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Autore: Allyii    10/09/2013    8 recensioni
Il piccino, dopo qualche attimo di esitazione, afferrò la mano dell’uomo, lasciandosi trascinare al centro della stanza quadrata, dove la luna spuntava dalla finestrella e illuminava pallidamente una porzione di pavimento.
Arthur lo posizionò proprio li, e lo fissò per alcuni istanti.
Poi spalancò gli occhi e la sua mascella si destreggiò nella caduta libera, mentre il piccolo di accucciava su se stesso, impaurito.
Capelli neri.
Occhi blu.
Pelle diafana.
Ossatura sottile e minuta.
E le orecchie.
Furono proprio quelle a confermare i sospetti di Arthur.
Quel bambino era Merlin.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Trama: Un Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui

Ringrazio sentitamente le 116 persone che seguono questa storia, i 28 che la preferiscono e gli 8 che la ricordano. Inoltre dedico il capitolo a chi ha recensito.

 

 

 

 

 

Di giornate bizzarre, dopo quella, ce ne furono molte altre. Ventitré, per la precisione.

Iniziando dal fatto che Uther era caduto di nuovo in catalessi, dopo l’attacco della figlia e, sebbene Arthur ne fosse profondamente rammaricato, al momento era quasi sollevato dell’effetto che la battaglia aveva avuto sul genitore. E questo per tre ovvie ragioni: Merlin , Gaius e Anacleto.

Dopo la sconcertante scoperta che Merlin fosse uno stregone, ora ci si metteva anche il cerusico a scoprire innate doti magiche nascoste, mentre le insegnava al valletto e il gufo era semplicemente… sconcertante. Era un maestro ancora più abile di Gaius, anche se un brontolone allucinante e insopportabile. Conosceva milioni di incantesimi e sortilegi.

Difatti, il piccolo doveva aumentare la propria potenza, sino a portarla al livello di se stesso da adulto, per poter riaprire lo spazio temporale.

I primi giorni, Arthur non aveva potuto assistere alle sessioni d’allenamento o, più sinceramente, non ci era riuscito.

Incantesimi potentissimi, studi accurati e ore e ore di prove. Merlin non si lamentava mai, ma si vedeva che era stanco e Arthur non riusciva proprio a vedere in quel visino così innocente tutta quella fatica, ma non poteva fare nulla per alleviargliela.

Ogni sera, però, dopo che, esausto, Merlin si addormentava a metà cena, Arthur lo prendeva tra le braccia, ancora mezzo sveglio, e cercava di cullarlo nel tentativo di conciliare il sonno.

Ogni sera, Merlin si addormentava tra le braccia del suo principe e poi veniva adagiato nel sontuoso letto a baldacchino rosso, confortato dalla solida presenza di Arthur che gli assicurava un lungo e pacifico sonno, mentre lui si avvinghiava al suo braccio e al suo petto.

Ogni giorno, però, si affaticava ore e ore con l’anziano mentore –che aveva anch’egli una notevole resistenza fisica, nonostante l’età!- tanto che, alcune sere, a volte bruciava per la febbre e Arthur passava la notte in bianco per vegliarlo e inumidirgli una pezzuola sulla fronte.

Nonostante ciò, ogni mattina era sveglio e pimpante, pronto per un’altra piena giornata.

I frutti si fecero vedere presto, decretò Arthur. Meno di un mese e Merlin era pronto. Meglio così. Nonostante adorasse quella piccola peste, al principe mancava il suo servitore. E poi, erano cinque settimane che era senza valletto, sebbene Gwen era sempre disposta ad aiutare.

Oh, si. Merlin l’avrebbe pagata, per quello scherzo.

“Sire, ho fatto tutto ciò che potevo. Ogni mia conoscenza delle arti magiche, sebbene limitata, ora è in possesso di Merlin. È pronto.” Gli annunciò Gaius, una sera, con Arthur che ancora aveva tra le braccia il bambino addormentato. “Domani è il gran giorno, è inutile attendere oltre.”

“E cosa dovremo fare?” domandò Arthur, in un sussurro.

“Beh, sire, vi ricordate la Valle Dei Re Caduti?” gli chiese Gaius.

Certo che Arthur la ricordava. L’anno prima ci aveva quasi lasciato le penne, in quel posto, trafitto alla schiena da una freccia.

“Non dirmi che dovremo andare lì, Gaius, spero!” disse Arthur, leggermente allarmato. Quello era l’ultimo posto, assieme all’Isola dei Beati, che volveva visitare.

