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Autore: Deb    11/09/2013    8 recensioni
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal palpitare ritmico del suo cuore.
Non credeva possibile di poter ritrovare la tranquillità, ma Peeta era come la sua medicina speciale e Katniss sperava che lei lo sarebbe diventata anche per lui.
Non poteva più nascondere a se stessa quanto gli fosse mancato, quanto lo volesse vicino e non solo perché ne avevano passate tante, fin troppe, e quindi si capivano.
Il motivo era semplicemente uno, ma forse non era pronta ad esternarlo. Non si sentiva sicura, aveva paura che tutto quello che aveva sarebbe scomparso, ma forse, se avesse nascosto tutto, se avesse mantenuto la sua solita facciata da ragazza forte, allora sarebbe rimasto con lei.

{Partecipa alla challenge Multifandom e Originali con il prompt #132. Terrore}
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Feelings After-war ~ Katniss/Peeta'
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Soltanto per lei

Katniss si accoccolò nel petto di Peeta e si lasciò abbracciare da quelle braccia che, quando le sentiva lontane, le mancavano.
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal palpitare ritmico del suo cuore.
Non credeva possibile di poter ritrovare la tranquillità, ma Peeta era come la sua medicina speciale e Katniss sperava che lei lo sarebbe diventata anche per lui.
Non poteva più nascondere a se stessa quanto gli fosse mancato, quanto lo volesse vicino e non solo perché ne avevano passate tante, fin troppe, e quindi si capivano.
Il motivo era semplicemente uno, ma forse non era pronta ad esternarlo. Non si sentiva sicura, aveva paura che tutto quello che aveva sarebbe scomparso, ma forse, se avesse nascosto tutto, se avesse mantenuto la sua solita facciata da ragazza forte, allora sarebbe rimasto con lei.
Peeta non le chiedeva nulla, era come se avessero un tacito accordo: "aiutiamoci, ma non parliamo dei nostri sentimenti".
Non poteva rimanerci male, quindi, se avesse scoperto che stava fingendo e che lo stesse solo usando, anche se non era vero. Magari era per quello che non la spingeva a fargli sapere cosa provasse per lui, magari anche lui aveva paura che il loro rapporto si incrinasse. Perché rovinare qualcosa di così perfetto?
Ignoravano persino le frecciatine di Haymitch nei loro confronti.
C'erano stati dei momenti più duri di altri, ma erano comunque riusciti a trovare un equilibrio.
Katniss, però, a volte non riusciva a contenere la preoccupazione. Dal momento che Peeta era tornato, da quando avevano cominciato ad aiutarsi a vicenda - come prima -, Katniss andava sempre più spesso nel panico. Provava ad ignorarlo, a far finta che andasse tutto bene, ma a volte era più difficile di altre ed il respiro le si mozzava in gola, provava a cercare l'aria, senza riuscire effettivamente a trovarla ed ansimava per la mancanza d'ossigeno. Si tranquillizzava soltanto nel momento in cui sentiva i passi di Peeta, o la sua voce.
Si rendeva conto di quanto potesse risultare debole, soprattutto ai suoi stessi occhi, ma fortunatamente solo lei era a conoscenza di questo piccolo segreto. Era riuscita sempre a nasconderlo, le crisi di panico, in fondo, le venivano quando rimaneva da sola, nel momento in cui sentiva la presenza di Peeta - anche lontana - cessavano di esistere.

