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Autore: Daisy Pearl    04/09/2013    6 recensioni
Finì di parlare e ansimò brevemente, come se avesse fatto una corsa infinita, lo sentii andare avanti e indietro e in qualche modo riuscii a immaginarmelo. Aveva un lungo abito bianco che si adagiava sul pavimento in pietra. La veste ondeggiava con eleganza e sembrava brillare di luce propria. Le lunghe ali erano spalancate sulle sue spalle, candide come il vestito e, a completarne la figura c’erano i classici boccoli oro che gli ricadevano sulle spalle con gentilezza. Potevo quasi vedere gli occhi azzurri come il cielo fissarmi attendendo che fossi in grado di alzarmi, in quel modo mi avrebbe potuta portare dove dovevo stare.
Mi avrebbe portata all’inferno.
- Questa è la storia di Mar e di Dave. Una storia di magia, tradimenti, colpi di scena, pazza, lucidità, amore. Bene e male si intrecciano in continuazione fondendosi in alcuni punti per poi separarsi. Il confine tra bianco e nero non è mai stato così invisibile.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gioco di...'
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CAPITOLO 3


Alex ci fissava preoccupato mentre con foga gli facevamo il resoconto del processo contro Alan Black.
Alex era il tutore di Dave, colui che si era preso cura di lui, insieme alla nonna del ragazzo, da sempre. Era inoltre il grande amore di Grace, la madre di Dave, colui che aveva raccontato a lei della maledizione e che le aveva promesso che suo figlio non avrebbe fatto la sua stessa fine, ovvero Dave non sarebbe morto se avesse avuto un figlio. La maledizione sembrava scongiurata dal momento che il libro che ne era la causa era andato distrutto, ma i ritrovati poteri di Alan ci facevano pensare che forse le cose non erano andate come pensavamo noi.
“E avete provato a vedere se i vostri poteri sono tornati?” chiese Alex con calma.
Dave scosse la testa. “Non  ne abbiamo avuto il tempo, appena finito il processo siamo tornati qui!”
“In realtà io ho provato i miei poteri!” dissi interrompendo la loro conversazione. Entrambi mi guardarono stupiti, non se lo aspettavano. “Ci ho provato ieri sera, ma non ha funzionato!” ammisi innocentemente.
Dave mi fulminò con lo sguardo prima di camminare a grandi passi verso di me.
“Cosa hai fatto?” il suo tono di voce era minaccioso, ma naturalmente io non mi lasciavo intimidire tanto facilmente.
“Ieri sera mi annoiavo e così, tanto per provare, ho tentato di usare le mie facoltà, non ha funzionato!”
Dave strinse la mascella. Sorrisi spavalda “Non è quello che avevi intenzione di fare anche tu?”
Alzò gli occhi al cielo senza nascondere la propria rabbia “Avrei voluto farlo oggi, dopo ciò che è successo e solo per vedere se avevamo armi da usare contro Alan! Non avrei mai pensato di farlo ieri!”
“Quindi tu credi che se provassi i miei poteri oggi forse le cose cambierebbero?” mi illuminai “Potrebbero funzionare?”
Lui mi prese saldamente per le spalle. “Ma sei impazzita? Non è una cosa per cui gioire!” era terribilmente serio.
Mi allontanai da lui con uno strattone. “Non dovrei essere felice se avessimo una possibilità di contrastare Alan prima che ci uccida tutti?” non capivo dove volesse arrivare.
“Tu hai provato ad usare le tue facoltà IERI! Questo vuol dire che a te non importa nulla di Alan e di tutto il resto, ti importa solo del potere!”
Ecco qual’era il punto: il grande moralista era tornato semplicemente perché disapprovava quello che avevo fatto.
“Ti sbagli. Mi stavo solo annoiando, per questo l’ho fatto!”
Dave mi diede le spalle e si avvicinò ad Alex. Sospirò cercando di calmarsi.
“Provateli su di me!” disse Alex improvvisamente.
“Cosa?” Dave era incredulo.
“Le vostre facoltà, così non farete del male a nessuno!” precisò l’uomo.
“Le nostre capacità non  hanno mai fatto male a nessuno!” sibilai. Dave si voltò nuovamente verso di me.
“Secondo te privare una persona del proprio libero arbitrio non è qualcosa di male?” alzò la voce man mano proseguiva lungo la frase.
