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Autore: Nymeria90    06/09/2013    2 recensioni
– Di che cosa hai paura, Shepard?-
Fissò il cielo sopra di lui e all’improvviso le stelle parvero spegnersi, oscurate da un’ombra scura, enorme, dalla forma vagamente umana.
L’ombra nel cielo guardò giù, verso di lui, dentro di lui, si sentì invadere da un’oscurità che gli ghiacciò l’anima.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì, un istante dopo, non c’era più nulla.
- Di cosa ho paura mi chiedi?- sussurrò con voce roca mentre qualcosa dentro di sé si contorceva, implorandogli di tacere, perché solo così avrebbe potuto dimenticare. Non lo ascoltò: – C’è un’unica cosa che mi fa paura: l’eternità.-
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashley Williams, Comandante Shepard Uomo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alexander Andrej Shepard'
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2186, Marte, Archivi Prothean
 

Morti.
Erano tutti morti.
I ricercatori e gli archivisti, i soldati e gli ingegneri, i cuochi e i lavapiatti, nessuno era stato risparmiato.
La morte era calata su Marte non sottoforma di abomini metallici e bestie senz’anima, ma nelle vesti di uomini.
Uomo contro uomo, fratello contro fratello, padre contro figlio, era l’umanità che combatteva se stessa, l’immagine di un popolo che non riusciva ad unirsi nemmeno per salvare il proprio pianeta.
Ogni pallottola esplosa negli archivi, era una pallottola in meno contro i Razziatori, ogni uomo che cadeva, era un soldato in meno per la Terra. Qual’era il senso di quella lotta? Quale follia spingeva quegli uomini al massacro quando avrebbero dovuto pensare alla salvezza?
Era questa la missione di Cerberus? Distruggere l’umanità per salvarla?
Ashley non aveva risposte e se anche ci fossero state non avrebbe voluto sentirle. Non c’era giustificazione alle azioni di Cerberus, non c’erano scuse che perdonassero una guerra civile.
La rabbia la spinse a pronunciare accuse infamanti verso l’uomo che combatteva al suo fianco, uccidendo gli alleati di un tempo.
Nonostante tutti i suoi sforzi, non riusciva a capire, ad accettare, che Shepard avesse combattuto al fianco di Cerberus.
Come poteva giustificare le sue azioni di fronte ai mostri che aveva contribuito a creare? E lei come poteva amare un uomo che forse di umano non aveva più niente?
Era tutto così confuso … tutti quei morti, quelle vite sprecate, gli atroci esperimenti condotti dall’Uomo Misterioso … dov’erano giusto e sbagliato? Fino a che punto la morale poteva corrompersi in un nome di un bene superiore? Era giusto sacrificare mille vite per salvarne un milione?
La sua fede, le certezze, gli ideali … stava crollando tutto, come un castello di sabbia.
Chi era il comandante Shepard?
Un tempo avrebbe risposto a quella domanda senza esitare: Shepard era un eroe, un uomo giusto. Il paladino non solo dell’umanità ma della galassia intera.
Oggi quella risposta sarebbe suonata ipocrita alle sue stesse orecchie: Shepard era l’uomo dei compromessi, delle false alleanze, degli inganni e dei tradimenti.
Si era illusa di poter voltare pagina, aveva creduto di poter perdonare la sua alleanza con Cerberus, era arrivata al punto di biasimare se stessa! Ma ora, di fronte alla vera natura di Cerberus, non poté che sentirsi fiera della scelta che aveva fatto.
Forse ho tradito te, Shepard, ma non ho tradito l’umanità. Lascerei bruciare la galassia piuttosto che consegnarla nelle mani dell’Uomo Misterioso.
Su Horzion aveva scelto da che parte stare, non si sarebbe più scusata per quello; Shepard avrebbe capito e se così non fosse stato allora non era più Shepard e non ci sarebbe stato più nulla di cui discutere.
Guardò l’agente di Cerberus riverso in terra, quell’uomo che non era più un uomo e si chiese se era quello il destino dell’umanità: per salvarsi dai Razziatori dovevano trasformarsi in mostri al servizio di un folle?
