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Autore: saltandpepper    09/09/2013    7 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che ha mai conosciuto e mai creduto viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Noi ci limitiamo a tradurla!
Slash, Louis/Harry esplicito.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg
Capitoli:
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ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 4


Questo non è affatto imbarazzante.

Passarono pochi giorni ed io stavo cominciando a notare un paio di effetti collaterali dell'essere incinto. Uno di questi era il desiderio del cibo salato, e non poco, tanto: patatine fritte, arachidi, salatini, liquirizia salata e tutto il resto su cui avrei potuto mettere le mani. Non facevo altro che mangiare e mi sentivo grasso, e questo mi faceva sentire depresso portandomi poi a mangiare ancora di più per confortarmi.
Poi ero arrapato. Costantemente. Mi sentivo come se avessi ancora quattordici anni, masturbandomi almeno due volte al giorno, sotto la doccia, nel letto durante la notte, nel letto durante il giorno, praticamente ovunque fosse possibile.
Un terzo effetto era quello di avere un sacco di attacchi di pianto. Per le questioni più insignificanti e nei momenti e nei luoghi meno appropriati, mi ero ritrovato a lacrimare e a volte a singhiozzare. Una situazione particolarmente imbarazzante fu quando mi successe durante una delle lezioni di Inglese. Stavamo lavorando su un testo dei nostri libri, riguardante la cosa più stupida e celebrolesa che avessi mai letto, e prima ancora di rendermi conto di quello che stava succedendo, delle lacrime avevano iniziato a scorrere lungo le mie guance mentre pensavo tra me e me a quanto fosse triste che quegli autori scrivessero dei testi così terribili.
Quando non ero impegnato a mangiare, masturbarmi o piangere, i miei pensieri vagavano a Harry e all'immancabile decisione dell'aborto. Non ero riuscito nemmeno a fargli credere che fossi incinto - non che potessi dargli torto -, quindi chiedergli cosa ne pensasse non era davvero un'opzione che avevo preso in considerazione. Non ancora almeno. Aveva detto che sarebbe venuto con me dal dottore e sapevo che tutto dipendeva da quella visita. Non che mi aspettassi che fosse un padre per suo figlio - se avessi scelto di tenere il bambino, poi sarebbe stato un mio problema da affrontare -, ma avevo bisogno che lui accettasse il fatto di avere un bambino ancora non nato prima che potessi decidere l'eventualità di tenerlo o meno. 

Giovedì 11 Novembre
Dodici settimane e tre giorni


"Ehi, dottore, sono io, Louis, non so se si ricorda di me."
"E' un po' difficile dimenticare il ragazzo che è venuto nel mio ufficio pensando di avere un problema allo stomaco e se n'è poi andato pensando di essere incinto."
"Si, credo."
Giovedì non ero andato a scuola a causa della vomitata di quella mattina, probabilmente causata dal sacchetto di patatine che avevo mangiato alle quattro di mattina. Quindi, oltre a me, la casa era vuota visto che mamma era andata a lavoro e Owen era a scuola. Ero seduto in cucina, sulla parte superiore del contatore con una scatola di Ritz accanto a me e, dopo un sacco di esitazione, ero riuscito a prendere il telefono, comporre il numero dell'ufficio del medico e farmi passare il medico Martin Wright. L'unica cosa che volevo fare era fissare un appuntamento per un' ecografia nel quale avrei potuto portare Harry, non avevo intenzione di programmare tutto ciò riguardante l'aborto.
"Quindi presumo che hai parlato con... Harry, vero?"
"Si, si è così."
"Che cosa ha detto?"
"Fondamentalmente pensa che io sia pazzo," dissi con una risatina.
"Ma ha accettato di venire ad un appuntamento dal dottore con me, quindi è per questo che l'ho chiamata."
"Per fissare un appuntamento?"
"Si, per una... ecografia o qualsiasi altra cosa che possa aiutarmi a convincerlo che sia vero."
"L'ecografia sarebbe il modo migliore per farlo. Ti fisso un apputamento con l'ostetrico al più presto allora. Quando preferisci?"
