Secondo
Capitolo
La cosa bella del Tardis, a detta di
Rose, era che aveva la
cucina. Una cucina super accessoriata e fornita di tutto, a dire il
vero, e per
questo era diventata la sua stanza preferita. Certo, il guardaroba
aveva il suo
fascino, ma dopo aver viaggiato su e giù per lo spazio, su
pianeti folli e in
tempi strani, a volte sentiva il bisogno di mangiare qualcosa di
semplicemente terrestre.
Per questo, varcata la porta,
lasciò il piccolo ad ammirare
la grandezza del locale e si diresse subito alla dispensa,
controllandone il
contenuto. Non si stupì di trovarla piena come al solito. Il
Tardis era come
una specie di gigantesca Stanza Delle
Necessità, a quanto pareva, quindi Rose non era
più di tanto sorpresa di trovare
anche prodotti deperibili come latte, uova e frutta. Non si era mai
chiesta il
perché, c’erano e basta, tutte le volte in cui ne
aveva bisogno.
“Allora John, cosa vorresti
mangiare?” fece voltandosi verso
di lui con un sorriso.
“Patatine! No, banane!
Sì, mi piacciono le banane!” rispose
il Dottore concitato.
La ragazza rise notando come il
bambino assomigliasse sempre
di più alla sua versione adulta.
“Ok, e che banane
siano!” concordò “Come le vuoi?
Naturali?
O ti va di cimentarti in qualche ricetta un po’
più complicata?” lo provocò
“Con questa cucina sarebbe uno spreco mangiare frutta
semplice”.
“Mi piacciono le cose
complicate” Sì, era identico
al Dottore.
“Allora mettiamoci al
lavoro!” rispose lei, tirando fuori da
un armadio due grembiuli e due enormi cappelli da chef. Se dovevano
cucinare
bisognava farlo con stile!
“Cosa ti andrebbe di
cucinare?” gli chiese dopo averlo
bardato di tutto punto. Era tutto troppo grande per lui e
nell’insieme era
parecchio buffo ma si trattenne dal ridere ricordandosi di quanto fosse
permaloso anche nella sua versione ringiovanita.
“Banane!”
ripeté sicuro.
“Sì, ma ci sono
tanti dolci che si possono fare con le
banane” spiegò pazientemente mentre si sistemava
il grembiule. Si era
dimenticata di avere ancora addosso il cappello NY che avevano preso a Footlocker; lo posò sul
bancone e lo
sostituì con quello da chef.
“Ci sono torte alla banana,
banane split, macedonie di
banane, frullati” elencò prima di farsi pensierosa
“Un mio amico va matto per i
dolcetti alla banana, ad esempio. Potremmo prepararli, che ne dici?
Scommetto
ti piaceranno” propose con un sorriso.
Presi gli ingredienti dalla dispensa
non ci volle molto
prima che si ritrovassero coperti di farina e uova, il bancone sporco e
niente
che assomigliasse anche solo vagamente ad un dolcetto alla banana.
Sarà stata
l’incapacità del Dottore nel seguire la ricetta
–
era convinto che il procedimento fosse sbagliato e si ostinava a
raddoppiare le
dosi di zucchero e burro – o la sua totale inesperienza con i
bambini, fatto
sta che nella cucina sembrava essere appena esplosa una bomba.
“Stop, stop,
stop!” fece a un certo punto Rose. Gestire un
bambino di sette anni era più complicato di quanto pensasse.
“Qui bisogna andare con
ordine” disse al piccolo che si era
immobilizzato con le manine immerse
nella pasta e qualche sbuffo di farina sul naso.
“Prima di tutto”
immerse un dito nell’impasto e lo assaggiò.
Era tremendo. “qualcuno ha avvelenato i nostri
dolcetti” inventò.
John spalancò gli occhi
spaventato. “Ma tu li hai appena mangiati!”
“Oh, non sono velenosi per
ora, ma una volta cotti
potrebbero distruggerci” rispose cercando di restare seria
“perciò, dobbiamo
buttare tutto” fece una finta faccia contrita “e
riprepararli, stando bene
attenti a cosa ci mettiamo dentro.
Se
siamo concentrati, nessuno riuscirà ad avvicinarsi di nuovo
per avvelenarli”.
Il bambino annuì serio.
“Nessuno si avvicinerà”
Rose sorrise e si diede da fare per
ripulire le varie
ciotole sporche mettendole in ammollo nel lavandino.
Dando un’occhiata alla
ricetta per sicurezza, cominciò ad
impartire ordini. “Tu comincia a preparare
l’impasto, io taglierò le banane” Doveva
tenerlo d’occhio e
farlo giocare con
coltelli affilati non era certamente il modo migliore. Non sapeva
neanche dove fosse
l’ospedale. C’era sicuramente
anche quello nel Tardis, il
problema era trovarlo.
“Amalgamare
le uova
con lo zucchero” mormorò
concentratissimo il piccolo mentre mischiava con
la frusta e pesava meticolosamente gli ingredienti. Si atteneva perfino
alla
ricetta originale, talmente attento all’impasto e a possibili
sabotatori.
