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Autore: I Fiori del Male    04/09/2013    4 recensioni
L'istante di consapevolezza, lo squarcio nell'oscurità degli incubi, nel quale Katniss capisce. Il momento in cui compie l'ultima scelta rimasta.
Scrivo questa One-Shot dopo aver letto tutti e tre i libri, ispirata dalle ultime frasi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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THE HUNGER GAMES
LA PROMESSA DI UNA VITA CHE CONTINUA
 
“ la notte in cui provo di nuovo quella sensazione, la fame che mi aveva assalita sulla spiaggia ...”
 
Fuoco. C’è fuoco dappertutto. Mi volto a destra, a sinistra. Davanti e dietro di me. Nient’altro che fiamme. Una lingua di fuoco appare d’un tratto più nitida di altre e vedo attraverso essa Prim bruciare. Un dolore lancinante mi pervade, e vorrei che fosse questo fuoco, vorrei che mi stesse scavando la carne, ma so che ciò che soffro viene dal cuore. È la sua vita a essersi spenta, non la mia, e lo trovo ingiusto, crudele, più crudele di qualsiasi edizione degli Hunger Games a cui abbia mai assistito.

Il fuoco si estingue d’improvviso e mi ritrovo al centro del Prato. Raccolgo cumuli di cenere a mani nude, e per quanto sembri assurdo so che attraverso esse mi parlano tutti coloro che sono morti a causa mia. Lux. Cato. Cinna. Boggs. Finnick. Madge. Mags. Tributi di ogni generazione. Gente innocente e indifesa di fronte alla mia stupidità. Se solo avessi scelto di sacrificare la mia vita all’inizio, tutto questo non sarebbe mai accaduto. Tutti loro sarebbero ancora vivi. Il figlio di Annie avrebbe un padre, un meraviglioso padre, e Madge, forse, avrebbe sposato Gale. So che avrebbe saputo renderlo felice, quello che era solo un sospetto col tempo è diventato una certezza e si è riaffermato nella sua morte.

La cenere viene sostituita da petali di rose bianche e rosse. Ci metto un po’, per capire che i petali rossi sono zuppi di sangue.

L’odore penetrante del presidente Snow mi fa vomitare, e si mescola con la fragranza più discreta della Coin, peggiorando le cose. Alzo lo sguardo e mi rendo conto che il sangue viene dalla gola tagliata di Seneca Crane. Indietreggio alla sua vista, incespico e cado a terra, schiacciando qualcosa coi palmi delle mani: morsi della notte, che macchiano il pavimento candido di porpora. Ne seguo la pista e mi ritrovo a vegliare il cadavere di Faccia di Volpe. Ho giusto il tempo di vederla, che apre la bocca esangue, lo sguardo fisso su di me, mormorando – ti meriti tutto questo – che le cose si fanno confuse e al suo posto, ricoperta di fiori, c’è Rue. Ha una mano tesa nell’erba a stringerne un’altra, candida come la neve. Un gemito sonoro mi sale dalle viscere, lungo la gola, per sfogarsi infine nel vuoto, quando riesco a vedere che la mano che stringe è quella della mia sorellina. – Canti per noi? – chiedono all’unisono, e le mie ginocchia cedono.

Torno lentamente alla realtà solo quando le ghiandaie imitatrici emettono l’ultima nota dell’albero degli impiccati.

 
- Katniss ... – la voce rassicurante di Peeta mi chiama. Alzo lo sguardo e lo vedo, chino su di me. Sono seduta sulla sedia a dondolo e lui è in ginocchio, mi stringe le mani e mi fissa. Mi perdo nell’azzurro pacifico dei suoi occhi, che spegne all’istante le fiamme, donando sollievo al mio cuore. – Ciao – dico soltanto, e mi sforzo di cacciar fuori un sorriso, ma rinuncio quando mi accorgo che le labbra non vogliono collaborare.

- un altro brutto sogno? – chiede lui. Annuisco, trattenendomi dallo specificare che non si tratta di un vero e proprio sogno, visto che non ho dormito. Piuttosto è stata una fuga involontaria dalla realtà, simile a quelle di Annie. Solo che a me non basta premere le mani sulle orecchie per uscirne.

Peeta mi avvolge le spalle con un braccio, mentre l’altro mi artiglia le ginocchia. Così mi prende in braccio e mi deposita sul divano, sedendosi affianco a me. – è colpa mia, se Prim è morta. Vero o Falso, Peeta? –

- Falso – risponde lui. Non so quante volte gli ho fatto questa domanda eppure continua a rispondere senza scomporsi come se ogni volta fosse la prima. Il senso di colpa mi assale, ripensando a quando era lui quello che aveva bisogno di rassicurazioni, mentre io non facevo altro che allontanarlo, incolpandolo di cose al di fuori del suo controllo.

