Una voce amplificata risuonava
nello stadio, rimbombando in modo metallico tra gli spalti. Stava annunciando
l’inizio di un incontro importante, uno dei quarti di finale, e la gente
pendeva dalle sue labbra per sapere che cosa sarebbe successo di lì a
poco sul campo di tipo Acqua. La vista era spettacolare: dagli alti spalti dove
si trovava il pubblico si poteva vedere un campo di forma ovale, lungo almeno
un centinaio di metri e completamente ricoperto da una profonda piscina, tranne
per una serie di pedane galleggianti circolari. Ai lati del campo, ancorate
alla terraferma come pontoni di attracco, si trovavano due pedane rettangolari
rialzate dal terreno e dotate di una scaletta per salirvici,
ognuna delle quali ospitava un allenatore.
“Spettatori e spettatrici, dopo una breve pausa siamo giunti
all’ultimo incontro dei quarti di finale della centoventunesima edizione
della Competizione Internazionale degli Allenatori della Lega di Johto – Kanto!
L’allenatore
che vincerà questa manche di lotta passerà automaticamente alle
semifinali. Sicuramente non è facile indovinare quale dei due
sarà: sia Marcus da Fiordoropoli sia Vergil da Borgo Foglianova si
sono battuti con tenacia e audacia, giungendo in perfetta parità a
questa sfida, ognuno con il suo ultimo Pokemon!
Non
c’è altro da dire: godetevi lo spettacolo, e vinca il
migliore!”
Il gong suonò, e Vergil percepì chiaramente un brivido di eccitazione
percorrergli tutta la schiena. Gettò un’occhiata fugace ma
complice in direzione degli spalti, verso un ragazzo tondetto e una ragazza dai
capelli rossi che gli sorrisero. Lui contraccambiò con un sorriso
obliquo, ma ormai la sua mente era completamente assorbita da
quell’ultima lotta. Sapeva che il suo avversario avrebbe sfoderato un
Pokemon particolarmente potente, perché finora non era certo andato per
il sottile. Non era stato semplice per Vergil battere
il Nidoking di Marcus con il suo vecchio Hypno, che per l’età aveva una resistenza
fisica limitata, come non era stato semplice concludere in un pareggio lo scontro
contro l’Umbreon dell’avversario, che
aveva facilmente sconfitto Hypno ed era andato al
tappeto assieme a Noctowl. Ora poteva giocare solo la
sua ultima carta.
“Vai!”
Marcus aveva lanciato la sua
sfera, e Vergil ebbe un attimo di sgomento quando vide
il suo Pokemon. Dalla sfera era appena uscito un magnifico, minaccioso e
irruento Dragonite. Alto non meno di due metri, il
Pokemon Drago si librò in volo al di sopra dello specchio d’acqua,
davanti al suo allenatore, guardando Vergil con aria
si sfida.
Il ragazzo si riprese quasi
subito dal trauma, e il suo cervello dimenticò l’esistenza del
pubblico, della paura e dell’emozione. Per qualche motivo, la tensione
dell’incontro lo portò a uno stato di totale lucidità.
Lanciò la sua sfera.
Ed ecco, sulla piattaforma
galleggiante di fronte alla pedana apparve Golduck. Il
Pokemon aveva uno sguardo estremamente torvo, mostrando di non gradire la
presenza di un pubblico incitante e tanto numeroso, ma poi lo puntò
subito verso il Pokemon Drago, che volteggiava in aria cento metri più
avanti.
Il gong suonò di nuovo.
“Dragonite,
Tuononda!”
Il Pokemon Drago emise il suo
verso acuto, e scagliò un fulmine di colore azzurro in direzione di Golduck. La superficie dell’acqua si ricoprì
di scintille dello stesso colore.
“Golduck,
Riflesso!”
Golduck antepose le zampe palmate
davanti a sé, dando vita a una barriera d’energia semitrasparente
che respinse l’attacco al mittente. Dragonite
lo evitò senza difficoltà, eseguendo una virata da manuale.
“Attacco
d’ala!”
Dragonite schizzò come un jet a
pelo d’acqua verso Golduck, che lo evitò
per un soffio tuffandosi in acqua. Il Pokemon Drago però attaccò
a ripetizione, seguendo la strategia di Marcus, non appena Golduck
emergeva, non lasciandogli il tempo per respirare o per risalire sulla pedana. Vergil si trovò in difficoltà: doveva a tutti
i costi trovare il modo per guadagnare qualche prezioso secondo di stasi. Poi,
come fosse caduta dal cielo direttamente sul suo capo, trovò
l’illuminazione.
