Capitolo Sette
Neverland, due anni dopo
–
Sì, papà, starò attenta – lo rassicurò Ariel.
Dopo
due anni, si era decisa a rimettere piede nella Foresta Incantata per cercare Killian e ringraziarlo per tutto ciò che aveva fatto per
lei. Immaginava dovesse essere abbastanza in pena per la sua sorte, per cui
andarlo a trovare di persona era il minimo. Probabilmente, non a torto, la
credeva morta, o comunque prigioniera. Del resto per lei era passato molto
tempo, ma per lui doveva esserne trascorso molto di più. Forse si era anche
dimenticato di lei.
–
Quando tornerai? – le domandò re Tritone, con tono apprensivo.
–
Non lo so – rispose Ariel, stringendosi nelle spalle. – Sai che il tempo scorre
diversamente, là.
–
E tu sai che non intendevo questo – ribatté re Tritone, con un sorriso
affettuoso.
–
Oh, quello – disse Ariel, capendo al volo.
In
quegli ultimi due anni, lei e suo padre si erano avvicinati molto, ricostruendo
da capo il loro rapporto.
Re
Tritone aveva realizzato di essere stato troppo apprensivo e protettivo nei
confronti della figlia, e così le aveva concesso tutta la libertà che da adulta
ormai meritava. Ariel aveva apprezzato e aveva colto l’occasione per avanzare
delle richieste: la vicenda nella Foresta Incantata le aveva fatto capire di
essere troppo ingenua ed indifesa, e di conseguenza aveva stabilito di dover
imparare a badare a se stessa. Aveva chiesto aiuto al padre per quanto
riguardava gestire al meglio i propri poteri di sirena, mentre per ciò che concerneva
le abilità da affinare da umana si era rivolta agli indiani, altri abitanti di Neverland con cui suo padre, prima della morte della madre,
aveva stretto un alleanza per difendersi da Peter Pan. Per amore della figlia,
re Tritone era tornato in superficie dopo tanti anni e aveva rinnovato quel
patto. Finalmente aveva compreso che era inutile nascondersi, e pian piano
stava tornando alla vita a cui per paura aveva rinunciato dopo la perdita della
moglie.
–
Già, quello – confermò re Tritone, interrompendo le riflessioni di Ariel. – Se
hai rivalutato la proposta di quel pirata, non ti biasimo – dichiarò dunque,
stringendo per un attimo la mano della figlia.
Ariel
sorrise con affetto. Quella frase significava molto, per lei, e le dimostrava
ancora una volta quanto suo padre fosse cambiato.
–
Non lo so ancora, ad essere onesta. Prenderò una decisione quando tornerò là,
credo – disse dunque. In quei due anni, infatti, aveva pensato più volte alla
proposta che Killian le aveva fatto. Se avesse potuto
tornare indietro nel tempo, l’avrebbe accettata. Ciò però non era possibile e
da un lato lei ne era felice, perché altrimenti non avrebbe potuto
riavvicinarsi alla propria famiglia e tornare sirena, anche se non in modo
definitivo. D’altro canto, però, ora che iniziava a riprendersi, aveva capito
che quel mondo che l’aveva fatta soffrire poteva avere in serbo altre sorprese,
forse piacevoli, se esplorato con la dovuta cautela.
–
Capisco. Qualsiasi decisione prenderai, sarò qui ad aspettarti – decretò re
Tritone. – Ora va’ – la esortò dunque, dandole una lieve pacca sulle spalle.
Ariel
annuì, diede un ultimo abbraccio al padre e si allontanò.
Foresta
Incantata
Ariel
sapeva come muoversi, questa volta, così come era certa che per trovare Killian avrebbe dovuto iniziare dalle locande e dai porti.
Impiegò qualche tempo per rintracciarlo, ma alla fine vi riuscì.
Lo
trovò a Tortuga (1), il covo di pirati per eccellenza di tutta la Foresta
Incantata. Tortuga era una piccola isola in cui si trovava un grande porto e un
piccolo villaggio costituito per lo più da locande e da bordelli. C’era anche
una grande piazza in cui ogni giorno si teneva un mercato nel quale era
possibile acquistare di tutto, dai viveri alle armi.
