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Autore: Aledileo    15/03/2008    1 recensioni
"Lo scontro sull'Olimpo non è ancora concluso! Le fiamme mortali di Ares e di Flegias ardono più che mai e impegneranno i Cavalieri di Atena e di Zeus in una guerra disperata" "La Grande Guerra" è il seguito di "Fulmini dall'Olimpo", seconda parte della Trilogia di Flegias.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Trilogia di Flegias'
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CAPITOLO TRENTAQUATTRESIMO. LA GRANDE PAURA.

 

Con un brivido ancora nel cuore, Pegasus e Andromeda uscirono dalla Dodicesima Casa, lasciando Phoenix a combattere contro il demoniaco figlio di Ares. Insieme a lui Ippolita, Regina delle Amazzoni, nemica già affrontata da Phoenix al Nono Tempio e che adesso, inaspettatamente, si era rivelata loro alleata, al punto da tradire Ares cercando di ferire Deimos. Chissà cosa l’ha spinta a ribellarsi ad Ares? Rifletté Pegasus, lanciandosi con Andromeda lungo l’ultima scalinata. Che sia una decisione maturata adesso, per comodità, o che sia il risultato di un lento processo iniziato magari durante il suo incontro con Phoenix?! I suoi pensieri furono interrotti dalla violenta esplosione del cosmo di Phoenix.

 

“Andromeda!” –Lo chiamò il ragazzo, osservando l’amico che si era fermato e voltato indietro.

 

“Arrivo!” –Si limitò a rispondere il Cavaliere, senz’altro aggiungere. Ripresero a correre di buona lena, proprio dove Castalia aveva sorretto Pegasus, per aiutarlo contro le ottenebranti rose di Fish.

 

Già... Castalia! Mormorò Pegasus, chiedendosi dove si trovasse. Ho sentito il suo cosmo esplodere, poche ore fa! Ma poi non sono più riuscito a raggiungerla, a causa dell’opprimente cosmo di Ares che domina l’intero Grande Tempio! Ma non mi pareva che si trovasse sull’Olimpo…

 

“Pegasus!” –Lo chiamò Andromeda, rubando il ragazzo ai suoi pensieri.

 

Ancora dieci metri e avrebbero raggiunto il piazzale antistante la Tredicesima Casa del Grande Tempio, antica residenza di Atena e del suo Grande Sacerdote, e attualmente occupata da Ares. Andromeda non fece in tempo ad aggiungere altro, che i due amici dovettero scattare in direzioni diverse, mentre una robusta scure, dal manico scarlatto, si piantava nel pavimento in mezzo a loro, liberando frizzanti scariche di energia cosmica.

 

“Ah ah ah! Bel salto!!! Avete avuto paura, eh?!” –Esclamò una voce, apparendo tra le colonne della Tredicesima Casa.”

 

“E tu chi sei?!” –Domandò Pegasus, avvicinandosi nuovamente a Andromeda e osservando colui che aveva parlato.

 

Fisicamente era un giovane dai corti capelli scuri e dagli occhi neri, bello e dal fisico scultoreo, come quello di una statua classica, con un viso maschile, corta barbetta e una cicatrice sotto l’occhio destro. Era ricoperto dalla sua Armatura Scarlatta dalle accese sfumature violacee, una veste liscia e senza troppe decorazioni, dai toni scuri e incutenti paura. Pegasus non poté non notare la somiglianza fisica col demonio che avevano incontrato al Dodicesimo Tempio, e le parole dell’uomo confermarono il suo dubbio.

 

Phobos, Demonizzazione della Paura! Figlio di Ares e Afrodite, e fratello di Deimos!” –Si presentò l’uomo, avanzando verso i due Cavalieri.

 

Phobos... e Deimos... Le due canaglie figlie di Ares!”

 

“Bada a come parli, randagio ateniese! Adesso ti mostrerò cosa è lo Sgomento!” –Affermò Phobos.

