Capitolo
1
…
<<
Credi ti sarà possibile intraprendere una relazione
seria?>>
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Dal
ristretto pubblico che era in grado di ospitare quel piccolo studio
televisivo
partirono fischi e alcune risa, forse non condividevano in pieno
l’affermazione
del giovane, o forse l’avevano ritenuta una battuta di
spirito vista l’incredulità
con cui la consideravano.
Si
passò una mano tra i lunghi capelli nero un po’
imbarazzato, lasciando che le
sue delicate e sottili dita bianche si infiltrassero in quelle ciocche
deboli e
fiacche mentre concedeva un altro sorriso alla telecamera che ne
disperdeva
tutta la bellezza e la lucentezza in milioni di insignificanti pixel
che non
rendevano giustizia nemmeno per metà a tutto lo splendore di
quel gesto.
<<
Vuoi dire che in più di un’occasione ti
è capitato di mantenere salda un’amicizia
con una ragazza senza che ci fosse la minima attrazione da parte di
entrambi?>> chiese con un po’ di malizia la
giovane giornalista.
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Ancora
fischi e ancora più imbarazzo che si concentrava nelle sue
gote bianche presto
rosse per il sangue che vi rifluiva velocemente.
<<
Aveva dodici anni ci credo!>> gridò qualcuno
dal pubblico
Si
girò verso la platea per cercare di capire da dove venisse
quel vociare, ma poi
lasciò perdere quando notò il sorriso concordante
del fratello seduto al suo
fianco.
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Il
moro, tirandosi su con la schiena, continuava a guardarlo con
un’aria di
rimprovero non condividendo affatto tutto ciò che stava
dicendo.
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Una
delle ragazzine dai visi troppo truccati e dai vestiti appariscenti
lanciò un
urlo dagli spalti richiamando l’attenzione dei quattro
giovani che sedevano
sulle poltroncine colorate di fianco la scrivania.
La
giornalista riprese <<…i Tokio Hotel sono
fidanzati?>>
Un
urlo collettivo si sviluppò dalla prima fila di ragazzine
che non vedevano
l’ora di conoscere il responso di quella domanda, sperando di
poter continuare
a credere di avere una minima, falsa, speranza.
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Sorrise
mentre il volto delle giovani si incupiva sempre più.
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Sorrise
ancora una volta vedendo che non aveva deluso le fan desiderose solo di
un’opportunità che lui non poteva dargli, almeno
non a tutte.
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Si
sentì un coro di piagnistei provenire dal pubblico, era
sempre difficile dire
addio ad un volto come quello dopo aver passato anche pochissimo tempo
a
guardarlo così da vicino.
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Si
strinsero tutti la mano e, accennando un ultimo sorriso alle fan e un
ultimo
momento per raccogliere i numerosi pupazzi gettati al loro passaggio,
uscirono,
entrando nel backstage.
Tirarono
tutti un sospiro appena usciti da quello studio, l’atmosfera
era davvero tesa
ogni volta, anche se non lo davano a vedere.
« Bill,
grande la battuta dell’amicizia tra maschi e
femmine! » sghignazzò Tom, il
fratello
Bill
lo guardò interrogativo, non sapeva se in quel momento
stesse scherzando anche
lui o se dicesse sul serio.
«
Tom, era la verità, piuttosto tu, smettila di raccontare in
giro quella balla
della tua prima volta a dodici anni, sai che non ci crede a
nessuno… » disse
scettico
« Beh,
magari non erano dodici ma sedici…fatto sta che quella
è più credibile della
balla che racconti tu… »
Si
voltò verso il giovane che lo guardava braccia conserte,
poggiato al muro
bianco mentre riprendeva fiato sorseggiando da una bottiglia
d’acqua fresca.
« A
cosa ti riferisci? »
«
Lo sai benissimo, non fare l’innocentino…chi vuoi
che creda che sei ancora
vergine… »
Bill
arrossì tutto d’un tratto. Di certo non si
aspettava simili parole dal fratello
gemello, evidentemente nemmeno lui credeva alla verità che
aveva raccontato.
«
Sciocchezze! E’ vero e lo sai
benissimo… »
Lo
guardò torvo come per mettere in dubbio per un attimo la
sincerità che c’era
tra loro due.
«
Si…lo so, ma mi piace troppo quando te la prendi per queste
sciocchezze, fatto
sta che non rimarrai vergine per
sempre… » disse iniziando a raggiungere
gli altri componenti verso il tour bus
Bill
rimase da solo nel freddo corridoio bianco a osservare il fratello
andare via.
Per un certo senso lo invidiava. Era così sicuro di
sé. O almeno questo era
quello che dava a vedere, e lo sapeva benissimo. Nessuno conosceva Tom
meglio
di lui. Conosceva ogni suo piccolo difetto e ogni suo più
grande pregio era
inutile cercasse di nascondergli qualcosa, intuiva quando
c’era qualcosa che
non andava o quando mentiva.
Raccolse
da terra la tracolla nera che aveva portato con sé e,
indossando i suoi
occhiali neri segnati da un margine bianco, iniziò a
camminare per raggiungere
gli altri per non correre il rischio di rimanere lì da solo.
Era
ancora notevolmente distante dall’uscita, ma già
iniziava a sentire le urla
delle fan che gridavano il suo nome.