A
Tortuga, infatti, i pirati si recavano principalmente per fare rifornimento di
cibo, di birra e di donne.
Non
appena si avvicinò all’isola a nuoto, Ariel restò a bocca aperta.
Il
porto era pieno di navi e illuminato grazie a una serie di torce poste sulle
banchine, e un gran vociare giungeva alle sue orecchie. Con cautela nuotò fino
alla banchina che aveva meno navi ormeggiate ad essa e vi si issò sopra. Subito
la coda lasciò il posto alle gambe, e immediatamente Ariel usò la propria
collana per eliminare ogni traccia di acqua dal proprio corpo e per coprire le
proprie nudità con degli abiti. Nessuno avrebbe dovuto scoprire la sua vera
natura.
Si
alzò in piedi e si diresse verso il villaggio, con la speranza di trovare Killian. L’ultimo marinaio con cui aveva parlato, qualche
ora prima, le aveva detto senza esitazioni che lo avrebbe trovato su quell’isola,
dove era diretto per fare rifornimento.
Vedendo
tutta quella moltitudine di persone e di locande, la speranza di Ariel per un
attimo vacillò. Si passò una mano tra i capelli, mordendosi un labbro. Da dove
poteva partire?
Con
un sospiro rassegnato entrò in una locanda alla propria destra.
Quasi
un’ora dopo, quando ormai aveva perso le speranze e stava iniziando a prendere
in considerazione l’eventualità di perlustrare anche i bordelli, lo trovò. Un
sorriso le nacque spontaneo sulle labbra, vedendolo seduto ad un tavolo con un
boccale di birra in una mano e dei dadi nell’altra, circondato da una serie di
uomini che dovevano costituire la sua ciurma.
Ariel
si avvicinò al tavolo e si schiarì la voce per attirare l’attenzione, ma il
frastuono era così forte che nessuno la udì.
–
Killian Jones! – urlò dunque a gran voce, augurandosi
di avere più successo.
Sentendosi
chiamato in causa e disturbato, Killian alzò lo
sguardo con espressione annoiata, che subito mutò in una smorfia sorpresa, non
appena riconobbe la figura che era in piedi vicino al proprio tavolo.
–
Ariel?! – esclamò, con un sorriso. Non riusciva a credere ai propri occhi.
–
Già, in persona – confermò la ragazza. Killian scolò
in un solo sorso la birra che restava nel boccale, posò i dadi sul tavolo e si
alzò dalla panca, per poi raggiungerla. Non appena le fu di fronte, Ariel gli gettò
le braccia al collo, felice di rivederlo.
–
Ti… Ti credevo morta – le confessò il pirata,
ricambiando l’abbraccio, che poi sciolse quel tanto che bastava per riuscire a
parlare pur tenendola stretta a sé. Aveva bisogni di sentire che era reale, che
non era frutto della sua fantasia. – Aspetta un attimo, però…
– borbottò dunque, inarcando un sopracciglio. – Sei davvero tu oppure ho bevuto
un po’ troppo e ho le allucinazioni? – domandò in tono divertito.
Ariel
scoppiò a ridere di gusto. – Mi sembri abbastanza sobrio per fare battute
quindi no, non hai bevuto troppo – rispose, dandogli un pizzicotto per fugare
ogni dubbio. Fece per dire qualcos’altro, ma dovette interrompersi.
–
Tu! – l’apostrofò infatti una donna, afferrandola per un braccio per separarla
da Killian. Ariel la guardò perplessa, senza capire
il motivo dell’intromissione. Era tanto bella quanto fuori di sé; i lunghi
capelli scuri e mossi incorniciavano un volto i cui occhi azzurri emanavano
lampi d’ira e la bocca era corrucciata in una smorfia di disappunto. – E tu! –
aggiunse, avvicinandosi pericolosamente a quest’ultimo. – Me ne vado per pochi
minuti e ti trovo tra le braccia di una prostituta? – strillò, furiosa.