 

“Ma come ti…” –Ringhiò Pegasus, ma Andromeda lo fermò, dicendogli ciò che non aveva potuto prima.

 

“Come alle Dodici Case, così adesso, Pegasus!” –Esclamò, dando ad intendere che avrebbe affrontato lui il figlio di Ares.

 

“Andromeda ma…

 

La conversazione tra i due fu interrotta dalla sonora risata di Phobos, che richiamò a sé la sua scure. La grande ascia vibrò nel pavimento, liberandosi, e saettò nell’aria, fino a tornare nelle possenti mani del suo padrone. Era un’arma dal lungo manico scarlatto, con una doppia lama affilata su entrambi i lati, che ben si intonava con i macabri riflessi dell’armatura di Phobos.

 

“Scure dello Sgomento!” –Gridò il Dio, piantandola in terra di fronte a lui.

 

Immediatamente guizzanti scariche di energia violacea dipartirono da essa, percorrendo l’intero piazzale e raggiungendo i due Cavalieri di Atena, che cercarono di evitarle scattando lateralmente. Andromeda liberò la sua catena, lanciandola verso l’ascia stessa, ma le scariche di energia intorno all’arma deviarono l’attacco, impedendo alla catena di afferrarla.

 

“Ah ah ah!” –Esclamò Phobos, soddisfatto. Ma Pegasus non si perse d’animo. In quel momento sentì nuovamente esplodere il cosmo di Phoenix e, molti metri più in basso, quelli di Sirio e Cristal.

 

Tutti stanno combattendo! Per avermi permesso di arrivare fin qua! Mormorò, scattando in mezzo alle folgori di Phobos. Non ho intenzione di deluderli! No, non ho affatto intenzione di vanificare i loro sforzi! E nel pensar questo si portò proprio di fronte a Phobos, rimasto attonito che quel ragazzino agonizzante, che aveva affrontato Dodici Fatiche, potesse riuscire a superare le sue scariche energetiche.

 

“Cometa Lucente, splendi!” –Urlò, concentrando il cosmo in un unico attacco luminoso, il quale travolse Phobos dal basso verso l’alto, scaraventandolo indietro, fino a farlo schiantare contro una colonna della Tredicesima Casa. –“A te Andromeda!” –Aggiunse, scattando avanti, infilando all’interno del Tempio. Con il cuore in gola.

 

Mi raccomando, amico mio! Grazie… ma non morire! Mormorò Pegasus, correndo verso la Sala del Trono e lasciando Andromeda da solo, a fronteggiare il secondo demoniaco figlio di Ares.

 

“Quel bastardo…” –Mormorò Phobos, rialzandosi a fatica.

 

“Non ti permetto di offendere il mio amico, Cavaliere!” –Esclamò Andromeda, mentre la sua catena si disponeva tutta intorno a lui, ad ampi cerchi concentrici.

 

“Ed io non ti permetto di chiamarmi Cavaliere, bastardo!” –Precisò Phobos, recuperando la propria ascia oscura. –“Sono un berseker, un guerriero, orgoglio e vanto di mio Padre, il Sommo Ares! Non un volgare galoppino degli Dei!”

 

“Io non sono un galoppino, Phobos! Ma un Cavaliere di Atena!” –Rispose Andromeda, ma il Dio parve disinteressarsi delle sue motivazioni.

 

“Resti comunque un debole, come tutti coloro che credono troppo negli ideali di pace!” –Mormorò, iniziando a girare intorno alla Catena di Andromeda, quasi come volesse studiarla.

 

“Credere nella pace non è debolezza... essa…

 

Taciiiii!!!” –Gridò Phobos, scagliando la sua oscura ascia verso il viso del ragazzo.

