.
Hermione
li percepiva, tutti.
Sentiva
la vita di Grimmauld Place agitarsi nella notte come quella di una creatura
disturbata, e tentava di restare immobile per non farsi sentire. Per non farsi
sentire dai Mangiamorte che premevano per entrare, da Voldemort che da qualche
parte li cercava, dal Ministero della Magia e da tutti gli altri abitanti della
Terra.
Hermione
credeva, doveva credere, che se fosse rimasta immobile, perfettamente immobile,
nella notte gelida, almeno per qualche ora, la sua vita e il suo futuro
sarebbero stati salvi.
Teneva
gli occhi spalancati, spalancati in quel buio denso di ombre, illuminato a
tratti dai fari di una macchina solitaria che correva nella strada deserta, da
una finestra accesa nella via e poi spenta, da un lampione che tentava di
funzionare. Osservava il proprio respiro irregolare diventare una nuvoletta di
condensa sopra le sue labbra, tentava di renderlo più docile, ma non ci
riusciva. Era come un peso immenso nello stomaco, un groviglio di tutto quello
che le era accaduto e che ancora le sarebbe successo, di lì a qualche istante,
nei prossimi giorni, nei prossimi mesi.
Non
le piaceva restare lì, in bilico tra l’oggi, quell’oggi in cui ancora si era
potuta concedere di essere una ragazzina, e il domani, quel domani in cui
sarebbe dovuta diventare una donna.
Ma
Hermione non era pronta. Non era pronta per diventare una donna.
Le
donne sono alte e belle, sanno camminare sui tacchi, sanno cosa vogliono e
sanno cosa fare per ottenerlo, le donne pagano il mutuo e vanno al lavoro, si
sanno prendere cura di loro stesse e hanno qualcuno disposto a prendersi cura
di loro.
Hermione
non poteva diventare donna, non ancora.
Ron
si voltò verso Hermione, lentamente. La vedeva ferma nel buio pesto, poteva
scorgere l’accenno dei suoi contorni, i ricci sparsi ovunque e il suo profilo
morbido. Il respiro le saliva dalle labbra in una nuvoletta d’argento,
irregolare.
Avrebbe
voluto vedere se aveva gli occhi aperti, se era anche lei sveglia nella notte
senza sapere cosa pensare, cercando di calmarsi, di riordinare le idee.
Harry
dormiva. Sentiva il suo russare sommesso, rumore cui ormai era tanto abituato
da assimilarlo quasi come proprio. Lo invidiava, e non capiva come potesse
dormire in un momento così. Lui si sentiva così pieno di energie, di forze, di
voglia di alzarsi e parlare e gesticolare.
-Hermione?-
sussurrò, roco.
Silenzio.
Forse dormiva. Forse l’aveva svegliata.
-Sì?
…O
forse no.
-Dormivi?
-No…-
Un sospiro. -Non riesco a prendere sonno.
-Già.
Nemmeno io.
Il
buio venne rischiarato un secondo da una luce fredda, giallo limone, e poi
tornò cupa e inquietante.
-Harry
invece dorme.- Sussurrò lei.
-Beato
lui. Chissà cos’ha preso.
Lei
ridacchiò, istericamente, sommessamente.
-Fa
freddissimo.- Biascicò quando si fu ripresa dalla risata. –Domani
dobbiamo cercare di accendere il camino, o qualcosa del genere.
-Sì.-
Rispose Ron.
Hermione
lo vide mettersi seduto e sfilarsi il golf fatto a maglia da sua madre, il
color prugna per un attimo si confuse con il rosso vivo del suoi capelli, e lei
poté vedere l’interno liscio e pallido delle sue braccia nude.
-Vieni
qui.- Sussurrò ancora lui.
Hermione
si sedette, scosse il capo. I ricci avevano preso una forma scomposta e
casuale, arruffati e crespi, le cadevano da tutte le parti. Lei tentò di metterseli
a posto con una mano, ma lui non parve badarvi. Allargò il maglione con le mani
e glielo fece passare goffamente per la testa.
Hermione
ridacchiò ancora, piano, imbarazzata. Il maglione pizzicava sulla pelle nuda
del suo collo, la faceva sentire goffa e grossa, aveva un profumo insieme dolce
e pungente, di agrumi e di pelle fresca. Il profumo di Ron.
-Così
congelerai.
-Sto
bene.
Hermione
sapeva, anche senza vederlo, che le orecchie di lui erano diventate rosse. Le
labbra le si incrinarono in un sorriso intenerito e involontario.
Ron
si avvolse nelle coperte ammuffite, tentando di assorbire un calore che non
c’era.