–
Come… come osi? – tuonò Ariel, sentendosi chiamata in
causa. La donna si voltò verso di lei e la guardò come se fosse un insetto
fastidioso. Le persone intorno a loro e la ciurma di Killian
si fecero più attente, pregustando una rissa. A Tortuga eventi di quel genere
erano all’ordine del giorno, ma restavano comunque una grande fonte di
divertimento. – Ho forse l’aria di una prostituta, io? – proseguì, avvicinandosi, con gli occhi ridotti a due fessure.
– Tra le due semmai sei tu quella con la scollatura più generosa e…
–
Basta, basta, fermatevi! – s’intromise Killian. –
Credo sia il caso di chiarire qualche equivoco – stabilì, deciso.
L’attenzione
dei presenti scemò; il divertimento era finito ancora prima di iniziare.
Ariel
incrociò le braccia in attesa, e la donna fece altrettanto.
–
Milah, lei è Ariel. Te ne avevo parlato, ricordi? È la
sirena che mi ha salvato da Neverland – disse Killian, rivolgendosi per primo alla donna, che subito
rilassò le membra, comprendendo. – E Ariel, lei è Milah,
la mia compagna – aggiunse rivolto alla sirena, che subito spalancò gli occhi e
arrossì, sorpresa e imbarazzata.
–
Oh, io… Mi… Mi dispiace,
non avevo idea che… Oh! Scusa! Scusate! – borbottò
Ariel, torturandosi le mani.
–
No, sono io a doverti chiedere scusa – ribatté Milah,
altrettanto in imbarazzo. – Ho dato per scontato che fossi quel genere di donna
perché… Beh, quando si tratta di Killian
la maggior parte delle volte è così, specie qui a Tortuga. Si è lasciato dietro
un sacco di cuori infranti.
Il
pirata inarcò un sopracciglio, mentre Milah gli si
fece vicina e Ariel scoppiò a ridere, portandosi una mano alla bocca.
–
Chissà perché, ma la cosa non mi sorprende – disse poi, incrociando le braccia.
Ricordava bene gli sguardi seducenti e le battute allusive che lanciava alle
cameriere, quelle poche volte in cui erano andati in qualche locanda a
rifocillarsi durante la sua ultima avventura nella Foresta Incantata. – Per lo
meno ora si è messo la testa a posto – aggiunse poi, con un sorriso.
Era
sorpresa di vedere Killian accanto ad una donna; era
da sempre convinta che i pirati fossero degli spiriti liberi, sprezzanti verso
ogni tipo di legame affettivo, specie verso l’amore. Raramente aveva sentito
parlare di donne accolte a bordo di una nave e i pochi casi in cui i pirati
facevano eccezione era perché si trattava di un grande amore o di una
situazione particolare.
Come la mia, pensò Ariel,
richiamando alla mente la proposta di Killian di due
anni prima.
–
Sì, beh, sai… L’incontro con Milah
è stato inaspettato (2) – disse quest’ultimo, interrompendo le sue riflessioni.
Passò un braccio attorno alle spalle della donna, che subito si strinse a lui.
Ariel
abbassò lo sguardo, sentendosi di troppo, e avvertendo gli angoli degli occhi
pizzicare.
Non
aveva messo in conto quell’eventualità.
Non
credeva che persino la manifestazione d’affetto più innocente le avrebbe fatto
tornare alla mente Eric e le avrebbe fatto sentire ancora di più la mancanza
delle sue braccia che la stringevano, della sua voce, del suo profumo,
semplicemente di tutta la sua persona.
Continuava
a fare male anche a distanza di tutto quel tempo.
Finché
teneva la mente impegnata riusciva a non pensarci, a vivere la propria vita
come se nulla fosse accaduto, a sopravvivere. Quando però vedeva due persone
qualsiasi innamorate, ciò che aveva perso le tornava alla mente con prepotenza,
rimarcando tutto il dolore provato. Aveva sperato che forse, vivendo una vita
avventurosa a bordo della nave di Killian, non
avrebbe più avuto occasioni di vedere persone innamorate e felici e quindi
avrebbe dimenticato davvero tutto, ma si sbagliava.