Alzai le spalle. “Non abbiamo mai costretto nessuno a saltare giù da un ponte o a sparare a qualcunaltro, abbiamo solo preso per loro delle piccole decisioni insignificanti!”
“INSIGNIFICANTI?” Dave sgranò gli occhi incredulo, comprensibile dato che doveva fare il moralista. “E ti sembra insignificante privare Emily della sua personalità?”
Naturalmente si riferiva a quando avevo automatizzato Emily. Nel libro ‘Gioco di sguardi’ erano contenute diverse informazioni su come effettuare diversi tipi di soggezione. Una delle poche che avevo avuto la fortuna di leggere era quella sull’automazione, una pratica che si basava sulla fiducia che la vittima riponeva nella persona che l’avrebbe dovuta automatizzare, in quel caso in me. Avevo portato Emily a fidarsi di me ciecamente e poi l’avevo privata completamente della sua volontà, sostituendola con la mia. Era come se lei fosse stata un burattino e io il suo burattinaio. Potevo vedere il mondo attraverso i suoi occhi, potevo farle fare qualsiasi cosa volessi, questo prima che Dave la risvegliasse con i suoi occhi verdi. Era bastato un suo sguardo e lei era tornata ad essere la ragazza di sempre, senza alcun ricordo di ciò che era accaduto.
“Anche tu influenzavi le scelte delle persone!” lo accusai mantenendo la calma.
“Ma lo facevo a fin di bene!”
Ecco un’altra piccola differenza tra le mie facoltà e quelle di Dave. Io avevo aperto la parte nera del libro, quella ‘malvagia’, quindi potevo far prendere scelte solo dettate dal mio egoismo. A differenza mia Dave invece riusciva a far prendere scelte dettate dall’altruismo.
“E’ comunque una privazione del diritto di scegliere!” ribattei.
“Sei insopportabile quando inizi a fare così!” sbottò.
“Io SONO così!”
“Tu sei molto meglio di così!” parve calmarsi.
“Sei tu che vuoi credere che io non sia così. Lo vuoi talmente tanto da esserti innamorato di un miraggio! Tu non ami  me, ma l’idea della ragazza nella quale vuoi trasformarmi!” sibilai cercando di trattenere la rabbia.
Lo vidi stringere la mascella. Lo avevo colpito, lo sapevo che il suo fragile cuore avrebbe preso a sanguinare. Le mie parole erano taglienti e, soprattutto, lui non si aspettava che tirassi in ballo i suoi sentimenti per me.
“Basta ragazzi!” intervenne Alex spazientito “ Abbiamo problemi molto più gravi dei vostri battibecchi! Alan non aspetta altro che vendicarsi di noi, quindi dobbiamo agire, forza! Provate su di me i poteri!” cercò di essere più convincente.
“Io non proverò nulla su di te!” urlò Dave in preda ad un’ira che non era in grado di controllare.
“Bene!” dissi sorridendo mentre mi avvicinavo ad Alex.
“Mar non lo fare!” mi ammonì Dave, intuendo le mie intenzioni.
Ma era troppo tardi. I miei occhi avevano gli catturato quelli verdi di Alex.
Egli provava incertezza, un pizzico di rabbia e preoccupazione, molta preoccupazione.
Mi concentrai su quelle sensazioni, ma improvvisamente non seppi più cosa dovevo fare. Cercai di ricordare cosa avevo fatto la sera prima, ma non mi sembrava di aver davvero provato a soggiogare quel ragazzo. Il mio era stato un tentativo non completo, per quello non aveva funzionato. L’unica differenza era che la sera prima non me ne ero accorta, probabilmente a causa dell’alcool che avevo in circolo. In quel momento ero consapevole di non riuscire a ricordarmi cosa dovessi fare esattamente.
“Mar NO!” stava, intanto ordinando Dave.
“Non ci riesco!” sussurri ignorandolo.
Alex mi guardò perplesso.
“Questo vuol dire che i poteri non sono tornati!” disse con rammarico.
“No! I poteri potrebbero anche essere tornati, ma io non riesco a ricordarmi come utilizzavo le mie facoltà!” mi costava ammetterlo, ma era sempre meglio che essere impotenti.
Alex si fece pensieroso, mentre Dave mi fissava incredulo di fronte a quello che stavo per fare.
“Stavi per convincerlo a prendere una scelta imposta da te!” mi accusò “Come hai potuto?”
“Non l’ho fatto!” risposi tranquillamente mentre lui stringeva i pugni.
