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Autore: Yahohel    03/09/2013    4 recensioni
Il Dottore mangia larve velenose ed è costretto a tornare bambino per ventiquattr'ore. Sarà compito di Rose prendersi cura di lui.
“Buona fortuna Rose” disse il Dottore mentre cominciava a illuminarsi “Da quello che mi ricordo, ero un bambino piuttosto pestifero” sorrise, mentre l’intero Tardis veniva invaso di luce e la ragazza fu costretta a chiudere gli occhi.
[baby!Doctor][Rose/Ten]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Secondo Capitolo

 

La cosa bella del Tardis, a detta di Rose, era che aveva la cucina. Una cucina super accessoriata e fornita di tutto, a dire il vero, e per questo era diventata la sua stanza preferita. Certo, il guardaroba aveva il suo fascino, ma dopo aver viaggiato su e giù per lo spazio, su pianeti folli e in tempi strani, a volte sentiva il bisogno di mangiare qualcosa di semplicemente terrestre.

Per questo, varcata la porta, lasciò il piccolo ad ammirare la grandezza del locale e si diresse subito alla dispensa, controllandone il contenuto. Non si stupì di trovarla piena come al solito. Il Tardis era come una specie di gigantesca Stanza Delle Necessità, a quanto pareva, quindi Rose non era più di tanto sorpresa di trovare anche prodotti deperibili come latte, uova e frutta. Non si era mai chiesta il perché, c’erano e basta, tutte le volte in cui ne aveva bisogno.

“Allora John, cosa vorresti mangiare?” fece voltandosi verso di lui con un sorriso.

“Patatine! No, banane! Sì, mi piacciono le banane!” rispose il Dottore concitato.

La ragazza rise notando come il bambino assomigliasse sempre di più alla sua versione adulta.

“Ok, e che banane siano!” concordò “Come le vuoi? Naturali? O ti va di cimentarti in qualche ricetta un po’ più complicata?” lo provocò “Con questa cucina sarebbe uno spreco mangiare frutta semplice”.

“Mi piacciono le cose complicate” Sì, era identico al Dottore.

“Allora mettiamoci al lavoro!” rispose lei, tirando fuori da un armadio due grembiuli e due enormi cappelli da chef. Se dovevano cucinare bisognava farlo con stile!

“Cosa ti andrebbe di cucinare?” gli chiese dopo averlo bardato di tutto punto. Era tutto troppo grande per lui e nell’insieme era parecchio buffo ma si trattenne dal ridere ricordandosi di quanto fosse permaloso anche nella sua versione ringiovanita.

“Banane!” ripeté sicuro.

“Sì, ma ci sono tanti dolci che si possono fare con le banane” spiegò pazientemente mentre si sistemava il grembiule. Si era dimenticata di avere ancora addosso il cappello NY che avevano preso a Footlocker; lo posò sul bancone e lo sostituì con quello da chef.

“Ci sono torte alla banana, banane split, macedonie di banane, frullati” elencò prima di farsi pensierosa “Un mio amico va matto per i dolcetti alla banana, ad esempio. Potremmo prepararli, che ne dici? Scommetto ti piaceranno” propose con un sorriso.

Presi gli ingredienti dalla dispensa non ci volle molto prima che si ritrovassero coperti di farina e uova, il bancone sporco e niente che assomigliasse anche solo vagamente ad un dolcetto alla banana.

Sarà stata l’incapacità del Dottore nel seguire la ricetta – era convinto che il procedimento fosse sbagliato e si ostinava a raddoppiare le dosi di zucchero e burro – o la sua totale inesperienza con i bambini, fatto sta che nella cucina sembrava essere appena esplosa una bomba.

“Stop, stop, stop!” fece a un certo punto Rose. Gestire un bambino di sette anni era più complicato di quanto pensasse.

“Qui bisogna andare con ordine” disse al piccolo che si era immobilizzato con le manine immerse  nella pasta e qualche sbuffo di farina sul naso.

“Prima di tutto” immerse un dito nell’impasto e lo assaggiò. Era tremendo. “qualcuno ha avvelenato i nostri dolcetti” inventò.

John spalancò gli occhi spaventato. “Ma tu li hai appena mangiati!”

“Oh, non sono velenosi per ora, ma una volta cotti potrebbero distruggerci” rispose cercando di restare seria “perciò, dobbiamo buttare tutto” fece una finta faccia contrita “e riprepararli, stando bene attenti a cosa ci mettiamo dentro. Se siamo concentrati, nessuno riuscirà ad avvicinarsi di nuovo per avvelenarli”.

Il bambino annuì serio. “Nessuno si avvicinerà”

Rose sorrise e si diede da fare per ripulire le varie ciotole sporche mettendole in ammollo nel lavandino.

Dando un’occhiata alla ricetta per sicurezza, cominciò ad impartire ordini. “Tu comincia a preparare l’impasto, io taglierò le banane” Doveva tenerlo d’occhio  e farlo giocare con coltelli affilati non era certamente il modo migliore. Non sapeva neanche dove fosse l’ospedale. C’era sicuramente anche quello nel Tardis, il problema era trovarlo.