Era
stata una stupida a pensare che la ferita che si portava dentro potesse
rimarginarsi a quel modo. Era ancora viva e pulsante, al centro del suo petto,
e in quel momento aveva ripreso a stillare sangue.
Killian era
decisamente sorpreso dall’inaspettata visita di Ariel. Per un attimo aveva
davvero creduto che fosse un’allucinazione, ma quando poco aveva sfoderato il
suo bel caratterino davanti a Milah aveva avuto la
certezza che fosse lei.
Un
grande senso di sollievo lo aveva pervaso, nel vederla viva e vegeta.
Nel
tempo trascorso dalla notte in cui aveva ucciso Oscar, infatti, non aveva
potuto fare a meno di sentirsi in colpa.
Se
solo avesse insistito di più nel farla desistere, non avrebbero mai messo in
atto quel piano.
Se
solo avesse immobilizzato Oscar con più fermezza, questi non si sarebbe mai
liberato dalla sua stretta e avrebbe potuto tramortirlo o ucciderlo per poi
fuggire insieme alla sirena.
Se
solo fosse arrivato al castello un po’ prima, avrebbe potuto salvare Ariel
senza costringerla a usare la collana per farlo.
Col
tempo i sensi di colpa si erano un po’ alleviati, ma quella sera avevano
cessato di esistere ed erano stati sostituiti dall’interrogativo che per anni
lo aveva tormentato.
Perché
Ariel non aveva aspettato che arrivasse in suo soccorso?
Scosse
la testa, confuso.
Dopo
tutto quel tempo ancora non sapeva rispondere.
Avrebbe
posto la domanda alla diretta interessata, non appena gli si fosse presentata
l’occasione.
Ariel
rimase per un po’ nella locanda, seduta di fronte a Killian
e Milah. Giocò a dadi con il resto della ciurma e
bevve persino un boccale di birra, che le diede l’allegria e il coraggio necessari
ad affrontare una serata di quel tipo, che per lei era una novità.
Quando
ormai era notte fonda, il capitano si alzò dalla panca e annunciò il proprio
ritorno alla nave. Milah e alcuni membri
dell’equipaggio lo seguirono, e altrettanto fece Ariel, dato che Killian ci teneva a mostrarle la propria imbarcazione.
–
Questa è la tua nave? – domandò Ariel, non appena giunsero a destinazione.
Da
quel che poteva vedere grazie alla luce delle torce poste sul molo, si trovava
di fronte ad una grande e maestosa imbarcazione che non aveva nulla da
invidiare alle altre che erano ormeggiate lì vicino.
–
Già. Ti presento la Jolly Roger –
rispose Killian, con gli occhi che gli brillavano. –
Ti piace?
–
Altroché, è bellissima! – esclamò Ariel.
–
E mi permette anche di viaggiare attraverso i vari mondi, sai? È fatta di un
legno magico che può attraversare qualsiasi portale – spiegò Killian, entusiasta. Doveva essere davvero orgoglioso della
propria nave.
–
Wow, ma è fantastico! – esclamò Ariel, altrettanto estasiata. – Chissà quanti
mondi avrai visitato… – aggiunse, con una nota d’invidia.
–
Molti – disse Milah, con un sorriso. – Grazie a
questa nave abbiamo visto molti luoghi – aggiunse, prima di congedarsi dal
capitano dicendogli che lo avrebbe aspettato in cabina. Killian
sorrise, prima di darle un fugace bacio sulle labbra e rivolgerle una sguardo
carico di aspettative.
–
Perché sei qui? – domandò Killian ad Ariel qualche
istante dopo, non appena furono soli. Finalmente poteva parlarle liberamente ed
essere sicuro di avere risposte sincere. Da quello che aveva potuto vedere alla
locanda, la ragazza si sentiva un po’ in soggezione in mezzo a tanta gente.
–
Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me, tempo fa. E dirti che ora
sto bene – rispose Ariel.
–
E lo fai dopo cinque anni? – chiese il pirata, inarcando un sopracciglio.