 

Immediatamente la Catena di Andromeda si sollevò, come guizzanti serpenti energetici, cercando di afferrare l’orrida arma che mirava alla vita del suo padrone. Vi riuscì solo alla fine, quando la scure era a pochi centimetri dal volto di Andromeda, visibilmente preoccupato da tale rapido e brutale assalto. Impegnato a fermare la scure, Andromeda non poté evitare l’attacco diretto del figlio di Ares, il quale era balzato su di lui, colpendolo a piedi uniti in pieno stomaco e spingendolo indietro, recuperando, nel far questo, persino la sua ascia.

 

“Scure dello Sgomento! Divora questo sciocco idealista!!!” –Gridò il Dio, piantando nuovamente l’arma nel terreno, e creando una faglia di energia che corse in fretta verso Andromeda.

 

Per quanto la catena scattasse immediatamente a difesa del suo padrone, disponendosi a cerchi concentrici, essa fu travolta e Andromeda sollevato in aria, mentre la terra tremava sotto di lui, aprendo una piccola, ma profonda, voragine. Il Cavaliere ricadde proprio sul bordo della faglia, mentre il peso della corazza lo trascinava sul fondo. Annaspando, cercò di risollevarsi, ma quando alzò gli occhi vide con orrore Phobos in piedi di fronte a lui, che calava la sua scura mannaia.

 

“Muori!!! E porta la pace all’inferno con te!” –Esclamò il Dio, abbattendo l’ascia su Andromeda, il quale, per evitarla, non poté che lasciarsi cadere all’interno della faglia, mentre la scure si conficcava sul bordo del terreno. Phobos sgranò gli occhi, sorpreso dal gesto suicida del Cavaliere.

 

Ma Andromeda non aveva intenzione di morire, solo di evitare l’affondo del Dio, prima di tornare alla carica grazie alla sua catena. Con un balzo acrobatico si aggrappò a uno spuntone roccioso, liberando la catena che saettò fuori dalla faglia, arrotolandosi intorno ai capitelli delle colonne del tempio, permettendogli di balzar fuori velocemente e colpire Phobos con un calcio, sbilanciandolo. Quindi, continuando ad oscillare, quasi fosse su una liana, Andromeda avrebbe voluto atterrare e lanciare le sue catene indietro, ma la rabbia devastante di Phobos glielo impedì.

 

“Maledetto!” –Gridò infatti il Dio, che stava quasi per cadere nella faglia da lui stesso creata. E senza aggiungere altro scagliò la lama rotante della violenta scure, carica di energia cosmica, contro la Catena di Andromeda, grazie alla quale il Cavaliere stava per atterrare, trinciandola di colpo a metà, schiantando alcuni anelli, e facendo cadere il ragazzo a terra. Quindi l’oscura lama continuò il suo giro in tondo, ritornando da Phobos e riagganciandosi al lungo bastone. Ma il Dio, non contento, scattò avanti, mentre Andromeda cercava di rimettersi in piedi, sollevando la scure e calandola di colpo su di lui, che fu obbligato a difendersi con la catena, afferrandola con entrambe le mani e lasciando che l’ascia si abbattesse su essa. Schiantandola.

 

Di fronte agli occhi allibiti di Andromeda, la Scure dello Sgomento trinciò la catena, calando sul petto di Andromeda, che riuscì in tempo a scansare il viso, perdendo solo alcune ciocche di verdi capelli, squarciando la sua Armatura Divina proprio all’altezza del seno. Con una rapida mossa, Phobos cambiò la direzione della scure, facendola risalire e ricolpendo Andromeda nello stesso punto, scaraventandolo questa volta indietro.

 

“Ah ah ah!” –Scoppiò a ridere il figlio di Ares, osservando l’avversario agonizzare in una pozza di sangue. –“Grandi Cavalieri i tuoi, Atena! Guarda, oh Padre, la fine dell’ultimo invasore!” –E si avvicinò ad Andromeda, sollevando la scure, mentre il suo violaceo cosmo risplendeva tutto attorno al suo corpo. Andromeda, terrorizzato e macchiato di sangue, vide la mannaia cadere su di lui, ma all’ultimo riuscì a reagire, liberando una potente scarica di energia con il braccio destro.