"Oh... va bene sempre, credo," dissi esitante.
"Domani va bene?"
"Wow, così presto? uhm, certo, va bene."
"Beh, il dottor Hayes è disponibile presso le undici di domani mattina."
"Oh, non sarà lei a dovermi... esaminare?" Chiesi, mordendomi il labbro.
"Se ti fa sentire meglio potrei stare lì con te, ma quando eri venuto da me, io non ero un ostetrico, non ho la conoscenza adeguata per questo tipo di esami."
"Si, la capisco. Ma è... un po' imbarazzante, voglio dire, che cosa penserà di me quest'altro medico?"
"Il dottor Hayes è molto professionale, lei non penserà niente di male di te e anche se lo facesse, non lo dimostrerebbe in alcun modo. Ma come ho detto, posso venire lì se ti fa sentire meglio."
"Sarebbe meglio, grazie," dissi.
"Non c'è problema. Posso prendere l'appuntamento o vuoi prima sentire se va bene anche per il padre?"
"No, può prendere l'appuntamento, ci lavorerò."
"Okay. Quindi hai un appuntamento alle undici di domani mattina con il dottor Hayes."
"Si, grazie. Ciao per ora."
"Ciao."
Sospirai quando misi il cellulare in tasca. Un appuntamento per il giorno dopo. Ciò significava che avrei dovuto parlare con Harry il giorno stesso. Ma era a scuola e io no, sicuramente non avevo il suo numero di telefono e non mi piaceva mandargli un messaggio su Facebook. Tutto sommato avevo due possibilità: avrei potuto cercare il suo indirizzo ed andare a casa sua, una volta finita la scuola, che mi porterebbe ad un alto livello di disagio, o avrei potuto prendere l'autobus per la scuola in quel momento e aspettarlo al suo armadietto. L'orologio segnava le nove e venti, il che significava che la pausa sarebbe inziata tra venticinque minuti. Il tempo necessario per arrivare a scuola e raggiungere il suo armadietto.
Misi nuovamente la scatola dei Ritz dentro la credenza prima di raggiungere la mia stanza e vestirmi con qualcosa di più presentabile di una tuta grigia e una delle magliette più grandi che l'uomo abbia mai conosciuto. Scelsi un paio di jeans beige leggermente stretti e una felpa nera prima di spogliarmi dei vestiti che indossavo. Il mio sguardo finì casualmente nella mia figura allo specchio appeso sul muro e dovetti prendere un respiro profondo per non piangere a quella vista. Ero grasso. Ero solo a dodici settimane su un totale di quaranta ed ero già ingrassato. Abbassai lo sguardo e misi il broncio mentre toccavo il mio stomaco.
"Mi sta facendo ingrassare e non mi piaci per questo," mormorai.
Mi affrettai a prendere i miei vestiti prima di iniziare veramente a piangere - non avevo tempo per quello - e andai in bagno per fissare i capelli in modo che non avessero l'aspetto di un nido di uccello.
Per arrivare a scuola il bus ci mise circa dieci minuti e quando arrivai a destinazione, l'orologio sul mio cellulare segnava le nove e quarantadue. La fine era vicina. Camminai per i corridoi vuoti fino ad arrivare alla mia meta.
Non c'era nessuno agli armadietti quando arrivai e controllai di nuovo il mio cellulare, solo per scoprire che dall'ultima volta in cui l'avevo controllato era passato solo un minuto. Sospirai e appoggiai la schiena contro il metallo freddo con il quale erano fatti gli armadietti. Come al solito in quei giorni, le mie mani finirono sul mio stomaco. Ancora non era abbastanza grande da farlo notare alle persone, specialmente quando indossavo una felpa pesante con la zip, ma sapevo che circa in due mesi, sarebbe stato necessario molto più che una felpa con la zip per narconderla. Un grande cappotto di lana o qualcosa del genere. Meno male che era inverno.