Doveva aver preso seriamente a cuore il problema di un possibile
avvelenamento.
Con una risatina Rose
continuò il suo lavoro con le banane,
le spolverò con la farina e le mise nell’impasto
del bambino.
In men che non si dica il preparato
era pronto nei pirottini
– quelli blu, come voleva John – e Rose lo aveva
messo in forno.
“Bene!”
esclamò “180° per 15 minuti e poi potremo
strafogarci di muffin!” si voltò a guardarlo con
un sorriso, notando che stava
osservando un post-it attaccato allo sportello del frigorifero.
Si avvicinò curiosa. Lei e
il Dottore ultimamente si
lasciavano spesso bigliettini sparsi qua e là e la cosa, se
all’inizio l’aveva
sorpresa, ora le lasciava soltanto una piacevole sensazione di
familiarità,
come se avessero instaurato una specie di routine.
“Abitudine” e “Dottore” di
solito non andavano d’accordo, è vero –
lei stessa
rifiutava tutto ciò che potesse arrivare a diventare
scontato o ripetitivo – ma
quando viaggiavano di notte e lei si svegliava senza trovarlo come al
solito ad
armeggiare al motore del Tardis, un post-it attaccato alla console le
restituiva quella sicurezza perduta.
Anche se c’era scritto, come qualche giorno prima:
Siamo su
Roxacoricofallapatorius,
mi hanno chiamato per partecipare ad un convegno e potrei morire. Torna
a
dormire.
Il biglietto sul frigo era piuttosto
scemo, in realtà,
niente possibili morti precoci o altro.
Banane
di proprietà del Dottore.
Sì,
non sto scherzando
Rose, sono contate, se ne manca anche solo una mi preparerai i dolcetti
per una
settimana.
Il Dottore
“Chi è il
Dottore?” chiese voltandosi a guardarla.
“Oh, un mio
amico” rispose lei, vaga “Viaggiamo insieme e,
come te, va matto per le banane” concluse con un sorriso.
“E
dov’è ora?” insisté
l’altro “Ti ha lasciato da sola!”
La ragazza sospirò. Sapeva
che prima o poi avrebbe dovuto
rispondere a domande del genere, sperava solo
che quel momento arrivasse il più tardi
possibile. Non sapeva ancora cosa
dirgli, era un bimbo curioso e intelligente dopotutto, non si sarebbe
accontentato di poche cose inventate al momento.
“Preparo un po’
di tè e ti racconto del Dottore, ti va?”
temporeggiò.
Pochi minuti dopo erano seduti al
bancone, con una tazza
fumante tra le mani e una teglia di dolcetti alla banana ancora caldi
davanti.
Il bambino, nonostante la tentazione, non aveva alcuna intenzione di
muoversi o
mangiare nulla, finché lei non gli avesse dato le risposte
che cercava.
Rose in quel momento detestava il
Dottore. L’aveva lasciata
senza alcuna indicazione, con un bambino intelligentissimo che tra
pochi
istanti l’avrebbe bombardata di domande. E lei non aveva la
più pallida idea di
cosa rispondere.
“Allora…”
iniziò incerta “Cosa vuoi sapere?”
“Il Dottore” fece
lui sicuro “chi è? Dov’è
ora?”
Dallo sguardo determinato nei suoi
occhi non sembrava
minimamente avesse sette anni. Era lo sguardo di chi voleva qualcosa e
l’avrebbe ottenuta che Rose era abituata a vedere negli occhi
del suo Dottore e
che poco si addiceva ad un bambino.
Nonostante tutto, la ragazza decise
gli avrebbe detto la
verità, esclusa la parte del suo ringiovanimento ovviamente.
“È un mio amico,
viaggiamo insieme” ripeté. Era la stessa frase che
propinava a tutti quelli che
le chiedevano chi fosse quello strano tipo con la cabina blu insieme a
lei.
Era ovvio che questa risposta non
sarebbe stata abbastanza
per John.
“Adesso non so
dov’è, mi ha solo lasciato un biglietto
dicendomi che tornava presto. Domani dovrebbe essere qui”
fece con un mezzo sorriso.
Dopotutto non era una bugia, il Dottore sarebbe tornato grande in
ventiquattr’ore. O almeno, così le aveva detto.
“Viaggiate insieme?
Come?”
“Con il Tardis. Ci sei
dentro, in realtà. Ha tantissime
stanze, neanche il Dottore le conosce tutte” rispose,
già aspettandosi la
prossima domanda. Che sapesse o meno, pensò, non era un
problema: Il Tardis
aveva chiuso le porte e bloccato i comandi e in poche ore John sarebbe
tornato
grande.
“Cos’è
il Tardis?” domandò infatti l’altro
incuriosito.
Almeno aveva perso l’atteggiamento da “voglio
sapere cosa sta succedendo”, ritornando
ad avere l’aria di un semplice bambino di sette anni.
Rose inspirò, pronta a
sganciare la bomba “È una nave
spaziale. Spazio-temporale, in realtà” si
corresse, osservando gli occhi di John
diventare grandi come piattini. Se conosceva il Dottore almeno un
pochino, di
lì a poco sarebbe stata investita di domande. Ma dopotutto
non poteva dire di
trovarsi in una nave spaziale ad un bambino di sette anni, umano o
alieno che
fosse, e sperare di cavarsela con poco.