Rimasero
zitti e fermi per qualche altro, lungo, istante.
-In
una scala delle cose che non avrei mai pensato che succedessero, noi che dormiamo
per terra nel salotto di Grimmauld Place, nascosti come criminali, è
sicuramente in cima.- Ruppe lei il silenzio.
-Tu
non sei per terra.
Abbozzarono
un’altra risatina isterica.
-In
una scala delle cose che non avrei mai pensato che succedessero, io che ti
lascio i cuscini del divano e il mio maglione, è sicuramente in cima.
Anche
se avrebbe voluto ridere, Hermione non ci riuscì.
E
nemmeno Ron.
-Hai
paura?- Gli chiese lei, improvvisamente.
-Un
po’. Tu?
-Anche
io.
-Cosa
pensi che succederà, adesso?
-Vorrei
tanto saperlo.
Silenzio.
-I
miei genitori non sanno nemmeno della mia esistenza. Non c’è nessuno che mi
aspetti, che mi cerchi, in giro per il mondo.- Nel silenzio entrambi sentirono
come un leggero peso alzarsi dal petto di Hermione e riversarsi nel buio.
–Nessuno che mi aspetti. Nessuno che mi cerchi. La mia scomparsa
passerebbe inosservata, se non fosse per voi.
-Perché
noi ci accorgeremmo se scomparissi. Improvvisamente ci sarebbe silenzio.
Lei
fece uno strano sbuffo di gola. –Intendevo che il mondo si accorgerà
della mia scomparsa solo perché si accorgerà della tua e di quella di Harry.
-Io
mi accorgerei della tua scomparsa.- Ribadì lui, più lentamente.
Silenzio,
impacciato.
-Era
la cosa giusta, cancellare loro la memoria. So che è così. Loro non proveranno
alcun dolore, alcuna paura, niente. È stata la cosa giusta. Vero?
-Sì,
penso di sì.
-Ma
se… se mi succedesse qualcosa… non ci sarebbe nessuno a ricordarmi.
-Ci
sarebbero una marea di persone a ricordarti. I miei, Ginny, Harry… Io.
Lei
sorrise.
Hermione
aveva sempre preferito le
conversazioni al buio.
Si
può mentire, arrossire, essere sincera, senza imbarazzo.
Ron
invece avrebbe voluto vedere il suo viso, vederla sorridere o piangere, o
abbassare gli occhi, o cercare una via di scampo da qualche parte, da qualunque
parte, nella stanza o nel suo sguardo.
Solo
così riusciva ad essere sincera con lui, nascosta dietro la paura per quello
che sarebbe successo, nascosta dietro l’insonnia e il buio pesto della notte.
Solo
così poteva stargli accanto, con tutti i sentimenti che provava per lui che
premevano sulla sua superficie, facendole lacrimare gli occhi in un pianto
silenzioso e colorandole le guance e facendole tremare la voce, solo così, nel
buio, nella paura, poteva tentare di mostrargli quello che sentiva?
Ron
avrebbe voluto abbracciarla. Non era mai stato molto bravo con le parole, non
sapeva come dirle quello che avrebbe voluto. Avrebbe preferito che un po’ di
luce gli illuminasse le labbra per poterle mostrare l’unica arma che poteva offrirle
per affrontare quella tristezza: un sorriso.
Ma
per quanto si sforzasse, non poteva trasmetterglielo al buio.
Osservava
i suoi contorni, i ricci e il profilo, e il suo corpo infagottato e ingrossato
dagli strati di abiti e dalle coperte.
Per
quanto potesse apparire fragile, lui sapeva che non era vero. Era così forte,
così infrangibile, così indistruttibile. Ron non temeva che nulla potesse
scalfirla davvero.
Improvvisamente
la tensione nel suo petto si alleviò, iniziò a sciogliersi e ad abbandonarsi,
premendo contro il suo petto per uscire, tutta la paura e l’ansia, e il terrore
di perderla o di perdere Harry, di fallire, di non poter mai tornare indietro,
di non essere abbastanza per la situazione, di non raggiungere mai un
risultato, mai.
Hermione
sentì un singhiozzo, roco e sommesso, rompere il silenzio febbricitante.
-Ron?
Nessuna
risposta. Non aveva mai sentito quel suono, mai. Da che ne aveva memoria, lui
era stato lì, pronto a sorriderle o a prenderla in giro o a metterle un braccio
intorno alle spalle ogni qualvolta lei iniziasse a piangere. Ma quel suono, a
metà tra l’adulto e l’infantile, quel suono segreto, intimo, come di qualcosa
che si spezza, Hermione non lo conosceva, eppure sapeva dargli un nome.