La campana suonò dopo che ero stato fermo lì per un paio di minuti e un certo numero di porte intorno a me si aprirono. Ben presto i corridoi diventarono affollati e cercai di nascondermi il meglio possibile, sentendomi incredibilmente stupido a stare fermo lì mentre tutti si dirigevano verso la mensa o la prossima lezione. Era impossibile individuare qualcuno in particolare tra la folla che passava, quindi a meno che Harry non avesse bisogno del suo armadietto proprio in quel momento, non ci sarebbe stato modo di trovarlo. Spostai un po' le mie mani e incrociai le braccia sul mio ventre per nasconderlo meglio. Improvvisamente mi sembrava diventato molto più grande con così tante persone intorno a me. Dopo pochi minuti incominciai a chiedermi quanti studenti ci fossero in quella scuola, la marea di persone sembrava non finire mai e di tanto in tanto, mi spostavo di lato avvolgendo istintivamente le braccia contro il mio stomaco.
"Perchè stai in piedi davanti al mio armadietto?" Disse una voce accanto a me facendomi improvvisamente saltare emettendo un urlo estremamente non virile.
Harry rimase lì, verso di me, con le sopracciglia alzate e mi sentii arrossire.
"Io - tu - uhm... voglio dire," balbettai.
"Per favore, vai avanti. Non ho tutto il giorno."
"Già, nemmeno io, scusa," mormorai.
"Tu... hai detto che saresti venuto dal medico con me, e... uhm, non hai cambiato idea, vero?"
Sospirò.
"Ho la sensazione che mi parlerai di... quello," fece un cenno con la testa verso il mio stomaco "fino a quando non lo faccio, quindi no, non ho cambiato idea."
"Bene, bene," dissi con un sorriso.
"Ho un appuntamento domani alle undici, quindi... potresti venire, voglio dire, se vuoi."
"Alle undici? Di notte?" Chiese confusamente.
"Dici sul serio?", chiesi aggrottando le sopracciglia.
"Si?"
"No, non ho un appuntamento con il medico alle undici di notte," dissi lentamente, chiedendomi dove fosse il suo cervello.
"Intendevo alle undici del mattino."
"Oh. Alle undici di domani mattina ho giapponese e se perdo un'altra lezione sono fregato."
"Fai giapponese?" Chiesi incredulo, dimenticandomi l'argomento principale per un secondo.
"Non essere così impressionato, non capisco un cazzo di giapponese."
"Tranquillo. Ok, allora... quindi non puoi venire domani?" Chiesi.
Lui scosse la testa.
"Non proprio, no."
"Oh, okay."
Semplicemente fantastico. Avrei dovuto aspettare ancora più tempo prima di prendere la mia decisione allora.
"Sembri deluso," disse dopo una pausa trascorsa a guardarmi timidamente.
"E' davvero così importante per te che io venga?"
"Non proprio, è solo che... ho bisogno che tu mi creda. Che tu creda che questo," puntai la mia pancia, "E' vero, prima di prendere una decisione."
"Che decisione?"
Mi guardai intorno per vedere se ci fosse qualcun altro nelle vicinanze. Solo un paio di studenti erano rimasti nel corridoio e sembravano occupati a guardare i loro telefoni.
"Se voglio continuarla o no," mormorai.
I suoi occhi si spalancarono e sembrò a disagio.
"Oh... uhm... va bene."
Si fermò per un secondo prima di parlare di nuovo.
"Non sto dicendo che credo a questa... follia, perchè non ci credo, ma il limite di aborto non è a venti settimane o qualcosa del genere? Non hai ancora un po' di tempo per decidere?"
Annuii.
"E' ventiquattro settimane in realtà, quindi si, ho ancora due o tre mesi per decidere, ma..."
Smisi di parlare e guardai il mio corpo, il mio sguardo atterrò sulla pancia. Mi sentivo come se fossi sul punto di mettermi a piangere ancora una volta, ma scossi la testa e alzai gli occhi. Mi guardò con aria interrogativa.
"Non sarò in grado di prendere una decisione razionale se aspetto ancora a lungo, " dissi.