“Ma lo stavi per fare!”
“Ma. Non. L’ho. Fatto.” Ribadii gelida, fissandolo dritto negli occhi.
“E’ ovvio che tu non abbia memoria di ciò che facevi per soggiogare le persone!” esclamò improvvisamente Alex, del tutto estraneo alla conversazione tra me e Dave.
Aggrottai le sopracciglia in attesa che si spiegasse.
“Mar! Tu e gli altri ragazzi ai quali Alan ha insegnato la sua ‘arte’ non possedevate alcuna facoltà paranormale. Eravate dei normalissimi ragazzi ai quali è stato insegnato qualcosa. Tuttavia la vostra memoria su ciò che imparavate si è conservata perché il potere fonte di quelle conoscenze esisteva ed era contenuto nel libro. Quando il potere è andato distrutto nessuno di voi poteva continuare a conservare il ricordo perché, semplicemente, è come se gli insegnamenti di Alan non fossero mai esistiti. A questo serviva la distruzione del libro, a rendere possibile il libero arbitrio da parte delle persone, in modo che non ci fossero interferenze esterne. Che senso avrebbe avuto, quindi, se uno di voi avesse ricordato la procedura per soggiogare? Il libero arbitrio sarebbe venuto meno e la distruzione del  potere sarebbe stata inutile!”
“Ciò che dici può avere anche senso, ma com’è possibile che non mi ricordi nemmeno quello che ho letto nel libro?” obiettai.
Ciò che Alex diceva era vero. Io avevo iniziato come discepola di Alan, non avevo poteri, ma inseguito avevo trovato e aperto il libro nero di Alan e così metà del potere ‘nero’ si era trasferito in me.
“A maggior ragione non puoi ricordare nulla dei libri, essi non esistono più. E anche se ti ricordassi qualcosa, i procedimenti non avrebbero più effetto perché il potere non esiste più! Sarebbe come saper pilotare un aereo, ma non avere il mezzo in questione a disposizione!”
“E’ vero! Nemmeno io riesco a ricordare nulla!” constatò Dave leggermente sorpreso.
“Resta da capire come ha fatto Alan a recuperare i poteri!” dissi più a me stessa che agli altri.
“Siete sicuri che abbia soggiogato tutti in quella stanza?” si informò Alex.
“Non ci vedevano, non vedo altra spiegazione!” rispose Dave.
“Era come se un muro invisibile ci separasse da loro!” puntualizzai.
“Un muro con una finestra, dal momento che solo Alan poteva vedervi!” precisò Alex.
Annuii. “Che altra spiegazione ci potrebbe essere?”
“Non ne ho idea!” ammise Alex “Tutto farebbe pensare alle sue facoltà, quello che mi lascia perplesso è come mai, alla fine dell’udienza, tutti siano stati in grado di vedervi!”
“Forse Alex ha ordinato loro di non notarci fino a quel certo istante!” ipotizzai.
“Ma dovrebbe averlo ordinato loro prima, mentre li soggiogava, ma il soggiogamento non funziona così!”
“Che intendi dire?” chiese Dave.
“Io mi baso su ciò che mi avete raccontato voi di quello che facevate. Da quanto ho capito voi potete influire su una scelta tramite il contatto visivo, una volta interrotto, non è possibile mantenere un’ulteriore tipo di controllo!”
“In via generale è così, ma i libri fornivano modi alternativi per mantenere il controllo più a lungo!” precisai.
“Come l’ipnosi o l’automazione!” Alex annuì mentre lo diceva “Ma tale sapere è andato perso. Alan non può ricordarselo perché se così fosse vorrebbe dire che il libro non è andato distrutto e anche voi due vi ricordereste ciò che c’era scritto su di esso.”
Annuii non trovando pecche nel suo discorso.
“Quindi torniamo al punto di partenza: come ha fatto a soggiogare tutte quelle persone?” concluse.
“Forse ha una memoria migliore della nostra!” ipotizzai, tirando ad indovinare.
Fu Dave a scuotere la testa negativamente. “Senza il potere, la memoria gli sarebbe inutile. È l’esempio dell’aereo che faceva prima Alex!”
Lo ignorai. “Alex credi che non abbia soggiogato quelle persone?” domandai.
“Credo che qualsiasi cosa abbia fatto quell’uomo, è qualcosa che né io, né voi abbiamo mai visto prima!”
