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Autore: Madin    13/09/2013    2 recensioni
-Io ti amerò sempre Peter Pan!- questo gli sussurrai quando lui si era già allontanato dalla mia finestra, dopo averci riportato a casa.
E lui non mi aveva sentito. E lo sapevo. Eppure sentivo un enorme groppo in gola nel vederlo andare via. Sapevo che non l'avrei più rivisto e questo mi intristiva. Mi ero innamorata di lui a poco a poco, del suo carattere ribelle, dei suoi modi sbarazzini, della sua risata, della sua allegria. Tutto di lui mi aveva conquistata.
Avevo vissuto la più incredibile delle avventure e ne ero rimasta scottata. Perché l'avventura vera non era essere andata all'Isola Che Non C'è, era stato innamorarmi di lui. Stupida! Stupida! Non avrebbe mai potuto ricambiare, non conosceva il significato dell'amore, perché eravamo solo bambini, ai tempi e lui non avrebbe mai potuto vivere nel mio mondo. Perché lui era Peter Pan, il bambino che non sarebbe mai cresciuto, che amava giocare e che volava da una parte all'altra dell'isola come un uccellino. Lui che vedeva tutto come un gioco.
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Campanellino, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Darling
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Once Upon A Time In Neverland

Lacrime Dolci

 

Il volo non mi era mai parso così bello. La prima volta era stato così emozionante che avevo usato gli occhi soltanto per non andare a sbattere contro qualcosa, non essendo abituata a volare. Ma questa volta era diverso; ero abituata a volare -o meglio- mi ricordavo come si faceva. Era come andare in bicicletta.

E Peter non smise un attimo di sorridermi. Il mio cuore era un tripudio di emozioni tutte così forti da farmi sentire in paradiso, anche se in qualche modo, era lì che stavo andando.

Strinsi la mano di Peter con tale forza che avevo paura di fargli male, ma lui non si lamentò mai.

«Ci siamo quasi» mi disse guardandomi negli occhi

«È proprio come lo ricordavo...» mormorai al ragazzo, ricambiando il suo sguardo.

«Tieni forte la mia mano.» mi ordinò. Mi ricordavo cosa stava per succedere: Peter avrebbe acquisito velocità e saremmo entrati nella dimensione dell'Isola Che Non C'è.

Chiusi gli occhi mentre sentivo Peter tirarmi forte e quando li riaprii, vidi davanti a me il meraviglioso ed enorme profilo del luogo che avevo sognato tutte le notti, che avevo disegnato i pomeriggi solitari e che non avevo mai dimenticato.

«Wow... è magnifico» esclamai.

«Lo è.» rispose Peter lasciando delicatamente la mia mano. Doveva essere davvero felice in quel momento, perché il sole illuminava l'Isola come non mai. Era così splendente da rendere persino le nuvole dorate. Ci sedemmo su una nuvola che dava lo sguardo sulla parte degli Indiani e mi ricordai di Giglio Tigrato.

Chissà se tra lei e Peter c'era stato qualcosa in quel tempo...

«Ben tornata Wendy...» mi disse Peter mostrandomi con le braccia tutto ciò che avevo davanti agli occhi.

«Sono felice di essere qui.» gli confessai. Il suo sorriso svanì e il suo viso si rabbuiò, era arrossito. Arrossito?! Peter Pan?!

L'unica volta che era arrossito c'era stata un'enorme esplosione! Automaticamente mi coprii gli occhi con le mani e aspettai.

Non successe niente.

Anzi. Lo sentii ridere.

«Perché ridi?» gli domandai confusa.

«Perché sei buffa.» arrossii io. «Non esplodo più... credo...» aggrottò le sopracciglia confuso «E comunque, non c'è più qualcuno da combattere!»

Capitano Giacomo Uncino, comandante della Jolly Roger, era stato inghiottito da un coccodrillo dopo aver sfidato Peter ad un duello all'ultimo volo. E proprio quando le cose per il ragazzo si stavano mettendo male, io... beh, gli ho regalato il mio Bacio.

«Vuoi dire che i Pirati sono innocui?» chiesi esaltata e lui annuì.