Peeta allarga le braccia, invitandomi a rifugiarmici dentro, e io non esito un secondo di più. Il suo petto è ampio, e forte come le braccia che mi stringono. Il mio orecchio è proprio sul suo cuore. Sentirne il battito costante è rassicurante, la sua vita è una certezza in più cui aggrapparsi, per me, in questo mare di dubbi e di incubi. La sua mano scivola tra i miei capelli, accarezzandoli. Chiudo gli occhi, questo è l’unico modo in cui riesco a non avere paura del buio che mi circonda all’abbassarsi delle palpebre.

Ad un tratto qualcosa cambia. L’aria attorno a noi sembra vibrare, prendere vita. Peeta mi sfiora una guancia con le dita. Riapro gli occhi, scoprendomi a pochi centimetri dal suo viso, rendendomi conto della necessità di colmare quella distanza. Le nostre labbra si incontrano, e io compio un altro viaggio.

Torno a quella notte, alla spiaggia insidiosa dell’arena, e all’improvviso ho fame. Una fame bruciante e inestinguibile, che nulla ha a che fare col cibo. Eccolo di nuovo, quel bacio che me ne fa desiderare un altro.

E lo ottengo, e quando ne voglio un altro ancora, Peeta non esita a soddisfare la mia richiesta. Mi trattiene con una mano dietro la nuca, ma non servirebbe comunque, perché le mie mani hanno trovato il suo volto e si sono aggrappate ad esso con forza, per non lasciarlo andare. Una sua mano scivola lungo la mia schiena, sotto la maglia. Rabbrividisco quando le sue dita incontrano le cicatrici, perché sembrano risanarle tutte, una per una. Ci vuole poco perché quelle stesse dita arrivino al mio seno. Altri brividi. Inarco la schiena, spingendomi contro le sue mani, e alla ricerca di qualcosa che mi sazi anche io pretendo di sentire il calore della sua pelle. Gli sfilo la maglia e lui fa lo stesso con me. Lo guardo e mi viene da piangere, a vedere il suo corpo straziato dalle fiamme perché so che la colpa non è altri che mia. Quelle lingue di fuoco sono di questa ragazza, sono ciò che resta della Katniss di un tempo, inciso sulle nostre pelli, nei nostri cuori, e fa male, come fa male nelle mie narici il profumo di aneto, cannella, nocciole. Il profumo del ragazzo del pane che mi ha sempre amata, malgrado tutto. Il profumo di quel triste giorno di pioggia in cui ho compreso di dovergli la vita. Bacio ogni cicatrice. Vorrei essere in grado di curarle con l’amore, ma dei due è solo lui quello conosciuto per la sua bontà. Non ci riesco, posso fare solo questo. Sembra bastargli, perché ricambia rinfrescando con le sue labbra ciò che rimane delle ferite sul collo, tra le clavicole, sul seno. Il divano non ci basta più e finiamo a terra.

Pausa.

Vogliamo davvero farlo? Io ne ho tutta l’intenzione. Ci ho messo un tempo irragionevolmente infinito, ma alla fine lo so.

 
So che tutto questo sarebbe accaduto comunque.

Che quello di cui ho bisogno non è il fuoco di Gale, acceso di odio e di rabbia, ho abbastanza fuoco di mio.

Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera, il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione, la promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito, di una vita che può essere ancora bella.

E solo Peeta è in grado di darmi questo.


 
E voglio che lo faccia, così ci lasciamo andare, e quando lo sento dentro di me è come balsamo per le mie ferite, quelle dell’anima. Come trovare l’incastro perfetto per ogni frammento del puzzle. Per l’ennesima volta, mi tende la mano, strappandomi alle fiamme.
 
Così, quando sussurra – Tu mi ami. Vero o falso? – io gli rispondo

- Vero -

 
 
 Ciao a tutti :) Eccomi con una nuova One Shot, solo che stavolta i libri li ho letti tutti e tre. Non so se vi siete sentiti come me, nel leggere le ultime parole del libro (prima dell’epilogo). Io so solo che mi hanno lasciato qualcosa dentro. So che hanno vibrato dentro di me, facendomi spuntare le lacrime agli occhi. Per questo ho deciso di riutilizzarle, aggiungendo un contesto più preciso. Dedico questa One Shot a tutti i fan di Hunger Games.

Una rosa di Versailles

 
   
 
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