“Golduck,
presto, usa l’attacco Mulinello!”
Il Pokemon obbedì, e
immediatamente la superficie dell’acqua fu ricoperta di vortici schiumanti.
Dragonite parve confuso, ed era esattamente quello
che Vergil voleva che accadesse. In quel modo la
superficie dell’acqua si era increspata, rendendo impossibile a Dragonite vedere sul fondo e prevedere da dove sarebbe
emerso Golduck.
“Ora salta fuori
dall’acqua, sulla pedana dietro a Dragonite!”
Così fece, e con un balzo
spettacolare Golduck fu in superficie
all’asciutto. Ma non bastò: Dragonite,
per ordine del suo allenatore, aveva già caricato un attacco Iper Raggio. Come fosse stato al rallentatore, il potente
fascio di radiazioni colpì in pieno Golduck,
che fu nuovamente sbalzato in acqua, visibilmente provato per aver incassato un
attacco diretto.
Vergil cercò di ragionare.
Doveva assolutamente farlo emergere dall’acqua, o Dragonite
l’avrebbe avuto in pugno per tutto l’incontro, e un altro attacco
come quello avrebbe chiuso la partita. C’era solo una strategia da
applicare, ed era anche la loro ultima speranza per vincere. Vergil si augurò che Golduck
desse fondo a tutte le sue capacità di scatto.
“Salta fuori
dall’acqua, ora!”
Golduck balzò dall’acqua
come un delfino, e subito Dragonite si gettò
su di lui, ma sia il Pokemon sia Vergil erano
preparati.
“Afferragli la coda e usa
Movimento Sismico!”
Un verso di sorpresa, e Dragonite si trovò faccia a terra sulla pedana
dall’altra parte del campo. Golduck era salito
su quella opposta.
“Bene, ora usa
l’attacco Grandine!”
La scena fu impressionante. Gli
occhi e la gemma di Golduck si illuminarono di una
fredda luce blu, e sopra il campo, a un paio di decine di metri
d’altezza, si addensarono nubi grigiastre. Seguendo il sinuoso movimento
delle zampe anteriori di Golduck, si alzò sul
campo una nebbia perlacea e gelida, fatta di una miriade di cristalliti di
ghiaccio.
“Adesso usa Bora!”
Con una zampa Golduck
controllò la nebbia e, come un direttore d’orchestra che dia un nuovo
attacco a un’altra parte del
coro, diede un ampio movimento circolare alla seconda, scatenando un forte
vento gelido lungo tutto il campo. Dragonite si
trovò nel mezzo di quella tempesta di ghiaccio, sballottato qua e
là come una foglia secca, coperto di una brina ghiacciata e
completamente in balìa di Golduck.
“E adesso … concludi
con un Geloraggio!”
Golduck spalancò le zampe
all’improvviso, la gemma sul suo capo divenne di un azzurro chiarissimo,
quasi insostenibile allo sguardo, e subito un violento raggio dello stesso
colore eruttò dalla stessa, gelando l’acqua che incontrava lungo
il suo cammino e schiantandosi con la violenza di un aereo che precipita contro
Dragonite, che ne venne investito in pieno.
Le nuvole si dissolsero, la
nebbia si diradò. Sulla piattaforma di fronte alla pedana di Marcus,
decisamente fuori combattimento, si trovava Dragonite,
disteso su di essa in modo scomposto. Il tabellone dei punteggi si accese, e
l’arbitro prese la parola alzando le bandierine regolamentari.
“Dragonite
non è più in grado di proseguire l’incontro. Golduck è il vincitore, e Vergil
da Borgo Foglianova passa alle semifinali!”
Lo stadio esplose. Grida di
giubilo – e qualche fischio – si alzarono dagli spalti, assordando
tutti ma soprattutto Golduck, che risalì sulla
pedana di Vergil decisamente irritato. Si
fermò di fronte al ragazzo, che gli sorrise con complicità. Un
analogo sorriso comparve sul muso del Pokemon, raro come il diamante e caldo
come il sole d’estate. Ecco – si disse Vergil:
quello era il motivo per cui il suo legame con Golduck
era indissolubile, intimo, profondo, e pochi altri sarebbero riusciti a capirlo.