“Amalgamare le uova con lo zucchero” mormorò concentratissimo il piccolo mentre mischiava con la frusta e pesava meticolosamente gli ingredienti. Si atteneva perfino alla ricetta originale, talmente attento all’impasto e a possibili sabotatori. Doveva aver preso seriamente a cuore il problema di un possibile avvelenamento.

Con una risatina Rose continuò il suo lavoro con le banane, le spolverò con la farina e le mise nell’impasto del bambino.

In men che non si dica il preparato era pronto nei pirottini – quelli blu, come voleva John – e Rose lo aveva messo in forno.

“Bene!” esclamò “180° per 15 minuti e poi potremo strafogarci di muffin!” si voltò a guardarlo con un sorriso, notando che stava osservando un post-it attaccato allo sportello del frigorifero.

Si avvicinò curiosa. Lei e il Dottore ultimamente si lasciavano spesso bigliettini sparsi qua e là e la cosa, se all’inizio l’aveva sorpresa, ora le lasciava soltanto una piacevole sensazione di familiarità, come se avessero instaurato una specie di routine.
“Abitudine” e “Dottore” di solito non andavano d’accordo, è vero – lei stessa rifiutava tutto ciò che potesse arrivare a diventare scontato o ripetitivo – ma quando viaggiavano di notte e lei si svegliava senza trovarlo come al solito ad armeggiare al motore del Tardis, un post-it attaccato alla console le restituiva quella sicurezza perduta.
Anche se c’era scritto, come qualche giorno prima:

Siamo su Roxacoricofallapatorius, mi hanno chiamato per partecipare ad un convegno e potrei morire. Torna a dormire.

Il biglietto sul frigo era piuttosto scemo, in realtà, niente possibili morti precoci o altro.

 

 Banane di proprietà del Dottore.

Sì, non sto scherzando Rose, sono contate, se ne manca anche solo una mi preparerai i dolcetti per una settimana.

Il Dottore

 

“Chi è il Dottore?” chiese voltandosi a guardarla.

“Oh, un mio amico” rispose lei, vaga “Viaggiamo insieme e, come te, va matto per le banane” concluse con un sorriso.

“E dov’è ora?” insisté l’altro “Ti ha lasciato da sola!”

La ragazza sospirò. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto rispondere a domande del genere, sperava solo  che quel momento arrivasse il più tardi possibile. Non sapeva ancora cosa dirgli, era un bimbo curioso e intelligente dopotutto, non si sarebbe accontentato di poche cose inventate al momento.

“Preparo un po’ di tè e ti racconto del Dottore, ti va?” temporeggiò.

Pochi minuti dopo erano seduti al bancone, con una tazza fumante tra le mani e una teglia di dolcetti alla banana ancora caldi davanti. Il bambino, nonostante la tentazione, non aveva alcuna intenzione di muoversi o mangiare nulla, finché lei non gli avesse dato le risposte che cercava.

Rose in quel momento detestava il Dottore. L’aveva lasciata senza alcuna indicazione, con un bambino intelligentissimo che tra pochi istanti l’avrebbe bombardata di domande. E lei non aveva la più pallida idea di cosa rispondere.

“Allora…” iniziò incerta “Cosa vuoi sapere?”

“Il Dottore” fece lui sicuro “chi è? Dov’è ora?”

Dallo sguardo determinato nei suoi occhi non sembrava minimamente avesse sette anni. Era lo sguardo di chi voleva qualcosa e l’avrebbe ottenuta che Rose era abituata a vedere negli occhi del suo Dottore e che poco si addiceva ad un bambino.

Nonostante tutto, la ragazza decise gli avrebbe detto la verità, esclusa la parte del suo ringiovanimento ovviamente. “È un mio amico, viaggiamo insieme” ripeté. Era la stessa frase che propinava a tutti quelli che le chiedevano chi fosse quello strano tipo con la cabina blu insieme a lei.

Era ovvio che questa risposta non sarebbe stata abbastanza per John.

“Adesso non so dov’è, mi ha solo lasciato un biglietto dicendomi che tornava presto. Domani dovrebbe essere qui” fece con un mezzo sorriso. Dopotutto non era una bugia, il Dottore sarebbe tornato grande in ventiquattr’ore. O almeno, così le aveva detto.

“Viaggiate insieme? Come?”

“Con il Tardis. Ci sei dentro, in realtà. Ha tantissime stanze, neanche il Dottore le conosce tutte” rispose, già aspettandosi la prossima domanda. Che sapesse o meno, pensò, non era un problema: Il Tardis aveva chiuso le porte e bloccato i comandi e in poche ore John sarebbe tornato grande.

“Cos’è il Tardis?” domandò infatti l’altro incuriosito. Almeno aveva perso l’atteggiamento da “voglio sapere cosa sta succedendo”, ritornando ad avere l’aria di un semplice bambino di sette anni.