- Potresti essere tu, Shepard.- disse, senza riuscire a trattenersi. – Per quel che ne so magari è questo che ti ha fatto Cerberus.-
- Come puoi paragonarmi a quella cosa?- domandò lui, ferito e costernato, ma in fondo al suo sguardo, dietro l’indignazione, vide dubbio, paura; ben nascosto in fondo al suo cuore c’era il terrore che lei potesse avere ragione.
In altre circostanze si sarebbe sentita in colpa per quelle parole dal sapore crudele, ma non c’era più tempo per la delicatezza o la gentilezza, e lei non era mai stata in grado di fingere o mentire. L’ipocrisia non le apparteneva: se doveva rischiare la sua vita e il destino della galassia doveva sapere cos’ era l’uomo chiamato a salvare il mondo.
- Non so più cosa sei da quando ti hanno ricostruito.- esitò di fronte alla sua espressione umiliata, fece un passo avanti, gli occhi fissi nei suoi – Sei davvero tu lì dentro? Come fai a saperlo? Non è che ti controllano?-
Shepard distolse lo sguardo – Ash …- per un attimo le sembrò che stesse implorando il suo silenzio.
- Sto solo riflettendo ad alta voce. - continuò, implacabile. Tutti i dubbi, le paure, le speranze e le delusioni accumulate in quei tre anni si riversavano fuori come un fiume che rompe la diga. La Terra era caduta: non c’era più tempo. – Non cerco risposte. Dubito che tu possa dire qualcosa per convincermi.- si passò una mano sulla fronte – Immagino mi serva del tempo per conoscerti di nuovo. Per …- gli rivolse un’occhiata incerta, quasi intimidita - … per trovare l’uomo che amavo.-
Shepard le si avvicinò, paziente e comprensivo com’era sempre stato. Accettare quelle parole non doveva essere semplice per lui, eppure non sembrava arrabbiato o deluso, solo stanco.
- Sono sempre lo stesso, Ash e ti voglio con me. Ovunque questo ci porti.-
Ashley liberò il respiro, rendendosi conto solo in quel momento di star trattenendo il fiato: se lui le avesse detto di farsene una ragione e andarsene per la sua strada sarebbe stato come sentirlo morire un’altra volta.
Forse Alexander era davvero tornato dal mondo dei morti.
Sorrise - È ciò che volevo sentire.-

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Shepard varcò la soglia dell’infermeria, terrorizzato all’idea di quello che vi avrebbe trovato. In altri tempi la dottoressa Chakwas sarebbe corsa verso di lui rassicurandolo con parole gentili, ripetendogli fino allo sfinimento che sarebbe andato tutto bene. Ma la dottoressa Chakwas non c’era, non ci sarebbero state rassicurazioni o parole gentili, nessuno gli avrebbe detto che andava tutto bene, perché le cose, bene, non andavano.
Si avvicinò all’unico letto occupato, incapace di alzare lo sguardo sulla donna che vi giaceva sopra, esanime.
Ricordò la navetta che si schiantava, Ashley e Liara in terra, e lui, così distratto, così maldestro. Come aveva potuto abbassare la guardia in quel modo? Avrebbe dovuto immaginare che non poteva essere così semplice sconfiggere un agente dell’Uomo Misterioso. Lui stesso era stato un suo strumento.
Quando il robot di Cerberus era uscito dalla navetta in fiamme lui non era pronto.
Rabbrividì mentre la sua mente tornava a quei momenti in cui aveva creduto d’impazzire. Le pallottole che, inutili, ribalzavano sul metallo, l’esclamazione sorpresa di Ash quando il robot l’aveva ghermita, sollevandola come una bambola di pezza. Non era riuscito a raggiungerla. Non era riuscito a salvarla.
- Tutto bene, Shepard?-
Liara era comparsa sulla porta, l’espressione preoccupata.
Shepard annuì, grato per quell’interruzione che gli impediva di pensare, di rivivere l’attimo in cui, forse, aveva perso Ashley per sempre.
- È stata una lunga giornata.- rispose.
Ancora non riusciva a capacitarsi che la Terra fosse caduta. Si sentiva perso in una galassia troppo grande, senza una casa a cui fare ritorno.
