Meraviglioso,
in ogni sua più piccola sfumatura.
You're beautiful, it's true."
James Blunt - You're Beautiful
Capitolo I.
Il Faro*
Passavo per dillà per andare a parlare al ragazzo che mi
piace(va), per
passare la serata con lui.
Ma passando per diqua la serata ha preso un risvolto totalmente diverso
da quello che mi aspettavo.
La vita tira sempre un po’ troppo i fili, quei quattro mesi
passati
cercando Lui erano uno di quei fili che si sono spezzati nella mia di
vita. Uno
di quei fili che basta una folata di vento un po’ troppo
forte per romperli.
Quella sera passando per dillà, incappai nella rete del
ragno tentatore
dal nome confuso, io povera mosca nera.
E io da povera mosca quale sono, volavo
alla cieca, ignorando il filo che mi avrebbe catturata. Quel filo ha il
nome di
un ragazzo meraviglioso.
Un centro
sociale occupato.
Una sala enorme e sporca,
nuvole di fumo nell’aria, birre vuote per terra, sedie
divelte e tendaggi
colorati ovunque. Tanta gente, tanti colori e tanti suoni diversi,
belli e
nuovi. Tanti poster, tante ribellioni scritte lì, sui muri,
nelle foto, nelle
parole. Tante generazioni come noi, prima di noi.
E noi, l’attuale
generazione in rivolta, eravamo tutti lì.
Io, Chiara la mia migliore
amica, Giuliano il tipo che mi piace(va), il suo migliore amico Andrea,
Daniele il
tipo che le piace, il suo migliore amico e gli infiltrati.
Quella sera nell’aria si
respirava un’aria di festa, di aspettativa. C’era
già l’aroma speziato che
aleggia prima dei concerti per gli adolescenti che si tengono un
po’ ovunque.
Si respirava la voglia di
buona musica, di pogare un
po’ con
gli amici, la voglia di resistere (almeno per quella volta) ai fumi
dell’alcohol e non, senza dover ricorrere a metodi by yourself.
Diversa gente entrava e usciva
dall’ingresso al locale, quattro ragazzi con lunghi dreadlock
e vestiti larghi
giocavano a biliardino nell’angolo più remoto
della sala, tutti gli altri erano
ammassati in gruppi, più o meno piccoli, in giro, chi vicino
alle scorte di
alcohol, chi vicino al rivenditore
della serata, chi sulle sedie ancora leggermente intatte, chi, come
noi, nel
backstage per augurare un grande in bocca
al lupo agli amici, parenti e conoscenti che dovevano
esibirsi. Tra questi
vi era Giuliano.
Stavo giusto passando dillà,
dall’altra parte del backstage per parlargli e stare un
po’ con lui, quando
passai involontariamente accanto al migliore amico di Daniele.
Forse fu il passare così
vicino a lui, forse fu il meraviglioso
sorriso che mi rivolse, forse fu il meraviglioso
profumo della sua pelle così vicina, o forse tutto quanto
questo messo insieme,
ma quando lo superai di un solo passo il mio corpo urlò di
dolore per
l’allontanamento e il mio stomaco si strinse su se stesso per
far posto alle
farfalle che lo invadevano.
Il mio corpo aveva smesso di
collaborare, non andava più avanti nè indietro,
nè verso Giuliano, nè verso di
Lui.
Il mondo mi parve bloccarsi in
una visione in scala di grigi, tutto il mondo in quella sala almeno.
Tutto il mondo era in bianco e
nero, tranne la mia maglietta dell’Inghilterra e Lui.
I suoi lineamenti perfetti
avevano ancora il loro color avorio di prima, i suoi occhi erano ancora
celesti, i suoi capelli rimasero rosa. Lo guardai come aspettando che
anche lui
cambiasse colore come ogni altro, ma lui rimase lì, a colori
a guardarmi
interrogativamente, a buona ragione.
Potevo finalmente cercare di
capire quello che mutamente mi stava chiedendo, perchè lo
stavo fissando
appurato che lui rimanesse cosciente dei suoi movimenti e colori?
Perchè continuavo a vedere il mio mondo, i miei
amici, la mia vita in bianco e
nero,
e lui, un ragazzo conosciuto il sabato precedente quando ero troppo
andata per
ricordarmi il più minimo particolare a parte la sua venuta,
era rimasto a
colori? Doveva avere per forza una spiegazione tutto questo scherzo della mia mente?
Rimasi basita a fissarlo e
poi, cosciente di non averlo salutato prima, gli sorrisi e mi avvicinai
di
nuovo a lui sussurrando un Ciao più imbarazzato che altro.
