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Autore: Fleide    09/09/2013    3 recensioni
Quando si perde la persona a cui si tiene di più, si fa di tutto per riaverla indietro... Anche se lottare vuol dire soffrire e superare tutti i propri limiti.
Cal Lightman questo lo sa.
Si morse violentemente un labbro mentre si stringeva il capo tra le mani: la macchina di Gillian stava bruciando davanti a lui.
Urlò. Urlò con quanto fiato aveva in gola. Urlò anche se il dolore che provava gli impediva di farlo.
Sentiva delle sirene in lontananza e delle voci... era tutto confuso,  attorno a lui il mondo crollava facendolo sprofondare nel nulla. Faceva male. Faceva dannatamente male.
Genere: Romantico, Song-fic, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ And if it all goes crashing into the sea ~


{
9. This hurricane's chasing us all underground
  }


C'era ancora delle neve per le vie, illuminata dai lampioni che iniziavano ad accendersi man mano che il sole calava. Nervosamente Cal chiudeva i bottoni della camicia, fissando con sguardo vuoto il Lightman Group. Riusciva a vederlo dal furgone dell'FBI dove si trovava, parcheggiato ad un isolato di distanza dal palazzo che ospitava il suo officio. Era completamente buio, eppure sapeva che qualcuno, in quel preciso istante, si aggirava per quei corridoi. Meccanicamente si infilò la giacca, mentre alle sue spalle risuonavano i passi di Reynolds:
- Non posso darti un'arma.
Si passò una mano sul petto, testando la consistenza del giubbotto antiproiettile: Ben aveva insistito affinché lo indossasse sotto la camicia.
- Capisco Ben. - mormorò voltandosi verso l'agente. - Ci sono novità?
- No. Nessuna notizia.
Ben sapeva cosa voleva sapere Lightman, qual era la sua principale preoccupazione, ma notizie di Gillian, di cosa le fosse successo, non ce ne erano. Avrebbero scoperto tutto una volta dentro il Lightman Group.
- Lightman, te lo richiederò un'ultima volta: sei sicuro di voler entrare con noi?
Lo scienziato alzò lo sguardo lentamente.
- Sono certo che Gillian è lì dentro, ed è lì per colpa mia, è nelle mani di un terrorista fuori di testa per colpa mia, e io dovrei rimanere qui ad aspettare?! - aggiunse alzando la voce.
Reynolds lo scrutò un attimo in volto, poi sospirò:
- Finiscila di darti tutta la colpa. Ti aspetto fuori. - uscì.
Tutta la colpa? Fece un respiro profondo: finalmente la fine di quella storia era vicina. Avrebbe trovato Gillian, l'avrebbe stretta e tutto sarebbe andato bene, tutto si sarebbe risolto, per una volta, una sola, gli piacque credere che sarebbero andate così le cose. Fece scorrere lo sguardo lungo le pareti, da fuori gli giungeva all'orecchio qualche ordine gridato dagli agenti.
Sentì la porta del furgone spalancarsi:
- Lightman non puoi andare lì dentro! - esclamò la voce di Eli.
- È una pazzia! - aggiunse Ria.
Li guardò perplesso un istante: erano stravolti almeno quanto lui, entrambi infatti avevano il volto segnato dalle notti insonni passate a studiare il caso.
Preoccupazione? Erano preoccupati per lui, erano seriamente preoccupati per lui. Abbozzò un sorriso con un angolo della bocca:
- Grazie per tutto quello che avete fatto in questi giorni.
Quelle parole, così calme e sincere, risuonarono nel silenzio che seguì.
Era come se si fosse tolto un peso dicendo ciò, non gli era costato fatica come al solito, sentiva davvero quelle parole. Spostò lo sguardo da Ria ad Eli e viceversa: erano distrutti eppure erano lì, fino alla fine. Inclinò la testa di lato aspettando sui loro volti una reazione che prendesse il posto della mal celata sorpresa.
- Tu sei... Voglio dire... Il nostro... - balbettò Eli passandosi una mano tra i capelli.
- Comunque è assurdo che tu vada lì dentro con il terrorista! - riuscì ad articolare Torres mentre Loker annuiva al suo fianco.
