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Autore: Yoan Seiyryu    05/09/2013    4 recensioni
Sleeping/Hook
Solo il bacio del vero amore può risvegliare Aurora dal sonno eterno, ma non sarà Filippo a salvarla dalla maledizione. Dunque che valore può avere un bacio dissimile da quello più potente di tutti?
Hook dimostrerà alla Bella addormentata che non sempre la magia è la risposta, a volte le persone sono legate da un filo sottile che prescinde dai propri desideri. Entrambi si ritroveranno ad affrontare un'avventura comune, riscoprendo loro stessi e ciò che il Destino ha in serbo per loro.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aurora, Filippo, Killian Jones/Capitan Uncino, Mulan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Just don't give up 
I am working it out 
Please don't give in 
I won't let you down 
It messed me up 
Need a second to breath 
Just keep coming around
***





IX. Confessioni





Aurora non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte. Oltre al timore di affrontare ancora i sogni della maledizione, c’era qualcosa che non riusciva a spiegarsi.
Kayley aveva parlato di Excalibur, una spada a cui Filippo aveva accennato quando le raccontò alcuni particolari del suo regno. Sembrava che ormai non vi fosse nulla da fare, il principe avrebbe dovuto ricostruire le terre di suo padre cercando di riunirle insieme agli abitanti che ne facevano parte.
Non sarebbe stato facile iniziare da capo, sapeva solo che avrebbe dovuto aiutarlo. Kayley aveva anche accennato ad un guerriero che era in compagnia di Filippo, ma che non si era tolto l’elmo per tutto il tempo, come se avesse preferito nascondere la sua identità.
Era preoccupata per le sorti del suo innamorato, ora che aveva la certezza che stesse bene, non poteva non riflettere sulla possibilità che potesse incontrare Malefica ed essere sconfitto.
Aveva fiducia in lui, ma il timore a volte andava sempre oltre.
Inoltre c’era una questione irrisolta che le premeva risolvere in modo imminente. Cos’è che Killian Jones andava cercando? Non gliel’aveva mai riferito ed in realtà non si era mai posta il problema, visto che erano diretti verso la stessa meta.
Aprì lentamente gli occhi, osservando il fuoco che scoppiettava al centro del piccolo accampamento che avevano ordinato per quella notte. Kayley e Garret dormivano, altre strane creature notturne non vi erano.
Rimase sdraiata sul fianco, cercando di capire dove fosse finito Hook. Se ne era andato? Non riusciva a vederlo  da nessuna parte.
Si mise subito in piedi, cercando di fare il minimo rumore possibile. Congiunse le mani e poi si strinse nelle spalle, l’umidità era salita a dismisura, tanto da farla rabbrividire.
Si allontanò lentamente dal fuoco, dirigendosi dove credeva di poter trovare il suo compagno di viaggio. Si inoltrò verso la macchia boschiva che conduceva con sé le ombre nere degli alberi che ondeggiavano davanti agli occhi di Aurora.
Forse non sarebbe stata una buona idea, ma non poteva fare altro. Di tanto in tanto guardava in alto, alla ricerca di un punto di riferimento, ma non ve ne era alcuno che potesse aiutarla

“Non ti avevo detto che è pericoloso per una principessa attraversare la Foresta Proibita?” la sua voce calda risalì alle orecchie di Aurora, che non seppe dove voltarsi per incontrarla.

“Lo è anche fidarsi di un pirata” aggiunse, arrendendosi nel non riuscire a vederlo.

“Impari in fretta” sussurrò prima di scivolare giù dal ramo di un albero per ricadere a terra con un ginocchio piegato per accusare l’impatto. Si rialzò ripulendosi il soprabito.

Aurora si voltò per poterlo finalmente guardare, condusse le mani dietro la schiena, sospingendosi in avanti con il viso per poterlo vedere meglio in quel buio fitto che si eliminava di poco con il chiarore della luna piena.

“Come mai eri qui?” gli chiese.

Sorrise, per nulla infastidito.
“Eri preoccupata che me ne fossi andato via…” si passò la lingua sulle labbra, divertito dalla situazione “se anche fosse stata questa la mia intenzione, che differenza ci sarebbe stata?” si strinse nelle spalle “Non hai chiesto la mia compagnia per qualche particolare motivo, se non per avere qualcuno che ti guidasse nella Foresta”.