A tali parole rabbrividii. Già era terribile l’idea di Alan a piede libero, ma Alan a piede libero più pericoloso di prima era qualcosa di terrorizzante.
Sei così debole.
La vocina fastidiosa dei miei pensieri mi fece innervosire. Io non ero debole dannazione. Mi feci forza. Se non ero debole non dovevo avere paura di Alan Black e di quello che stava tramando.
“Non dobbiamo preoccuparci!” dissi convinta “L’abbiamo sconfitto una volta e in quell’occasione io non avevo poteri. Posso rifarlo!”
Alex scosse la testa. “Non sappiamo nemmeno con cosa abbiamo a che fare!”
La disperazione malcelata nella sua voce mi fece salire il nervoso. “Non starò qui ad aspettare che lui mi uccida solo per il gusto di farlo. Lo combatterò, con o senza il vostro aiuto!” sbottai.
“Io sono con te!” asserì Dave incontrando i miei occhi. Le sue parole mi diedero un senso di sicurezza, anche se sapevo di non aver bisogno di lui per difendermi.
Debole.
Strinsi i pugni, cercando di allontanare quella vocina fastidiosa.
Esatto. Non avevo bisogno di lui per difendermi, potevo distruggere Alan da sola.
“Ma io non sono con te! Non lavoro in squadra!” sibilai. A grandi passi mi diressi verso la porta senza voltarmi indietro a salutare. Nell’atrio della casa Dave mi si parò davanti. Aveva il fiatone a causa della piccola corsa che aveva fatto per precedermi. I suoi occhi si persero nei miei e dovetti fare appello a tutta la mia forza di volontà per non coprire con un breve passo la distanza che ci separava. Non avevo bisogno della sua presenza eppure le sue labbra erano così invitanti, morbide e belle. La mia era lussuria, niente di più, non era bisogno di sentirmi al sicuro tra le sue braccia.
Debole.
Quella stupida vocina mi fece capire quanto poco fosso brava a mentire anche a me stessa. Io volevo che lui si prendesse cura di me, non perchè io non fossi in grado di farlo, ma semplicemente perché la cosa mi avrebbe fatta stare bene. Mi stavo rammollendo e non potevo permettermelo. Feci un passo indietro e lo fissai con aria di sfida. Dentro di me esisteva ancora la Mar di una volta, quella forte e spavalda e io avrei fatto di tutto per ritirarla fuori.
“Avevi ragione!” iniziò con sguardo triste. Improvvisamente sorrisi trionfante, adoravo quelle parole, ma sicuramente non mi aspettavo ciò che disse dopo. “ Io mi sono innamorato della ragazza che tu potresti essere. Vedo che dentro di te c’è la possibilità di essere altro, hai un cuore puro, sei solo cresciuta con le idee sbagliate. Tu hai le potenzialità per essere la donna che amo e che sempre amerò, ma ora quella donna non esiste. Sei solo un involucro vuoto, corrotto dalla rabbia, dall’odio e dal desiderio di potenza.” Sbattei gli occhi incredula di fronte alle sue parole. Mi stava dando ragione eppure non mi sentivo meglio. La vecchia Mar, quella vera, sarebbe stata felice e soddisfatta, solo perché lui stava ammettendo di avere torto. Io invece sentivo uno strano peso a livello dello stomaco. Indossai la mia solita maschera di impassibilità.
Si avvicinò ulteriormente a me e poi continuò.
“Io non so che farmene di un involucro, a me interessa cosa c’è qui dentro. “
Mi toccò lo sterno, proprio in corrispondenza del cuore. Alzai lo sguardo incontrando i suoi meravigliosi occhi verdi lucidi. Le lacrime minacciavano di uscire, ma pregai che ciò non accadesse. Odiavo qualunque persona che piangesse, era un gesto inutile, vuoto. Bisognava lottare nella vita, non piangersi addosso. Eppure se era lui a piangere in me si risvegliava un senso impotenza e di terrore, non di fastidio. Non volevo che piangesse perché non era giusto che lo facesse, non lui. Lui era uno schianto con un sorriso, non con le lacrime che gli solcavano copiose sulle guance.
“E tu per il momento non hai nulla qui dentro. Non sarebbe giusto continuare a vederti nella speranza che tu possa diventare ciò che non sei. Forse un giorno sarai la persona che io vedo in te, ma quel giorno non è oggi!”
Scossi la testa. Improvvisamente non capivo. “Avevi detto che non ti importava se io non provavo dei sentimenti!” constatai.