Cal aveva la strana sensazione che quella notte, qualunque fosse stato il suo esito, avrebbe significato un grande cambiamento in lui.
- Devo. - rispose secco facendosi largo tra i due ed uscendo.
Con passo deciso si diresse verso Reynolds, che stava dando alcune indicazioni alla luce di un lampione più in fondo, cercando di ignorare Eli e Ria che continuavano a pregarlo di rimanere.
- Finitela! - sbottò girandosi di scatto verso i due impiegati - È una decisione che spetta a me!
Mi dispiace
- Almeno cerca di non farti ammazzare. - mormorò Torres mentre lo scienziato le voltava nuovamente le spalle e si allontanava.
Al suo fianco Loker sospirò cingendole le spalle con un braccio.
Cal si voltò un attimo a guardarli: sperò non fosse l'ultima.
Il parcheggio era deserto, fatta eccezione per i federali ed i loro mezzi. Qualche timido lampione illuminava mucchi di neve e pozzanghere, in lontananza i rumori della città.
- Lightman! - lo chiamò Reynolds - C'è una persona per te. - aggiunse indicandogli un gruppo di agenti poco distante.
Cosa?
Stavano scortando sua... Non poteva crederci... Emily!
- Papà!
Era lì! La sua bambina era lì sana e salva! Le corse incontro pazzo di gioia e l'abbracciò stringendola a sè.
Tenerla tra le braccia gli dava finalmente la prova tangibile che era al sicuro, sana e salva.
- Tesoro, stai bene?  - le chiese staccandola da sè e prendendole il viso tra le mani.  - Ero...
Emily non sembrava stanca nè distrutta, semplicemente preoccupata. Lightman ne fu felice, almeno su sua figlia tutta quella storia non aveva lasciatosi segni evidenti.
- Va tutto bene papà - fece l'altra sorridendogli dolcemente - Tutto bene. Mi hanno detto che Gillian...- continuò cambiando tono.
Cal annuì debolmente abbassando lo sguardo.
- È lì dentro. - indicò il Lightman Group alle sue spalle - E io devo andare, Emily. Ha bisogno di me.
La ragazza tornò a sorridergli e gli tese una mano sporgendo il mignolo:
- Papà, promettimi che la salverai e che tornerai da me.
Lightman la guardò perplesso. 
- Avanti, prometti.  - ripeté quella decisa, facendo intendere che un rifiuto non sarebbe stato gradito.
Come suo padre
Lo scienziato incrociò il proprio mignolo con quello della figlia. Le doveva quella promessa dopo tutto quello che era successo in quei giorni.
- Promesso.
Non avrebbe mai lasciato sola la sua bambina, sarebbe tornato, con Gillian.  A qualunque costo.
- Ti voglio bene papà.
 Le diede un buffetto sulla guancia:
- Anche io Emily.
E tornerò
- Lightman, dobbiamo andare! - lo chiamò Reynolds.
- A dopo papà.
A dopo


-
Libero. - sussurrò un agente davanti a Cal.
Il corridoio d'entrata del Lightman Group era buio, ad illuminarlo c'era solo la luce posta sotto al logo del gruppo. Lightman si girò ad osservarlo: tutti quei volti, quelle espressioni, quelle emozioni, erano state i suoi studi, la sua vita. Non avrebbe mai immaginato di dover entrare di soppiatto nel suo ufficio, scortato da un folto gruppo di agenti federali in tenuta da battaglia. Si soffermò con lo sguardo sulle lettere lucide che componevano il suo cognome: aveva costruito quell'attività con Gillian, grazie anche ai sacrifici di entrambi, eppure nell'ultimo periodo stava rischiando di mandare tutto all'aria per attacchi di ira verso potenziali clienti... come aveva potuto dimenticare quanto quell'attività contasse, non solo per lui e Gillian, ma anche per gli altri impiegati, a partire dagli stessi Torres e Loker? Se avessero chiuso, Ria sarebbe tornata a lavorare in aeroporto, un posto sicuramente poco adatto al suo talento, e Loker... be' probabilmente Loker sarebbe finito in un posto dove avrebbe dovuto lavorare sul serio, o dove forse le sue ricerche sulle interazioni sociali tra oranghi sarebbero state apprezzate. Cal sorrise ripensando ai due impiegati: in fondo erano la sua squadra.