«Stanno tranquilli nel loro territorio.» rispose Peter svolazzandomi attorno

«Devi esserti sentito solo in questo tempo, senza Bimbi Sperduti, senza nessuno da combattere...» constatai amareggiata. Era un po' colpa mia se era rimasto da solo, noi avevamo portato via tutti i suoi amici.

«Beh, c'era Trilli. E gli Indiani! Non ero sempre solo» voleva essere allegro ma un lampo triste attraversò i suoi occhi verdi e mi fece intuire il contrario.

«A proposito, dov'è Trilli?» non che mi interessasse proprio saperlo, ma già una volta quella fatina mi aveva quasi uccisa, perciò iniziai a guardarmi intorno per non cadere in qualche sua trappola.

«È alla Tana, ci aspetta.» mi prese per la vita e mi fece scendere dalla nuvola.

«Cioè lei sa che sono tornata?» sentire le sue mani sui fianchi era una forte emozione ma mi costrinsi a rimanere calma. Peter annuì alla mia domanda e sorrise beffardo.

«Immagino come sarà contenta!» gli dissi aggrappandomi al suo collo. Era morbido e più grande di come era all'epoca. Non potevo credere che fosse realmente cresciuto.

Era un mistero alquanto segreto.

«In effetti era un po' arrabbiata quando le ho detto che sarei venuto a trovarti, ma poi le ho fatto cambiare idea ricordandole che anche tu le hai salvato la vita...» era vero.

Trilli aveva rischiato di morire bevendo il veleno che Capitano Uncino aveva destinato a Peter. E lui dalla Tana e noi dalla barca, le avevamo salvato la vita.

«Speriamo che se lo ricordi ancora.» borbottai

«Lo ricorderò io per lei...» si fece improvvisamente serio e mi fissò incantato. Il sole stava calando e la sola luce della luna corse a rischiarare i nostri volti, mentre le stelle ci spiavano curiose.

Ricambiai il suo sguardo con eguale ardore. I suoi occhi così magnetici, le sue labbra morbide... spingere il mio viso verso il suo fu un attimo.

Chiusi gli occhi e mi avvicinai. Lui chiuse i suoi e si avvicinò. Mi accarezzò la schiena con una mano mentre io mi strinsi maggiormente sul suo collo. Sentivo il suo respiro affannato e corto. Sentivo il suo tremito. Così, spinta dalla curiosità, aprii gli occhi nello stesso istante in cui lui aprì i suoi.

Mi sorrise. Gli sorrisi.

Era un momento perfetto. Volevo assaggiare di nuovo quelle labbra, ricordare cosa si provava. Senza Pirati a spiarci, senza Bimbi Sperduti schifati. Senza prigionieri, senza cattivi. Solo la luna e le stelle a farci da sfondo sulla volta celeste tinta di blu e screziata di viola.

«Peter...» sussurrai a pochi centimetri dalle sue labbra.

Lui, che guardava le mie, volse lo sguardo verso i miei occhi e poi mi sorrise, prima di staccarsi e di afferrare la mia mano e portarmi via.

Sapevo non ci saremmo baciati, perciò non rimasi molto delusa; ma quella parte -quella piccola parte- che lo aveva sperato, iniziò a piangere. Lacrime dolci per un doloroso tormento.

Cercai di non pensarci e in un attimo arrivammo alla Tana.

Era proprio come la ricordavo, nulla aveva subìto l'insolente forza del tempo, rendendo quel posto -oltre che magico- immortale.

Mi fece fare un giro senza mai lasciarmi la mano e mi mostrò il mio letto. Quello dell'ultima volta.

«È sempre stato tuo.» mi sussurrò all'orecchio destro «E non sarà mai di nessun altro» continuò verso l'orecchio sinistro.

Il mio cuore fece un'immensa capriola e mi voltai lentamente verso di lui, trovandomelo ad una distanza molto ravvicinata.

«Non sai quanto io sia felice.» gli confessai abbracciandolo, incastrando la mia testa nell'incavo del suo collo. Sembrava si fosse creato un buco proprio per me. Sul suo cuore.

