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Autore: Il Principe22    10/09/2013    0 recensioni
"Tre nuovi allenatori avrebbero cominciato il loro viaggio di formazione, e ovviamente sarebbe stato proprio lui a regalargli il loro primo pokemon. Tanti ragazzi erano partiti da lì, ma nessuno era mai riuscito ad eguagliare i risultati di due allenatori che avevano cominciato il loro viaggio da Biancavilla ormai 6 anni fa. Eppure avrebbe dovuto aspettarsi che quei due avevano qualcosa di speciale rispetto agli altri e che fossero in un certo senso dei predestinati, infatti entrambi avevano cominciato il loro viaggio con due pokemon molto inusuali rispetto ai tre che era solito regalare ai nuovi aspiranti allenatori.Secondo la tradizione infatti nel suo laboratorio si era soliti scegliere tra un Charmander , uno Squirtle e un Bulbasaur; Ma visto che entrambi avevano cominciato il loro viaggio poco dopo altri tre allenatori, il Prof. Oak non aveva avuto il tempo necessario per procurarsi altri tre esemplari tra i quali farli scegliere, e quei due ragazzi avevano ricevuto in regalo un Eevee e un Pikachu." "Contemporaneamente in una casa non molto lontana dal laboratorio un ragazzo, nonostante l’ora, era immerso nella preparazione del suo zaino, impaziente di finire e di poter finalmente scendere in salotto, salutare i suoi genitori e partire"
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Ci volle poco tempo per far si che Alex, un ragazzino di 10 anni circa, finisse di riporre la roba che gli sarebbe servita durante il viaggio nello zaino. Doveva solo vestirsi e sarebbe stato pronto per l’imminente partenza. Ora che tutti i preparativi erano ultimati, l’agitazione si impadronì di lui, e tante domande cominciarono a flullargli per la testa; Sarebbe riuscito a cavarsela da solo? Sarebbe riuscito a catturare qualche pokemon? E se anche ci fosse riuscito, sarebbe riuscito a conquistarsi la sua fiducia?. L’agitazione crebbe sempre di più dentro di lui man mano che altre domande cominciavano a prendere forma nella sua testa, ma cominciò a sentirsi meglio pensando che forse quei sentimenti erano comuni per ogni nuovo aspirante allenatore che avrebbe cominciato il proprio viaggio di lì a poche ore. Si distrasse decidendo cosa mettersi addosso e la scelta ricadde su un paio di jeans, la sua maglietta preferita e un paio di scarpe particolarmente comode che probabilmente gli avrebbero reso meno difficili i lunghi giorni di cammino che avrebbe dovuto affrontare da quel giorno in poi. Appena terminò di vestirsi ed ebbe di nuovo controllato lo zaino per accertarsi di aver preso tutto, diede un ultimo sguardo alla sua stanza, pensando che non ci avrebbe messo più piede per molto tempo, e decise di scendere al piano di sotto e aspettare l’orario adatto per incamminarsi comodamente seduto in salotto . Scendendo, sentì qualcuno darsi da fare in cucina e aprendo la porta non fu per nulla sorpreso di vedere sua madre ai fornelli intenta a preparargli quella che con molta probabilità era la sua colazione. “Mamma” disse il ragazzo “cosa fai sveglia a quest’ora? Ero convinto stessi dormendo”. La donna si voltò, anche lei per nulla sorpresa di vedere il figlio, e disse “Come se non ti conoscessi, sapevo benissimo che ti saresti svegliato all’alba e ho preferito farti trovare la colazione pronta. Non puoi mica cominciare il tuo viaggio a stomaco vuoto”. Mentre il figlio consumava avidamente la sua colazione, la madre si fermo a guardarlo, desiderosa di fissare nella sua mente quel momento fondamentale della sua crescita. Si trovò ad osservare quello che una volta era stato solo un piccolo fagotto tra le sue braccia e che adesso sembrava ogni giorno di più la copia in miniatura di suo padre, entrambi alti,slanciati e con gli occhi castani, l’unica caratteristica che aveva ereditato da lei erano i capelli castani, crespi e indomabili, che ben si sposavano con il colore dei suoi occhi. Finita la colazione si spostarono in salotto dove furono ripetute le raccomandazioni che la situazione richiedeva. Passarono il resto del tempo a parlare fino a quando arrivò il momento della partenza. Si avviarono insieme verso lo steccato della loro proprietà e decisero di salutarsi davanti il cancello, “Salutami papà quando tornerà a casa” disse il ragazzino. “Peccato che il suo viaggio di lavoro sia dovuto coincidere con il giorno della tua partenza” disse la madre “ma stai tranquillo, te lo saluterò quando torna. Era così orgoglioso di te Alex” aggiunse la madre sorridendo. “Fa molta attenzione e chiama quando puoi, e soprattutto ricorda ciò che ti ho, i pokemon…” “sono amici e non schiavi ai miei ordini” concluse il ragazzo, dando l’impressione che quella frase tante volte ripetuta a casa sua, fosse un insegnamento che avrebbe rispettato ad ogni costo. Si abbracciarono un ultima volta e finalmente Alex si incamminò verso il laboratorio. Mentre camminava fu assalito da un nuovo grande dubbio, che pokemon avrebbe scelto per accompagnarlo nel suo viaggio tra i tre messi a disposizione dal Prof. Oak? Pensò a tutti i pregi e difetti che aveva letto documentandosi sui tre pokemon, ma questo espediente non gli fu d’aiuto e decise che sarebbe stato l’istinto del momento a guidarlo