- Gruppo uno con l'agente Bryan, gruppo due con me. Tenete sempre contatto radio con l'agente Lucas. - ordinò Reynolds.
Immediatamente un gruppo di agenti sparì inoltrandosi nel corridoio che conduceva agli uffici.
Il Lightman Group era silenzioso. Troppo silenzioso per essere il bersaglio di un gruppo di terroristi.
Ben fece segno a Cal e agli altri rimasti con lui di seguirlo.
- Reynolds , ci spostiamo verso la caffetteria. - fece inclinando il capo verso un angolo del giubbotto dove era fissata la radio.
- Proseguite. - rispose la voce distorta dell'agente Lucas.
Reynolds guidava il gruppo, Cal invece era tenuto sotto controllo da un paio di agenti che continuavano a stringerlo tra loro per fare in modo che, in caso le situazione si fosse fatta critica, lo scienziato evitasse di trovarsi direttamente esposto ai terroristi. Lightman osservò corrugando la fronte le armi che gli agenti avevano con sè: dovevano prevedere uno "scontro" diretto a giudicare dalla grandezza dei mitra che portavano a tracolla tutti, eccetto Reynolds. Ben infatti teneva saldamente tra le mani la sua pistola.
E poi c'era lui, disarmato, con indosso un giubbotto  antiproiettile e circondato da agenti che al primo segno di pericolo avrebbero fatto di tutto per allontanarlo. Lo scienziato sapeva che avrebbero trovato in lui un osso duro: non avrebbe permesso a nessuno di impedirgli di salvare Gillian, qualsiasi fosse stato il pericolo da correre.
Reynolds ed un paio degli agenti si intrufolarono nel locale della caffetteria, facendo segno agli altri di controllare quelli attigui. Solo Lightman e la sua "scorta" rimasero nel bel mezzo del corridoio, in attesa. Lightman si morse le labbra per evitare di inveire contro qualcuno, mentre si guardava attorno nervosamente. Qualcosa non quadrava... se stavano organizzando un attacco, proprio in quel momento, perchè diavolo non si sentiva alcun rumore? Perchè non avevano trovato nessuno a sorvegliare l'entrata dell'edificio nè quella dell'ufficio? C'era decisamente qualcosa di strano: Bras stava tramando qualcosa.
Il rumore di uno sparo proveniente dagli uffici lo distolse dai suoi ragionamenti. Fece per correre in quella direzione ma i due agenti lo bloccarono nuovamente tra loro, costringendolo a fermarsi all'inizio del corridoio percorso poco prima dall'altra squadra. Nuovi spari seguirono e a Cal parve di vedere tra i lampi prodotti dalle armi da fuoco delle ombre correre verso la scala d'emergenza interna. Reynolds ed i suoi accorsero:
- Agente Bryan, cosa sta succedendo?! - gridò nella radio Ben.
Altri spari, grida e passi, ma nessuna risposta dall'agente Bryan,
- AGENTE BRYAN! COSA STA SUCCEDENDO?! - gridò nuovamente e con più veemenza Reynolds.
La sua squadra attendeva pronta all'attacco.
- I terroristi... - fece  la voce dell'agente Bryan sulla spalla di Reynolds - si dirigono verso la scala antincendio. Li seguiamo.
I terroristi che fuggivano? No... c'era qualcosa di strano.
- Feriti? - chiese Ben.
- Nessuno grave.
La comunicazione si chiuse. Dopo un istante Reynolds fece segno al gruppo di seguirlo lungo il corridoio ormai abbandonato dall'altra squadra. La tensione era palpabile: Ben avanzava lentamente con la pistola stretta in pugno, seguito da agenti pronti a sparare al primo segnale. Cal continuava a guardarsi intorno nervosamente, convinto di star correndo dritto nella tana del lupo. Attraversando il corridoio vedeva il proprio volto riflesso nei pannelli di vetro che separavano gli uffici: della leggera barba aveva iniziato a coprirgli il viso, reso ancora più scavato dalle ombre prodotte sul vetro dalle torce degli agenti. Distolse lo sguardo, cercando di trovare una spiegazione plausibile per tutta la faccenda. Ne avrebbe voluto parlare con Reynolds, ma al momento Ben era intento a guidare il gruppo, ed era meglio non agitarlo. Una vocina in un angolo della sua testa si congratulò con lui per aver pensato prima di agire impulsivamente.