Aurora aggrottò le sopracciglia, prima di incrociare le braccia al petto.
“Sai bene che non è solo per questo. Ti dimentichi troppo spesso che hai spezzato l’incantesimo del sonno”.

Hook alzò gli occhi al cielo e per quanto possibile lei riuscì a notarlo.
“Insomma, ancora con questa storia?” scosse la testa in segno di diniego “Smettila di sognare ad occhi aperti, non ti condurrà da nessuna parte” le rinfacciò.

Per un attimo Aurora non seppe cosa rispondere, si sentì incalzare in un modo che nessuno aveva mai provato a fare con lei. Ma ormai era abituata, Hook aveva spesso quel comportamento irascibile.
Preferì non continuare quel discorso, doveva avere delle risposte ai suoi dubbi.

“C’è qualcosa che mi hai nascosto fin dall’inizio” strinse gli occhi a due fessure, per indagare meglio l’espressione di lui troppo adombrata per poterla decifrare davvero “Malefica ha una cosa a cui tu sei molto interessato. Di che si tratta?”

Domanda che non aveva bisogno di una risposta, ma solo di una conferma precisa. Hook non riuscì però ad accontentarla e si limitò a voltarsi dall’altra parte.

“Non ti compete conoscere certe cose, solo perché abbiamo seguito la stessa strada non vuol dire che dobbiamo condividere tutti i nostri desideri”.






 


