Dedicato a
radioactive, perché ogni Malec che scrivo è prima di tutto sua.
◊◊◊
Quella mattina si era rivelata una
mattina come le altre.
Al suo risveglio, Alec, aveva trovato
il suo compagno accanto a sé nel letto e, dopo le solite carezze mattutine e i complicati
stratagemmi di Magnus per tenerlo sotto le coperte fino ad un orario
pressappoco accettabile – cioè mezzogiorno – i due si erano alzati ed erano
andati a fare la solita colazione.
Poteva sembrare una normale mattina,
in effetti, se non fosse stato per lo strano gongolare dello stregone in giro
per la cucina, e per l’annuncio che, quel pomeriggio, sarebbero dovuti andare
in un posto. Bene, Alec odiava i posti, soprattutto se non era a conoscenza del
loro nome, indirizzo e, cosa più importante di tutte, se Magnus osava dire la
parola “posto” con quel sorriso sulle labbra che non lasciava intendere niente
di buono.
Il cacciatore, nonostante tutto,
aveva fatto lo sforzo di vestirsi e di attendere il suo ragazzo per
interminabili minuti accoccolato sul divano, per poi vederlo uscire dal bagno
vestito alla… non aveva davvero idea di come definirlo. Sembrava un leopardo, e
probabilmente l’effetto era dovuto a tutte quelle macchie, pensò Alec.
Ecco le cose che quel pomeriggio
rendevano Magnus un leopardo. Dal basso verso l'alto: creepers bordeaux
leopardate; jeans attillati neri con ricami a macchie di leopardo; maglietta
rossa con un leopardo a stampe macchie di leopardo; cintura borchiata, nera
anche questa; tre anelli sui quali erano incastonati tre occhio di tigre
diversi; capelli a spuntoni decorati con glitter rossi e bianchi; eyeliner
dorato; unghie smaltate con macchie di leopardo e, per finire, l’immancabile
profumo al sandalo.
Sopravvissuto all’apparizione dello
stregone vestito da animale della savana, Alec si era limitato al silenzio e a
monosillabi per tutto il viaggio verso quel “posto” che già, se lo sentiva,
avrebbe odiato. Dopotutto rientrava nella lista delle “tre cose che rendono un
luogo sgradevole e detestabile ancora prima che Alexander Gideon Lightwood lo
abbia visto”.
Tutto era andato per il meglio – se
quello si poteva davvero definire in quel modo – fino a quando Magnus non lo
aveva bendato fermandolo all’angolo della 5th Ave New.
In quell’istante qualcosa dentro Alec
gridò “PERICOLO”, ma nonostante
questo si lasciò guidare alla cieca.
Non avrebbe dovuto farlo.
Sentì lo stregone ridacchiare
abbandonandogli le mani. «Resta un secondo qui, pasticcino» gli disse, e al
povero Nephilim vennero i brividi.
Quello che ne seguì fu un lungo momento
di silenzio, il rumore di un meccanismo che si metteva in movimento, e poi…
qualcosa gli punzecchiò le natiche.
Alec sussultò coprendosi con una mano
la parte colpita, diventando rosso come un peperone «Per l’Angelo, Magnus!
Smettila di toccarmi il sedere...» sbottò strappandosi la benda che ancora gli
copriva gli occhi, impallidendo alla vista di quello che si trovava dietro le
sue spalle.
Il suo ragazzo era comodamente seduto
su una bicicletta che, dedusse, metteva in moto altre due biciclette, a loro
volta collegate a un tubo al quale apice era attaccato un… «Dimmi che non è
quello che sembra!» mormorò il cacciatore facendo un passo per allontanarsi
dall’oggetto di forma fallica che ora era davanti a lui.
«E’ esattamente quello che sembra,
fiorellino» rispose Magnus con un ghigno scendendo poi dalla bicicletta per
tornare a prendergli la mano, ma Alec si liberò subito dalla sua presa ancora
rosso in viso, sia per la rabbia che per l’imbarazzo.
«Me ne vado» disse categorico girando
i tacchi, dirigendosi il più in fretta possibile verso la porta.
Non sarebbe restato nemmeno se lo
avessero pagato, nemmeno se l’Angelo Raziel fosse sceso dal cielo e gli avesse
ordinato di farlo.