"Perchè no?"
"Perchè...guarda, non mi aspetto che tu capisca, ma se avessi chiesto a tua madre se sarebbe stata in grado di abortire a ventiquattro settimane, sono abbastanza sicuro che avresti ottenuto un sicuro 'no'."
Sembrava più confuso che mai.
"Non capisco," aveva detto dopo aver preso un minuto per pensare.
"Non hai lo strumento più acuto nella testa, vero? Sto solo dicendo che... che c'è un piccolo bambino che cresce dentro di me, Harry, e ogni giorno che passa, mi sento sempre più attaccato a lui. Se aspetto molto a lungo, non sarò in grado di ucciderlo."
"Quindi... vuoi abortire questo bambino che io non credo nemmeno esista?"
"Non lo so ancora, " Dissi e lasciai cadere le braccia in cenno di impotenza.
"Ho bisogno che... tu mi creda prima, e visto che ovviamente non prenderai sul serio le mie parole, ho bisogno che tu venga con me dal medico molto presto."
"Perchè hai bisogno che io ti creda? Voglio dire... anche se questo fosse vero e c'è davvero un bambino, non sarebbe un problema per me se... lo manterrai o no," disse con una scrollata di spalle.
"Non.. lo sarebbe?" Chiesi, non riuscendo a nascondere il tono incredulo della mia voce.
"Non proprio. Voglio dire... cose come questa accadono tante volte, giusto? Tante persone rimangono incinta dopo una notte."
"Beh, si, ma... di solito non si sa di avere un bambino e di solito non si va nella stessa scuola di quello con il quale lo si ha fatto," dissi.
"Tu mi vedrai tutti i giorni per i prossimi sette mesi circa e se deciderò di tenere il bambino, allora saprai che... il bambino di un mese che terrò in mano alla laurea sarà tuo figlio o tua figlia. Non ti importa niente?"
"Potrebbe se sapessi per certo che hai un grembo materno e la capacità di portare i bambini, che non hai ti ricordo."
"Abbiamo già parlato di questo e non posso spiegarti meglio di così," dissi, diventando un po' stanco a parlare di quell'argomento.
"Quanto è successo è qualcosa che si potrebbe chiedere al medico se venissi con me."
Sospirò esasperato e guardò il soffitto per un breve istante prima di rispondere.
"Va bene, va bene, vengo con te domani," disse.
Sorrisi.
"Grazie."
Un imbarazzante silenziò aleggiò nell'aria intorno a noi e sfregai nervosamente le mani.
"Probabilmente dovrei tornare a casa," dissi alla fine.
"Non mi sento tanto bene, quindi... ci vediamo domani, credo."
Mi voltai e cominciai a camminare lungo il corridoio, verso l'uscita, ma avevo fatto solo qualche passo, quando il suono della voce di Harry mi fermò.
"Posso... vedere?"
Mi voltai e lo guardai confuso.
"Cosa?" Chiesi.
Si avvicinò a me e poi fece un gesto goffo verso il mio ventre rivestito dalla felpa.
"Uhm, non puoi aspettare fino a domani?" Chiesi, guardando in giro per il corridoio vuoto per ogni evenienza.
"Per favore," disse in tono quasi disperato.
"Solo... slaccia la zip."
Inghiottii. Eravamo in piedi in un corridoio pubblico, chiunque avrebbe potuto irrompere fuori da una delle numerose porte intorno a noi in qualsiasi momento e chiunque avrebbe potuto vedere.
"Io non credo sia una buona idea," dissi.
"E non c'è niente da vedere in ogni caso, è quasi inesistente in realtà."
"Per favore."
Mi imbarazzai e mi sentii a disagio.
"Dai, siamo in un luogo pubblico," mormorai.
"Tutti sono in mensa o in classe, e se compare qualcuno, ti tiro in un abbraccio spaccaossa in modo che nessuno sarà in grado di vedere il tuo stomaco, va bene?"
Per un ragazzo che nemmeno credeva che io fossi incinto, insisteva nel vedere la mia pancia.