Oramai dimentica di Giuliano
rimasi lì, a guardarlo dal basso all’alto,
aspettando una risposta al saluto,
che non tardò ad arrivare.
- Ciao. – Che voce calda che
aveva. Non la ricordavo così. O forse non la ricordavo
proprio.
– Come stai? - Sorrise
giocherellando con il piercing, al centro del labbro inferiore, con i
denti.
- Abbastanza bene, grazie. Tu?
– Come potrei stare altrimenti, stando qui,
nell’abbraccio del tuo profumo?
- Meglio, molto meglio adesso.
–
Non ebbi la forza di
risponderti e continuai a guardare i tuoi occhi azzurri, perdendomici.
Non potevo continuare a tenere
il mondo bloccato e immobile nella mia mente, dovevo cercare di
rendermi conto
che anche tutto il resto esisteva ancora, che non c’erano
solo il tuo viso, i
tuoi occhi, i tuoi capelli..
- Ludo? Oi? -
Mi girai attenta a non perdere
la mia posizione. – Dimmi, Chiara. –
- Vai a parlare con Giuliano,
rassicuralo un po’, ti cerca come un pazzo. -
- Ora vado.. anzi, ti
raggiungo. –
Scosse le spalle in un io te l’ho
detto molto poco formale e se
ne andò a cercare Daniele, probabilmente intento a girare
qualcosa.
- Vai da Giuliano, io cerco
Daniele.. -
Sorrisi e mi addentrai
totalmente nel backstage, verso Giuliano che finalmente era tornato ad
avere i
suoi soliti colori.
- Oh eccola la signorina! -
..ma non ci riuscivo proprio a
pensare a Giuliano in quel momento, continuavo a sovrapporgli dei
capelli rosa e
degli occhi celesti e glaciali.
- Cediamo il posto ora ai Dashboard**!
Grazie del sostegno! -
Il cantante della prima band
del concerto annunciò l’arrivo sul palco di
Giuliano e i suoi. Allora,
riscossami dai miei pensieri, mi allontanai dalla colonna alla quale
ero
appoggiata per riavvicinarmi al palco dal quale Giuliano già
mi cercava con lo
sguardo.
Gli sorrisi leggera, spegnendo
l’ennesima sigaretta sotto la scarpa e salutandolo con la
mano ora libera.
Chiara e Paoletto mi affiancarono sotto al palco, ma io stavo cercando
ben
altra persona che non vedevo dalla nostra prima chiacchierata, giusto
un’ora
prima.
Mi girai preoccupata verso
Chiara. – Ma Daniele e il suo amico? –
- Boh, li ho persi. -
Soffiai tra le labbra insieme
al fumo del mio ultimo tiro un peccato,
a un volume un po’ troppo alto a quanto pare,
perchè Paolo si girò e mi chiese
chi dei due mi piaceva. Alla vista della mia faccia stralunata e
sconvolta però
ritirò la domanda (retorica) e si mise a fissare Nira, il
bassista del gruppo.
Il mio cervello, allora e solo
allora, collegò la mia nuovissima ossessione per Lui a quel
sentimento che fino
all’entrata nel backstage ero sicura di provare nei confronti
di Giuliano.
Poteva allora essere quella
una infatuazione? Poteva crescere ancora?
Non potevo crederci, già era
ben più forte delle prime volte che me ne ero accorta per
qualcun altro, per
chiunque altro.
Una voce crudele nella mia
testa, mi disse Sarà forse amore?,
ma
non le diedi retta.
Piuttosto continuai a vagare
con lo sguardo per tutta la sala cercandolo.
Eccolo!
Era semplicemente seduto sulla
prima fila di sedie di fronte al palco e aspettava che Giuliano, Francesco e
Nira
si mettessero a suonare per venire con noi, lì, sotto ai
nostri amici.
Continuai a guardarlo per un
attimo stando attenta a non farmi beccare da Giuliano, reazione
involontaria,
inutilmente. In un solo momento entrambi si girarono verso di me: da
una parte Giuliano che mi
rivolge un’occhiataccia per guardare poi male lui,
dall’altra
Lui che mi sorride con il suo meraviglioso
sorriso luminoso e gli occhi dolci. Sorrisi di rimando. Pare per
riflesso
involontario, come se il mio corpo non obbedisse più a me,
ma fosse autonomo.
Sentii un primo accordo di
chitarra porre inizio all’esibizione e feci per rigirarmi
verso il palco, ma
poi vidi Lui alzarsi e dirigersi dritto verso di me, senza ancora
avermi levata
gli occhi di dosso. Il mondo tornò per un attimo silenzioso,
immobile e in
bianco e nero, salvo quella figura colorata che avanzava nel mio
monotono
mondo.