«Eddai, non lasciarmi da solo, potrei
non tornare a casa» disse Magnus inseguendolo, fermandolo prima che potesse
uscire, ma il Nephilim si liberò di nuovo il polso guardandolo con fare
inquisitore.
«Per quale motivo mi hai portato
qui?» domandò al limite dell’esasperazione.
Discuterne era inutile, finché la
battaglia si limitava alle parole avrebbe sempre e comunque vinto Magnus. Lo
aveva imparato, oramai.
Lo stregone aprì le braccia in un
gesto teatrale, «Non puoi vivere a New York senza conoscere le sue meraviglie.
Hai già conosciuto me, ti mancava solo questo posto» rispose tentando di
prendergli di nuovo la mano, ma anche questa volta Alec fu più veloce di lui.
«Io non definirei tutto questo una
“meraviglia”» ribatté il Cacciatore guardandosi attorno con aria sconcertata.
Le labbra di Magnus s’incresparono in un sorriso, uno di quelli che lo faceva
sembrare ancora di più un gatto o, dato il suo abbigliamento, un leopardo.
«Sei il primo Nephilim che visita il
Museo del Sesso, dovresti essere onorato di questo titolo» disse lo stregone
riuscendo a far sembrare la situazione un’impresa degna di riconoscimento.
«Ci sarà un motivo se nessun altro
c’è stato prima. E comunque non voglio rompere la tradizione» rispose di nuovo
Alec con aria stizzita. Non poteva
dargliela vinta.
Magnus finse di controllarsi le unghie
perfettamente in ordine, «Temo che tu l’abbia già fatto, sei appena stato
stuprato da una bici».
«MAGNUS!»
«Hai ragione…» disse lo stregone «Io ti ho quasi stuprato con una bici».
Alec si sentì morire «Smettila!»
sibilò fra i denti, passandosi una mano sul viso oramai più bordeaux che rosso,
ma Magnus non aveva intenzione di desistere dalla sua posizione.
«Lo sai che c’è un cartello che dice
di non toccare, leccare, accarezzare e montare gli oggetti in esibizione?»
spiegò il Nascosto indicando il suddetto cartello appeso alla parete.
«Non mi sembra che tu dia molto peso
al cartello» constatò il Cacciatore piuttosto sconvolto dall’ultimo divieto.
Davvero c’era gente che non… No. Non voleva saperlo.
Magnus sorrise malizioso, l’oro dei
suoi occhi riflesso nel blu delle iridi del suo ragazzo «Se si tratta di te è
molto difficile darci peso» ammise squadrandolo da testa a piedi.
A quel punto ad Alec non restava che
issare bandiera bianca e arrendersi.
Non c’era modo di averla vinta, era
questa la nuda e cruda verità.
Prima iniziamo, prima finiamo, pensò prese
la mano dello stregone che, con un sorriso compiaciuto, incominciò a camminare
fra le numerose teche di vetro in esposizione.
C’erano oggetti composti dai più
svariati materiali, ma la forma, purtroppo per Alec, era inequivocabilmente
soltanto una. Dildi di gomma, di vetro, e ce n’era uno perfino fatto con caramelle.
Per quale oscuro motivo qualcuno dovrebbe infilarsi una cosa del genere in - Il
Nephilim arrossì di colpo – per quanto sia possibile arrossire se il volto in questione è già viola, ovvio.
In quell’istante prese una rapida
decisione: non si sarebbe posto domande e, soprattutto la povera Maryse non
sarebbe mai, nemmeno fra un milione di anni, o in un’altra vita, venuta a
sapere di quella visita in quel museo. Se gli avesse chiesto dove avesse
passato la domenica pomeriggio lui avrebbe risposto “a pescare”. Sì, gli
sembrava un’ottima idea.
«I cervi ci sanno fare. Nella mia
vita precedente ero un cervo, e tu eri la mia bella cerbiatta» esordì Magnus
esaminando a fondo una scultura con tre cervi coinvolti in un atto sessuale.
«Risparmiamelo» borbottò Alec. Aveva
deciso di concentrarsi sulle sue scarpe, di certo non erano belle, ma erano
meglio di qualsiasi cosa avesse potuto vedere in quella stanza ricolma di
raffigurazioni animali durante i loro atti di accoppiamento.