 

“Onda Energeticaaaa!!!” –Urlò, spingendo Phobos indietro e facendogli perdere la presa sull’ascia. Una seconda scarica di energia la diresse contro la stessa scure, caduta in terra, sperando di scagliarla nella spaccatura, ma, con suo sommo stupore, l’arma si difese, liberando folgori incandescenti a sua volta.

 

“Eh eh…” –Esclamò Phobos, rialzandosi. –“Non avrai creduto di vincermi così facilmente?! Puoi colpirmi quante volte vuoi, Andromeda, sono un guerriero senza abbastanza orgoglio per offendersi per una botta ricevuta! Ma alla fine sarò io a piantare la scure nel tuo cranio! Come mio fratello sta massacrando il tuo alla Dodicesima Casa!!!”

 

“Questo non accadrà! Phoenix non sarà mai sconfitto! In lui risiede l’immortale fenice, il cui battito d’ali spazzerà via l’oscurità dai Templi dell’Ira!”

 

“Vuote parole le tue… che accompagneranno la tua macabra fine!!!” –Tuonò Phobos, espandendo il proprio cosmo.

 

Sottili cerchi di energia violacea apparvero intorno al suo corpo, roteando su Phobos, assumendo quasi la forma di un atomo, al cui esterno ruotano gli elettroni. Andromeda sbatté per un momento gli occhi, immaginando di vedere il pianeta Marte e i suoi satelliti girargli intorno, perché era proprio quello l’effetto che producevano quei sottili cerchi di energia.

 

Deciso a non lasciare al guerriero la possibilità di attaccare nuovamente, Andromeda si rimise in piedi, liberando una nuova Onda Energetica dal palmo della mano destra. Ma, con stupore e sgomento, notò che le scariche non raggiunsero il Dio, protetto dai cerchi di energia viola.

 

“Eh eh…” –Sogghignò Phobos, mentre il suo cosmo cresceva ancora. –“Perditi Andromeda, perditi nello Sgomento! Ruota della Morte!” –E i cerchi di energia rotolarono avanti, travolgendo Andromeda e circondandolo, facendolo roteare su se stesso all’impazzata. Era lui stavolta, non Phobos, a trovarsi al centro del nucleo, era lui l’atomo attorno al quale roteavano gli elettroni. Ma c’era qualcosa di diverso da prima, infatti adesso era l’atomo che girava su se stesso, continuamente, vorticosamente, fino a fargli perdere i sensi.

 

“Addio Cavaliere idealista…” –Esclamò Phobos, dirigendo la Ruota della Morte sopra la faglia aperta nel suolo.

 

In quel momento, mentre Andromeda roteava su se stesso, stretto dai cerchi di energia di Phobos, senza capire più quale fosse il sopra quale il sotto, quale il davanti quale il dietro, un’abbagliante esplosione di luce attirò la sua attenzione.

 

Incapace di vedere con gli occhi, Andromeda socchiuse gli occhi e gli parve di vedere un immenso uccello dalle ali di fuoco scivolare nel cielo sopra il Grande Tempio. Phoenix Mormorò, riconoscendo il cosmo del fratello. Phoenix!!! Ma il fratello non rispose, e questo gli diede la forza di reagire, anziché spingerlo alla disperazione. Bruciò ardentemente il proprio cosmo, come Phoenix aveva fatto poc’anzi, tentando di lacerare quei maledetti cerchi di energia.

 

“Uh?!” –Mormorò il figlio di Ares, osservando il declinare del moto dei suoi cerchi energetici. –“La Ruota della Morte sta scemando di intensità! Possibile?!”

 

Come una bomba, esplose il cosmo di Andromeda, che si liberò dalla prigionia della mortale ruota di Phobos, atterrando sul piazzale di fronte alla Tredicesima Casa, con una lucida determinazione negli occhi, mentre la catena, tornata a nuova vita, guizzava freneticamente intorno a lui.