Non c’era bisogno di lunghi discorsi, di pianti, di abbracci o
manifestazioni di gioia incontrollata. A loro bastava uno sguardo.
Ma sulla pedana c’era
qualcun altro. Spostando lo sguardo, Vergil vide Adam sorridergli radiosamente e che – con il suo
solito fare cordiale – gli strinse calorosamente la mano. Poco più
indietro, quasi volesse un po’ eclissarsi, Kiyo.
Splendeva di una bellezza composta, lunare nel suo lungo e semplice abito
bianco, ma sorrideva anch’essa. Si avvicinò, posò una mano
sulla spalla di Golduck – che incredibilmente
accettò il fatto senza riserve – e prese la mano di Vergil.
“Non vorrai che dia
spettacolo davanti a tutti” – disse il ragazzo in tono divertito. Kiyo rise.
“Certo che no”
– rispose – “Certo che no”.
Tenendolo per mano, con Adam e Golduck a seguirli,
uscirono dallo stadio, verso l’anticipo di tramonto che si profilava
all’orizzonte, verso una serena notte di riposo, verso le tranquille
emozioni che un po’ di quotidianità poteva regalare.
*
Allora,
cosa ne dite? Molti sostengono che il mio amico Adam
sia stato particolarmente bravo nel mettere per iscritto gli avvenimenti di
qualche anno fa. A dirla tutta, a me sembra che sia un po’ troppo
sensazionalistico … cosa volete farci, è un tipo emotivo.
Se
vi chiedete che fine ha fatto, sappiate che si trova a Olivinopoli
per specializzarsi in Farmacia. Ne avrà ancora per qualche mese, ma mi
ha fatto sapere – con qualche tonnellata di lettere – che non vede
l’ora di rivederci e di tornare nella sua cara Smeraldopoli.
Inoltre, continua a farmi sapere che ogni allenatore che passi per la
città e lo riconosca lo tempesta di domande, poiché è grande amico del campione della
lega di Johto – Kanto.
Sapete com’è fatto, non sa dire di no, e quindi probabilmente ogni
neo-allenatore della regione saprà tutto di me, dalla mia squadra al mio
numero di scarpe. Se Golduck sapesse che mezzo mondo
lo conosce, potrebbe, ehm … indispettirsi.
Kiyo, dite? Beh,
diciamo che non la vedo più da un pezzo. Per la precisione, da circa
quindici minuti, ovvero da quando mi ha piantato in asso di fronte alla
palestra di Fucsiapoli per tornare al Centro Pokemon
perché doveva recuperare la borsa con le Pokeball.
Effettivamente, dovendo sostenere l’incontro fondamentale con la capopalestra Nina, programmato da una settimana, dopo una
sessione di allenamento che ha sfiancato anche me, direi che dimenticarsi
nientemeno che i Pokemon sia un fatto trascurabile. Ah, quant’è
sbadata.
Devo
ammettere però che finora non se l’è cavata male, ha
raggranellato una vittoria dopo l’altra, qui a Kanto.
Le mancano solo due medaglie! È proprio tosta.
Il
mese scorso siamo passati per Biancavilla,
così da incontrare il professor Oak, che ci ha
accolto con cordialità: non pensavo che fosse così alla mano.
È stato divertente, soprattutto perché un Muk
decisamente amorevole gli si gettava contro – atterrandolo – ogni
cinque minuti, in una dirompente manifestazione d’affetto. Sembrava ben
allenato, chissà se fosse del professore o di qualcuno che
gliel’avesse lasciato in custodia.
Ad
ogni modo, Kiyo è rimasta estasiata dal
paesino, dai suoi giardini ben curati, dalle villette in stile classico e dal
fiumicello che l’attraversa. Quando ce ne siamo andati, sembrava
sull’orlo delle lacrime. Oh, non diteglielo, ma sono in trattativa per
prendere casa proprio lì. Mi auguro che la sorpresa le faccia piacere.
Ah, ma eccola che arriva.
Sì, è lei, nessuno corre in modo tanto trafelato e in preda
all’agitazione. Ecco, ha recuperato le Pokeball.
Cari lettori, l’incontro comincia tra pochi minuti, e io sono costretto a
salutarvi. Ovviamente vi saluterò subito Kiyo
e, quando tornerà, Adam. Buon proseguimento, e
non mollate!
Fine