«Ti ho pensata tanto...» mormorò sui miei capelli «Mi sei mancata»

«Pensavo mi avessi dimenticato» sussurrai con gli occhi brucianti

«Non potrei mai! Mai!» mi strinse anche lui con le sue braccia tornite e forti.

«Con tutte le avventure che avrai vissuto, gli ostacoli che avrai affrontato, come potevi ricordarti di me?»

«La vita può essere una grande avventura» aveva sempre pensato alla morte come ad un'avventura, ma quando le si era ritrovato accanto, aveva capito che era la vita a meritarsi le sue attenzioni. Mi aspettavo quella risposta, ma decisamente non mi aspettavo quella che seguì «Tu sei stata una grande avventura.» alzai il viso verso di lui e gli comunicai tutto il mio amore con gli occhi. Sperai che capisse ciò che volevo così disperatamente dirgli ma venimmo interrotti da un forte luccichio dispettoso.

Trilli.

Svolazzò tra i nostri volti cercando di attirare l'attenzione di Peter. Lui rise e mi lasciò andare, dedicandosi alla fatina, che intanto mi guardava con aria pericolosa.

Cercai di sorriderle per essere gentile e iniziare subito col piede giusto. Lei inizialmente sorrise, ma poi mi fece una rumorosa pernacchia a pochi centimetri dal viso.

Peter sghignazzava alle sue spalle, cercando di coprirsi la bocca con la mano.

«Trilli è davvero felice di vederti» mi disse. Lo sguardo che, sia io sia Campanellino, gli rivolgemmo fu più che eloquente; tanto da fargli spalancare gli occhi dalla paura.

«Volevo essere gentile!» disse a mo' di scusa. Io risi di cuore e guardai Trilli volare via con grazia.

«Magari un giorno le piacerò.» decretai con falsa convinzione.

«Un giorno, ma non oggi. Si è fatto tardi e voglio che tu sia riposata per quello che faremo domani!» mi spinse delicatamente verso il letto.

«Cosa faremo domani?» gli chiesi mentre si voltava per andarsene.

«Visiteremo l'Isola ovviamente!» rispose gioendo come un bambino.

Cercavo di ricordarmi come fosse prima; il bambino che prendeva tutto uno scherzo e che voleva sempre e solo divertirsi, che era ingenuo ma tremendamente dolce.

Ma più cercavo nella mia mente, più lui mi sfuggiva.

Ora mi sembrava lo stesso bambino ma irrimediabilmente diverso; il suo modo di parlare era più maturo, i suoi occhi non erano più solo le finestre dell'immorale verità, erano anche specchi coperti di condensa su quei sentimenti che aveva così disperatamente cercato di negare e che l'avevano portato alla solitudine. Sentimenti che non avevo mai smesso di provare e per i quali avevo pregato per quattro anni affinché lui non li dimenticasse.

Tutto in quell'albero casa - la Tana- mi sembrava famigliare eppure così sconosciuto. Confortevole e spaventoso. Allegro e triste.

Non sentivo più gli schiamazzi dei Bimbi Sperdute e le loro risate con Peter. Non sentivo John e Michael giocare agli indiani con loro. Non li sentivo più.

Immaginai i miei fratelli nei loro letti, a Londra, e mi venne un profondo senso di tristezza e di egoismo.

Come mai ero la sola ad aver desiderato ardentemente di tornare in quel posto? Perché i miei fratelli non avevano voluto venire?

La risposta apparve nitida nella mia mente, ma non sapevo se mi piaceva come rivelazione: desideravo tornare perché ero innamorata di Peter e non potevo dimenticarlo.

Loro non si erano innamorati; erano ancora troppo piccoli per capire davvero che fortuna avevamo avuto andando lì.

E tutto perché Peter voleva il lieto fine. Voleva le favole. Voleva qualcuno che gliele raccontasse.

Senza pensarci mi alzai dal letto e lo cercai per la Tana.

Se ne stava seduto su uno dei rami più alti dell'albero ad ammirare le stelle. Il nasino impertinente rivolto verso la volta celeste e un braccio penzoloni.

«Non avevi detto che dovevamo essere riposati per domani?» gli domandai facendolo spaventare, tanto che cadde dal ramo e atterrò davanti a me planando dolcemente.