- Fermo! - gridò improvvisamente Reynolds bloccandosi.
Un paio di ombre sfrecciarono veloci davanti a loro, superandoli per poi infilarsi anch'esse lungo la scala d'emergenza interna. Il gruppo si lanciò al loro inseguimento mentre Ben, imprecando, intimava a tutti di non aprire il fuoco. Gli agenti si gettarono giù per la scala, seguendo i rumori prodotti dai terroristi che gli erano davanti, Cal afferrò Reynolds per un braccio, tirandolo da parte.
- Lightman! Non è il momento! - fece quello cercando di divincolarsi.
- Ben ascoltami! - esclamò Lightman - Qualcosa non quadra! Ci stanno attirando fuori di proposito!
- Chi te lo assicura?
- E chi ti assicura il contrario? Ascolta, io rimango qui - aggiunse lo scienziato allontanandosi.
- Lightman! - lo chiamò Ben.
- Agente Reynolds... - fece un agente alle spalle di Reynolds.
Ben si voltò: erano rimasti solo loro tre. Sospirò.
- Vai. Trovateli e tenetemi informato via radio. - ordinò seguendo Lightman- Io resto qui.
L'altro agente rimase per un attimo a fissare i due uomini farsi strada lungo il corridoio, poi sparì anche lui attraverso la scala.
- In questi uffici non c'è nessuno Lightman... - mormorò Ben dopo che i due avevano percorso più della metà del corridoio.
- Lo so - fece secco l'altro senza voltarsi e continuando a camminare spedito.
- E allora cosa stiamo facendo? - chiese Reynolds affiancandolo.
- Stiamo cercando Bras, e con lui la bomba. Gillian deve essere lì con loro. - rispose Lightman tirando con forza la porta che conduceva nella sala interrogatori.
Alzò lentamente lo sguardo su Ben:
- E' bloccata.
Un proiettile sibilò accanto al braccio dello scienziato, andando a colpire il pennello di vetro alle sue spalle, che si infranse all'istante. In un attimo i due uomini si erano rannicchiati sul pavimento, coprendo la testa con entrambe le mani, per proteggersi dalla scarica di schegge di vetro che li investì.
- E' finita... - fece Reynolds dopo qualche minuto alzandosi lentamente.
- Agente Reynolds...
- Agente Lucas... - rispose avvicinando il capo alla spalla.
- ... le due squadre sono riuscite a fermare dieci uomini appartenenti all'IRA. Nessuna traccia di Bras.
-
Ovvio. - mormorò Cal cercando di sgrullarsi di dosso le schegge di vetro.
- Vi raggiungerà una squadra. Attendete gli uomini e non cercate di trattare da soli con il terrorista. Agente Reynolds?
- Ricevuto agente Lucas.
Lo sparo era la prova evidente che erano vicini a Guffry.
Cal guardò un istante Reynolds, poi inclinò il capo verso la porta chiusa. L'agente sorrise e con un calcio sfondò la serratura. Lightman si fiondò dentro seguito dall'agente. L'agente Lucas? Che si preoccupasse dei terroristi appena catturati, nessuno avrebbe impedito a Cal Lightman di affrontare Bras.
La sala interrogatori era buia. Cal procedeva lentamente, cercando di non inciampare nei computer posti all'esterno del cubo di vetro, Reynolds cercava a tentoni l'interruttore della luce. Facendo leva sulla tower di un computer scavalcò con un salto la fila di tavoli, finendo direttamente davanti ad una delle pareti del cubo. Dov'era Bras? Eppure doveva essere stato lui a sparare...
- Eccolo! - esclamò trionfante Ben.
Le luci si accesero gradualmente, partendo dal fondo della sala. Lightman constatò che nulla era stato toccato, niente era stato danneggiato o sottratto, a dimostrazione di come la mente di Bras fosse focalizzata unicamente sull'attentato e su di lui. Finalmente anche il cubo si alluminò. Lightman sgranò gli occhi ed indietreggiò di un paio di passi, Reynolds sbatté il capo contro la parete alle sue spalle alla vista di ciò che conteneva.