“Il problema ora non sono i tuoi sentimenti, ma ciò che io provo per te. Prima mi sono reso conto che tutto ciò non è reale. Come ti ho detto io sono innamorato di una delle tante persone che tu potresti essere, ma non di quella che sei ora. Non amo la persona spietata che avrebbe soggiogato l’unico uomo che considero parte della mia famiglia, non amo la donna con quella scintilla di meschinità negli occhi. Non amo il tuo sorriso malefico, quello che fai sempre quando hai in mente qualcosa che io non approverei, non amo la tua faccia tosta, non amo nulla del tuo involucro!”
Lo fissai sbigottita. Non poteva dire sul serio. Lui mi amava, com’era giusto che fosse. L’altruista Dave doveva innamorarsi della ragazza da redimere, tutti i bravi ragazzi si innamorano della ragazza sbagliata cercando di cambiarla. Prima di quel momento tutto si stava svolgendo da copione. Forse la sera prima ero rimasta sconvolta dalla cosa, ma da quando lui aveva detto che non gli importava di essere ricambiato le cose erano cambiate. Fino a cinque minuti prima, nonostante tutti i problemi, ero convinta che la nostra relazione avrebbe ripreso il suo normale corso e invece lui stava distruggendo tutto. Come riusciva sempre a rovinare tutto?
“Stai scherzando vero?” gli domandai alzando il sopracciglio. Raccolse col dorso dell’indice una lacrima che aveva preso a solcargli il viso e mi si strinse il cuore: era serissimo.
“Non mi piace il tuo sorriso se non è animato da buone intenzioni. Odio i tuoi occhi se non mostrano emozioni, come in questo momento!”
Era consolante che la mia maschera di indifferenza stesse funzionando.
Altra bugia, non era consolante. La situazione faceva schifo ugualmente.
“Detesto il tuo corpo perché sembra quello di una prostituta!”
Senza nemmeno accorgermene gli tirai un sonoro schiaffo sulla faccia. Sapevo che non lo pensava davvero, ma aveva scelto appositamente la parola ‘prostituta’ per ferirmi, dato che mia madre, prima di vendermi ad Alan,  faceva proprio il mestiere più antico del mondo. Dave sapeva quanto odiavo essere paragonata  a lei.
Dave rimase un attimo immobile, col viso piegato da una parte a causa dello schiaffo che gli avevo tirato, poi si raddrizzò e io suoi occhi incontrarono i miei. Io ero tremante di rabbia e stavo per esplodere, ma mi costrinsi a mantenere la parvenza di disinteresse.
“Detesto il tuo corpo perché tu lo usi per compiacere te stessa, invece che per condividere l’amore in tutte le sue sfumature con me. Per te il sesso è qualcosa di carnale, per me è qualcosa di perfetto che corona il rapporto d’amore che vorrei avere con te, rapporto che tuttavia non ho!”
Strinsi la mascella. Gli occhi mi pizzicavano, ma non avrei permesso nemmeno ad una lacrima di varcare le mie ciglia. Io ero forte e non avevo bisogno di lui.
Mi guardò stupito e leggermente fuori di se per la rabbia e la frustrazione represse.“Non hai nulla da dire?”
“E come potrei? Hai già detto tutto!”
Scosse la testa sconsolato. Probabilmente aveva sperato in una reazione memorabile da parte mia. Forse voleva che io gli dichiarassi il mio amore gettandomi a terra e piangendo come una qualunque dodicenne al suo primo amore. Non potevo saperlo.
“Sembra che tu non comprenda!” disse amaramente, mentre invece io avevo compreso benissimo “Tra noi è finita!” sussurrò con voce rotta. Abbassò lo sguardo per nascondermi altre lacrime.
Mantenni la mia maschera. “Sarebbe finita se almeno fosse cominciata Dave!” mi ritrovai a sorridere. Avevo risposto bene, sicuramente non da debole. Era comunque una piccola vittoria.
Lui alzò lo sguardo e si soffermò sul mio sorriso.
“Bene! Se tra di noi c’era solo sesso allora te la metto in questo modo!” urlò avvicinandosi minacciosamente la mio viso “Niente. Più. Sesso. Forse così capirai cosa intendevo dire quando ho detto che tra di noi era finita!”