 

“Melodia Scintillante di Andromeda!” –Esclamò, scatenando l’ultima configurazione della catena, la quale saettò nell’aria, moltiplicandosi in infinite copie, come aveva fatto contro il Custode della Palude di Stinfalo.

 

Phobos tentò di difendersi, ricreando i cerchi energetici che lo avevano protetto in precedenza dall’Onda Energetica, ma la furia della catena, motivata ulteriormente dal sacrificio di Phoenix, sfondò la sua difesa, trapassandola e raggiungendolo. La Divina Veste di Phobos fu scheggiata in più punti, addirittura traforata in altri, mentre il Dio veniva sollevato e spinto indietro, fin quasi sul bordo della fenditura.

 

Aaah… Impossibile…” –Mormorò Phobos, rantolando al suolo.

 

Lentamente, Andromeda ritirò le sue catene, ansimando per il notevole sforzo, e convinto di aver sconfitto il violento figlio di Ares. Mosse un piede, per correre in aiuto di Pegasus, il cui cosmo aveva sentito accendersi violentemente, ma la voce profonda di Phobos lo richiamò. Il Dio della Paura era ancora in piedi, con il viso stanco e l’armatura scheggiata, ma aveva ancora la scure in mano, e non l’avrebbe lasciato andare via così facilmente.

 

“Ho sbagliato con te, Cavaliere di Atena! Ti ho sottovalutato!” –Ammise. –“Ma adesso che conosco i tuoi poteri non mi limiterò più neanch’io!” –E scattò avanti, brandendo la sua tenebrosa Scure dello Sgomento, lanciandosi su Andromeda, il quale prontamente sollevò la sua catena, che scattò come un serpente, verso Phobos. Ma questi non si arrese, quasi avesse un diavolo in colpo, scagliando colpi su colpi sulla Catena di Andromeda con la sua ascia.

 

È una furia assetata di sangue! Sta facendo a pezzi la catena! Mormorò Andromeda, osservando la violenza brutale con cui Phobos respingeva ogni singolo assalto. E sta avanzando! Aggiunse, notando che il Dio si faceva sempre più vicino.

 

Con una brusca mossa, Phobos liberò un fendente che dilaniò la catena, trinciandola in più punti e spingendo Andromeda indietro, quindi lanciò nuovamente la lama della scure avanti, che roteò intorno al corpo di Andromeda, senza venire raggiunta dalla catena, piantandosi proprio sulla sua schiena, continuando a roteare e a scavare la sua corazza, distruggendola e ferendo gravemente il Cavaliere, che non poté far altro che accasciarsi al suolo.

 

Phobos richiamò la lama della scure, sollevando l’arma sopra Andromeda, il quale, in ginocchio di fronte a lui, tentò di difendersi con l’Onda Energetica, ma senza successo, venendo le scariche di energia attratte dall’oscura ascia, che calò su di lui tra le grida isteriche del Dio della Paura.

 

“No... noo…” –Esclamò Andromeda, rotolando sul pavimento e venendo ferito ad un braccio.

 

“Sta’ fermo, bastardo! Non frignare! Accetta la morte che gli Dei ti hanno riservato!”

 

“Non ancora…” –Sospirò Andromeda. –“Non ancora!” –E nel dir questo espanse a dismisura il suo cosmo rosa, che si manifestò sotto forma di una corrente di energia.

 

“Zitto, bestia!!!” –Urlò Phobos, calando nuovamente la scure. Ma prima che potesse colpire Andromeda, si accorse di non essere in grado di spingerla ulteriormente, che la corrente energetica rosastra stava frenando i suoi movimenti.

 

“Cos’è?!” –Domandò, osservando l’aria intorno a sé, carica di indicibile tensione.