Sentì
qualcosa vibrare nella sua borsa. Infilò le piccole mani
perfette in una delle
tasche esterne e ne estrasse il cellulare all’avanguardia che
solo uno come lui
poteva permettersi. Poggio le dita smaltate di nero e bianco sui
piccoli tasti
argentati scorrendo il testo del messaggio appena arrivato…
Continuava
a camminare, con gli occhi fissi su quel piccolo schermo senza rendersi
conto
della direzione che stava prendendo, anche se era quella giusta,
avrebbe potuto
sbattere contro un colonna o…
L’impatto
fu devastante, caddero entrambi per terra.
Non
si era ancora reso conto di cosa fosse successo, stava lì
per terra con una
mano davanti al viso e l’altra che cercava la roba uscita
dalla sua tracolla.
Lei
era seduta sul pavimento di fronte a lui. Nella stessa situazione.
Tutte le sue
robe erano per terra e i suoi occhiali erano finiti chissà
dove, riusciva a
vederci comunque bene, più che altro erano un ornamento.
« Scusa… »
disse iniziando a cercare le sue robe
Bill
non rispose. Forse la stanchezza non lo faceva ragionare, non si era
mosso di
un millimetro e non aveva detto una parola. Ma ora la guardava. Alzarsi
e
raccogliere pian piano le cose sparse sul pavimento di granito.
Era
piuttosto alta e non troppo magra. Era di spalle ora, aveva i capelli
lunghi
color del miele, le sfioravano alla schiena fino a disegnare il
contorno
irregolare dei suoi fianchi un po’ sporgenti.
Si
voltò. Lo guardava anche lei. Aveva l’aria un
po’ spaesata, come quella di un
bimbo che apre gli occhi per la prima volta. Le faceva tanta tenerezza.
Gli
sorrise, non potendo trattenere quella sensazione di
serenità che scaturiva
solo vedendolo. Abbozzò ad un sorriso anche lui.
Gli
tese la mano aiutandolo ad alzarsi. Le loro mani si sfiorarono
dolcemente.
Quelle di lei erano delicate e rilasciavano un leggero tepore che lo
fece
rabbrividire, colse l’occasione per accarezzarla.
Sorrise
ancora, ora un po’ imbarazzata.
« Scusa,
non guardavo dove stavo andando… » disse
lui
Si
separarono da quel dolce contatto e si guardarono ancora.
« Non
ti preoccupare, anche io sono molto sbadata »
Le
sue gote iniziarono a riempirsi di sangue, arrossando sempre di
più sotto il
suo sguardo innocente.
« Io
sono… » cercò di dire lei
« …Bill
sbrigati ! » disse una voce possente
proveniente da fuori
Lui
le sorrise e scappò via. Lasciandola lì da sola.
Si
sentì notevolmente accaldata, quella sensazione era davvero
strana, troppa se
causata da un perfetto, o quasi, sconosciuto.
Raccolse
la borsa bianca da terra e la poggiò sulla sua spalla troppo
ossuta. Posò
nuovamente gli occhiali sul profilo del suo naso un po’
all’insù e lasciò che
cadessero un po’ in avanti.
Si
sporse per raccogliere il legnetto che ora non avvolgeva più
le sue ciocche
dorate e notò qualcosa spuntare da dietro la colonna bianca
di calcestruzzo.
Un
cellulare. Doveva essere il suo. Quello di Bill.
Lo
raccolse. Era ancora acceso, su una pagina. Un messaggio, forse non
avrebbe
dovuto leggerlo ma in fondo non faceva nulla di male, doveva solo
controllare
di chi fosse e in quel caso era lecito.
Le
sue mani poco curate e un po’ goffe scorsero sui tasti
graffiati dalle sue
unghie perfette, fino a leggere tutto il messaggio.
Sorrise
davanti a quella “scoperta”.
Quell’incontro inaspettato, o quasi, aveva dato i
suoi frutti meglio di quanto si aspettasse…forse la fortuna
finalmente avrebbe
girato dalla sua parte.
Sorrise
ancora soddisfatta più che mai, nulla le sembrava vero in
quel momento, nemmeno
il suo dolce sguardo al caramello.
Infilò
il cellulare nella tasca degli stretti jeans che le disegnavano la vita
e uscì
fuori. Ormai non c’era più nessuno, erano tutte
lì per lui. Tutte e anche
lei…ma forse in modo diverso. Non una semplice fan. O forse
si, doveva capirlo
anche se conosceva già la risposta…
Il
sole splendeva, di più degli altri giorni, o semplicemente
era stato il suo
sorriso ad accendere quella giornata. Tirava una brezza gelida. Un
soffio
d’aria sfiorò la sua pelle ancora calda e tenera,
rabbrividì, forse per il freddo
o forse per qualcos’altro che non sapeva spiegarsi.
Accese
l’I-Pod accompagnata da quelle nuvole che si muovevano
lentamente assieme a lei
disegnando il suo cammino impreciso.
La
sua voce in quelle cuffie, non era minimamente paragonabile
all’emozione che
aveva suscitato in lei quel puro suono uscito direttamente dalle sue
candide
labbra e quel sospiro che aveva fatto sospirare anche il suo cuore. E
tutto
sembrava più bello…
Hallo!
Wo bist du? Wir sehen uns nicht nach die letzte
Woche… …ich
wolle dich erinnern…dass morgen
wir werde auf Club sehen vorn der letzte Konzert in
Köln…vergesst nicht das! Hotel
Name ist nicht sehr originell…ist
„Tokio“… aber salutiert mir Tom, Gerog
und Gustav
und sag ihnen dass Ethel ist super…vielleicht morgen wird
sie mit mir sein Viel
Gluck …Andreas.