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Autore: angelikakiki    09/09/2013    14 recensioni
“ Stasera dormirò con te” mi dice.
Scuoto la testa. Non voglio fargli pena. E quando glielo dico, lui si mette a ridere.
“ Non lo faccio per te. Lo faccio per me. Devo capire se posso ancora… voglio tornare ad essere me stesso, Katniss. Ma mi serve il tuo aiuto” mi sussurra. Annuisco. Lo voglio. Lo voglio accanto a me. Come sempre.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“ Prim!!!” esclamo. Sono tutta sudata, nel mio letto. Seduta su una sedia, Sae la Zozza mi guarda con un’espressione pietosa. Sbuffo e affondo la testa nel cuscino, cercando di controllare il battito accellerato del mio cuore. Chiudo gli occhi, ma niente da fare. Ogni volta che abbasso le palpebre vedo quei congegni diabolici abbattersi sulla mia sorellina. Una calda lacrima mi esce dall’occhio sinistro. Sae la Zozza deve essersene accorta, quando mi chiede con voce sommessa:

“ Vuoi che vada a chiamare Peeta?

Peeta. Lui sì. Aveva un dono, nel proteggermi dai miei incubi notturni. Lui mi avrebbe abbracciata. Mi avrebbe consolata. Un tempo. Devo ammettere però che nell’ultimo periodo, il suo miglioramento mi ha lasciata senza parole. Non cercava più di ammazzarmi, anzi, il suo atteggiamento sembrava quasi quello di prima: preparava il pane, le focaccine che mi piacevano tanto, mi sorrideva, qualche volta riusciva a strapparmi una risata. Evitavamo il contatto fisico, ma sicuramente tra noi era ritornato quel feeling protettivo che ci ha sempre caratterizzati.

“ Che ore sono?” chiedo modulando la mia voce. Niente da fare, trema comne una foglia. Come il mio corpo.

“ Sono le due di notte. Ma non penso che Peeta farà obiezioni” si limita a dire. Scouto la testa.

“ No, non lo chiamare. Starà dormendo.

“ Va bene. Ma domani, vorrei che dormisse qui con te. E’ snervante vederti così, Katniss. E se non glielo chiedi tu, lo farò io” dice alzandosi quasi sdegnata. Ma possibile che non ci sia una sola persona che mi lasci in pace? Mi tiro le coperte sopra la testa. Mi metto a pancia in giù. E comincio a gridare dentro il cuscino. Prim. Finnick. Rue. Tutti. Sono ancora vivi, nella mia testa. E non hanno intenzione di andarsene.

 

La mattina dopo sono svegliata dall’inconfondibile profumo del pane di Peeta. Schiudo gli occhi, lentamente. Eccolo lì, illuminato dalla debole luce che passa dalla finestra accanto al mio letto. Le sue sopracciglia bionde, ancora un po’ bruciacchiate, scintillanto rispondendo al raggio di sole. La sua espressione è dura e quasi timorosa, ma nonostante questo, mi alllunga la pagnotta gentilmente.

“ Che ore sono?” chiedo. Afferro la pagnotta e, mettendondomi seduta, comincio a mangiarla velocemente. È ancora calda, e mi dà conforto.

“ Le quattro del pomeriggio, hai dormicchiato fino ad ora. Sae mi ha detto che oggi hai avuto degli incubi. È da tanto che hai questi incubi. Vero o falso?” chiede. Annuisco senza guardarlo in faccia.

“ Vero” rispondo con la bocca piena.

“ Mi infilavo nel tuo letto per tranquillizzarti. Abbiamo dormito insieme, qualche volta. Vero o falso?

“ Verissimo. Non so cosa avrei fatto senza…” mi trattengo. Mi limito a mordere un altro pezzo di pane.

“ Tu vorresti che mi fermassi qui, stanotte?” chiede seriamente.

“ Vero.

“ Questa era una domanda. Non un’affermazione” mi dice quasi prendendomi in giro.

Sollevo le spalle, continuando a non guardarlo. Sospira.

“ Non so se lo posso fare” dichiara a bassa voce. Lo sospettavo. Anzi, lo sapevo.

“ Non c’è problema, Peeta. Lo capisco” sussurro prima di addentare un altro boccone.

“ No, non capisci. Io vorrei, ma… io…

Peeta Mellark. L’unica persona che cerca sempre di proteggermi. Anche da sé stesso.

“ Tu non mi farai del male.

“ Ma se succedesse? Io… non so se riuscirei a… Mi dispiace” afferma. Annuisco. Non si fermerà qui stanotte. Sarò da sola. La consapevolezza di non poter contare su Peeta per questo mio problema, provoca una lacrima, che asciugo velocemente. Peeta non deve averla vista. Ma forse l’ha notata, perché dopo una breve pausa, mi dice:

“ Senti… che ne dici di passare la giornata insieme? Ti faccio una torta. Una torta per te. Con tanta glassa. Ti va?

