Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: leedskiss    11/09/2013    5 recensioni
Louis gli accarezzò la guancia e disse ‘‘Mettiamo in chiaro una cosa: solo io posso baciarti così - e iniziò a baciarlo lentamente – o così – e iniziò a baciarlo con foga facendo incontrare le loro lingue. – soltanto io posso metterti le mani fra i capelli, stringerteli forte mentre ci baciamo, soltanto io posso toccarti…’’ stava per continuare quando Harry finì la frase.
‘‘Io sono tuo, Louis Tomlinson.’’
Era davvero strano per Harry pronunciare quella parola, ‘tuo’, era come un’eterna promessa, una promessa piacevole.
‘‘Soltanto io posso far sfiorare i nostri nasi, toglierti la maglietta, percorrere con le mie mani la tua schiena, soltanto io posso farti accelerare il tuo battito cardiaco, come adesso, e soltanto io potrò fare l’amore con te. – disse avvicinandosi ancora di più al minore – per questi motivi ti chiamo piccolo, perché tu sei il mio piccolo.’’
Non importava perché poteva esserci una tempesta e bagnarli tutti, poteva esserci un uragano e risucchiarli nel suo vortice, ma in realtà l’unico vortice in cui sarebbero stati risucchiati sarebbe stato quello dell’amore.
L’amore sbagliato, l’amore strafottente, l’amore che brucia senza preoccuparsi dei danni, l’amore che ti coinvolge e che ti rende pazzo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


​11. Where were you.

"
Some things we don’t talk about
better do without
just hold a smile
we’re falling in and out of love
the same damn problem"


 