Il Nascosto gli prese delicatamente
il braccio facendolo voltare, costringendolo ad alzare lo sguardo verso
un’opera scolpita a forma di due scimmie che copulavano.
«Guarda, biscottino! Quella è stata
la posizione della nostra prima volta, ti ricordi?» disse lo stregone indicando
le due sagome avvinghiate.
Alec si spiattellò entrambe le mani
sul viso.
Non sarebbe sopravvissuto a quella
visita, tanto valeva iniziare a dettare testamento.
«Non toccarli!» sibilò il Nephilm fra
i denti schiaffeggiando il braccio di Magnus che si era proteso a palpare il
seno di un busto di donna. Un cartello sopra di questo diceva “Toccare
gentilmente”. «Li tratti meglio di come tratti me» aggiunse poi distogliendo lo
sguardo dal suo compagno.
Magnus ridacchiò «Sei geloso, Alexander?» era palesemente divertito.
«Alec»
il tono del cacciatore era più che infastidito.
«Quindi sei geloso…» gongolò lo
stregone sporgendosi di qualche centimetro per lasciargli un piccolo bacio
all’angolo delle labbra.
«Non li voglio i tuoi sporchi baci di
Giuda» sbottò Alec poggiandogli la mano sulle labbra. «Andiamo…» già si sentiva
in colpa per la risposta da ragazzina acida e mestruata.
«Sai dovremmo filmarci anche noi e
mandare il video al museo» propose Magnus con un sorriso mentre osservava
attentamente una riproduzione pornografica di una coppia nel mezzo di un
amplesso.
«Giuro sull’Angelo che se lo fai
sparisco dalla faccia della terra» affermò Alec sicuro di quel che diceva,
attento a non guardare neanche per sbaglio il video proiettato davanti a lui.
«La tua faccia potrebbe anche
sparire, ma il tuo sedere rimarrebbe per sempre fra le mura di questo museo» il Nascosto aveva voce adorante, neanche
stesse parlando di una delle sette meraviglie del mondo.
«Piantala. Di. Parlare. Del. Mio.
Sedere» scandì Alec ringhiando quansi come un animale. La situazione stava
diventando insostenibile.
«Ha scalato la classifica dei miei
argomenti preferiti. Il primo è quello dello spogliarsi, il secondo è la moda e
il terzo il tuo sedere» rispose lo stregone sempre più divertito, tirandogli
una pacca sulle natiche sode.
Alec sussultò emettendo un versetto
decisamente poco virile e di dubbia provenienza. «Non mi sembra di avertelo
chiesto» grugnì facendo aderire la schiena alla parete, in modo tale da
proteggere il suo lato B, diventato l’argomento del giorno.
Magnus si posizionò davanti a lui,
scostandogli una ciocca di capelli corvini dal viso. «Non si smette mai
d’imparare, caramellina mia. Per questo siamo qui» spiegò il Nascosto con un
mezzo sorrisino, ma l’unica cosa che ricevette in risposta dal cacciatore fu un
borbottio sommesso e incomprensibile prima che questo sgusciasse via nel
corridoio.
«Siamo impazienti…» ridacchiò il
Figlio di Lilith seguendolo.
«No, voglio solo che finisca in
fretta» lo corresse Alec senza nemmeno girarsi a guardare se il suo ragazzo lo
stesse seguendo.
«Non dicevi lo stesso ieri sera,
Alexander» sussurrò Magnus una volta che l’ebbe raggiunto, prendendogli la mano
e chinandosi un po’ per strofinargli la punta del naso contro la guancia.
Il Nephilim arrossì di colpo
divincolandosi e accelerando il passo.
Gli fumavano le orecchie e borbottava
tanto da sembrare una caffettiera. «Ti
detesto» disse girandosi a guardare il suo compagno che, per tutta
risposta, si mise una mano sul petto all’altezza del cuore con un’aria
sofferente.
«Così mi ferisci…» rispose
guardandolo con le pupille dilatate e, in quel momento, ad Alec ricordò il
gatto del cartone animato con quell’orco verde che aveva sposato una
principessa – Magnus glielo aveva fatto vedere qualche mese prima.