Quando si svegliò quella mattina, trovò il suo fianco vuoto e freddo. Peeta si era sicuramente svegliato prima di lei ed era sceso a preparare la colazione. Katniss lo imitò, ma quando scese trovò la cucina vuota e non poté fare a meno di sentire una stretta all'altezza del petto.
Era rimasta sola.
«Peeta!» Lo chiamò, inutilmente visto che non ricevette alcuna risposta. Cosa poteva essergli successo? Forse era caduto, aveva sbattuto la testa ed era svenuto.
No, non doveva pensare quelle cose, Peeta stava bene. Non erano all'interno dell'arena, nessuno lo aveva ferito e non aveva bisogno delle sue cure. Non si era mimetizzato con il fango e non era andato contro ad un campo di forza.
«Peeta!» Urlò nuovamente con voce strozzata, correndo da una parte all'altra della casa, senza trovarlo.
Forse era andato a casa sua. In fondo, anche lui ne aveva una e magari voleva stare un po' da solo, oppure aveva avuto strani pensieri su di lei, come ad esempio che fosse un ibrido e quindi se ne era andato per non farle del male.
«Peeta...» Fu più un sussurro questa volta e si accasciò a terra, contro il muro d'entrata.
Non poteva continuare così, non poteva avere paura di rimanere da sola, di non vederlo, di pensare al peggio.
Si alzò in piedi di slancio e aprì la porta di casa, uscì nel portico e scese le scale che la separavano dalla strada.
Provò a bussare, con fin troppa enfasi, sulla porta di casa di Peeta, ma non ricevette alcuna risposta. Ancora.
«Ehy, dolcezza, che succede? Hai litigato con il ragazzo innamorato?»
Katniss si voltò, e gli andò incontro.
«Hai visto Peeta?» Domandò con voce malferma. Cominciava a mancarle il respiro e, quando accadeva, cercava sempre di andarsi a nascondere. Non si voleva far trovare in quella situazione.
«Ehy, ma che hai? Sei tutta rossa».
«Hai visto Peeta?» Chiese nuovamente, visto che non le aveva risposto.
«No, non l'ho visto», rispose allora Haymitch inarcando le sopracciglia. Forse era preoccupato per lei.
Katniss lo ignorò e cominciò a guardarsi intorno freneticamente. Se gli fosse successo qualcosa non se lo sarebbe perdonato. Doveva e voleva proteggerlo, ma a quanto pareva non era così in gamba per farlo.
Ansimò in cerca d'aria e Haymitch l'aiutò a rimanere in piedi. Le gambe non la reggevano più ed il suo corpo tremava.
«Katniss, sta tranquilla, calmati», le sussurrò il suo ex mentore accarezzandole i capelli. Non era ubriaco quella mattina?
Lei incontrò il suo sguardo, sentiva i suoi occhi riempirsi di lacrime, ma cercava con tutte le sue forze di trattenerle.
Provò a calmarsi, cercando di ritrovare l'aria. Chiuse gli occhi e cominciò a respirare come le aveva spiegato il dottore.
Si scostò da Haymitch nel momento in cui il suo respiro tornò quantomeno nella norma e fece dei passi malfermi in direzione del Villaggio.
«Dove vai?»
«A cercare Peeta».
Lo sentì sospirare, ma la lasciò andare.
Katniss non dovette camminare molto. Si fermò quando vide la figura di Peeta venire nella sua direzione e le gambe le cedettero facendola capitolare a terra.
Stava bene, Peeta stava bene. Ansimò in cerca di aria, ancora, e chiuse gli occhi per pochi secondi.
Era tutto okay, Peeta era tornato da lei.
«Katniss!» Esclamò lui vedendola. Le andò incontro e l'aiutò ad alzarsi. Sentire le sue mani sulle sue braccia, la tranquillizzarono. Non emise alcun suono, si lasciò aiutare e, quando le gambe riuscirono a mantenere tutto il suo peso, scattò per abbracciarlo.
Un singhiozzo strozzato si liberò nell'aria, anche se aveva cercato di trattenerlo.
«Sto bene, Katniss», le disse, stringendola a lui e Katniss si rilassò ulteriormente.
Stava bene, per fortuna.
Gli avrebbe voluto dire di non scomparire più come aveva fatto quella mattina, che le doveva dire dove andasse se si allontanava da lei, ma rimase in silenzio perché non aveva il diritto di farlo.
Loro non parlavano di sentimenti.
Peeta le prese il viso tra le mani e, per un attimo, Katniss ebbe paura di ciò che volesse fare, ma lui le sorrise.
«Non devi preoccuparti per me, d'accordo?»
La sua voce era dolce e calma, trasmetteva tranquillità. Annuì automaticamente, anche se sapeva bene che non sarebbe mai riuscita a non preoccuparsi o a non andare nel panico quando lui non era con lei.