- Agente Lucas... - mormorò l'agente lentamente  - ... abbiamo bisogno di un disinnescatore di bombe nella sala interrogatori. ORA. - aggiunse secco.
- Le unità sono impegnate....
-
Mi serva ORA agente! Mi mandi un disinnescatore di ordigni ORA! - gridò.
- Va bene... - fece l'agente Lucas dopo una lunga pausa - Sta raggiungendo l'entrata principale, lo scorti fino all'ordigno.
Reynolds guardò Lightman allarmato, ma lo scienziato continuava a dargli le spalle, incapace di muoversi.
- Lightman, devo tornare all'entrata.
Cal annuì debolmente.
- Non fare cose stupide. - e Ben uscì dalla sala interrogatori
Cal si fiondò sulla porta di accesso al cubo di vetro, sfondandola con una spallata. Un paio di occhi azzurri lo fissavano disperati.
- Gillian... - mormorò dalla soglia.
Dio mio...
Gillian era lì, davanti a lui, legata ad una sedia, con un bavaglio sulla bocca ed un ordigno sul petto. Era tutta colpa sua se era in quelle condizioni. Con un groppo alla gola le si inginocchiò davanti, facendo attenzione a non toccare l'ordigno che portava legato sul petto. Con cautela slegò il bavaglio che aveva sulla bocca.
- Cal... - fece Gillian non appena poté.
- Va tutto bene tesoro... - le sussurrò Lightman cercando di sembrare il più tranquillo possibile - Andrà tutto bene. Mi dispiace Gillian, mi dispiace tanto. - aggiunse prendendole il viso tra le mani e carezzandole le guance con i pollici.
Aveva il volto rigato di lacrime e gli occhi gonfi, ma era viva. Era viva e presto l'avrebbe potuta abbracciare di nuovo. Lightman iniziò a slegarle i polsi, che aveva stretti dietro la schiena, notando una serie di tagli su un braccio.
- Cal lui... lui verrà... - riprese Gillian singhiozzando. - lui ti...
- Cosa ti ha fatto? - chiese lo scienziato carezzandole un braccio, sui cui aveva scoperto gli stessi tagli dell'altro.
Cal sentì la bocca diventare asciutta mentre aspettava la risposta di Gillian. La donna ritirò il proprio braccio dalle sue mani e lo guardò con sguardo implorante. Lightman abbassò il suo: non insistette.
- Dobbiamo toglierti questo ordigno di dosso tesoro... - fece dopo qualche minuto, concentrandosi sulla bomba che Gillian teneva ancora legata al petto.
Foster allungò una mano sfiorando il capo di Cal, che era chino su di lei:
- Cal ho paura...
- Anche io tesoro, anche io. - ammise permettendo ad un sorriso amaro di dipingerglisi sul volto.
Osservò con attenzione la bomba, e notò che era montata su una specie di giubbotto, grazie al quale Bras era riuscito a metterla addosso a Gillian. Fece scorrere con cautela le dita lungo il contorno del giubbotto, pregando che Reynolds e il disinnescatore tornassero presto, o almeno prima di Guffry. Fece scattare la chiusura del giubbotto e Foster fu libera. Glielo sfilò lentamente, facendo attenzione a non toccare nessuno dei numerosi fili che circondavano il cuore dell'ordigno, fortunatamente ancora non innescato. Poggiò la bomba sulla sedia occupata fino a poco prima da Gillian, mentre la donna gli crollava accanto esplodendo in un pianto. Non indugiò un secondo di più. Le circondò le spalle con le braccia e la strinse al suo petto: com'era piccola e fragile la sua Gillian... Fece scorrere una mano sulla sua nuca carezzandole i capelli, mentre Foster continuava a piangere con il volto poggiato contro il suo petto. Cal riusciva di nuovo a sentire il suo calore, a vedere i suoi occhi, a stringerla tra le braccia, ad averla con sè come prima: era viva.
- Andrà tutto bene Gillian, te lo prometto... Andrà tutto bene... - le sussurrò in un orecchio.- Lo so che l'ultima volta che ho fatto questa promessa, tempo ventiquattro ore e l'ho infranta - aggiunse accennando un sorriso e prendendole il volto tra le mani.