“La Nebulosa di Andromeda. Il potere ultimo della mia costellazione…” –Mormorò Andromeda, cercando di rimettersi in piedi. –“Esito sempre prima di utilizzarla, perché la sua potenza è così devastante da non lasciare possibilità alcuna di sopravvivenza a chi la subisce!”

 

“La Nebulosa di Andromeda?! Che nome altisonante per un po’ di brezza!” –Esclamò Phobos, ritirando a sé la propria Scure.

 

“Non deriderai più la Nebulosa quando ti avrà travolto… Presto la corrente si muterà in tempesta.. ed allora non resterà niente del Dio della Paura!”

 

“Come osi minacciarmi, insulso essere umano! Vedremo se userai ancora questo tono quando ti avrò tagliato la testa!” –E scattò avanti, puntando al cranio di Andromeda, ma non appena si mosse la corrente aumentò d’intensità, frenando i suoi movimenti, stridendo con forza contro la sua corazza, impedendogli di giungere dal ragazzo.

 

“Ora… Nebulosa di Andromeda, esplodi!!!” –Gridò il Cavaliere, liberando il suo immenso potere.

 

“Scure dello Sgomento difendimi!!!” –Esclamò Phobos, piazzando l’ascia di fronte a lui. Ma la tempesta creata da Andromeda vinse ogni difesa, travolgendo Phobos e sollevandolo in alto, squassando tutto il piazzale di fronte alla Tredicesima Casa, sul tetto della quale Phobos si schiantò malamente, ricadendo a terra, tra le colonne anteriori. Lo sforzo per Andromeda fu eccessivo e il ragazzo cadde al suolo esanime, mentre sangue traboccava fuori dalle sue ferite, soprattutto dallo squarcio che aveva sulla schiena.

 

Pensò a suo fratello, e a Pegasus impegnato in battaglia contro Ares, a pochi passi da lui, e cercò di reagire, muovendo le mani per rialzarsi. Ma non ce la fece e ricadde al suolo, con la faccia sul pavimento. Per un momento realizzò che in fondo morire così, vittorioso, a pochi metri dalla meta finale, era comunque un gran risultato che aveva ottenuto. Lui, così timido e puro, che aveva sempre rifiutato la violenza, e non aveva esitato a chiedere ai suoi avversari di desistere, pur di non affrontarli, aveva dato grande prova di sé, in numerose occasioni. Per Atena e per i suoi compagni.

 

Ma adesso, mentre la sua vita scorreva via, gli sembrò di aver sbagliato tutto, di essere venuto meno al patto cha aveva stipulato con se stesso. Per un momento gli parve di essere di nuovo là, alla Prima Prigione dell’Inferno, di fronte allo sguardo impassibile e giudice di Lune di Barlog.

 

“Sei solo un essere umano, non disponi del diritto divino di punire gli altri! Abbiamo un luogo di espiazione appropriato per chi come te ha peccato di brutalità e violenza! Prima valle attende chi vita altrui spense!” –L’imperiosa voce di Lune risuonò nella sua anima, tormentandola ulteriormente.

 

In quel momento, mentre la frusta di Barlog si arrotolava intorno al suo corpo, per quanto Andromeda sapeva che fosse sbagliato lasciarsi andare, mentre il mondo andava incontro al caos a causa di Ade, una parte di sé concordò con le parole di Lune, ritenendole veritiere. Aveva ucciso tante persone, combattendone altrettante, e tutto questo per portare nel mondo gli ideali di pace e di giustizia incarnati da Atena.

 

Ma era davvero giusto tutto questo? Era davvero necessario spargere così tanto sangue soltanto per inseguire un ideale, pur nobile che fosse? Si domandò, lasciando vagare la mente indietro, travolto dai fantasmi del passato. O c’era dell’altro? Forse Atena non era la Vergine Dea che voleva far credere, e lui ed i suoi compagni non erano i Cavalieri della Speranza, gli scintillanti eroi pronti a dare la vita per la libertà?