Non avevano parlato di ciò che era successo quella mattina. Era come se cercassero di dimenticare.
Avevano continuato con la loro solita routine e Katniss, per tutto il resto della giornata, non ebbe più crisi di panico, anche se non riusciva a lasciare andare - almeno non del tutto - l'agitazione che aveva percepito quel giorno.
Peeta era già a letto quando Katniss entrò in pigiama nella sua, ormai loro, camera. Lo osservò per un attimo e cercò di tranquillizzarsi, anche se non era propriamente nervosa, ripetendo nella sua mente, più volte, che Peeta era con lei, che stava bene.
Quando lui si accorse dei suoi sguardi, si voltò verso di lei. Le sorrise, poi tornò serio.
«Stai pensando a come uccidermi?»
Katniss perse un battito, ma cercando di non far trasparire alcuna emozione, negò con la testa. Era inutile affermare che non avrebbe mai potuto concepire di ucciderlo, che sarebbe morta lei stessa.
Peeta sogghignò, ma non era divertito, «non devi mentirmi, tu porti solo morte».
Aveva ragione, lei portava solo quello. Quante persone se ne erano andate per colpa sua?
Katniss deglutì, «vado a bere», disse uscendo dalla camera e richiudendo la porta alle sue spalle.
Doveva lasciarlo da solo. Sarebbe passato e sarebbe tornato nuovamente da lei.
Andò in cucina e bevve, lasciandosi dissetare dall'acqua fresca.
Appoggiò poi i palmi sulla penisola della cucina e sospirò.
Sarebbe arrivato il giorno in cui Peeta sarebbe ritornato ad essere soltanto il ragazzo del pane? Il suo ragazzo del pane, colui che le aveva lanciato le pagnotte e le aveva salvato la vita?
Cercò di utilizzare la respirazione che il dottore Aurelius le aveva spiegato quando sentì che l'aria cominciava a non bastarle più, ma non servì a nulla. Cominciò a sentire nuovamente i suoi polmoni cercare l'aria con isteria ed i singhiozzi cominciarono a riempire la stanza.
Si accasciò a terra, con la schiena appoggiata al mobile e, questa volta, non si premurò di cercare di rimandare indietro le lacrime, o nascondersi dentro qualche anfratto della casa.
Pianse e basta, nel buio della cucina, pianse. Non c'era nessuno con lei e poteva permettersi di essere debole. Per una volta.