“E invece si, Sire, dovremo recarci proprio li.” Affermò Gaius in tono grave, alzando un sopracciglio “Perché, c’è  qualche problema?”

“No no, figurati.” Si affrettò a dire Arthur, con tono noncurante “Ma perché dobbiamo andare proprio lì?”

“Sire, vi ricordate quando vi ho detto che per riaprire lo spazio temporale serve un potentissimo stregone? È lo stesso che ha mandato Anacleto a vegliare su Merlin.”

“Ah, si, mi ricordo. Taliesin, giusto?” chiese Arthur, ricordando la conversazione avvenuta proprio in quella stanza il mese prima.

“Esatto, Sire.” Confermò Gaius “È l’unico abbastanza potente da poter riaprire lo spazio temporale e non rimanerne coinvolto.”

“E poi io cos dovrò fare?” domandò il principe “Una vota che lo spazio temporale verrà riaperto.”

“Dovrete essere vicino a Merlin. Lui verrà sbalzato, come è già successo, nella linea temporale. Voi dovrete seguirlo. Se nel limbo è presente una persona che non ha contribuito ad aprirlo, esso non si chiuderà. Voi avrete il tempo per cercare Merlin e riportarlo al presente. Entro un’ora, però. Il libro non può restare aperto per sempre e si chiuderà comunque, intrappolandovi dentro.”

“Oh, beh, questo è molto rassicurante.” Borbottò Arthur, e Gaius sorrise.

“Suvvia, Sire. Dubito che vogliate continuare a fare da baby sitter a questo marmocchietto, sebbene vedo che ormai ci state prendendo gusto.” Disse, stuzzicandolo.

“Io, cosa? No, no, ti sbagli!” disse Arthur, arrossendo. “Domani andremo da questo Taliesin e finalmente riavremo il vero Merlin… ha un bel po’ di lavoro in arretrato!”

Il principe continuò a borbottare insensatezze anche mentre lasciava le stanze di Gaius per tornare nelle proprie e mettere il bambino a letto. Gaius, osservandogli le spalle, fece un sorrisetto furbo e il suo sopracciglio si elevò tanto da toccare quasi la radice dei capelli.

Vivere quasi cento anni dona saggezza e, soprattutto, rende abili nel riconoscere le sottigliezze.

**

“Allora? Dov’è il mago?” chiese Merlin con voce squillante, una volta che furono arrivati davanti a una caverna piena di cristalli.

“È qui, anche se non lo vedi.” Rispose Gaius, e Merlin lo fissò con aria smarrita.

“Prova a chiamarlo.” Gli suggerì il cerusico, indicando l’entrata della grotta.

“Emh… Mago Talisin…” sussurrò il piccolo.

“…Taliesin!” lo corresse Gaius a mezza voce.

“Si, Taliesin. Ecco… ho bisogno di te per tornare grande, puoi venire qui, per favore?”

“Un ‘Per Favore’ apre mille porte.” Disse una voce nel nulla, poi dalla grotta uscì un uomo anziano, coi i corti capelli e la barba bianchi, gli occhi verdi e una tunica marrone.

Merlin pesò che lui era il tipo di persona che incuteva rispetto, ma calma, allo stesso tempo. Gli ispirava fiducia, così usci da dietro le gambe di Arthur dove si era rintanato e gli fece un gran sorriso.

“Ciao, Emrys.” Disse Taliesin, arruffandogli i capelli.

“Emrys? No, io sono Merlin!” lo corresse il piccolo, un po’ imbronciato.

“Sono molti i nomi con cui sei conosciuto ma credo che, per il momento, Merlin andrà bene.” Replicò lo stregone. “Allora, qual buon vento ti porta qui?”

“Mi serve il tuo aiuto per tornare grande.” Spiegò Merlin “se mi fai l’incantesimo e Arthur mi va a prendere nel temporale.”

“Nello Spazio Temporale!” lo corresse nuovamente Gaius, sorridendo.

“Si, li. Per favore, mi aiuti Talisin?”

“Oh Merlin, sei senza speranza.” Disse Gaius bonariamente, ma Taliesin non se l’era presa, e sorrideva anche lui.

“Essia, ti aiuterò.” Concesse, arruffando di nuovo i mori capelli di Merlin.

“Oh, grazie!” gridò Merlin, entusiasta. “Cosa devo fare?”