Avrebbe voluto dirle tutto quanto, di come si sentisse in colpa, di quanto l'amasse, ma quello non era decisamente il momento opportuno. La donna lo guardò un istante in silenzio, come se si rendesse conto solo in quel momento di ciò che era accaduto tra loro prima che venisse rapita di Guffry.
- Ma questa volta - riprese Cal - la manterrò.
Foster annuì debolmente, e gli gettò le braccia al collo poggiando il capo sulla sua spalla:
- Cal ti prego portami via... ti prego... - mormorò tra nuovi singhiozzi - Lui sta tornando... lui cerca te...
- Esatto.
No!
Cal si alzò di scatto tirando su anche Gillian e spingendola dietro sè. Un brivido gli scese lungo la schiena, Foster alle sue spalle era paralizzata. Lurido bastardo...
-
Salve dottore. - fece Bras sorridendo.
Di nuovo quegli occhi glaciali e quel volto indecifrabile. Merda...
Dove diavolo era finito Reynolds? Bras era lì, davanti a lui e Gillian, armato ed indecifrabile: cosa avrebbe potuto fare contro di lui Lightman? Con timore ripensò alla notte davanti casa sua, non poteva permettersi di perdere i sensi e lasciare di nuovo Gillian in balia di quel mostro.
- Bene, vedo che il mio ordigno non l'ha spaventata - fece l'irlandese indicando con la pistola la bomba sulla sedia.
Lightman non osava staccargli gli occhi di dosso.
- Nè i miei uomini distratta... Immaginavo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per la dottoressa Foster.
- Lasciala stare Bras... - digrignò lo scienziato tra i denti.
- Oh no, questo no... almeno non fino a quando lei, dottore, non sarà in ginocchio ad implorare pietà, poi forse la dottoressa sarà libera di andare. Oppure potreste condividere quel giubbotto, alcuni dei miei uomini hanno scommesso su questo. - aggiunse facendo un passo in avanti.
Cal deglutì pregando che Ben arrivasse il più in fretta possibile.
- Bene - fece Bras vedendo che l'altro non gli rispondeva - si allontani dalla dottoressa, ORA.
 Stese il braccio, puntando la pistola dritta contro Lightman. Gillian mandò un urlo, Cal continuò a guardare fisso negli occhi l'irlandese.
- Si sposti dottore, ora. - ripeté il terrorista.
- No. - fece secco lo scienziato.
Non lascerò Gillian indifesa di nuovo.
-
Sarà più divertente allora.
In un istante fu accanto a Lightman colpendolo alla testa con il calcio del pistola. Cal stramazzò sul pavimento prendendosi la testa tra le mani: sanguinava. Bras lo guardava divertito mentre tentava di rialzarsi senza successo:
- Avanti dottore...
La voce di Bras gli arrivava ovattata, ma non il dolore lancinante alla testa. L'irlandese si chinò su di lui con l'intento di afferrarlo per i capelli, ma Gillian gli si gettò addosso. 
- Questo non è un gioco per lei. - fece bloccandole entrambe le braccia in una presa d'acciaio.
- Lasciala Bras... - supplicò Cal riuscendo a tirarsi su carponi: la testa gli scoppiava.
- Certo.
Con forza l'irlandese torse un braccio della donna, che lanciò un grido che per Lightman fu più doloroso della ferita alla testa, quindi la spinse in un angolo. Gillian finì contro la parete del cubo, sbattendoci contro la testa e perdendo i sensi.
- Gillian! - gridò Cal allarmato alzandosi finalmente in piedi.
Corse alle spalle di Bras, che ancora osservava Gillian, e lo colpì in pieno volto con tutta la forza di cui disponeva. Bras cadde ed in un attimo Cal gli fu sopra colpendolo e cercando di tramortirlo. Facendo  leva sul petto dello scienziato stesso, l'irlandese riuscì a liberarsi di Cal, spingendolo indietro e staccandolo da sopra di lui. Questi finì contro la sedia su cui era stata legata Gillian, l'ordigno cadde ai suoi piedi.
- Fine dei giochi. - fece Bras fissandolo.