Andava tutto bene fino ad un minuto prima, ma poi Katniss aveva cominciato a guardarlo con troppa insistenza.
Cercava di capire se fosse il momento giusto per attaccarlo, ne era certo, anche se una parte di sé cercava in tutti i modi di fargli capire che non era così.
Poi, aveva lasciato la stanza. Se ne era andata ed aveva richiuso la porta.
Era andata a prendere l'arco per scoccagli una freccia al petto.
Lasciò passare qualche minuto, aspettando che si allontanasse, e la seguì.
Effettivamente lo lasciò interdetto il fatto che bevve per davvero. Non stava cercando alcun arco con cui ucciderlo. Aveva bevuto e si era fermata lì, in cucina.
Vide la sua agitazione. Una parte di lei non voleva attaccarlo? Vide i suoi spasmi, sentì i suoi singhiozzi e, alla fine, percepì le sue lacrime. Piangeva e non se ne curava.
Non era da Katniss, ma forse non credeva che lui la stesse guardando. O forse era una sua tattica.
L'osservò piangere per un tempo che sembrava esagerato, poi sussultò quando sentì che anche le sue guance si erano bagnate.
Che gli stava succedendo? Perché piangeva anche lui nel vederla in quello stato?
Fece un passo avanti, ma si bloccò.
Se quella fosse stata tutta una tattica, Katniss aveva sicuramente nascosto un'arma da qualche parte.
Scrutò attentamente la cucina nell'oscurità, ma non trovò alcuna prova che avesse vicino a lei un coltello, anche se bastava che aprisse uno di quei cassetti e ne avrebbe trovati a volontà.
Una parte di lui gli urlava di andare ad abbracciarla, ma non ne comprendeva il motivo. Lui la odiava.
Sentì una serie di singhiozzi e la vide cercare l'aria. Sussultò ancora una volta e le sue gambe si mossero da sole.
Stava quasi per raggiungerla quando la vide voltarsi verso di lui e sgranare gli occhi. Erano rossi e gonfi, anche se la luce era spenta li aveva notati.
Non aveva certo un passo silenzioso, grazie anche alla protesi, ma non se ne curò. L'aveva visto, e allora?
La raggiunse e si chinò su di lei. La strinse a sé e le sue lacrime le bagnarono il pigiama, sulla spalla. Piangeva anche se non ne comprendeva la ragione.
«Scusami, Katniss, scusami», sembrava quasi un disco rotto, non riusciva a dire nient'altro.
Poi comprese, lui non avrebbe mai voluto farla soffrire, ma c'erano certi momenti in cui non poteva fare a meno di non fidarsi di lei. Non era colpa sua, era colpa di Snow, ma non riusciva a non sentirsi in colpa.
Katniss si asciugò le lacrime, ma i singhiozzi non cessarono. Non riusciva a trovare la calma, nemmeno con le sue scuse e con il suo abbraccio.
Si strinse a lui, però, e sentiva il suo respiro difficile fargli aria sul petto.
Avrebbe voluto dirle di urlare, di sfogarsi, di dirgliene di tutti i colori, di insultarlo, ma sapeva che se avesse detto una parola sbagliata, lui avrebbe potuto ritornare a credere che lo volesse morto.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, uno stretto all'altro.
Peeta sapeva che Katniss non si sarebbe mai voluta far trovare in quello stato, ma era successo e, fondamentalmente, gli aveva fatto ritrovare la ragione.
Il respiro di Katniss ritrovò il giusto ritmo dopo un po', poi, e Peeta non ne comprendeva il motivo, - cosa aveva pensato per farla ricadere in quello stato? - i singhiozzi tornarono prepotenti a riempire l'aria ed il suo respiro ricominciò ad essere affannoso.
«Calmati, va tutto bene», le sussurrò accarezzandole i capelli sciolti, anche se sapeva che non andava poi così tutto bene. Ogni giorno Peeta si svegliava con la paura di poterle fare del male e lei... le aveva spesso quelle crisi di panico?
L'aveva già notato quella mattina, quando stava tornando dal Villaggio. Non era calma, non riusciva a reggersi nemmeno in piedi. Le aveva tutti i giorni e lui non se ne era mai reso conto?
Le sue parole non scalfirono minimamente Katniss che continuò ad inspirare in cerca d'aria. Era diventata completamente rossa ed i muscoli del suo corpo avevano, di tanto in tanto, degli spasmi.
«Katniss!» La chiamò, riuscendo ad attirare la sua attenzione.
Aveva alzato lo sguardo e Peeta, non sapendo più come fare per calmarla, unì le loro labbra.
Non si erano più baciati dall'ultima volta in cui l'aveva fatto lei, a Capitol City, durante la rivoluzione.
Katniss si irrigidì e Peeta si scostò subito da lei, la guardò negli occhi e notò la sua confusione, ma sembrava aver ritrovato nuovamente la calma, almeno in parte. Aveva il respiro più veloce del normale, ma comunque non aveva problemi respiratori.
Peeta le accarezzò nuovamente la nuca ed appoggiò la sua fronte contro quella di Katniss. Sospirò e chiuse gli occhi.
«Andrà tutto bene», sussurrò, ma non ne era pienamente sicuro nemmeno lui. «Se dovesse capitarmi di andare via, te lo dirò o ti lascerò un messaggio. Saprai sempre dove sono, te lo prometto».
Era questo che aveva scaturito quella crisi di panico quella mattina, no?! Non sapeva dove fosse e si era preoccupata. Si ripromise di farle sapere sempre dove si trovasse.
Purtroppo, non aveva modo di prometterle di non avere più attacchi. Quello non poteva saperlo nemmeno lui.
«Se ti senti giù, come oggi, come adesso... non avere paura di mostrarlo, però. Ci sono io qui, okay?» Continuò poi, accarezzandole una spalla.
Katniss non gli rispose, ma riprese a piangere, stringendolo più forte. Era un sì, probabilmente.
Averla vista in quello stato, gli aveva fatto capire quanto fragili fossero. Dovevano aiutarsi a vicenda. A Peeta bastava che Katniss gli stesse vicino e, da quanto ne aveva capito vedendola, anche per lei era così.
Lei continuava a volerlo proteggere, anche se gli Hunger Games non c'erano più e non erano all'interno dell'arena. Peeta comprese che per Katniss l'unica cosa che contava davvero era che lui stesse bene e lo sarebbe stato, sempre, per lei, soltanto per lei.

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Hello! :)
Allora, parliamo di questa One-shot… le scene ce le avevo in testa, volevo che Katniss avesse crisi isteriche e volevo che Peeta la scoprisse durante un suo episodio.
Fino all'ultimo non ero certa di ciò che ne sarebbe uscito e non sapevo se sarei riuscita a scrivere dal punto di vista di tutti e due. Volevo trasmettere sia quello che provava Katniss durante le crisi, sia quello che provava Peeta osservandola.
Spero di esserci riuscita, anche se non ci metto la mano sul fuoco e spero che i personaggi siano IC. Se così non fosse fatemelo notare tranquillamente :)
Spero vi sia piaciuta.
Come al solito, ringrazio infinitamente Ili91 per il betaggio :3
Bacioni
Deb
   
 
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