"Non farlo," dissi.
"Cosa?"
"Tirarmi in un abbraccio spaccaossa."
"Perchè no?"
"Beh, potrebbe essere... si sa, dannoso per... si," mormorai.
Lui alzò gli occhi al cielo.
"Bene, bene, mi limiterò a tirarti in un abbraccio normale allora."
 "No, Harry, andiamo," dissi con un piccolo gemito.
"Lo vedrai domani comunque, quindi non puoi semplicemente aspettare?"
Lui mi guardò implorante.
"Per favore, ho solo bisogno di vederlo per una volta, per favore."
Strofinai una mano sul mio viso, ma poi annuii.
"Bene," mormorai.
Mi guardai di nuovo intorno nel corridoio per assicurarmi che fossimo davvero rimasti soli prima di tirare giù la zip esitante e spingere il tessuto a parte. Al di sotto, indossavo una maglia bianca molto attillata che non lasciava niente all'immaginazione, e vidi Harry deglutire.
"Non sembra come... un aumento di peso, vero?" disse con voce roca, gli occhi incollati al mio addome.
"Probabilmente perchè non lo è," dissi.
"Beh, tecnicamente lo è, ma... lo sai."
"Non è molto grande comunque," continuò, guardando ancora la piccola bozza.
"Hai detto la stessa cosa la settimana scorsa," dissi, e non potei fare a meno di sorridere un po' a guardare quasi affascinato i suoi occhi.
"Sarà molto più grande tra un paio di mesi, vero?" Borbottò e mosse di nuovo lo sguardo fino a guardarmi negli occhi.
Annuii.
"Si, è così. Mi... mi dispiace, ma sembra quasi che tu ci... creda. Perciò, ci credi?"
"No, ma a quanto pare tu si."
Sospirai.
"Come puoi darmi la colpa? Ho visto la foto dell'ecografia, ho visto i test di gravidanza positivi, ho visto l'improvviso aumento di peso del mio corpo in un modo strano e per nessun motivo logico nelle ultime due settimane mi sono sentito strano... Sono fermo qui con un sacco di prove positive, Harry, come puoi darmi la colpa a crederci?"
"Non credo, ma... ancora, è troppo strano, tu mi puoi dare la colpa per non crederci?"
"No, non posso, è per questo che ti sto chiedendo di venire dal medico con me domani."
Lui annuì.
"Si, lo so, e ho detto che verrò con te, quindi..."
Chiusi di nuovo la zip della mia felpa.
"Si. Ci vediamo domani, allora. Ci incontriamo all'ufficio del medico?"
"Immagino di si. Qual'è?"
"Quello vicino alla libreria."
"Hm, ok, ci... vediamo alle undici quindi, credo."

*

La prima cosa che notai, venti minuti più tardi, quando varcai la porta di casa, era che nell'ingresso c'era un paio di scarpe non familiari. Chi diavolo c'era? Erano un paio di scarpe da uomo, notai, che mi fece incuriosire ancora di più. Per quanto ne sapevo, l'unico ragazzo che viveva - ed era dentro in quel momento - in quella casa ero io e quelle scarpe nere non erano sicuramente mie. E poi non c'era nessuno a casa. O almeno, nessuno avrebbe dovuto essere a casa. Forse era un ladro davvero gentile che non voleva portare la sporcizia sul pavimento.
Più silenziosamente possibile, mi ero tolto le mie scarpe e mi ero intrufolato ulteriormente in casa. Non c'era nessuno in cucina, nel bagno al piano di sotto o in salotto ed io aggrottai la fronte. Mancavano le camere e il bagno al piano di sopra. Camminai attraverso il soggiorno e mi diressi verso la porta della camera da letto di Owen e la aprii, ma no, era vuota. Sospirai e raggiunsi lo stretto corridoio per arrivare alla camera da letto di mamma. Aprii la porta... e mi pentii subito.
"Maledizione!" Urlai mettendomi una mano davanti agli occhi e alla cieca mi precipitai indietro verso l'ingresso e le scale per arrivare in camera mia.