 
Killian si guardò intorno alla ricerca di suo padre. Erano quasi due ore ormai che lo stava aspettando, davanti alla porta di casa.
La notte prima era uscito per terminare alcune questioni, gli aveva detto di farsi trovare all’alba pronto per partire.
Il sole era sorto e il piccolo Killian iniziava a stancarsi di rimanere fermo senza fare nulla. Aveva consegnato tutti i soldi che aveva a suo padre, fidandosi ciecamente dei suoi propositi.
Una volta lasciate quelle terre sicuramente sarebbe stato tutto più facile, avrebbero ricominciato da capo. Killian ne era certo, soprattutto perché aveva promesso a sua madre che se la sarebbero cavata.
Tre ore. Quattro. Cinque. Sei.
Suo padre non arrivò e tutti i passanti iniziarono ad assumere le sue sembianze. Di tanto in tanto Killian si alzava dagli scalini davanti casa per poter chiamare uno tra quelli che credeva fosse suo padre ed ogni volta era costretto a riabbassarsi, desolato per l’errore.
Ma continuava ad avere fede, sicuramente doveva esserci stato un inconveniente. Quando trascorse anche la settima ora, Killian aveva ormai le gambe indolenzite e non sapeva più cosa pensare. Avvertiva formicolii alle braccia e alle mani, il nervosismo iniziava a risalire ma non poteva credere al peggio.
Aveva immaginato tutto, tranne che tornasse da lui qualcuno che non fosse affatto suo padre. Due uomini alti e robusti, dalle spalle larghe e gli occhi piccoli, si fermarono proprio davanti la porta.
Killian alzò gli occhi, ergendosi in piedi con titubanza.
“Sei tu Killian Jones, figlio di Dwigth?” gli domandarono.
Annuì con un certo timore, incrociando le braccia al petto con fare provocatorio.
“Magnifico” disse uno di loro prima di afferrarlo per un braccio e trascinarlo lontano dalla porta di casa.
“Ah! Che state facendo? Lasciatemi andare!” iniziò a gridare mentre anche l’altro lo teneva stretto, sollevandolo da terra perché non tentasse di scappare.
“Mi dispiace ragazzino, tuo padre questa volta l’ha combinata grossa” dissero senza tante cerimonie, strattonandolo davanti a tutti quelli che si fermarono a guardare, richiamati dalle strida di lui.
Chiese loro spiegazioni, ma non sembravano convinti di volergliene dare. Arrivò persino a mordere la mano dell’aguzzino, per riuscire a scappare, ma gli tirarono un pugno nello stomaco per farlo smettere di agitarsi.
“State mentendo” continuava a dire in un mormorio confuso “io e mio padre saremmo dovuti partire questa mattina per lasciare questo stupido, stupido posto!”.
L’uomo dalla barba più incolta scoppiò a ridere, poi si fermò all’improvviso, agguantandolo per le spalle.
“Tuo padre ti ha abbandonato, è scappato ieri sera con la coda tra le gambe. Aveva un debito con il nostro capo e senza dire niente a nessuno voleva andarsene da qui. Ieri sera lo abbiamo colto con le mani nel sacco, mentre cercava di uscire dalla città come un ladro, quale in effetti è. Fin dall’inizio sapeva che se non ci avesse restituito il denaro, saremmo venuti a prendere te per ricattarlo. Ti ha lasciato qui, ragazzino, perché subissi tu le punizioni per le sue colpe”.
Killian udì ogni singola parola con il sangue che iniziò a ribollirgli nelle vene. Suo padre l’aveva lasciato da solo, alla mercé di strozzini e tagliagole? Solo per tenersi stretta la vita.
Strinse i pugni minacciosamente per poi cercare in ogni modo di ribellarsi.
“Bugiardo, bugiardo, bugiardo! Io ho sempre creduto in lui, come ha potuto abbandonarmi?” le lacrime scivolarono lungo le guance copiosamente e con disperazione.
Lo fermarono di nuovo, questa volta caricandoselo sulle spalle perché fosse meno fastidioso da trascinare e per andare più in fretta dal capo di cui parlavano.
“Io ti odio, io ti odierò sempre” sussurrò Killian battendo i pugni sulla spalla dell’uomo dalla lunga barba.
Tutti conoscevano la verità, tutti sapevano che tipo di uomo fosse suo padre. Lui no, lui era il figlio devoto di un padre totalmente senza cuore.
Continuava a lottare per sciogliere quella presa così forte e decisa, nemmeno le urla aquiline fermarono i passanti che non badavano a quello che stava accadendo.
Eppure quello non fu un giorno così maledetto come sembrava essere, anzi, qualcuno venne in suo aiuto e non fu una persona qualunque.
Il piccolo principe Filippo di rado usciva a cavallo insieme al suo precettore, un uomo di alta statura e dal portamento regale. Soprattutto non capitava quasi mai che attraversassero il pieno della vita cittadina per le loro uscite nel bosco più vicino. Ma quel giorno il precettore preferì prendere proprio la strada che li portò ad incrociare il piccolo Killian.
“Myrddin, chi sono quegli uomini?” domandò Filippo, fermando il cavallo a poca distanza dalle strida che gli arrivavano alle orecchie.