-Ehi,
Ron.- Sussurrò ancora, più dolcemente possibile, asciugandosi le guance e gli
occhi con un colpo di mano frettoloso.
Iniziò
a dubitare di averlo sentito. Forse si era addormentato.
E
poi lo sentì ancora, e lo vide muoversi furtivo tra le coperte, come a volersi
nascondere.
-Ron.-
disse alla fine. Sentiva un dolore dentro che non aveva mai provato prima al
solo pensare di sentirlo soffrire. Avrebbe voluto dire qualcosa. Fare qualcosa. Chiedergli
perché piangeva.
Ma
sarebbe stato futile.
Perché
piangeva? Che domanda stupida. Lei già lo sapeva. Era lo stesso motivo che
faceva piangere lei, notte dopo notte, nascosta con la testa sotto le coperte
per non mostrare a nessuno la propria debolezza.
E
cosa avrebbe potuto fare per lenire il suo dolore? Nulla. Solo stare lì,
fingere di non aver sentito.
Non
irrompere illegalmente nell’intimità del suo dolore.
Un
altro singhiozzo.
Un
altro ancora.
I
minuti passavano.
Non
poteva fingere di non sentirlo.
Non
poteva.
Non
era capace. Chiuse gli occhi e si fece coraggio.
Allungò
una mano nel buio, a tentoni. Sentì qualcosa di morbido al tatto, che
improvvisamente si bloccò. La sua spalla. Per un secondo tenne la mano sospesa
nel vuoto.
Provò
ancora. La riabbassò, qualche centimetro più su.
Erano
soffici, lisci, più lisci di come le fossero sempre sembrati alla vista, di
come se li fosse sempre figurati tra le dita. I suoi capelli.
Tolse
la mano ancora, imbarazzata. Doveva ritrarla. Doveva.
Un
ultimo tentativo. Abbassò il palmo.
La
sua guancia era liscia, bagnata, calda. Poteva quasi vederla, lucida e rossa d’imbarazzo
e lacrime. Avrebbe voluto togliere la mano, ritrarla, farla sparire e sparire
lei stessa. E invece l’accarezzò con le dita, lievemente, sfiorò le sue ciglia
umide e tremanti e percepì il suo respiro irregolare sulla pelle.
Era
il momento di togliere la mano. Nasconderla. Tagliarsela, se necessario.
Un
respiro profondo. Ci sarebbe voluto solo un attimo, se ne sarebbero dimenticati
entrambi.
Poi
sentì qualcosa di caldo premere sulle sue dita, una mano grande e leggermente
ruvida soppesare la sua piccola e morbida a mezz’aria, delle dita più grosse
infilarsi tra le sue, e poi abbassarsi insieme sulle coperte ruvide.
Hermione
non osava aprire gli occhi e guardare.
Ron
non osava muovere un singolo muscolo del proprio corpo, per paura di
distruggere quel momento.
I
suoi polpastrelli morbidi gli accarezzavano il dorso della mano, piccoli
movimenti circolari che lentamente lo calmarono. Non voleva più piangere, non
voleva più che venisse il giorno, con la luce e il sole e le decisioni da
prendere, non voleva nemmeno più addormentarsi.
Voleva
solo restare lì, sdraiato per terra, vigile e tranquillo, mano nella mano con
la sua migliore amica.
-Buona
notte, Ron.- La sentì sussurrare.
E
avrebbe voluto rispondere. Avrebbe voluto.
Ma
un calore soffice gli si stava diffondendo nel petto a partire dalla punta
delle dita della sua mano, intorpidendolo tutto, e gli occhi gli si stavano
chiudendo…
Buona
notte, Hermione.
Non seppe mai se l’aveva detto ad alta voce.
*
“…
Harry guardò le sagome scure che si disegnavano sul pavimento accanto a lui.
Ron, in uno slancio di galanteria, aveva insistito perché Hermione dormisse sui
cuscini tolti dal divano, quindi lei era più in alto. Il braccio le ricadeva
sul pavimento, le dita a pochi centimetri da quelle di Ron. Forse si erano
addormentati tenendosi per mano.”
Fine.
Grazie per avermi dedicato qualche
momento. Spero che queste poche pagine vi siano piaciute.
Colgo l’occasione per ringraziare ancora
tutti coloro che hanno recensito “Amici mai” e mi sono stati accanto durante la
pubblicazione.
Spero avrete voglia di commentare anche
questa piccola ficc, in attesa della stesura- e- pubblicazione che vi ho
promesso, su Harry e Ginny. Giuro che l’ispirazione è in arrivo.
Grazie in anticipo, e alla prossima!
Un abbraccio =)
Francy- Rosy.