Mi si era semplicemente
affiancato senza rompere mai il nostro contatto visivo e poi, sempre sorridendomi, aveva
rivolto il viso e gli
occhi al gruppo che suonava un metro sopra di noi.
Quando sentii qualcuno abbracciarmi
da dietro quasi ebbi un infarto, ma era solamente Edoardo, uno dei miei
amici
infiltrati, che mi diceva di aver trovato un’ottimo panorama
e di seguirlo. Lo
seguii, di lui mi fido tutt’ora.
Quando mi allontanai di pochi
millimetri dal calore di Lui, avvertii come una fitta allo stomaco, ma
mi
contraddissi da sola pensando ho fame.
Edo mi portò nel backstage,
dietro le scalette di accesso al palco, dove c’era uno spazio
vuoto che dava
direttamente sul fianco di Giuliano, a petto
nudo –quando se la era levata la
maglietta?-, indaffaratissimo e
presissimo dalla sua batteria.
Poco dopo sentii dei passi nel
backstage, ero abbracciata ad Edoardo e guardavo Giuliano, non badavo
a chi
stava entrando o uscendo fino a quando la voce di Martina,
un’altra infiltrata,
non mi disse all’orecchio: - L’amico di Daniele -com’è che si chiama?-
sta fissando l’ingresso al backstage fin da
quando vi siete chiusi qui dentro, non credo cerchi Edoardo..
–
Sorrisi all’idea e il primo
gesto fu quello di spostarmi da addosso Edo, poi pensai al
“Com’è che si
chiama?” di Martina, cercando di arrivarci.
Ero sicura si fosse presentato
il sabato precedente, quando ero troppo fuori per ricordarmi il suo
nome, ma
ero abbastanza sicura che si chiamasse o Ivan o Yuri.
Questa era una grave
mancanza.. e decisi di colmarla.
Andai da lui, lentamente, e lo
vidi sospirare quando mi vide uscire da sola dal backstage, lo vidi
sgranare
gli occhi quando andai dritta da lui.
- Ciao di nuovo. -
- Ciao. – Rise apertamente
prima di rispondermi, probabilmente preoccupato dalla mia follia buona,
in fin
dei conti.
- Scusa la domanda un po’
strana, ma te.. ti chiami Yuri o Ivan? –
Questa volta rise di cuore e
io abbozzai un sorriso imbarazzato diventando semiviola.
Ero semiconvinta che si
chiamasse Yuri, ma tanto sapevo che non avrei mai indovinato, ho gravi
problemi
a ricordare e a dare i nomi giusti alle persone.
- Ivan. -
Ecco appunto. – Yuri. –
- Ivan. -
- Eh, Yuri! –
- Ok.. –
E continuò a ridere. E
continuai a sorridere imbarazzata.
Ma non era quello il momento
di abbassare lo sguardo: lui si stava portando, lento, una sigaretta
alle
labbra, socchiudendole leggermente per potervi poggiare il filtro,
liberando
così le mani che avrebbero potuto cercare un accendino.
L’accese e aspirò il primo
tiro socchiudendo gli occhi, per goderselo meglio.
- Yuri.. – soffiò fuori
insieme al fumo del primo tiro. E del secondo.
Al terzo mi guardò sorridendo
e mi disse – Giuliano mi sta
fulminando con gli occhi da dieci minuti buoni..
meglio se guardiamo il concerto. –
Il mio cervello ci mise un po’
a riconnettersi dopo il black out totale che quei semplici gesti e il
suo modo
di fumare gli avevano provocato. Mi avevano provocato.
Fu in quel momento, mentre
tornavo nel backstage da Edoardo e Martina, con Yuri appresso, che mi
resi
conto che, forse, per Giuliano mi era passata, ma per Ivan.. per lui sarebbe stata molto più
difficile
perchè forse mi piaceva sul serio.
Chiara ed io, al penultimo
pezzo dei Dashboard, ci eravamo
sedute sul gradino più alto delle scale che portavano al
palco. Sul gradino
sotto il mio, sedeva Yuri.
Giuliano aveva
appena preso le
bacchette e la maglietta e stava tornando giù, nel
backstage, a passo spedito,
passando lo sguardo, severo, da me ad Ivan. Senza sosta.
Non era per niente
rassicurante. Almeno non per me.
Mi sentivo come messa sotto interrogatorio,
come se la magia
che mi aveva avvolta fino a quel momento fosse stata rinchiusa in una
capsula
di vetro insieme alla rosa del Piccolo
Principe e lì fosse rimasta, riportandomi al
freddo, buio e sporco centro
sociale occupato.