Era un pensiero stupido: non aveva mai avuto una casa e aveva sempre considerato la Terra come un mondo in mezzo a tanti altri. Si sbagliava: la Terra era il suo mondo. L’unico che avesse mai desiderato.
- Dovresti riposare.- mormorò Liara posandogli una mano sulla spalla.
- Non la lascio sola.- rispose con un tono che non ammetteva repliche.
 – Se la caverà, Shepard, è troppo orgogliosa per morire così.- Liara gli strinse delicatamente la spalla e se ne andò senza aspettare una risposta.
Shepard si sedette sul bordo del letto e alzò lentamente lo sguardo, trovando finalmente il coraggio di guardarla. Allungò la mano, spostando una ciocca di capelli che le copriva il viso tumefatto e pallido.
- Dovrei esserci io al tuo posto.- mormorò.
Non avrebbe sopportato di perdere anche lei.
Le prese delicatamente una mano, stringendola tra le sue, era fredda e inerme, ma finse di non accorgersene – Sai, all’inizio non ti sopportavo. Dico davvero.- sorrise immaginando l’espressione di Ash di fronte a una simile rivelazione – Mi spaventavi: eri troppo sincera, troppo diretta. Non avevo mai conosciuto qualcuno come te; non ti sei mai nascosta, hai sempre detto quello che pensavi anche se sapevi che mi avrebbe dato fastidio. Non hai mai mentito per compiacermi.- fece scorrere i polpastrelli lungo la sua mano, non si era mai accorto di quanto sottili fossero le sue dita, gli sarebbe piaciuto vederle posate su un pianoforte invece che su un fucile – Ricordi cosa ti dissi una volta? “ Se voglio un parere ragionato vado da Alenko, ma per sentire la voce del cuore vengo da te.” Su Horizon tu mi parlasti con la voce del cuore, ma io non volevo sentire.- sospirò: non aveva mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce o anche solo di pensarlo. Era così semplice incolpare lei di tutto. – Sei stata l’unica a dirmi la verità, quello che nessuno voleva vedere, nemmeno io: non stavo aiutando l’umanità, stavo aiutando Cerberus e l’Uomo Misterioso. Lui ha vinto e io ho perso.- appoggiò la fronte contro la sua mano, alla ricerca di un conforto che né lei, né nessun altro poteva dargli – Perché le cose devono essere così complicate, Ash? Perché le scelte sbagliate assomigliano così terribilmente a quelle giuste? Credevo di aver salvato l’umanità …- fece una smorfia – Invece ho perso la Terra. La Terra, Ash! E non so cosa fare non … non ne ho idea. – digrignò i denti cercando di trattenere quella disperazione che gli lacerava il cuore – Ho perso la Terra e non so come salvarla!-
Sobbalzò quando la sentì gemere sommessamente, Ash mosse impercettibilmente la testa ma i suoi occhi rimasero serrati.
Shepard rimase immobile, diviso tra la speranza di vederla aprire gli occhi e il terrore che avesse sentito tutto quello che le aveva detto.
Mai come in quel momento non poteva permettersi di essere debole. Nemmeno con lei. La speranza era tutto quello che i suoi uomini avevano.
Era il loro comandante, il capitano di una nave in balia della tempesta senza più rotta, con le vele strappate e la stiva piena d’acqua, ma nonostante tutto avrebbe sorriso, piegato il capo e, mentendo, avrebbe detto che andava tutto bene.
Accarezzò piano il viso di Ash, attento a non toccare i tagli e le ecchimosi che lo ricoprivano, le sorrise come avrebbe fatto se avesse potuto vederlo, senza ombra d’incertezza negli occhi azzurri, spavaldo come solo lui riusciva ad essere.
- Tu non morirai e, quando la Normandy farà ritorno sulla Terra, sarai accanto a me: insieme, ci riprenderemo il nostro pianeta.- il sorriso scomparve dal suo volto, lasciando posto alla freddezza che ostentava in battaglia – Andrà tutto bene, Ash. -
Era una bugia, ma, per un istante, ci credette anche lui.
  
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