Ariel
si morse un labbro. Non poteva dirgli che aveva quasi riconsiderato la sua
proposta di unirsi alla sua ciurma ma che aveva cambiato idea non appena aveva
conosciuto quella donna, Milah. Non poteva dirgli che
quando li aveva visti così innamorati il dolore per la morte di Eric era
riaffiorato, insieme alla nostalgia che aveva di lui.
–
Per me è passato meno tempo – disse dunque, nel tentativo di guadagnare tempo.
– Due anni.
–
È comunque tanto.
All’improvviso
le venne un’idea. Aveva portato un dono per Killian,
e lo avrebbe usato.
–
Ho avuto un po’ da fare – si difese dunque. – Raccogliere i cocci non è stato facile… E nemmeno trovare questo – proseguì, estraendo di
tasca un fagiolo magico (3). – È stata dura convincere mio padre a darmene uno.
Da quando mia madre è morta ha smesso di commerciare fagioli con i giganti e
quei pochi che ci sono rimasti li tiene sotto chiave.
Killian osservò
rapito il fagiolo che Ariel teneva nel palmo della mano destra. – Questi… Questi sono rari, qui – fu soltanto in grado di
dire. I fagioli facevano gola a molti e tra i pirati erano oggetto di vere e
proprie cacce al tesoro.
–
Lo so – convenne Ariel. – È per questo che voglio fartene dono. Per
ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me – aggiunse. Non gli disse che
lo aveva portato con sé come garanzia, che glielo avrebbe offerto come merce di
scambio nel caso in cui si fosse mostrato titubante nell’accoglierla nella sua
ciurma, né che glielo avrebbe dato comunque come dono per ringraziarlo. – Tieni
– lo esortò dunque, con un movimento del capo. Se lo era meritato.
Killian le prese il
fagiolo di mano e lo mise in tasca.
–
Grazie, Ariel – disse. – Il tuo è un dono molto gradito. Ne farò buon uso.
La
ragazza si strinse nelle spalle, un po’ in imbarazzo.
–
Ti trovo bene – gli disse quindi. – Hai una bella nave, una ciurma numerosa… E una bella donna al tuo fianco.
–
Già, Milah – convenne Killian,
con un sorriso spontaneo. – È straordinaria. Piena di voglia di vivere, di sete
d’avventura… Sono io quello fortunato ad averla
incontrata, nonostante lei sostenga il contrario.
–
Davvero? – domandò Ariel, aggrottando le sopracciglia e domandandosi perché mai
una donna dovesse ritenersi fortunata a incontrare un pirata. Normalmente stavano
bene attente a rimanere alla larga da una qualsiasi ciurma di avventurieri.
–
Sì, beh… Diciamo che l’ho salvata da una vita che le
non sentiva più sua – rispose Killian. – Quando l’ho
incontrata era molto infelice – aggiunse, rammentando lo sguardo triste di Milah, quando l’aveva vista per la prima volta. Non appena
aveva iniziato a raccontarle le proprie avventure, però, quello sguardo spento
si era accesso di curiosità e meraviglia. Sorridere era stato il passo
successivo, e quando Killian aveva visto
quell’espressione di gioia sul viso di Milah aveva
pensato che non ci fosse cosa più bella al mondo. – Era sposata con un uomo che
non amava – concluse, incrociando le
braccia. Quel codardo non era stato nemmeno in grado di tirare fuori gli
attributi per tenere la moglie al proprio fianco, quando l’indomani si era
recato sulla sua nave per reclamarla. Era stato solo in grado di implorarlo con
voce piagnucolante. Milah meritava di meglio.
–
Oh! – esclamò Ariel, realizzando ciò che aveva appena udito. – Quindi vuoi dire
che tu… che tu l’hai rapita da suo marito? – domandò,
con una nota di incredulità nella propria voce.
–
Io non l’ho rapita! – esclamò Killian, piccato. – Milah mi ha seguito di sua spontanea volontà! – si difese. Perché
tutti credevano che la decisione fosse stata solo sua?
–
Va bene, va bene – borbottò Ariel. – Ti credo, non c’è bisogno di scaldarsi
tanto.
Killian inarcò un
sopracciglio, poi scoppiò in una risatina, scuotendo la testa.