Mi gettai sul mio letto e nascosi il viso nel cuscino, cercando di cancellare l'immagine che rimarrà impressa nella mia mente per sempre. Cazzo, non dovevo proprio vedere. Non avevo appena visto mia mamma quarantatreenne, mezza nuda farlo con un uomo sul suo letto. Beh, un bel suicidio in quel momento ci sarebbe stato veramente bene. Il mio cuore batteva come un matto e sentivo la mia faccia incredibilmente calda, forse a causa del fatto che era sepolta in un cuscino molto soffice. Stavo per sedermi e far prendere ai miei polmoni un po' di aria fresca, quando un improvviso dolore acuto mi colpì il basso ventre e un guaito sorpreso fuoriuscì dalle mie labbra. Fu come se qualcuno avesse preso una corda, l'avesse avvolta attorno alle mie viscere e l'avesse tirata forte. E non si era fermato, ma si era ripetuto più volte. Mi sono racchicchiato, stringendo stretto lo stomaco, e gridai di dolore e di spavento. Quello non era di certo un buon segno.
"Louis? Sei qui dentro? Mi dispiace che tu... oh mio Dio! Cosa hai fatto?"
La voce terrorizzata di mia mamma giunse alle mie orecchie e non potei far altro che lanciare un rumore soffocato in segno di protesta quando si sedette accanto al letto in ginocchio e mise una mano sulla mia spalla.
"Che cosa c'è che non va? Dove ti fa male?" Chiese, guardadomi su e giù, ovviamente alla ricerca di un qualche tipo di indicazione fisica di quello che stava succedendo. 
Rimasi senza fiato per l'aria,  cercando di dirle di fare un passo indietro, ma tutto ciò causò un'altra contrazione e mi lasciai sfuggire un singhiozzo roco.
"Tesoro, hai da dire qualcosa? Devo chiamare l'ambulanza?" Chiese freneticamente.
Scossi la testa e stetti per gemere dal dolore quando improvvisamente, si fermò. Sbattei le palpebre e mi stesi completamente immobile per qualche istante prima di lasciare andare timidamente le mie ginocchia.
"Louis?"
Mia mamma mi guardava preoccupata, cercando di apparire più disinvolta possibile.
"Io... è solo un po' di male," dissi.
"Louis, non era solo un po', che diavolo è stato?"
"Uhm, il medico ha detto che avrei potuto sperimentare alcuni crampi allo stomaco a causa di questo virus," dissi in fretta, pronunciando la prima bugia che mi venne in mente.
Mamma mi guardò con gli occhi socchiusi, apparentemente per decidere se stavo mentendo oppure no.
"Bene, ma devi andare di nuovo dal medico il prima possibile, è chiaro?"
"Si, ho intenzione di andare domani, quindi è... tranquillo," dissi.
Lei sorrise.
"E' una buona cosa che stai iniziando a prenderti responsabilità per te stesso."
Tossii.
"Uhm, si, immagino."
Sospirò ed esitò.
"Cosa?" Chiesi e alzai gli occhi al cielo.
"A proposito di quello che hai appena visto," iniziò.
"Non è quello che pensi."
Alzai le sopracciglia.
"Quindi non lo stavi facendo con quel tipo? Chi è comunque?"
"E' un uomo che ho conosciuto tramite il lavoro, il suo nome è Ian e io... lo sto vedendo da un paio di mesi."
La guardai a bocca aperta.
"Tu - tu - ti sei fidanzata?" Chiesi incredulo.
Quello davvero non poteva accadere in un momento peggiore. Con tutto quello a cui stavo avendo a che fare al momento, mia mamma aveva deciso di avere un dannato fidanzato?
"Louis, sono passati sei anni da quando tuo padre ci ha lasciati," Disse con un sorriso triste.
"Non ti aspetti che io rimanga sola per sempre, vero?"
"Beh, no, credo di no, ma sarebbe stato meglio se me lo avessi detto prima che lo venissi a scoprire così," mormorai.