«Anche tu hai ferito me portandomi
qui» spiegò il Cacciatore indicando il
pavimento con la punta dell’indice.
Lo stregone lo affiancò di nuovo
facendolo voltare e invitandolo a proseguire per il corridoio «Un cuore ferito
è più forte una volta guarito» disse accarezzandogli dolcemente i capelli «Me
lo disse un vecchio lupo mannaro» argomentò, ma Alec si staccò di nuovo
infilando le mani nelle tasche dei jeans, così che lui non potesse
stringergliele.
«Sei stato a letto anche lui?» chiese
con la sua solita aria infastidita, senza degnarlo di uno sguardo.
«Pensavo fosse un argomento superato»
ammise Magnus prendendolo a braccetto.
«A me pare che sia in tema» ribatté
il Nephilim.
«Anche quello che abbiamo fatto ieri
sera è in tema, ma tu non ne vuoi parlare» mormorò il Nascosto all’orecchio del
suo ragazzo facendolo arrossire di nuovo.
«Proseguiamo?» domandò Alec retorico
camminando a grandi falcate per il corridoio successivo.
«Magnus, sei indecente!»
E lo era davvero.
Erano finiti nella zona delle riviste
e dei libri a sfondo pornografico, e la prima cosa che Magnus aveva fatto era
stata prendere uno dei libri e iniziare a leggere, riproducendo perfettamente
anche i versi e i mugolii, completamente incurante degli altri visitatori.
«Molto cose in questa stanza sono
indecenti, ma non perdo tempo a dirglielo» disse il Nascosto chiudendo il
libro, guardando il suo ragazzo negli occhi con un sorriso malizioso stampato
sul viso.
«Sembravi il gatto in calore della
vicina…» spiegò Alec prendendogli il tomo dalle mani e rimettendolo al suo
giusto posto.
Magnus si avvicinò chinandosi accanto
al suo orecchio, come se dovesse mormorargli un segreto, o la cosa indecente
che in realtà stava per dirgli, «Mi sono ispirato a te» soffiò sul suo
padiglione auricolare.
Il Cacciatore rabbrividì assumendo il
colore di un’aragosta appena pescata «Io non faccio questi versi!» dalla
caffettiera era passato ad assomigliare ad una pentola di fagioli.
«Infatti fai i rumori dei gattini» lo
corresse Magnus, ghignava.
«Arghmhn,
per l’Angelo…» sbottò Alec spiattellandosi entrambe le mani sulla faccia, un
gesto fin troppo ripetuto quella giornata.
«Ben detto» rise lo stregone.
Il giro continuò esattamente come
previsto, con l’imbarazzo di Alec direttamente proporzionale al divertimento di
Magnus. Guardarono statue – o forse le guardò solo Magnus – e altri strani
aggeggi e oggetti dei quali il cacciatore non osò domandarsi l’uso.
«Dimmi il giro è finito…» lo supplicò
il Nephilim oramai sull’orlo dell’implosione.
«Diciotto dollari a testa solo per
questo? Ovviamente no, fiorellino» disse l’altro.
E non era finita davvero, il peggio
doveva ancora arrivare.
«Questo non c’era l’altra volta!»
esclamò Magnus sollevando uno strano oggetto a forma di bruco di un azzurro
pastello. Alec sospettava a cosa servisse, ma non aveva il coraggio di
chiederselo, e tanto meno di chiederlo all’altro. Non gli avrebbe dato la
soddisfazione di metterlo in imbarazzo per la centesima volta in quel
pomeriggio.
«Quale altra volta?» chiese il
Cacciatore palesemente sconvolto.
«Un paio di mesi fa…» rispose il
Nascosto rigirandosi fra le mani l’oggetto.
«Tu vieni qui ogni due mesi?» domandò
retorico guardandolo con l’aria di uno che appena scoperto di essersi sposato a la notte prima a Las Vegas
completamente ubriaco.
«Hanno un negozio splendidamente
assortito…» confesso Magnus agitando il bruco fra le dita. Alec inorridì. «E’ tutto in casa, sai?» aggiunse, osservando
gli altri oggetti in vendita, prestando ben poca attenzione alla lunga serie di
espressioni sconvolte e sconcertare del suo compagno.