Rose inspirò, pronta a sganciare la bomba “È una nave spaziale. Spazio-temporale, in realtà” si corresse, osservando gli occhi di John diventare grandi come piattini. Se conosceva il Dottore almeno un pochino, di lì a poco sarebbe stata investita di domande. Ma dopotutto non poteva dire di trovarsi in una nave spaziale ad un bambino di sette anni, umano o alieno che fosse, e sperare di cavarsela con poco.

Prese un dolcetto e sospirò. Sarebbe stata una lunga chiacchierata.

*

Un vassoio di muffin alla banana dopo, il Dottore si ritené soddisfatto da più o meno tutte le sue curiosità, smettendo di fare domande. Al momento era immobile con lo sguardo perso nel fondo della sua tazza, probabilmente intento ad assimilare tutto ciò che aveva scoperto nell’ultima mezz’ora. Ed era davvero tanto.

Rose gli aveva raccontato tutto, cercando di semplificarlo per farglielo capire, ma John non sembrava avere bisogno di chiarimenti ed esempi facilitati per comprendere ciò che la ragazza si scervellava per spiegargli.

Gli aveva raccontato del Tardis, del Dottore, di come lo avesse conosciuto e dei posti meravigliosi in cui l’aveva portata, tutte cose inconcepibili per chiunque, figurarsi un bambino. Lei stessa si fermava molto spesso a pensare quanto fosse strano in realtà ciò che per lei ora era normale. C’era da uscirne pazzi.

John, invece, era stato ad ascoltare, serio, cercando di capire e sorprendendola con domande sagaci a cui lei spesso non era stata in grado di rispondere e che l’avevano messa in difficoltà.

L’unica cosa che non era riuscita a spiegargli era cosa ci facesse lui lì, in vestiti troppo grandi e senza alcun ricordo di sé, ma non era stato difficile fingere una confusione che in realtà c’era – per motivi diversi – e fargli credere di non saperne nulla.

Il bambino a quel punto era rimasto zitto più a lungo, probabilmente nel tentativo di ricordare. La sua memoria, dopotutto, non era andata persa, era solo sepolta ma ogni tanto piccoli dettagli trapelavano. La passione per le banane, ad esempio, o anche solo il fatto di aver scelto l’outfit del sé stesso adulto.

Ciò che la sua mente gli nascondeva, probabilmente, erano le informazioni di base sulla sua identità e sulla sua provenienza e tutti i ricordi ad essi collegati. Quello che sapeva di sé riemergeva come fatto puro e semplice, senza riferimenti ad episodi passati.

La sua ignoranza era anche un bene, considerando che era l’ultimo Signore del Tempo. Sarebbe stato difficile spiegargli perché non sentiva il collegamento con gli altri e tutto il resto. Avrebbe dovuto parlare di una guerra di cui sapeva molto poco ad un ragazzino. Era infinitamente meglio che non lo sapesse e, di conseguenza, non cercasse alcunché nella sua mente.

Ad ogni modo, che  gli abitanti di Gallifrey fossero curiosi per natura o lo fosse solo il Dottore, Rose era stata sottoposta al più lungo e inflessibile interrogatorio della sua vita. E lei era cresciuta con Jackie.

Era stato difficile, non perché lei non sapesse mentire – era diventata una campionessa da quando viaggiava con il Dottore – ma perché non aveva mai raccontato frottole al Signore del Tempo e non voleva cominciare ora, anche se era un bambino. Riusciva sempre a capire quando mentiva e quando diceva la verità, quindi prima o poi si sarebbe reso conto che non le aveva detto tutto ciò che sapeva.

Si sarebbe goduta il momento, fino a quando John non avesse scoperto chi era. Magari non lo avrebbe  mai capito, si sarebbe ritrasformato  nel Dottore prima. O forse già lo sapeva.

Non era importante.

“Allora, cosa ti va di fare adesso?” Rose ruppe il silenzio che andava avanti già da parecchi minuti.

Il bimbo alzò lo sguardo perdendo l’aria assorta e aprendosi in un sorriso “Hai detto che il Tardis ha tante stanze” disse, lasciando la frase come sospesa.

Cosa-? Oh.

La ragazza sorrise “Andiamo ad esplorare!”.


Note dell'Autrice:


C
iao a tutti! Eccomi qui, di nuovo puntale, con il Secondo Capitolo. Non ho molto da dire, se non che probabilmente il prossimo aggiornamento scalerà di una settimana. Non ho pronto il Terzo Capitolo come speravo (ho solo scritto un centinaio di parole, in effetti) e questa settimana avrò ben poco tempo per scrivere, come già vi avevo anticipato. Spero che questo ritardo rimanga isolato ma non posso comunque assicurarvi che non si ripeta, dato che la scuola per me ricomincia il 12... è possibile che gli aggiornamenti slittino a una volta ogni due settimane, non lo so, dipende dal tempo che avrò per scrivere. Vi farò sapere! Spero comunque che questi ritardi non vi facciano perdere l'interesse per la storia, e che abbiate comunque voglia di lasciarmi un commento, lo apprezzerei molto :)

Al prossimo aggiornamento!

Baci,



L.

   
 
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