“Scegli un incantesimo. Uno qualunque, che ti piace di più. Però devi impegnarti e farlo potentissimo. Io lo respingerò, così si aprirà lo spazio temporale. Il resto lo farà il Principe Arthur. Sei pronto?”

“Emh…” tentennò Merlin, e Arthur vide i suoi occhi riempirti di lacrime.

“Ehi, Merlin, che ti prende?” gli chiese, accucciandosi per essere alla sua altezza. Merlin gli gettò le braccia al collo. “Non voglio lasciarti!” pianse, mentre stringeva Arthur.

Il principe avvertì, con un certo fastidio, che anche i suoi occhi pizzicavano, così strinse Merlin e si costrinse a usare la voce ferma.

“Merlin, ma noi non ci lasciamo. Ci rincontreremo, solo che tu sarai più grande. Ma sarai sempre tu, capisci?”

“Si, ma-”

“Niente ma!” lo rimproverò Arthur, staccandosi da  Merlin. “Sapevi che questo giorno sarebbe arrivato, hai lavorato duramente per essere pronto. Ora è giunto il momento. Vai e sii forte!”

“Ma…”

“Merlin! Forza!” Arthur odiava essere così duro, ma rivoleva il vero Merlin, subito.

“Dai, Merlin, sii ragionevole. Il tuo tempo non è in quest’epoca. Devi tornare a casa. Tua madre sarà preoccupata.” Disse Taliesin.

“Mia mamma?”

“Si, sei sparito da tempo, ormai. La tua mamma del passato sarà preoccupata. Non vuoi riabbracciarla?”

“Si…” sussurrò il piccolo, mentre le lacrime iniziavano a rigargli il visino.

“E allora forza, pochi minuti e vi riabbraccerete. Scegli un incantesimo.”

Merlin annuì e chiuse gli occhi, concentrandosi.

Sussurrò una parola che Arthur non udì, sebbene fosse accanto a lui, poi Merlin aprì gli occhi e Arthur li vide dorati.

Taliesin restò in silenzio, ma anche le sue iridi cambiarono colore.

Arthur si aggrappò al piccolo quando vide gli incantesimi cozzare, poi fu sbalzato via, come risucchiato. Chiuse gli occhi a causa della troppa luce.

Quando li riaprì, vide che si trovava in un corridoio spoglio e scuro. Ai due lati, c’erano varie porte, tutte in fila e tutte contrassegnate con un numero.

Alla sua destra, c’era il numero zero , alla sinistra l’uno. Di nuovo alla destra, di fianco allo zero, c’era il due. Sulla sinistra il tre e così via.

Dubbioso, Arthur aprì una porta a caso, quella col numero sei.

Si trovava a Eldor. Un grappolo di gente si era appena riunita e festeggiava. Si avvicinò di più e vide il bambino che aveva appena lasciato tra le braccia di una donna piangente, la madre, mentre tutti gli altri festeggiavano.

Uscì.

Provo con quella dal numero nove e si ritrovò nei campi, mentre Merlin, William e altri uomini zappavano sotto il sole cocente, madidi di sudore. Arthur provò una sensazione di disagio nel vedere un ragazzino di soli nove anni con in mano una zappa più grande di lui. Era così gracile…

Non sopportando oltre la vista, uscì ed entrò al numero undici.

Faceva freddo e la capanna di Merlin era piena di spifferi. Il ragazzino era a letto, con un panno sulla fronte sudata e col respiro irregolare.

Stava male, e aveva solo un lenzuolo a coprirlo.

“Tesoro, ecco, bevi il brodo.” Unith si avvicinava al figlio, con in mano una tazza fumante. Merlin si mise faticosamente a sedere e si portò la scodella alle labbra.

“Ma è brodo di carne!” esclamò, incredulo e debole “Mamma, cosa hai fatto per averlo?”

“Amore, non ti preoccupare. Bevilo e rimettiti in forze, non ce la faccio a fare tutti i lavori da sola. Su…”

“Mamma!”

“Ho… ho venduto una delle galline. Sai, quello è manzo, per cui il frumento non era sufficiente a pagarlo”

“Mamma, non dovevi, le galline ci servono!” protestò Merlin, col respiro affannoso.

Unith gli accarezzò i capelli. “Sssh… zitto. Bevi e dormi. Tu sei più importante di tutto.”