«Non voglio sapere dove li tieni»
disse svelto Alec. Gli bastava sapere che erano in casa, ora non avrebbe più
fatto sonni tranquilli.
«Nella scatola viola con i fiori,
dentro l’armadio» disse Magnus agitando un altro aggeggio dalla forma fallica
fra le mani.
Alec sbottò facendoglielo posare, «Ho
detto che non volevo saperlo».
Magnus si girò verso di lui e gli
sorrise «Sono desolato, credo di aver capito male» disse con finta aria
dispiaciuta. Il Nephilim sapeva che aveva capito benissimo.
Guardò il bruco… o lombrico, o
qualsiasi cosa fosse che lo fissava con gli occhi strabici e giganteschi «Non
avrai intenzione di comprarlo?» chiese guardando Magnus estrarre il
portafoglio.
«In realtà volevo regalartelo, ma
suppongo che la sorpresa sia rovinata» ammise Magnus sventolandogli l’oggetto
in silicone davanti al naso «Non trovi che sia carino? S’intona pure con i tuoi
splendidi occhi!» disse prima che Alec lo fissasse tentando d’incenerirlo con
il pensiero.
«Finalmente è finita!» esclamò il
cacciatore tirando un sospiro di sollievo, guardando in malo modo il sacchetto
contenete il simpatico bruchetto azzurro.
Lo aveva comprato davvero, sì.
Magnus sorrise lasciandogli un bacio
sulla gota «Veramente questo era solo l’inizio…» disse ridacchiando, facendo
ciondolare la busta di plastica davanti al naso di Alec.
Quello che successe dopo venne
accuratamente filmato, ma per qualche oscura ragione il video non arrivò mai al
museo.
Note
d’Autrice. – perché qui c’è bisogno di spiegazioni.
Buon pomeriggio, popolo(?).
Cosa devo dire? Boh.
Innanzitutto, la fan fiction è
ambientata in un ipotetico futuro felice.
E questa è la premessa, ecco.
Seconda cosa: dove è nata l’idea? –
sembro la guida di un museo, aiuto. Almeno sono in tema.
Quando ho scoperto che a New York c’è
il “museumofsex” – così si chiama – ho subito pensato “MALEC”. Sentivo nelle
budella(?) che Magnus ci avrebbe portato Alec, ma io sono una persona molto
pigra e ho bisogno di essere smossa(?) a scrivere, quindi ieri sera, la mia
beta radioactive che ora si taggherà, perché tutta l’impaginazione è sua, è lei
che me la fa… guardate che bella, vi prego!
Scusate. Dicevo, ieri sera lei mi ha
detto “Potresti scrivere un’altra Malec” e io ho gridato “MUSEO DEL SESSO”.
L’idea è valsa ad entrambe due ore spese nel sito di questo museo che… per
l’Angelo, non saprei come definire.
Passiamo alle cose davvero
importanti.
Le battute sono nate ieri sera, io e
radioactive ci abbiamo lavorato dall’una meno venti di mattina, alla bellezza
dell’una e venticinque minuti, dieci secondi(?). Mento, i secondi non li so.
Insomma, eravamo al telefono e lei
diceva le battute di Magnus, io quelle di Alec.
Quiiindi. Tutti i diritti sulle frasi
del sexy stregone sono sue, io ho solo scritto il tutto e interpretato(?) il
sempre più mestruato Alexander Lightwood. Sì.
Altra cosa… boh.
No, ecco! Sto sproloquiando, aiuto.
Qui vi taggo il magnifico bruco e la bicicletta, almeno quelle /devo/ farle
vedere… sempre se voi vogliate vederle.
Detto questo faccio un po’ di
pubblicità ad un’altra mia fan fiction, un piccolo tributo a una mia piccola OC
inserita in TDI. Quindi, se avete letto TDI e vi va di farci un giro anche solo
per dirmi che sono una pazza sclerata, che vorreste sputarmi in un occhio o
altrove, oppure che vi fa schifo e non ha un senso… sì. Ve la linko(?) qui.
Ora sparisco davvero, lo giuro.
Spero vi abbia fatto almeno un po’
ridere, io ho riso mentre la scrivevo(….).
Alla prossima. *LANCIA CORIANDOLI(?)
E SCAPPA*
Sick