“Malfattori, temo” rispose il precettore stringendo le redini “hanno con sé un ragazzino che non ha per niente l’aria di volerli seguire”.
Filippo non ebbe bisogno di altro per far scattare il cavallo verso la loro direzione e raggiungere i due uomini, dall’alto del destriero sembrava proprio un piccolo principe dall’aria quasi più regale del padre stesso.
“Signori, vorrei conoscere il motivo per cui state portando con voi questo ragazzo senza la sua volontà” era ovvio che l’età non corrispondeva al nome di ragazzo, ma Filippo era solito considerarsi più maturo, così come tutti quelli che avevano la sua stessa età.
I due parevano preoccupati e Killian riuscì a capirlo quando incontrò lo sguardo del principe e  si ammutolì improvvisamente.
“Vostra altezza…” farfugliò quello con la barba “questo ragazzino è il pagamento del debito di un uomo che non ha restituito ciò che gli era stato prestato”.
Myrddin si avvicinò in fretta, Filippo non si sarebbe dovuto intromettere in questioni simili, ma in fondo il suo scopo era quello di farlo crescere nel modo più giusto e che sapesse prendere le decisioni migliori.
“A quanto ammonta il debito?” domandò il principe, guardandoli con serietà.
Quando gli risposero, afferrò un sacchetto di monete legato alla cintura e glielo lanciò senza porsi troppe questioni.
“Vi sono anche gli interessi nel totale. Ora lasciate andare il ragazzo e non vi avvicinate più a lui. Se dovessi venire a sapere del contrario, vi farò punire” disse con tono convinto.
I due si guardarono, fecero lo stesso con il sacchetto e senza dire altro lasciarono a terra Killian prima di allontanarsi in fretta con il bottino.
Filippo sapeva che immischiarsi in certe questioni non era un bene, gli usurai e gli strozzini purtroppo erano ovunque e spesso erano molto potenti. Andarvi contro voleva dire creare una minaccia, seppure piccola, per il regno.
Myrddin parve soddisfatto di quel gesto. Bisognava essere oculati con il denaro, ma andava speso per ciò che si riteneva necessario.
Killian non riusciva a capire il motivo della sua salvezza, perché proprio il principe Filippo era soccorso per liberarlo? Incrociò le braccia al petto, chinando appena lo sguardo a terra, senza sapere cosa dire.
“Potresti ringraziare il tuo principe, ti ha salvato la vita” gli consigliò Myrddin, che aveva compreso tutta quella indecisione.
Lo ringraziò, ma senza alcuna enfasi. Il colpo inferto da suo padre era stato troppo forte per poter sopportare tutto insieme in una volta sola.
Filippo decise di invitarlo con loro, per visitare il bosco appena fuori dalla città, cosicché Killian potesse raccontargli la sua storia.
Così fece e trascorsero insieme un’intera giornata. Myrddin decise di non intervenire, lasciando che i due si confrontassero e si aprissero, sembrava possibile lo sbocciare di una nuova amicizia.
Il padre di Filippo non ne sarebbe stato contento, ma in fondo non ne sarebbe mai venuto a conoscenza.
Il principe era dispiaciuto per le parole di Killian e gli offrì la possibilità di venire al Palazzo, avrebbe potuto trovargli un posto dove lavorare.Ma Killian non volle accettare.
Rimanere in quel luogo sarebbe stato per lui una sconfitta, piuttosto sarebbe andato via, partendo come avevano deciso di fare con suo padre.
Sarebbe salpato con la prima nave disponibile e non sarebbe più tornato.
“Sei sicuro di non voler rimanere?” gli domandò Filippo, insistendo il più possibile.
C’era qualcosa in quel ragazzino che lo faceva sembrare particolare, forse più sincero di molti altri e di un’intelligenza da notare. Il suo cuore era buono, leale e forte.
“Ho preso la mia decisione” sentenziò con una sicurezza che non aveva mai avuto.
“Cosa farai una volta via di qui?” domandò ancora.
Killian scrollò le spalle.
“La vita di mare mi ha sempre affascinato, forse diventerò un pescatore” sorrise di sottecchi all’idea.
“Ed io diventerò un grande re, con Excalibur” rispose Filippo.
“Cos’è?” Killian non aveva idea di cosa stesse parlando.
“Non conosci Excalibur?” sembrava decisamente  stupito, ma cercò di spiegargli “Excalibur è una spada in grado di proteggere il proprietario dall’essere ferito. In più concede ad esso onestà e virtù”.
Killian ascoltò con piacere quella breve descrizione. Non aveva mai udito nulla di simile ma di certo accarezzava l’idea di poter maneggiare una cosa simile.
Non esser mai ferito e rimanere un uomo onesto, sarebbe servita a suo padre, ma aveva idea che non tutti potessero maneggiarla.
La giornata trascorse in fretta, il tramonto si era mostrato e Filippo sarebbe dovuto tornare al Palazzo mentre Killian doveva affrontare un lungo viaggio.
Attraversare un altro regno e raggiungere il mare.