Lentamente alzò un braccio, tornando a puntargli la pistola contro, Cal non si mosse. Continuando a tenere l'arma puntata contro di lui, l'irlandese gli si avvicinò fino a quando la canna non aderì alla tempia di Lightman. Lo scienziato rabbrividì. Si era già trovato in quella situazione, ma l'uomo con cui aveva avuto a che fare era leggibile, non era Bras, poteva prevedere, o almeno provare a farlo, quale sarebbe stata la sua mossa, con Bras ciò non era possibile. Ben dove sei?!  Bras continuava a fissarlo con quello sguardo glaciale. Cal inspirò a fondo e cercò di scorgere Gillian: era stesa a terra poco più giù. Pregò affinché Ben arrivasse e la tirasse fuori di lì prima che Bras potesse nuocerle di nuovo. Pensò ad Emily e alla promessa che le aveva fatto: sarebbe stata l'ennesima di tante non mantenute. Zoe si sarebbe presa cura di lei. Ma non voleva lasciarla, non voleva pensare che non l'avrebbe vista crescere... Quella maledetta pistola continuava a premergli contro la tempia!
- Fermo Bras!
Reynolds!
Uno sparo risuonò nel cubo di vetro. Un corpo senza vita si accasciò sul pavimento.
Era finita.


- Come sta?
Reynolds si passò una mano sul volto stanco.
- Ti aspetta.- fece indicando una porta.
- Tutte le infermiere sono richieste al terzo piano...
Una barella passò accanto ai due uomini, un medico li superò correndo, un'infermiera sparì dietro una porta. Erano tornati alla normalità. Cal alzò lo sguardo su Ben:
- Grazie.
L'altro gli sorrise:
- La devi smettere di ringraziarmi, potrei abituarmi.
Lightman sollevò un angolo della bocca: se non fosse stato per l'agente lui sarebbe morto. Reynolds infatti era tornato nella sala interrogatori prima che Bras premesse il grilletto, e visto lo stato in cui si trovava Cal, non aveva esitato a colpire l'irlandese, che era morto sul colpo. La sua squadra era stata interamente catturata, l'FBI poteva ritenere l'operazione contro i ribelli irlandesi conclusa con successo. Solo lui e Gillian ne avrebbero portato i segni per chissà quanto.
- Va' da lei Cal.
Alzò lo sguardo sull'amico ed annuì debolmente.
- Avverti tutti - fece ad un tratto lo scienziato con veemenza - domani voglio tutti in ufficio per ripartire con il lavoro.
- Ma l'FBI sta ancora... - balbettò l'altro.
- Me ne infischio dei federali! Domani, alle nove. Torres e Loker non sono esonerati solo perchè hanno passato queste notti in bianco. Grazie caro. - aggiunse con un sorriso sbarazzino prima di entrare nelle stanza indicatagli da Reynolds.
Ben rimase un attimo a bocca aperta, poi rise: Cal Lightman era tornato.

Gillian era seduta sul bordo del letto, guardava fuori la finestra: c'era la neve. La osservò un attimo dalla soglia, approfittando del fatto che gli dava le spalle. Com'era bella... I giorni passati con i terroristi l'avevano segnata, eppure agli occhi di Cal era stupenda come la sera in cui avevano litigato.
- Lo so che sei lì Cal. - fece la donna con voce allegra senza voltarsi.
Erano passati un paio di giorni da quella notte al Lightman Group, e Foster aveva iniziato a ritrovare il suo solito buonumore.
- Nevica. - la stuzzicò lo scienziato poggiandosi allo stipite della porta ed infilando le mani in tasca.
- Non è meraviglioso? - gli chiese lei voltandosi e sorridendogli.
Cal sorrise:
- E' incredibile come la neve riesca a farti sorridere... quasi più di me. - aggiunse sedendosi accanto a lei.
Foster si sporse un poco all'indietro per osservagli la nuca.
- Vedo che il mio cerotto è ancora lì.
Lightman si portò una mano sulla benda che gli avevano messo per la ferita alla nuca, Gillian aveva insistito affinché ci mettesse sopra uno dei suoi cerotti.
- Già... contenta?
- Perchè fai quella faccia? Io trovo che sia molto carino.
- Gillian, un cerotto rosa con dei panda sopra non è proprio un cerotto "virile".