Mi voleva fare del male. Dave non aveva mai voluto ferire qualcuno eppure con me pareva farlo. Non era da lui. Qualcosa dentro di me si ruppe. Gli lanciai un’ultima occhiata di sbieco, stando attenta a non far trapelare quella sensazione di dolore che si estendeva dal centro del mio petto fino alle estremità del mio corpo. Sapevo che per me non era mai stato solo sesso, era qualcosa di più. Non frequentavo altri, non mi interessavano altri, eppure lui sembrava non sene fosse reso conto. Forse era un bene. Da fuori sembravo ancora la vecchia Mar, quella cinica, quella forte.
Oltrepassai la porta senza degnarlo di uno sguardo. Mossi parecchi passi faticosamente, una volta uscita da casa sua e improvvisamente capì qual’era la fonte del mio dolore: mi si era spezzato il cuore.
Nonostante il turbinio di emozioni che mi rendevano ancora più confusa di quanto già fossi riuscii a non versare nemmeno una lacrima.
Mi sedetti su una panchina incapace di muovere un ulteriore passo, le gambe erano diventate pesanti e non sapevo dove fossi, semplicemente per strada non avevo fatto caso a quali svolte prendessi. Mi limitai solamente a sedermi per cercare di porre ordine nella mia testa.
Alan a piede libero era già un grosso problema senza che le parole di Dave offuscassero la mia capacità di ragionare lucidamente.
Mi persi nei miei pensieri senza prestare attenzione a ciò che mi circondava, mi isolai dal resto del mondo. Rividi gli occhi di quel deficiente di Dave pieni di lacrime. Risentii le sue parole dure. Voleva ferirmi. Questo voleva dire che nonostante tutto ero importante, altrimenti non avrebbe voluto farlo, ma allo stesso tempo se Dave voleva farmi sanguinare dentro voleva dire che una parte di sé mi odiava come non aveva odiato mai in vita sua.
Effettivamente non credevo, fino a quel momento, che Dave potesse provare una qualsiasi sfumatura dell’odio. Forse solo la rabbia che provava nei confronti del padre si avvicinava a tale sensazione.
Eppure mi odiava perché non mi poteva amare, non ero la ragazza che voleva lui, tutto qui. Nulla di più semplice, nulla di più complesso. Non mi dava fastidio che non mi amasse, dopotutto l’amore indeboliva l’animo umano e io non volevo che lui lo provasse nei miei confronti. Segretamente temevo di esserne contagiata, come se l’amore fosse una malattia. Pensavo che se lui mi amava, col tempo anche io avrei potuto amare lui, a era assurdo perché io non sapevo amare, per fortuna.
Qual’era quindi il problema?
Il vero dilemma stava nella mia testa. Per la prima volta non riuscivo a capire cosa stavo provando. Ero sempre stata una ragazza razionale, ogni mia azione era dettata da un progetto più grande, da un obiettivo. Quindi non riuscire a fare chiarezza sulle ragioni per le quali mi sentivo così tormentata mi tormentava ancora di più.
Ero talmente tanto confusa che avrei voluto spegnere il cervello, mentre in realtà l’unica cosa che riuscivo a fare era formulare pensieri incoerenti cercando di spiegare me stessa a me.
Tutta colpa di Dave. Tutta colpa della mia debolezza.
Dopo aver sconfitto Alan senza usare alcun tipo di facoltà paranormale mi ero convinta di potere tutto, che la mia forza interiore mi bastava. Credevo di essere invincibile perché la mia volontà lo era, non mi sarei mai fermata, ogni volta che mi sarei prefissata un obiettivo lo avrei raggiunto. Tutto ciò mi faceva sentire onnipotente, perché anche se non avevo facoltà ero un gradino sopra gli altri.
In quel momento di confusione invece avrei voluto solo spegnere tutte le sensazioni per sentirmi di nuovo onnipotente. Peccato che non potessi. La forza veniva da me e dalla mia volontà, ero io ad essere forte non avevo bisogno di alcuna facoltà.
Mi strinsi la testa tra le mani e chiusi gli occhi. Di nuovo formulavo pensieri contrastanti. Era così frustrante.
“Ciao!” una vocina sottile interruppe i miei pensieri sconclusionati, riaprii le palpebre e mi trovai dinnanzi ad una piccola bimba bionda che mi sorrideva.
Feci un leggero cenno col capo, ansiosa che mi lasciasse tornare alla mia solitudine.
La bimba piegò la testa di lato e mi guardò accigliata.
“Sembri triste!” constatò innocentemente.