 
 
 
 



 
“Tu vuoi Excalibur. E’ per questo che stai andando da Malefica” lo rimproverò Aurora con sguardo accigliato.

Hook sollevò le spalle, come un bambino che ha compiuto una marachella.
“La questione non ti riguarda, i pirati cercano tesori ed io voglio quella spada”.

Aurora strinse le mani in piccoli pugni, per evitare di assalirlo e picchiarlo come il suo istinto le stava proponendo di fare.

“Excalibur appartiene al padre di Filippo, non puoi sottrargliela. E’ sua di diritto, lui ti fermerà e questa volta non potrai dire che il principe di cui parlo sempre non esiste” gli rinfacciò, per un attimo serena all’idea di poterlo incontrare dopo così tanto tempo.

Il pirata si inumidì le labbra, sfiorandosi il mento con il pollice e guardando altrove.
“In realtà sapevo dell’esistenza del tuo principe fin dall’inizio, per quanto i nomi possano essere ripetitivi e di un’originalità unica, avevo immaginato che fosse proprio quel Filippo, il principe dei tuoi sogni”.

Aurora non riusciva a comprendere le sue parole, tant’è che si fece avanti, per ascoltare e capire meglio.
“Lo conosci?”
“Ho avuto occasione di incontrarlo una volta, poi non l’ho più visto” scrollò le spalle, prima di superarla, non aveva voglia di parlarne e sapeva che lei avrebbe posto sempre più domande.

“Non scappare!” esclamò lei, afferrandolo per un braccio, tremava ma tentava di non darlo a vedere. Quando lui si voltò, Aurora piegò la testa, nascondendo gli occhi lucidi. “Quando saremo lì io dovrò fare una scelta”.

Hook sorrise, facendo scorrere il braccio fino a prendere la mano di lei nella propria.
“Una scelta di che tipo, esattamente?”

Aurora cercava di sciogliere la stretta di mano da quella di lui, per riprendersi ciò che era suo, ma una parte di sé aveva deciso di non farlo.
“Filippo si recherà da Malefica per recuperare Excalibur, esattamente ciò che vuoi fare anche tu. Non posso lasciarti fare una cosa simile”.

Ridere sarebbe stato di dovere, ma Hook la prese abbastanza seriamente, nonostante non avvertisse alcun timore di lei. Era talmente fragile, avrebbe potuto spezzarla solo con un abbraccio, che avrebbe potuto fargli?
“Sei sicura che sia proprio questo ciò che desideri?” sussurrò, mentre si avvicina al suo viso, tirandole su il mento perché potessero incontrarsi i loro sguardi, nonostante la fioca luce della notte che impediva di vedere più del normale.

Aurora cercò di scostarsi, ora che aveva la mano libera, ma si sentiva intrappolata al suo viso. Poteva vedere quegli occhi azzurri come se fosse stato giorno, i lineamenti del suo viso accompagnati dalla barba curata che gli donava così bene.
“Non tentare di sedurmi” alla fine riuscì a vincere sul proprio istinto “mi avrai anche salvato la vita e te ne sono debitrice, ma non ti aiuterò ad ingannare Filippo”.

“Non devo sedurti per farti innamorare di me, ti ho già risvegliata una volta, non ti pare?” le domandò lasciandosela sfuggire, era bene non tormentarla troppo, ma lasciarla nel dubbio. “Io non voglio ingannare Filippo, desidero solo prendere una cosa che mi piacerebbe avere”.

“Tra tutti i tesori del mondo, perché proprio Excalibur, che valenza ha per te?” gli domandò per fornire l’occasione in cui potersi spiegare.
Hook passò il pollice sulle labbra, fino a farlo scivolare sul mento e sul collo, come a voler chiudere le parole che avrebbe pronunciato subito dopo.
“E’ la spada degli onesti e forse grazie ad essa io riuscirò ad essere un uomo che non vive solo di cattiva fama”.

Aurora scosse lievemente la testa, per nulla concorde con quello che aveva appena udito.
“Non è rubando un oggetto che non ti appartiene a poterti rendere onesto, dovresti imparare a diventarlo con le tue forze”.

Insistere non avrebbe condotto a molto, questo Aurora lo sapeva bene. Si augurò davvero di non doversi intromettere tra Hook e Filippo, una volta che si sarebbero affrontati.
Gli voltò le spalle, stringendosi per non sentire freddo e proseguì sulla strada che aveva preso in precedenza.

“Vieni a riposarti, domani dovremo camminare di nuovo” gli disse lei, invitandolo a tornare.

Avrebbe potuto cacciarlo via, con la scusa di avere delle ottime guide per raggiungere Filippo. Ma qualcosa continuava a ruotare dentro di lei, qualcosa che non riusciva a spiegarsi. La consapevolezza ormai iniziava a farsi strada nel suo cuore ma non poteva permettere alla mente di essere  debole. 









 
   
 
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