Prese un dolcetto e
sospirò. Sarebbe stata una lunga
chiacchierata.
*
Un vassoio di muffin alla banana
dopo, il Dottore si ritené
soddisfatto da più o meno tutte le sue curiosità,
smettendo di fare domande. Al
momento era immobile con lo sguardo perso nel fondo della sua tazza,
probabilmente intento ad assimilare tutto ciò che aveva
scoperto nell’ultima
mezz’ora. Ed era davvero tanto.
Rose gli aveva raccontato tutto,
cercando di semplificarlo
per farglielo capire, ma John non sembrava avere bisogno di chiarimenti
ed
esempi facilitati per comprendere ciò che la ragazza si
scervellava per
spiegargli.
Gli aveva raccontato del Tardis, del
Dottore, di come lo
avesse conosciuto e dei posti meravigliosi in cui l’aveva
portata, tutte cose
inconcepibili per chiunque, figurarsi un bambino. Lei stessa si fermava
molto
spesso a pensare quanto fosse strano in realtà
ciò che per lei ora era normale.
C’era da uscirne pazzi.
John, invece, era stato ad ascoltare,
serio, cercando di
capire e sorprendendola con domande sagaci a cui lei spesso non era
stata in
grado di rispondere e che l’avevano messa in
difficoltà.
L’unica cosa che non era
riuscita a spiegargli era cosa ci
facesse lui lì, in vestiti troppo grandi e senza alcun
ricordo di sé, ma non
era stato difficile fingere una confusione che in realtà
c’era – per motivi
diversi – e fargli credere di non saperne nulla.
Il bambino a quel punto era rimasto
zitto più a lungo,
probabilmente nel tentativo di ricordare. La sua memoria, dopotutto,
non era
andata persa, era solo sepolta ma ogni tanto piccoli dettagli
trapelavano. La
passione per le banane, ad esempio, o anche solo il fatto di aver
scelto
l’outfit del sé stesso adulto.
Ciò che la sua mente gli
nascondeva, probabilmente, erano le
informazioni di base sulla sua identità e sulla sua
provenienza e tutti i
ricordi ad essi collegati. Quello che sapeva di sé
riemergeva come fatto puro e
semplice, senza riferimenti ad episodi passati.
La sua ignoranza era anche un bene,
considerando che era l’ultimo
Signore del Tempo. Sarebbe stato difficile spiegargli perché
non sentiva il
collegamento con gli altri e tutto il resto. Avrebbe dovuto parlare di
una
guerra di cui sapeva molto poco ad un ragazzino. Era infinitamente
meglio che
non lo sapesse e, di conseguenza, non cercasse alcunché
nella sua mente.
Ad ogni modo, che
gli
abitanti di Gallifrey fossero curiosi per natura o lo fosse solo il
Dottore,
Rose era stata sottoposta al più lungo e inflessibile
interrogatorio della sua
vita. E lei era cresciuta con Jackie.
Era stato difficile, non
perché lei non sapesse mentire –
era diventata una campionessa da quando viaggiava con il Dottore
– ma perché
non aveva mai raccontato frottole al Signore del Tempo e non voleva
cominciare
ora, anche se era un bambino. Riusciva sempre a capire quando mentiva e
quando
diceva la verità, quindi prima o poi si sarebbe reso conto
che non le aveva
detto tutto ciò che sapeva.
Si sarebbe goduta il momento, fino a
quando John non avesse
scoperto chi era. Magari non lo avrebbe
mai capito, si sarebbe ritrasformato nel
Dottore prima. O forse già lo sapeva.
Non era importante.
“Allora, cosa ti va di fare
adesso?” Rose ruppe il silenzio
che andava avanti già da parecchi minuti.
Il bimbo alzò lo sguardo
perdendo l’aria assorta e aprendosi
in un sorriso “Hai detto che il Tardis ha tante
stanze” disse, lasciando la
frase come sospesa.
Cosa-? Oh.
La ragazza sorrise “Andiamo
ad esplorare!”.
Note dell'Autrice:
Ciao a tutti! Eccomi qui, di nuovo puntale, con il Secondo Capitolo. Non ho molto da dire, se non che probabilmente il prossimo aggiornamento scalerà di una settimana. Non ho pronto il Terzo Capitolo come speravo (ho solo scritto un centinaio di parole, in effetti) e questa settimana avrò ben poco tempo per scrivere, come già vi avevo anticipato. Spero che questo ritardo rimanga isolato ma non posso comunque assicurarvi che non si ripeta, dato che la scuola per me ricomincia il 12... è possibile che gli aggiornamenti slittino a una volta ogni due settimane, non lo so, dipende dal tempo che avrò per scrivere. Vi farò sapere! Spero comunque che questi ritardi non vi facciano perdere l'interesse per la storia, e che abbiate comunque voglia di lasciarmi un commento, lo apprezzerei molto :)
Al prossimo aggiornamento!
Baci,
L.