Lei rise scuotendo la testa. Cal la osservò ridere, riempiendosi il cuore di quella risata cristallina che aveva temuto di non poter riascoltare mai più. Si morse un labbro: c'era qualcosa di importante da dirle, e non poteva rimandare ancora. O forse non voleva? Poggiò la propria mano su quella di Gillian.
- Gillian ascolta... mi dispiace davvero, per tutto.
Foster lo guardò seria, senza però ritrarre la mano.
- Mi dispiace per quello che è successocon Bras...
- Cal quello non... - protestò Gillian avvicinandoglisi.
- Mi dipiace per non aver antenuto la promessa che ti avevo fatto.- continuò lo scienziato -  Mi dispiace di aver colpito quel cliente.
Dopo un istante di silenzio il volto della donna si aprì in un sorriso:
- Scuse accettate. Allora - aggiunse girandosi  verso un tavolino posto a lato del letto, su cui troneggiavano un paio di confezioni di budino al cioccolato - vuoi un...
- Veramente c'è un altra cosa.... - fece Cal guardandola malizioso.
Ora!
-
Cosa...
Le prese il volto tra le mani, e senza darle il tempo di fare nulla, la baciò. La baciò dolcemente, come se fosse la cosa più preziosa e fragile del mondo, inebriandosi di quel contatto con le sue labbra. Dio come aveva desiderato baciarla da quella sera in cui lo aveva fatto per la prima volta!Si staccò da lei un istante e si specchiò nei suoi occhi, sussurrandole serio:
- Sai tesoro, penso di essermi innamorato di te.
Questa volta il volto di Gillian fu per lui come un libro aperto, che gli mormorava con la voce di Foster:
- Anche io.
 

- Loker torna a lavorare! - gridò Cal attraversando il corridoio del Lightman Group dopo aver visto Eli vagare per la caffetteria.
-  Ma...
- In laboratorio ci sono dei file da visionare, - continuò senza smettere di camminare - Torres aiutalo, speriamo che con due neutroni possiate ricavare qualcosa di buono... Ah Loker! - si fermò un istante - hai trenta secondi per rimettere nel mio ufficio, al suo posto, la mia penna.
Il ragazzo lo guardò a bocca aperta.
- Quale penna?
Lightman gli sorrise sarcastico:
- Quella che hai nel taschino Loker. - riprese a camminare - Ventotto secondi Loker.
Eli lo superò rapido come un fulmine.
- Cal, hai un appuntamento tra dieci minuti.  - lo chiamò Gillian raggiungendolo.
- Perfetto... Sarò... impeccabile. - affermò alzando un sopracciglio.
- Cal... - fece la donna in tono d'avvertimento.
- L'FBI ha bisogno di un vostro consulto su un caso... -esordì Ben avvicinandosi.
Lightman sospirò.
- Posso avere almeno un bacio d'incoraggiamento? - chiese avvicinandosi a lei.
- Prometti di non picchiare nessuno?
Reynolds scoppiò a ridere.
- Prometto. - fece Cal portando una mano sul cuore.
- Allora dopo. - gli disse Foster allontanandosi e lasciandolo con Ben in mezzo al corridoio.
- Cosa vuol dire dopo? - la chiamò.
- Dopo Cal! - gli ripose la donna senza voltarsi .
Lightman sorrise. Tutto come prima... La sua amica, ora fidanzata, che lo metteva in riga, o almeno ci provava, Loker che rubava penne nel suo ufficio in sua assenza, Torres che gli faceva da baby-sitter, Ben che lo assillava con consulti per l'FBI... tutto come prima. O quasi.
- Il cliente aspetta. - fece Reynolds al suo fianco.
- Andiamo allora.
Spinse la porta della sala riunioni ed entrò:
- Salve, sono il dottor Cal Lightman , esperto di micro espressioni. Qual è il problema?


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Nota del'autrice:  FINE! Signori, abbiamo terminato! Bene, scrivere questo capitolo è stato FANTASTICO! Davvero mi sono divertita... il momento romantico mi ha mandato in crisi, spero non si veda troppo... I momenti di questo genere non sono il mio forte =) Comunque, siamo giunti alla fine della fan fiction, quindi grazie a tutti quelli che hanno recensito e mi hanno spronata ad andare avanti e terminare =)
Alla prossima!

P.S. Spero non ci siano troppi errori! xD



 








   
 
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