“L’aereo f517 per New York City delle 16.15 partirà a breve, siete pregati di recarvi al gate 10.” Disse una donna, la voce meccanica e squillante che risuonava nell’aeroporto.
Sguardo nel vuoto, occhi vacui, labbra secce e screpolate, occhiaie ben visibili e che nessuno mai gli avrebbe invidiato, magro con un corpo snello, chi poteva essere se non Louis Tomlinson?
Poco prima dell’annuncio dell’hostess aveva combattuto di nuovo contro il suo ego che come sempre dopo un po’ di resistenza da parte del Louis che conosceva Harry, quello che tutti vorrebbero avere accanto, lo aveva vinto.
Era come avere fra le mani una manciata di polvere, a cosa serve la polvere se non a vedere la luce? Però Louis di certo non pensò di buttare all’aria la polvere e poter intravedere la luce per quanto potesse essere difficile e forse impossibile.
Quel Louis scontroso, arrogante, violento stava avendo la meglio sul Louis dolce, disponibile e succube del passato.
“Il signor Louis Tomlinson è pregato di recarsi subito al gate 10.” Pronunciò di nuovo quella voce.
Louis sembrò risvegliarsi da un brutto sogno, un incubo che lo tormentava da tempo, aprì gli occhi che piano piano si abituarono alla luce accecante dell’aeroporto, prese il trolley nero e s’incamminò verso il gate.
Chiunque in quell’aeroporto vedendolo camminare avrebbe giurato che si trattasse di un fantasma, ma non era così perché Louis era ancora vivo, più di quanto quelle persone potessero immaginare.
“Lei è il signor Louis Tomlinson?” chiese con voce suadente una hostess mentre gli controllava il documento e il biglietto aereo per la classe turistica.
“Così dicono.” Disse Louis privo di emozioni, giurò che quando si allontanò sentì l’hostess stesse ridacchiando e parlando di lui con la sua compagna.
Peccato che io sia gay.
Voleva andarsene, soltanto lasciare quel paese che ormai gli andava troppo stretto, cioè molte cose gli andavano strette in quel periodo, molte lo turbavano e lo confondevano, e Louis non amava la confusione.
La sua idea era “cogli l’attimo fuggente e scappa”, ma Louis non sapeva che prima o poi i problemi ritornano da te, indipendentemente se tu lo voglia o meno, e dovrai farci i conti.
Dopo aver sistemato il bagaglio a mano al suo posto, si sedette accanto al finestrino, vicino a lui c’era un uomo grasso sulla quarantina, capelli già bianchi con in mano un sacchetto e questa cosa non prometteva nulla di buono per così tante ore di volo.
“Siete pregati di spegnere dispositivi cellulari, ipod, laptop e tutti gli apparecchi elettronici per il decollo e atterraggio.” Spiegò una signorina prima di mostrare le norme e le regole di salvataggio.
Ma nulla poteva salvare Louis da quella situazione.
Prima di spegnere il cellulare come doveva, Louis vide che il display s’illuminò.
Un messaggio non letto.
Da: Harry.
Lou, ho fatto la doccia più lunga della mia vita e adesso profumo di rose…dovresti sentirmi…cioè, okay vieni qui che parliamo e…fai presto J  x
Il Louis dolce avrebbe strabuzzato gli occhi, forse pianto e fermato quell’aereo, ma il vero Louis, o quello che Louis voleva credere di essere, anzi voleva, fece tutt’altra cosa: spense il cellulare senza battere ciglio.
Si allacciò la cintura e con quel gesto tagliò i ponti con tutto ciò che lo legava, anzi aveva legato, a Doncaster.
A pensarci Louis capì che per lui la situazione era alquanto patetica: insomma, lui e Harry si conoscevano da poco più di una settimana e avevano pomiciato un po’ e Louis lo aveva illuso, tutto qui.
Allora da cosa o da chi stava fuggendo?
Da se stesso?
Dalla possibilità di essere una persona migliore.
Ore di volo insopportabili, vista mozzafiato, nuvole bianche che facevano venir voglia di aprire il finestrino e buttarcisi sopra, di volare, libero nel blue del cielo, un uomo grassone che non faceva altro che lamentarsi per il lungo viaggio, per il cibo scadente e per le perturbazioni, e un Louis che stava per perdere la pazienza e mandare a quel paese l’uomo.
“Si calmi, per favore.” Disse stizzito.
“Sì, mi scusi soltanto che ho paura di volare…” iniziò.
“Allora se ne stava a casa, semplice no?” disse Louis porgendo al signore la sua risposta strafottente su un piatto d’argento.
Il signore lo guardò male e rimase zitto per la fine del viaggio.
“Si prega ai gentili passeggeri di tenere le cinture allacciate per l’atterraggio che si avrà fra cinque minuti.”
Finalmente l’aereo atterrò con successo e Louis fu libero di prendere le sue cose e andarsene.
Una volta arrivato all’interno scorse le persone che aspettavano i passeggeri: gran parte stava maneggiando un cellulare e avevano un’espressione stanca in viso, e in quel momento, dopo circa tre anni, Louis vide il padre.
Anche lui con una faccia un po’ stanca, ma con un espressione imbarazzata appena vide il figlio avvicinarsi, come quello anche il padre si grattò il capo non sapendo cosa dire.
“Pa’ sono arrivato sano e salvo.” La buttò sul ridere Louis abbracciando il padre, ma non con troppo affetto.
“Meno male, stavo rischiando di addormentarmi qui dentro, troppa gente sai. Andiamo a casa.”
Casa, la sua nuova casa visto che la precedente era stata rasa al suolo da un uragano di insicurezze e di paure.
Louis annuì, e in macchina riaccese il cellulare.
Due messaggi non letti.
Da: Harry.
Okay mi dispiace per questa mattina, ho esagerato…non volevo prendermela con te, anche se è tardi vieni…al massimo dovrai salire su un albero per entrare in camera mia ;)
Da: Mamma.
Louis dove diavolo sei? Sei sparito, sono appena tornata da Boston e la tua roba non c’è…spero soltanto che non sia una delle tue bravate, chiamami appena puoi!!!
Digitò velocemente una risposta per il secondo messaggio.

Da: Louis.
A: Mamma.
Mamma, sono a New York da papà, starò un po’ qui, poi ti spiego adesso sono stanco morto, domani mattina ti chiamo.

Da Mamma:
Ma che diavolo fai Lou? Sei impazzito? Prendi il primo volo per New York? Domani ti vengo a prendere!