–
Anche io ti trovo bene – disse dunque, per cambiare discorso.
È tutta una
facciata,
avrebbe voluto rispondergli Ariel ricordando quanto poco fosse bastato per
farle venire le lacrime agli occhi, poco prima.
–
È stata dura – disse invece, con un’alzata di spalle. E lo è ancora.
–
Sei tornata a Neverland, vero? – chiese Killian. – Hai usato la tua collana, dopo che Oscar ti ha
catturata?
–
Sì, e per poco non sono morta – rispose Ariel, abbassando lo sguardo. Non
avrebbe mai dimenticato come le forze l’avevano man mano abbandonata.
–
Posso farti una domanda? – osò domandare il pirata, credendo che fosse giunto
il momento giusto.
–
Certo.
Killian prese un
respiro profondo. Dopo tanto tempo, il momento della verità era finalmente
giunto.
–
Perché non hai aspettato che io venissi a liberarti? – chiese infine, con una
nota di tristezza nella voce.
Ariel
strabuzzò gli occhi, confusa.
–
Che diavolo stai dicendo, Killian?
–
Mi riferisco alla notte in cui sei stata catturata. Quando mi hai detto di
scappare, io ti ho detto, anzi, diciamo pure che ti ho promesso che sarei
tornato a salvarti – spiegò il pirata, per fugare ogni dubbio. – Sono tornato
il giorno dopo e Oscar mi ha detto che eri svanita nel nulla. Perché non mi hai
aspettato, Ariel?
Ariel
batté le palpebre più volte, esterrefatta. Davvero Killian
era tornato al castello di Oscar? Davvero si era cacciato in una situazione
pericolosa solo per salvarla? Perché lo aveva fatto? E perché lei non lo aveva
udito mentre le prometteva che sarebbe tornato?
–
Io… Io non ne avevo idea – si giustificò, con
rammarico. – Quando sono arrivate le guardie c’è stato un sacco di frastuono, e
quando tu sei scappato non ho sentito nulla. Mi dispiace – argomentò,
rammentando quella notte che volentieri avrebbe preferito dimenticare. – Ti
avrei aspettato, altrimenti – decretò infine, con un sorriso permeato di
malinconia.
In
un solo attimo tutta la sua vita era cambiata.
In
un solo attimo, il fato le aveva giocato un brutto scherzo, portandola a
prendere la difficile decisione di salvarsi la vita mettendola in gioco usando
la propria collana.
Inevitabilmente
finì per chiedersi cosa sarebbe successo, se così non fosse stato.
Avrebbe
aspettato Killian, lui l’avrebbe liberata e lei
probabilmente si sarebbe unita alla sua ciurma.
Forse ora ci
saresti tu al posto di Milah, le sussurrò
un’infida vocina nella propria mente.
Ariel
scosse la testa.
Dubitava
che tra lei e Killian ci sarebbe mai stato un tale
esito, nemmeno nel caso in cui lei non fosse tornata a Neverland.
Non che non lo trovasse affascinante, ma il ricordo di Eric sarebbe stato
ancora troppo doloroso per permetterle di aprire di nuovo il proprio cuore,
proprio come lo era ancora in quel momento.
Aveva
infatti paura di soffrire, di sentirsi di nuovo lacerata e senza speranze, e
quando era tornata a Neverland aveva promesso a se
stessa che non si sarebbe mai più legata ad un uomo. Si sentiva come se il
cuore le fosse stato strappato dal petto e dubitava che le sarebbe stato
rimesso a posto. Nessuno sarebbe stato in grado di farlo, probabilmente.
–
È acqua passata, ormai – sentenziò Killian, con
un’alzata di spalle, interrompendo quei pensieri. Dopo tutto quel tempo aveva
ricevuto risposta alla sua domanda e ne era rimasto un po’ deluso. Tutto si
sarebbe aspettato tranne che Ariel non avesse udito la sua promessa. Ora capiva
perché aveva usato la collana e si rammaricava di non aver agito abbastanza in
fretta per poterla salvare. Il passato però non si poteva cambiare. Ormai era
andata così. – Hai trovato quello che cercavi? – domandò dunque.