No, la verità era un’altra e Andromeda lo sapeva bene! Atena era la Dea della Guerra, barbara soldata proprio come Ares! Poco importa che rifiutasse l’uso delle armi, restava pur sempre un’arrogante Divinità disposta a sacrificare i propri uomini, immolandoli come vittime sacrificali sull’altare della giustizia. Un altare tinto di sangue, sopra il quale presto avrebbe regnato sovrana.

 

E Pegasus e gli altri erano soltanto dei soldati, dei guerrafondai, degli assassini, che avevano fatto strage di Cavalieri loro pari, causando un’immensa guerra civile, con lo scopo di togliere Gemini dal trono di Grecia per instaurare la silenziosa dittatura di Isabel, che non aveva tardato a mostrare il suo vero volto, inviando i suoi guerrieri spietati a far strage di nemici in giro per il mondo. Ovunque la stabilità alla sua tirannia poteva essere minacciata. Ad Asgard, nel Regno Sottomarino, al Tempio della Corona, in Ade. E infine sull’Olimpo.

 

La presunzione di Atena era senza limiti, come quella degli Dei tutti, Zeus in persona, che adesso si stava servendo di loro per sconfiggere Ares, mentre lui se ne stava comodamente seduto sul Trono Olimpico a sorseggiare ambrosia, cullato indifferentemente da Ganimede e da Era. Questa era la realtà dei fatti, e Andromeda lo sapeva, vittima compiacente di un’infinita guerra che mai avrebbe avuto termine. Ma come poteva mettere fine a quei massacri? Come poteva impedire al suo corpo di uccidere ancora, di portare ancora la violenza e la morte in nome di Atena?

 

Fuggire non sarebbe stato da lui, e inoltre sarebbe stato vano, venendo presto riacciuffato! Uccidere i suoi compagni?! Oh no... si sarebbe macchiato di altro sangue, e questo andava evitato! Era lui che doveva morire! Sì, lui soltanto! In questo modo avrebbe fermato la macchina bellica del suo corpo! Con un unico gesto. Come fosse un automa, Andromeda si sollevò da terra, mentre gocce di sangue scendevano ancora sulla sua corazza semidistrutta, barcollando per un istante, e si incamminò lungo il piazzale dirigendosi verso la fenditura nel terreno.

 

Ancora un passo! Mormorò una voce nella sua testa, ed egli credette davvero di sentire se stesso. Ancora uno! Insistette la voce, mentre Andromeda si fermava, insicuro, sul bordo della faglia. Così, finiranno le tue sofferenze! Così nessun’altro innocente sarà ucciso per cause ingiuste! E sarà sempre pace! Sembrava così convincente, così reale, come inganno. Ma un amico venne in suo soccorso. Un amico da lontano, che parlò al suo cuore con voce sincera.

 

Andromeda…

 

“Ma.. maestro?!” –Sospirò il ragazzo, riconoscendo il cosmo del suo maestro, il valoroso Albione di Cefeo, Cavaliere d’Argento dell’Isola di Andromeda.

 

“Andromeda, il tuo cuore è nobile, io l’ho sempre saputo, ho sempre sentito la nobiltà del tuo animo! E sempre ho sostenuto che essa sarebbe stata la tua forza, espressione della tua grandezza!”

 

“Maestro mio…

 

“Non lasciare che la paura delle tue azioni ti porti a gesti avventati e contraddittori! I cuori generosi, proprio come il tuo, che credono in ideali puri, sono quelli che maggiormente susciteranno invidia negli altri, soprattutto in coloro che vivono di inganni e di morte, desiderando follemente danneggiare la pacifica e luminosa visione di vita che hai!” –Spiegò Albione. –“Perciò non disperare, mio giovane allievo, e non cedere alla paura e allo sconforto, ma continua a credere in te stesso, e in ciò che sei, e le stelle guideranno il tuo cammino! Sempre!”