Da Louis:
Mamma, è complicato…io ho bisogno di stare qui, quindi per favore domani ne riparliamo.
Il motore si spense e Louis prese il trolley, trovandosi davanti alla sua nuova casa.
La fissò per un po’ da fuori per cercare di trovare una certa familiarità che non arrivò mai agli occhi di Louis.

Da Harry:
Dove sei? Perché non sei a scuola?

Da Louis:
Smettila Harry, smettila di cercarmi e di fare il finto innamorato, sei patetico, non cercarmi.
Smettila Harry,
smettila di cercarmi,
di fare il finto innamorato,
sei patetico…non cercarmi.

E’ difficile far entrare qualcuno nel tuo mondo, soprattutto se quel mondo è tremendamente lacerato e distrutto e tu sei la causa di quella distruzione.
Louis era sempre stato un vigliacco, in pochi giorni grazie a Harry aveva capito delle cose di se stesso che senza l’aiuto del riccio non avrebbe mai scoperto e non sarebbero mai venute a galla.
A volte è meglio non sapere, ma in quel momento Louis Tomlinson stava semplicemente fingendo di non sapere, stava fingendo di stare bene e di voler andare avanti.
Erano state delle scoperte troppo grandi per lui e la scoperta più grande era che lui era ancora in grado di fidarsi di qualcuno, e visto che quel qualcuno era Harry tutto ciò agli occhi di Louis era ancora più complicato.
Non voleva fidarsi di qualcuno, non voleva di certo finire di nuovo nella trappola in cui l’aveva trascinato Zayn, ormai la sua era una vera e propria fobia.
“Louis, scendi giù a mangiare!” urlò il padre dal piano di sotto.
Nel corridoio, prima di scendere le scale, notò che il padre aveva conservato e appeso alla parete una foto di tutta la famiglia, erano facce sorridenti, Louis era più piccolo, i capelli a scodella, una maglietta da football e dei pantaloncini, le sorelle disposte in ordine d’altezza e poi i suoi genitori; e pensare che una volta erano felici, che quei sorrisi erano sinceri e non tirati per una stupida foto di famiglia, quello si che gli faceva pensare che avrebbe avuto lo stesso destino dei genitori in amore.
“Amore.” Pensando a quella parola Louis rise e scese velocemente le scale.
Il padre aveva apparecchiato la tavola meglio che poteva, Louis portò acqua e birra a tavola e iniziarono a mangiare.
“Allora perché sei venuto qui? Chiariamo, sono felice che sia qui.” Disse il padre dopo aver mangiato un trancio di pizza.
Per un momento Louis ci pensò su.
“Pà, non ti sei mai sentito di troppo in una cittadina troppo piccola?”
“Allora è questo?” chiese il padre posando il suo sguardo sul figlio che era cresciuto troppo velocemente.
“Mi sentivo soffocare, come se non ci fosse abbastanza aria per me, invece qui, a New York, mi sento libero e posso respirare quanto voglio.” Disse pronunciando l’ultima frase sorridendo.
All’improvviso Louis sentì una vibrazione nella tasca e prese il cellulare.
“Louis il cellulare a tavola, no.”
“Pà, faccio velocemente.” Disse alzandosi e uscendo fuori, nel cortile.

“Tutte quelle promesse, tutte le parole dette e sussurrate, tutti quei gesti che mi facevano capire che forse eri la persona giusta, tutto ciò dov’è andato a finire?
Dici a me di essere patetico, bhé Louis è più patetico chi ama senza paura o chi ha paura di essere amato?
Direi che quello patetico sei tu, hai paura anche della tua ombra Louis Tomlinson, ma io non mollo, l’ho sempre fatto, ma adesso sono cambiato, e no, non ti lascerò andare.”
_______________________________________________________________________________________________
 

"i will be your guardian
when all is crumbling
steady your hand

you can never say never
why we don’t know when"


 

NON HO RILETTO.
Mi scuso per il capitolo che fa totalmente cagare.
Mi scuso perché non aggiorno da più di un mese, ho dovuto studiare e non avevo internet, spero soltanto che non vi siate scocciati
della storia e che ci sia ancora qualcuno che la segue.
La canzone è "never say never" dei The Fray :)
per domande o altro sono su twitter.
(@onedselfies)

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: leedskiss