–
Sì, più o meno – rispose Ariel. – Mio padre mi ha accolta senza remore e mi ha
perdonata per essere scappata. Ci siamo avvicinati molto e mi è stato d’aiuto.
–
Tuo… tuo padre? – la interruppe Killian,
perplesso. – Come hai fatto a metterti in contatto con lui da umana? – domandò dunque,
rendendosi anche conto che non era la prima volta che Ariel nominava suo padre.
Prima, però, era stato troppo distratto dal fagiolo magico per rendersene
conto.
–
Oh già – borbottò la sirenza. Aveva omesso la parte
più importante. – Quando sono fuggita dal castello di Oscar con la mia collana
sono apparsa priva di sensi nella sala del trono del mio palazzo, e mio padre
mi ha guarita e accudita. Non appena mi sono svegliata, poi, mi ha fatto
tornare di nuovo sirena, anche se non è riuscito a contrastare del tutto
l’incantesimo della strega del mare – spiegò quindi, cercando di essere breve
per non annoiare il pirata.
–
Ecco perché ora hai le gambe – constatò Killian.
–
Già. Finché sono in acqua resto sirena; non appena metto piede a terra divento
umana – sintetizzò. – Ho una doppia natura, ora.
–
Credo di capire perché tu non ti sia fatta viva fino ad ora – confessò Killian, con un risatina. Non doveva essere stato facile
abituarsi a tutte quelle novità.
–
Non è il solo motivo – rivelò la sirena, un po’ titubante. – Avevo anche un po’
paura, data la mia ultima esperienza in questo mondo. Sai, credevo che…
–
Oscar – completò per lei il pirata, pronunciando quell’unico nome che
riassumeva tutti i timori che Ariel doveva provare.
Ariel
annuì.
–
Che ne è stato di lui? – chiese dunque. Aveva paura che dopo tutto quel tempo
non l’avesse dimenticata, che fosse ancora ricercata, e che se avesse messo
piede nella Foresta Incantata sarebbe stata di nuovo catturata.
–
È morto – rispose Killian, atono. – L’ho ucciso io
quando sono tornato al castello a salvarti – rivelò senza la minima traccia di
rammarico.
–
Co… come? – balbettò Ariel, faticando a realizzare
ciò che aveva appena udito. – Perché l’hai fatto? – fu solo in grado di
chiedere.
–
Per tanti motivi – rispose Killian, con un’alzata di
spalle. – Primo: sono un pirata. Secondo: se lo avessi risparmiato mi avrebbe
ucciso o fatto catturare. Terzo: se lo meritava – elencò, in tono quasi
annoiato. Non era minimamente pentito di quel che aveva fatto. – Vuoi che
continui?
–
No – disse Ariel, secca.
Si
avvicinò al parapetto della nave e vi si appoggiò, dando le spalle a Killian. Non riusciva a credere alle proprie orecchie.
Killian aveva ucciso
Oscar?
Oscar
era morto e non era più una minaccia per lei?
Nonostante
fosse sconvolta da ciò che Killian aveva fatto, non
poté fare a meno di sentirsi sollevata. In quei giorni in cui aveva vagato per
la Foresta Incantata in cerca del pirata era stata molto guardinga e ben
attenta a stare alla larga da Sunnydale. Aveva
cercato anche di non dare troppo nell’occhio per timore che Oscar in qualche
modo venisse a sapere del suo ritorno e si mettesse di nuovo sulle sue tracce.
Era
tutto finito, ora.
Non
aveva più nulla da temere da quell’uomo.
Si
voltò di nuovo verso Killian.
–
Non nego di sentirmi più sicura, ora – disse in un sussuro.
– Però…
–
Però cosa, Ariel? – la interruppe il pirata, in tono irato. – Non starai per
farmi una predica, vero? – ringhiò, avvicinandosi a lei.
Ariel
abbassò lo sguardo, non sapendo cosa dire.
–
Non voglio farti nessuna predica – disse poi, guardandolo negli occhi. – Però, ecco… Non spettava a te ucciderlo. Non spettava a te dargli
quello che si meritava.