Complimenti vari si
levarono da un po’ tutti i nostri amici
insieme a pacche sulle spalle, baci e abbracci verso Giuliano che, pur
godendosi
il momento, non perdeva un’occasione sola per fulminarci
tutti e due. Se gli
sguardi potessero uccidere, saremmo morti quella sera.
Mi alzai dal mio gradino,
sorpassai Ivan senza guardarlo, non volevo ricadere nella sua rete
prima che la
magia tornasse, e andai con un sorrisone verso Giuliano. Lo
abbracciai
dicendogli che era stato un concerto meraviglioso,
che avevano fatto un ottimo lavoro.
E lui mi aveva risposto acido
che se io avessi seguito un minimo il concerto
avrei potuto giudicarlo
meglio. E aveva tutte le sue ragioni.
Mi caddero tutte le certezze
che avevo avuto fino a quel momento.
Avevo tradito Giuliano, una
delle persone più importanti della mia vita di quel momento
per una persona che
non conoscevo praticamente per
nulla.
Una persona della quale mi
ricordavo il nome solo alcune volte.
Non era plausibile. Doveva
esserci per forza qualcosa sotto, doveva.
Per me, per Giuliano.
- Regà siamo tutti? -
- La fermata è di qua.. –
- ..e dobbiamo sperare non sia
appena passato il notturno! -
- Se no sono cavoli. –
Giuliano mi
guardò. Perchè
continuavamo a completarci le frasi nonostante lui cercasse di
allontanarsi da
me in quel momento? Perchè cominciavo a sentirmi in colpa
nonostante non
dovessi, in quanto non ragazza di Giuliano e non
traditrice con Yuri? ..Ivan?
Sapesse solo il cielo quanto
volli quei due ragazzi con me in quel momento!
Due persone fantastiche e la
grande confusione che regnava sovrana.
Ci dirigemmo alla fermata in
gruppo, tanti da occupare tutta la panchina grande della pensilina
vuota e
troppi per starci tutti. Rimanemmo in piedi Ivan ed io.
Ivan.. lo chiamai lì per la prima
volta Ivan.
Parlavamo della perversione anche
da lucido di uno dei
nostri infiltrati e per spiegarglielo meglio gli dissi Sai
Ivan, lui è.., forse non dovevo farlo davanti
a Giuliano.
Finito il discorso cercai il
più possibile di non guardarlo.
Lui, lì in piedi di fronte a
me, con una mano in tasca che giocherellava con l’accendino e
l’altra che
cercava il contatto attraverso la stoffa. Lui, lì in piedi
di fronte a me, con
i capelli rosa che gli ricadevo leggeri sulla fronte e su parte degli
occhi celesti
e profondi, i suoi capelli rosa che
incorniciavano il suo viso avorio, a loro volta incorniciati dal
cappuccio
della felpa underground.
Lui che mi guardava fisso e
che ogni volta che pensava a qualcosa mordeva il piercing piano, giusto
per
farmi contorcere di più
lo stomaco, e
spostava il peso da un piede all’altro.
Lui che quando sbatteva le
ciglia lo faceva lentamente e con cotanta leggiadria da farmi
desiderare di
baciarlo con foga.
Io, stupida mentitrice, che
mentivo a me stessa. Non avevo fame
e
neanche troppi ormoni, era lui che
era meraviglioso, in ogni sua più
piccola
sfumatura. Ed era lui che, da bravo ragno tentatore, mi aveva
fatta cadere
nella sua rete molto elaborata e naturale.
Fu lì, alla fermata del N14
che mi resi conto che forse lo amavo.
Forse.. forse lo amavo.
** Dashboard
è il nome falso che ho messo al gruppo di Giuliano, per
un po' di privacy. Ho scelto Dashboard perchè
stavo ascoltando i Dashboard Confessional, non per altro.
E, detto fra noi, i Dashboard Confessional
non sono miei, ma di loro stessi. ^__^
Note dell'autrice:
Eh bene sì,
sono tornata a torturarvi con una nuova ff, questa volta diciamo
biografica.
Non mi capacito del perchè io l'abbia scritta, ma
è
venuta fuori bene.. a me piace e ho deciso di pubblicarla. ^___^
A parte questo, vorrei sapere da voi se volete che la continui o che
resti una one-shot.. fatemi sapere..!
Spero vi sia piaciuta... un commentino lo lasciate? ^____^
Baci a tutti*
So long and goodnight,
- Purple Bullet.