 

D’incanto la voce di Albione scomparve, lasciando un vuoto nell’animo del Cavaliere, che non poté fare a meno di aprire gli occhi, togliendo quella polvere di tristezza che aveva offuscato la sua vista e avvelenato il suo cuore. Trovandosi sul soglio della faglia un profondo senso di vertigine lo invase, facendolo barcollare per un momento, e cadere all’indietro, ma subito si rimise in piedi, riordinando i confusi frammenti delle sue idee.

 

“Cosa mi è successo?!” –Si chiese. Ma la risposta non tardò ad arrivare, presentandosi sotto forma di un uomo dall’armatura scarlatta, contro il quale aveva combattuto finora.

 

“Cosa non ha funzionato? Cosaaa?!” –Gridò Phobos. –“Stavi quasi per cedere, per toglierti la vita!”

 

“Mi dispiace, Dio della Paura, ma la vita è un bene troppo prezioso perché vi rinunci così facilmente!” –Esclamò Andromeda, fiero del suo ritrovato coraggio.

 

Liberò la catena, lanciandola nella sua ultima configurazione, la Melodia Scintillante di Andromeda, in cui centinaia e centinaia di strali luminosi si diressero verso Phobos, il quale ne evitò alcuni, ma non riuscì a schivarli tutti, venendo trapassato in più punti.

 

“Soffrirai ad occhi aperti allora il dolore che ti avevo riservato!” –Sibilò il Dio, bruciando il proprio cosmo, che fece piazza pulita delle Catene di Andromeda, spazzandole via, mentre nubi di energia apparivano intorno a lui. –“Fantasmi del Passato! Travolgete Andromeda!”

 

Come fossero spiriti di pura energia, indistinte forme scivolarono nell’aria, mentre la catena tentava di fermarle, senza riuscirvi, non essendo concrete. Andromeda fu avvolto dalle nebbie energetiche di Phobos, che stridevano sulla sua corazza, cercando di divorare il corpo del Cavaliere di Atena.

 

“Ho preso i tuoi rimpianti! Ho ripercorso assieme a te i passi che non volevi muovere, i gesti che non volevi compiere!” –Esclamò Phobos, confessando di essere stato lui ad insinuarsi nella sua mente, per mettere in dubbio le certezze del Cavaliere. –“Adesso prenderò la tua vita!”

 

“Mai!!!” –Urlò Andromeda, tentando di liberarsi. Ma per farlo dovette nuovamente portare il suo cosmo al massimo, ricreando la violenta corrente energetica che spazzò via le nubi di Phobos. –“Ti vincerò, figlio di Ares! Per Atena, e per i miei compagni! E per gli ideali in cui credo!” –Esclamò deciso, tramutando la corrente in tempesta. –“Nebulosa di Andromedaaaa!!!”

 

“Fantasmi del Passato, portatelo via!” –Esclamò Phobos, portando entrambe le braccia avanti a sé, a palmi aperti, nello stesso modo in cui Dohko scagliava il Colpo dei Cento Draghi.

 

I due assalti si incastrarono tra loro, travolgendosi a vicenda, e raggiungendo i rispettivi avversari. Phobos fu investito in pieno dalla possanza della Nebulosa di Andromeda, che disintegrò parte della sua corazza, trascinandolo in alto, fino a farlo schiantare contro le mura della Tredicesima Casa e ricadere al suolo, battendo la testa.

 

Gn... nn… nooo…” –Mormorò Phobos, prima di seguire suo fratello nell’oblio.

 

Andromeda, debole per il tremendo sforzo, fu travolto dagli spiriti energetici del figlio di Ares, contro i quali la sua catena non aveva potere, e spinto indietro, rotolando fin sul bordo della faglia, con la corazza insanguinata e danneggiata.

 

Maestro…” –Commentò, prima di chiudere gli occhi. –“Ho vinto! Ho vinto la battaglia più grande.. con me stesso!”

 

 

 

 

   
 
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