Sembro una bambina piccola quando riesco ad emettere uno stridulo “ Sì”.

Sae è contenta quando mi vede uscire di casa con Peeta. Non sa che non si femerà a dormire con me, stanotte. Arrivo a casa di Peeta. Malgrado tutto quello che è successo, quella casa profuma ancora di pane ancora sfornato, di dolci, di glassa e di tutto ciò che mi ricorda Peeta. Il Peeta di una volta, il ragazzo del pane. Quello che ogni volta che l’abbracciavo non voleva uccidermi. Un Peeta forse chissà, non troppo diverso da questo che mi sta davanti. Mi siedo accanto al tavolo, mentre Peeta prepara gli ingredienti e si mette all’opera. Immagino che vederlo mentre cucina sia come guardare me mentre vado a caccia: è concentrato, ma al tempo stesso, soddisfatto e appagato da quello che fa.

“ Tu mi hai mai amato, Katniss?” chiede improvvisamente. Silenzio. È questo quello che esce dalla mia bocca socchiusa. Il silenzio.

“ Peeta, tra me e te c’era un amore speciale. Non so se è quello tradizionale, ma… eravamo alleati. Io e te ci difendavamo, c’eravamo sempre l’uno per l’altra. È un tipo di amore… diverso. Ma era amore, immagino” affermo.

“ Ho capito. E hai mai amato Gale?

Gale. Quel nome. Bombe. Prim. Non riesco a ricordare lui senza dover anche ricordare Prim. Il ricordo fa male. Malissimo. Vado verso il bagno della casa di Peeta. Sento che lui urla il mio nome. Ma non importa. Chiudo a chiave la porta e mi raggomitolo per terra, emettendo singhiozzi simili a quelli di un animale ferito. Sento che Peeta bussa insistentemente. Minaccia di buttare giù la porta. Ma poi ci rinuncia. Dopo quella che mi pare un’eternità, ritorna.

“ Katnissi, la torta è pronta. L’ho fatta apposta per te. Vieni, ti prego” mi supplica. Con tutta la forza che ho, mi costringo a mettermi in piedi e ad aprire la porta. Mi attendeva una bellissima torta, tutta decorata con la glassa azzurra.

“ Oh, Peeta, è bellissima!” esclamo quasi in uno stato di trance.

“ Bhe, quando mi hanno fatto il lavaggio del cervello, sono contento che non si siano portati via il mio talento nel fare le torte!” afferma con una mezza risata. Mi volto verso di lui, intento ad osservare la sua creazione. Voglio baciarlo. Ora. In questo momento. Un bacio vero, stavolta. MI avvicino a lui, con fare un po’ esitante. Peeta si allontana, quasi terrorizzato.

“ Che vuoi fare?” mi chiede.

“ Ti prego” sussurro. Ne ho bisogno. Ne ho bisogno come l’aria. Un bacio di Peeta Mellark. Uno di quelli che ti fanno dimenticare le paure, le ansie, le incertezze.

“ Katniss… no…” mi dice combattendo con sé stesso. Ma è troppo tardi. Premo le mie labbra sulle sue, delicatamente. Cerca di divincolarsi, ma l’ho messo contro il muro. Mi stacco da lui. Vede le iridi dei suoi occhi allargarsi. I suoi occhi azzurri vengono invasi da quelle pozze nere senza luce.

“ Allontanati…” mi dice.

“ No” decreto io.

“ Ti prego, Katniss… fammi un favore…” mi supplica. Faccio qualche passo indietro. Lui si appoggia a una mensola, respirando affannosamente. Niente, Peeta Mellark se ne è andato. Il mio Peeta non c’è più. È morto anche lui, insieme a tutti quelli a cui volevo bene. Mi metto a piangere, stavolta neanche preoccupandomi del fatto che lui mi possa vedere. Le mie lacrime sembra che lo facciano uscire dall’agonia. Si avvicina a me, pallido in viso e mi abbraccia fortissimo. È la prima volta che mi abbraccia lui, dopo tanto tempo. Affondo il mio viso nel suo petto. Forse Peeta non è morto. Forse è solo nascosto da qualche parte, perché le sue braccia sono calde, forti, sicure e protettive come me le ricordavo.

“ Stasera dormirò con te” mi dice.

Scuoto la testa selvaggiamente. Non voglio fargli pena. E quando glielo dico, lui si mette a ridere.

“ Non lo faccio per te. Lo faccio per me. Devo capire se posso ancora… voglio tornare ad essere me stesso, Katniss. Ma mi serve il tuo aiuto” mi sussurra. Annuisco. Lo voglio. Lo voglia accanto a me. Come sempre.

  
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