“Non lo sono!” sbottai, sperando che se ne andasse.
“Hai gli occhi lucidi!”
“E’ il vento!”
“Anche la mamma a volte dice che il vento fa venire gli occhi lucidi!”
“E la mamma non ti dice di non parlare con gli scnosciuti?” quasi le ringhiai contro. La bambina indietreggiò d un passo, am poi si bloccò.
“Sì, ma tu non sembri cattiva!”
Ghignai senza gioia. “E non ti ha insegnato che le apparenze ingannano?”
Scosse la testa riavvicinandosi a me.
“Quindi sei cattiva?” mi domandò con curiosità.
“Se te ne vai subito potrei anche non esserlo!” volevo essere lasciata in pace.
“Tanto lo so che non sei cattiva, la signorina laggiù mi ha detto che sei gentile!”
Non alzai lo sguardo per vedere chi indicasse, non mi interessava nulla della ‘signorina laggiù’.
Incontrai gli occhi della bimba. Quanto sarebbe stato facile mandarla via con i miei poteri. Sospirai alzandomi in piedi.
“Aspetta dove vai?” mentre muovevo qualche passo lontano da lì mi seguì.
“Ma non hai una famiglia da importunare con la tua presenza?” ribattei  seccata.
“Sì, la mia mamma è laggiù, vicino all’altalena!” alzai lo sguardo e vidi una signora di mezz’età. Solo allora mi resi conto di essermi seduta sulla panchina di un parco giochi. Ero talemente presa dai miei pensieri da essermi estraniata da tutto il resto del mondo. Improvvisamente i suoi e i colori presero forma. Le urla felici dei bambini giunsero alle mie orecchie quasi prepotentemente, tanto che ne rimasi sconvolta. Come avevo fatto a chiudermi così tanto in me stessa? Dovevo essere davvero sconvolta.
“Allora torna da lei!”
“Non posso!”
Alzai un sopracciglio incredula. “E perché non potresti?”
“Perché la signorina laggiù mi ha detto che mi avresti insegnato un gioco!”
Rivolsi uno sguardo al parco giochi, ma nel luogo che la bimba indicava come ‘laggiù’ c’erano almeno una decina di persone.
“Ti ha mentito, non ho nessun gioco da insegnarti!”
Mossi ancora qualche passo e la bimba puntualmente mi inseguì.
“Ma me l’ha assicurato!” la sua vocina era rotta, sapevo che stava per piangere, ma la cosa non mi importava.
“Mentiva! Vedi che succede a fidarsi degli sconosciuti?”
“Mi ha detto che era un bel gioco!”
“Prova a fartelo insegnare da qualcun altro!” sbottai ormai al limite della mia pazienza.
“Mi ha detto che lo conosci solo tu!”
Sbuffai. Che assurdità. Quella bambina poteva inventarsi una scusa migliore per importunare le persone.
“E che gioco sarebbe?”
“Il gioco degli sguardi!”
Mi bloccai sul posto e mi voltai lentamente verso la bambina.
“Cos’hai detto?”



Allora prima di tutto vorrei chiedervi scusa. Questo capitolo non mi convince, non è esattamente come l'avrei voluto. Ho tentato di modificarlo, ma non mi è riuscito comunque. Mi dispiace quindi di postare qualcosa di cui, francamente nemmeno io vado fiera, ma avevo promesso che avrei postato mercoledì e oggi è mercoledì!
Cercherò in seguito di migliorarlo, ma portate pazienza. E' un anno che non scrivo e forse ci ho perso un po' la mano!

Piccolo appunto sulle parole in maiuscolo: lo so che è come urlare, ma è proprio questo il mio intento, far capire in maniera immediata al lettore che il personaggio sta URLANDO. Ve lo dico perchè spesso viene ritenuto fastidioso, infatti avevo smesso di utilizzare questo metodo, ma di recente mi sono ritrovata a rileggere Harry Potter e ho notato che anche la Rowling ne fa uso, quindi non lo considero sbagliato! ;)

Infine volevo ringraziare di cuore Shadodust e Clare97 che hanno recensito tutti i capitoli che ho scritto finora! Grazie davvero di cuore! Inoltre graie a chi segue e preferisce la storia!! :)

Daisy Ps. questa è la mia pagina dove informo degli aggiornamenti e metto qualche spoiler. https://www.facebook.com/pages/Non-ho-parole/116255365194270?ref=hl
   
 
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