–
E a chi spettava? A te? Hai avuto la tua occasione e l’hai sprecata, lo sai
meglio di me – sbottò Killian, ormai spazientito.
–
Hai ragione, l’ho sprecata – disse Ariel, pacata. Non era andata a cercarlo per
fare discussioni. – Non me ne pento, però. Sono felice di non essere
un’assassina.
Killian si calmò,
anch’egli per niente desideroso di diatribe. Era felice di vedere Ariel viva,
ed era tutto ciò che importava.
–
Anche io ne sono felice. Non avresti mai sopportato quel fardello – convenne
dunque, addolcendo i toni.
–
Lo so – constatò Ariel con un sospiro. Ancora stentava a credere a cosa si era
creduta capace di fare, due anni prima, a quanto fosse stata vicina a cedere
all’oscurità. Sperava di non doversi trovare mai più in una situazione del
genere. – Grazie ancora per quello che hai fatto per me tempo fa – ribadì dunque.
– Ora è tempo che me ne vada – decretò infine. Non c’era più nulla che la
trattenesse in quel mondo, ormai. L’idea di rivalutare la proposta di Killian si era rivelata effimera ed era scemata non appena
aveva capito che in quel modo non sarebbe fuggita dal proprio dolore, che continuava
a perseguitarla come una maledizione.
–
Di già? – chiese il pirata, non nascondendo una note di delusione
–
Quello per cui sono venuta qui l’ho fatto – replicò Ariel con un’alzata di
spalle. – Sono felice che tu stia bene e che sia felice accanto a Milah.
–
Spero che un giorno anche tu possa essere di nuovo felice – le augurò Killian, prima di allargare le braccia in un muto invito.
Ariel
restò in silenzio e si fece avanti per abbracciarlo. Dubitava che avrebbe
sperimentato di nuovo la felicità che l’amore poteva offrire, ma non lo disse
ad alta voce.
Rimase
stretta a Killian per pochi secondi, senza dire una
parola, dopodiché si separò da lui e, sempre in silenzio, scese dalla Jolly
Roger.
Mentre
la guardava allontanarsi, Killian si domandò se
l’avrebbe mai rivista.
Note
(1) Ennesimo
riferimento a “Pirati dei Caraibi”. È un pozzo infinito a cui attingere, quel
film.
(2) Per Ariel sono
passati due anni, per Killian cinque. Milah è da poco nella sua ciurma, diciamo qualche mese. Da
quello che ho dedotto io dalla 2x04 con il mio scarso spirito d’osservazione, Bae (per quel poco che appare) aveva circa cinque anni,
massimo sei. Parlando di Oscar, nei capitoli precedenti, avevo fatto
riferimento a Tremotino che si era azzoppato da solo per non combattere, fatto
avvenuto un po’ prima che Oscar attuasse il suo piano contro Eric. Ecco perché
ho fatto passare cinque anni per Killian e due per
Ariel (ho immaginato che un anno a Neverland
equivalga a due e mezzo nella Foresta Incantata).
(3) È lo stesso
fagiolo che vediamo nella 2x04. Quando Spugna parla con Tremotino, ricordo che
dice che il fagiolo ancora non è suo, ma può procurarselo, per cui ho
immaginato che fosse già nelle mani del pirata e che glielo avesse dato Ariel. Per il resto non ci viene mostrato come
Spugna viene catturato da Uncino, per cui può essere benissimo che nel
procurarsi il fagiolo si sia lasciato sfuggire che era per l’oscuro e che Milah abbia avuto l’intuizione di usarlo come merce di
scambio per salvare la vita di Killian.
Ed
eccoci qui anche con il settimo capitolo, dove Killian
ed Ariel si sono riuniti per però separarsi di nuovo. Non temete, però; saranno
presto riuniti.^^
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto; a me personalmente non convince molto la parte
finale, ma non sapevo come renderla altrimenti. Forse ho messo un po’ troppa
carne al fuoco. xD
Ringrazio
come sempre chi mi segue, legge e recensisce; siete dolcissime e mi date sempre
la forza e lo sprono necessari a scrivere :)
A
presto^^
Sara