«In teoria sì.» mi sorrise e mi soffiò in viso la polvere di fata. Mi sollevai insieme a lui e non persi un attimo il contatto con i suoi occhi.

«Perché sei tornato proprio ora?» gli domandai con una punta di amarezza nella voce

«Sentivo il bisogno di tornare. Mi mancavate...» mi ritrovai a sperare che quel plurale servisse a nascondere il vero intento, cioè che gli mancavo, io. E solo io.

Mi avvicinai lentamente annuendo e gli accarezzai una guancia «Sei cresciuto Peter, dico sul serio.»

«Non voglio essere cresciuto!» rispose stizzito.

«So che l'idea non ti piace, ma non è poi tanto male...» cercai di rassicurarlo.

«Lo dici tu. Cosa farò quando sarò diventato grande e invecchierò e morirò?»

«Tu non morirai Peter, mai. Anzi, penso che tu non diventerai mai grande.» lui parve riacquistare felicità e mi prese le mani.

«Vuoi ancora vedere le sirene?» sussurrò avvicinandosi al mio orecchio. Sentivo il tremito nella sua voce.

«Sì.» risposi. Lui cambiò orecchio e sorrise «E gli Indiani?»

«Sì.» sentivo il controllo venir meno e desiderai che si staccasse. Poi mi pentii di averlo pensato perché non era affatto quello che volevo.

«Vorrai volare con me?» la sua voce si incrinò un poco ma ero troppo distratta per notarlo.

Annuì contro la sua guancia e poi, presa dall'istinto, gli afferrai il viso e lo avvicinai al mio.

Le nostre labbra si incrociarono e si scontrarono. Lui parve sorpreso e rigido, così cercai di infondergli dolcezza e lui riprese a respirare.

Non avevo più baciato nessuno oltre a lui, ma in quel momento sentii di non avere bisogno della pratica. I miei sensi mi dicevano cosa fare e lui rispondeva perfettamente, forse anche troppo.

Le sue labbra morbide arcuate in sorriso mi baciarono con così tanto affetto che sentivo avrei potuto affogarci dentro. Gli occhi chiusi, intenti a nascondere un segreto profondo e... segreto che era lui.

Sentivo il suo corpo accalorarsi, le sue mani sui miei fianchi farsi bollenti e capii che era alquanto su di giri. Ma non mi spostai. Non ne volevo proprio sapere.

E lui neanche...

Così com'era venuto, il calore scomparve e optai di continuare a baciarlo senza soffermarmi più di quel tanto che, in realtà, non mi interessava.

Si staccò un attimo da me e con ancora gli occhi sussurrò il mio nome come una dolce litania capace di salvarlo in qualunque occasione «Wendy...» mi costrinsi ad aprire gli occhi e quel ce vidi non potei più dimenticarlo.

I suoi occhi erano accessi da una luce così abbagliante che per un poco mi spaventò. Ma poi lui sorrise e allora capii che era felice.

«Le tue labbra...» iniziò disegnandone il contorno con il pollice. Era concentrato nel guardarle e io nel guardare lui che non mi resi conto dello scorrere -si fa per dire- del tempo.

«Continua...» lo incitai.

«Il tuo Bacio...» continuò infatti lui; e sopracciglia aggrottate e una ruga di concentrazione sulla fronte «... mi ha salvato.» concluse tornando ai miei occhi.

«Il tuo l'ha fatto per primo.» ricordavo perfettamente quella ghianda che mi aveva donato e che mi aveva salvato dalla freccia di uno dei Bimbi su ordine di Trilli. Era stato il suo regalo più grande.

«Grazie» Peter Pan che ringraziava?! Le cose erano davvero cambiate. Ma arrossii violentemente come una bambina e abbassai lo sguardo.

Avrei voluto baciarlo ancora.

Ma lo fece lui, sorprendendomi. Un bacio a fior di labbra, ma intriso di tutta la dolcezza che quel ragazzo era capace di provare.

«Buona notte Wendy» mi disse e io mi accorsi che eravamo a terra.

Lo salutai e mi diressi al mio letto volteggiando per la stanza.

 

   
 
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