"Capisco e mi dispiace, solo che non sapevo come avresti reagito."
Mi strinsi nelle spalle.
"Va bene lui, credo. Papà è solo un coglione comunque, quindi... se hai trovato qualche altro uomo, allora buon per te."
"Grazie, sei un bravo figlio," disse e mi accarezzò la guancia leggermente prima di alzarsi in piedi.
"Mi piacerebbe molto fartelo conoscere."
"Oh, in questo momento?"
"Si. E' al piano di sotto in cucina, andiamo, vieni con me."
Volevo dirle che non ero in vena di incontrare qualche uomo in quel momento, ma sapevo benissimo che quello avrebbe portato ad un mucchio di domande, così mi sforzai di sorridere e mi alzai dal letto. Mamma mi sorrise felice prima di voltarsi e uscire dalla stanza facendomi segno di seguirla. Lasciai un rapido sguardo allo specchio, mentre camminavo, assicurandomi che il mio stomaco sembrasse normale, prima di uscire dalla stanza e andare giù per le scale.
Una volta entrati in cucina, i miei occhi scorsero lo stesso uomo che era stato nel letto di mia madre venti minuti prima. Era seduto al tavolo, mentre leggeva un giornale, ma subito alzò gli occhi quando ci sentì entrare.
"Oh, ehi," disse, e si alzò.
"Beh, Ian, questo è mio figlio maggiore, Louis. Louis, questo è Ian, l'uomo che ho incontrato," Ha detto mamma in tono ansioso.
Ian sorrise e tese una mano. Quando la afferrai, lasciai che i miei  occhi vagassero sul viso e sul corpo. Sembrava l'uomo che tutti i giorni passa per strada senza essere notato, circa sei piedi di altezza, corporatura normale, capelli castano scuro, abito qualunque, faccia normale, e nel complesso molto... normale.
"E' un piacere conoscerti, Louis," disse con un sorriso incerto.
Il povero uomo sembrava nervoso e così, nonostante il cattivo umore, mi tirai su e sorrisi.
"Il piacere di conoscerti è anche mio."
"Mi dispiace davvero che tu sia entrato."
Alzai una mano per fermarlo.
"Va tutto bene. Ancora meglio se puoi evitare di ricordarmelo, però," dissi con una smorfia.
"Capito."
Un silenzio imbarazzante cadde nella stanza e cercai disperatamente di pensare a qualcosa di intelligente da dire.
"Allora, hai già incontrato Owen?"
Almeno non avevo menzionato nè il tempo, nè i gatti.
"No, non ancora, penso che tu mamma mi farà conoscere anche lui oggi," disse, lanciando uno sguardo interrogativo a mia mamma a cui lei rispose annuendo.
"Oh, va bene. Tu hai figli?"
Lui scosse la testa e sorrise storto.
"No, non posso averne, a dire la verità non li ho mai veramente voluti, troppi urli e troppi problemi quando sono piccoli, sai."
Annuii senza dire nulla, resistendo alla tentazione di scappare in bagno di nuovo.
Insomma, questo non è affatto imbarazzante.



Occhio a me!

Ok, prima di tutto devo scusarmi. Non potete immaginare da quanto tempo stavo cercando di pubblicare questo capitolo, ma per un motivo o per l'altro non si riuscivo mai. E' stata una settimana davvero stressante e piena di impegni e ancora non so come oggi abbia fatto ad alzarmi dal letto.
Comunque eccomi qui :)
Bene bene, non immaginate quanto mi diverta a tradurre questa fan fiction!! Mi piace ogni singolo capitolo, incredibile.
Finalmente nel prossimo ci sarà l'attesa visita dal medico! Non vedo l'ora di finire di tradurlo e pubblicarlo, perchè è fantastico. L'ho già iniziato e non penso che ci metterò molto, perciò preparatevi!
Scusate se non rispondo alle recensioni, ma giuro che le leggo tutte, e prometto che prima o poi troverò il tempo di rispondere! Ora scappo che devo andare a correre.
A presto ;)

Giulia.
 
  
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