in quella scelta. Circa a metà strada una voce che lo chiamava arrivò alle sue orecchie, una voce femminile a lui molto familiare. Voltandosi vide una ragazza dai lunghi capelli biondi e leggermente mossi, un po’ più bassa di lui, correre nella sua direzione; Non si era sbagliato, la sua amica d’infanzia Keiko si stava avvicinando sempre di più, coprendo in poco tempo la distanza che li separava. Anche lei cominciava quel giorno il suo viaggio, e molto probabilmente si stava recando pure lei al laboratorio, pensò il ragazzo. La ragazza arrivò trafelata e parlando a fatica, per via del fiatone che la corsa le aveva procurato, disse “ Ciao Alex…fortuna che mi hai sentito… alla fine…è da un po’ che ti seguo…e urlo…” riprese un po’ di fiato e aggiunse “stamattina…non ho sentito…la sveglia….e temevo…di arrivare…in ritardo”.” Sei sempre la solita sbadata Keiko” disse il ragazzo sorridendole “comunque tranquilla, siamo in perfetto orario. Riprenditi un po’ e facciamo il resto della strada insieme”. Durante il tragitto che li separava dal laboratorio parlarono dei loro stati d’animo e si confidarono l’un l’altro di non aver ancora deciso su chi sarebbe ricaduta la loro scelta. Era sempre stato così fin da piccoli, nonostante fosse sbadata e spesso assente nei suoi pensieri, Keiko era sempre stata un’ ottima amica per lui con la quale parlare e discutere del più e del meno e ogni tanto riusciva a dare anche ottimi consigli, forse perché pensava molto pensò lui, troppo secondo molti. Lui invece era sempre stato un tipo abbastanza impulsivo e poco propenso a usare la ragione e la calma per risolvere le situazioni. Arrivarono in vista del laboratorio, e in lontananza scorsero entrambi un figura poggiata sul muro esterno, come in attesa di qualcosa. Man mano che si avvicinavano riconobbero in quella figura Trevor, e come si poteva non riconoscerlo? Alto quasi quanto Alex ma con lunghi capelli neri portati da sempre in una coda. Fin dall’infanzia tra lui e Alex era stata subito guerra e il caso aveva voluto che alla loro già accesa rivalità si aggiungesse il fatto che entrambi avrebbero cominciato il loro viaggio lo stesso giorno. A questi pensieri i pugni di Alex si serrarono istintivamente con rabbia come se da un momento all’altro avrebbe dovuto prendere parte ad un rissa. “Alla buon ora piccioncini” disse il ragazzo coi capelli neri “pensavo di dover cominciare senza di voi”. “Non chiamarci così spaccone” disse Alex “ e mai e poi mai ti lascerei la possibilità di scegliere da solo e aver del vantaggio nei miei confronti”. “Non mi interessa scegliere per primo, anzi se proprio ci tieni puoi essere tu a cominciare” disse Trevor con un ghigno “ a me basta che il pokemon che sceglierò sia il più forte dei tre”. Alex stava per controbattere, quando il cancello si aprì e ne uscì un uomo di mezza età che era senza ombra di dubbio il proprietario del laboratorio, il leggendario Prof. Oak. “Si può sapere perché urlate tanto?” disse l’adulto “ chi siete?”. Tutti e tre inibiti dalla persona che avevano davanti si limitarono a riferire i loro nomi. Fu Alex che sfruttando la sua faccia tosta, superò la timidezza iniziale e aggiunse “Siamo i tre nuovi allenatori signore”. “E perché urlavate tanto?” chiese il professore con aria infastidita “non potevate bussare ed entrare invece di perdere tempo in strada? Non vi siete resi conto di essere in ritardo?”. “Ci scusi professore” disse Alex, che sembrava l’unico in grado di parlare dei tre “non ci eravamo resi conto di essere in ritardo. Ma prima che ci interrompesse, stavo giusto dicendo al ragazzo qui di fronte a me che ogni pokemon è forte tanto quanto gli altri, basta che il suo allenatore sappia sfruttare le sue potenzialità” concluse la frase con quanto più astio potesse dimostrare verso Trevor. Non ci volle molto perché il professore capisse che tra i due non corresse buon sangue, ed ebbe la sensazione di un dèjà vu, una scena già vista tanti anni prima, due ragazzi all’inizio del loro viaggio che litigavano cercando di dimostrare all’altro di essere il migliore. Sorrise ma preferì non farsi notare dai tre, temendo che potessero fraintendere il suo atteggiamento e credere che li stesse prendendo in giro. Rimase inoltre stupito dal comportamento della ragazza che, come se la disputa non stesse avvenendo davanti a lei, si limitava a fissare il cielo e il paesaggio invece di dosare gli animi dei suoi amici. Invitò i tre a entrare e quelli obbedirono senza fiatare. Il professore li accompagnò in una grande stanza e li lasciò da soli sperando che non ricominciassero a litigare. “Commovente il tuo discorsetto” disse Trevor, e assumendo una vocina stridula lagnosa disse “i pokemon sono tutti forti gnè gnè gnè…ma fammi il piacere” disse riassumendo il suo tono di voce normale “ i pokemon forti, la potenza l’hanno del Dna…e nel caso non volessero lasciarla uscire, conosco alcuni modi abbastanza espliciti che mi saranno utili per convincerli a collaborare” disse con stampato in faccia lo stesso ghigno malvagio di prima. Ma Alex non stava più ascoltando; la sua attenzione era rivolta al Prof. Oak che tornava nella stanza spingendo un carrello con sopra tre pokeball.
  
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