Arthur dovette uscire, perché il magone minacciava di uscire. Ripensò alla conversazione che aveva avuto con Merlin, quando si erano ammalati dopo l’avventura sul ghiaccio.

Un delicato bussare, però, interruppe troppo presto il loro contatto.

“Mio Signore, la colazione” disse Gwen, entrando nella stanza con un enorme vassoio. Lo posò sulle ginocchia di Arthur che, però, guardò schifato il contenuto delle due ciotole.

“…Brodo?!” esclamò, incredulo “Che razza di colazione è?!”

“Prescrizione di Gaius” si giustificò la serva “per i prossimi giorni sia Voi che Merlin dovrete assumere liquidi.”

“Perché ti lamenti? È buono il brodo!” cinguettò, invece, Merlin, afferrando una delle due tazze e iniziando a bere avidamente. “Mmm! È di carne! Solo ai giorni di festa posso bere il brodo di carne!”

“E a te pare lussuoso questo nutrimento?! Che razza di cibarie avete al villaggio?”

“L’avena e il riso! E a volte il brodo di verdura e il latte della mucca” rispose il valletto, rabbuiandosi un po’.

“Solo questo?!” domandò il Real Babbeo e Gwen lo incenerì con lo sguardo, allorché Arthur ricordò il suo soggiorno a Eldor, ormai quattro anni or sono, e dei loro magri pasti.

Col cuore in mano, volle provare un’ultima porta, la quindici.

Ebbe fortuna. Era primavera e le primule erano in boccio. Un Merlin e un William adolescenti -e piuttosto brufolosi- stavano raccogliendo la legna. Ridevano.

“Dai Merlin, sono stanco. Richiama a te i rami con un incantesimo, così potremo riposarci.”

“Non posso, Will, lo sai. L’ultima volta che l’ho fatto mi hai scoperto. Tu sai mantenere un segreto, ma gli altri…”

“Si lo so, gli altri ti metterebbero alla forca. Come non detto. Però il carico più pesante dovresti portarlo tu, così ti fai i muscoli.”

“Sta zitto, Will. Non mi servono i muscoli.”

“Giusto, a che servono i muscoli quando si è uno stregone?”

“Will…”

“Dimmi.”

“Sta zitto.”

“Okok… allora, con Jessie come va, eh?”

Merlin arrossì.

“Beh… ecco… va. Ieri l’ho portata al campo di fiori. Ha detto che si è divertita, dice che sono gentile.”

“Merlin, il gentiluomo… si suona bene.”

I due ragazzi ridevano e Arthur sarebbe rimasto li per sempre. Ma aveva solo un’ora, lo sapeva.

A malincuore uscì, e varcò la porta ventiquattro. L’ultima.

Il paesaggio era… scuro. Non c’era paesaggio. Era tutto vuoto.

“Arthur!” stava chiamando una voce. “Arthur!”

“Merlin, dove sei?!” gridò il principe, cercando di orientarsi.

“Arthur. Sono bloccato qui! Aiutami!”

“Qui dove? Non ti vedo!”

“Davanti a voi!”

Eccolo! Arthur finalmente lo vedeva. Ma perché stava li fermo? Perché non veniva verso di lui?

“Merlin, non fare l’idiota. Vieni subito qui!” sbottò, impaziente, mentre si muoveva verso di lui.

“Non posso!”

“Cosa significa che non p- ahi!” Arthur andò a sbattere contro… contro che cosa? Non c’era nulla tra lui e Merlin, eppure lui aveva appena cozzato contro una superficie liscia e fredda.

“Sono bloccato!” gridò Merlin, tirando pugni al nulla. Qualcosa, però li fermava.

Poi Arthur capì.

Un’invisibile barriera si ergeva tra di loro, impendendo loro di toccarsi.

 

 

 

Note Dell’Autrice:

-          Sia “La valle dei re caduti” che il Mago Taliesin vengono citati nella puntata 3x05: La caverna di cristallo

-          Ragazzi, non mi dilungo troppo, perché devo finire i bagagli! Si, perché domani mattina sarò su un aereo diretto in Inghilterra! Il 15 Settembre, inoltre, visiterò Winchester e andò a vedere la Tavola Rotonda! Che emozione! *-* Ci tenevo ad aggiornare prima della partenza, anche perché il prossimo sarà l’ultimo capitolo! Aggiornamento l’11 Ottobre, non mancate perché mi offendo ahaah Vi penserò durante il mio viaggio! Ciao, bella gente!

 

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