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Autore: noelia    14/09/2013    27 recensioni
Dopo la morte dei genitori in un incidente d'auto, la sedicenne Rose Mary Fray è costretta trasferirsi in Indonesia, dai suoi nonni materni. Lì incontra Justin, inizialmente ostile e scorbutico nei suoi confronti, con uno scheletro nell'armadio: è infatti da pochi anni uscito da un riformatorio, accusato di aver ucciso sua madre, Patricia e sua sorella, Juliet. 
Le settimane a Bali passano monotone, finché non si innesca una serie di raccapriccianti eventi. Rapimenti, uccisioni. Ed è proprio in quest'occasione che i demoni del loro passato ritornano a tormentarli.
FAN FICTION SOSPESA A DATA ANCORA DA STABILIRSI.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Bieber, Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 11
Your lips on mine



Socchiusi gli occhi.
Tirai dei lunghi ed intensi respiri.
Cercai di dare più aria possibile ai miei polmoni, che avrebbero fatto tornare il battito del mio cuore regolare, e forse, avrei iniziato a comprendere ciò che era realmente accaduto.
Jeremy era ancora vivo, ma non ero tanto questo a turbarmi quanto il fatto che proprio in quel luogo, decine di anni prima lui e Patricia avevano condiviso il loro amore.
Probabilmente si baciavano nel punto esatto in cui mi ero immobilizzata, o quello in cui Justin era caduto.
Oh, Justin.
Nessuna parola riusciva ad uscire dalla mia bocca in quel momento.
Era tutto troppo strano, era accaduto tutto così in fretta e senza preavviso.
Come doveva sentirsi Justin?
Il fatto era che non ne avevo idea. I miei genitori erano morti, ma per un orribile scherzo della vita, e non perché un giorno ad uno di loro gli si era spento un interruttore nel cervello e ciò l’aveva indotto ad uccidere la persona che amava. Le persone che amava.
- Andiamo via da qui- sussurrò lui con la voce rotta. Irriconoscibile.
Non parlai, semplicemente gli accarezzai la mano, gliela strinsi forte e lo trascinai di peso, via da quell’incubo ad occhi aperti.

- Dove stai andando?- chiesi sottovoce.
Eravamo ritornati all’inizio della caverna, e Justin stava uscendo fuori, sotto la tempesta.
- Ho bisogno di stare da solo- rispose in un sussurro. – Lasciami in pace, e smettila di far finta che t’importi qualcosa di me.
Diedi un’occhiata furtiva al cielo nero, era buio ormai. Presi coraggio e lo raggiunsi fuori. L’acqua era ghiacciata. – A me importa di te- urlai con le braccia al cielo.
Lui distolse lo sguardo.
- Entra dentro con me, Justin.
Nessuna risposta. Si avvicinò ad un piccolo albero, ed iniziò a strappare qualche ramo.
- Ti prego..
Si voltò a guardarmi. Aveva la pelle bagnata, e delle gocce d’acqua gli ricadevano dai capelli e dalle ciglia. I suoi occhi erano così penetranti. Disarmanti.
Abbassò lo sguardo e con poche e veloci falcate rientrò all’interno della grotta. Lo seguii a ruota finendo come un mulo con un piede in una pozzanghera.
Justin iniziò a tastare per terra, finché quando alzò le braccia aveva due pietre tra le mani. Posizionò i rami per terra, s’inginocchiò, ed iniziò a sfregare le pietre creando una fiamma.
Sospirai sollevata e mi sedetti ai piedi del fuoco. Lui fece lo stesso posizionandosi di fronte a me. Si sfilò la canotta, strizzandola.
Quel gesto improvviso mi fece arrossire.
Aveva gli addominali contratti e la sua imponente tartaruga mi saltò irrimediabilmente all’occhio. Aveva proprio un bel fisico. Avvampai e distolsi lo sguardo.
- Dovresti fare lo stesso con la tua- disse d’un tratto in tono freddo.
- Eh?- chiesi sconvolta.
- Dovresti fare lo stesso con la tua- sibilò piano.
- Perché dovrei?- continuavo a non capire.
- Dovresti approfittarne ora che c’è il fuoco per fare asciugare almeno la maglietta- spiegò atono.
Non se ne parlava. Non se ne parlava proprio che io restassi in reggiseno di fronte a lui. Non m’importava della maglietta, la vergogna era più forte.
- Come ti pare- disse infine intuendo ciò che stavo pensando.
Restammo in silenzio per qualche minuto. Ero tutta immersa nei miei pensieri, i più svariati dei pensieri. Jeremy; Pattie; Justin; Juliet; i miei genitori; i nonni; Daniel; Alyssa.
Quando presi ricognizione del tempo e alzai i miei occhi verso di lui notai che i suoi erano immersi nel vuoto. Chissà a cosa pensava.
- Non dev’essere stato facile passare gran parte della vita in un riformatorio- dissi lentamente, all’improvviso.
Alzò di scatto lo sguardo, come se avesse preso la corrente. – Chi te l’ha detto?
- M-mia nonna- balbettai, improvvisamente pentita di aver messo in mezzo l’argomento. – Senti, scusami, cambiamo discorso.. non avrei dovuto tirare in ballo una cosa del ge..
- E perché no?- mi chiese. – E’ successo, è inutile far finta che sia il contrario.
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma la richiusi all’istante. Cosa potevo dirgli?
- Hai tutto il diritto a trattarmi come uno psicopatico. La gente lo fa da anni, ho imparato a conviverci- mormorò sprezzante.
- Tu non sei affatto uno psicopatico- ribattei guardandolo intensamente negli occhi.
Ricambiò lo sguardo sorpreso dalla mia risposta.
- Venivo trattato come un mostro, e col tempo, mi sono convinto di esserlo. A furia di essere graffiato sempre nello stesso punto, mi si è formata una ferita che credo non si risanerà mai- puntò lo sguardo alla fiamma arancione, che si rifletteva nei suoi occhi donandogli una rabbia disumana. – Niente contatto col mondo esterno, niente contatto umano, niente calore, solo freddo. Hai freddo al cuore quando sei lì, ti manca l’aria. Ho passato giorni rintanato in quella cazzo di tana per topi che avevano il coraggio di chiamare “stanza”, nascosto in un angolo a contare le mattonelle. Le infermiere dicevano che mi faceva bene, in quel modo avrei potuto meditare sull’errore che avevo commesso- Si fermò per qualche secondo. – Io non ho fatto nulla.
Io lo so.

D’un tratto sentii alle mie spalle un rumore sordo, come di un vetro frantumato.
- Che cosa è stato?- dissi pronta a scattare in piedi.
- N-non ne ho idea- balbettò lui. – Non agitarti, siamo soli, dov’essere stata qualche pietra.. sì, si sarà sgretolata e frantumata al suolo- mi rassicurò.
Annuii non molto convinta. – Ho una brutta sensazione, come se.. come se qualcuno ci osservasse.
- Non devi preoccuparti Rose Mary, non ti accadrà nulla- rispose guardandomi dritto negli occhi.
Stava cercando di essere carino o cosa? Ah, il nonno, certo, pensai poi.
- Ho uno strano presentimento, una sorta di nodo alla gola e allo stomaco- confessai sperando nel suo conforto.
- Forse hai solo fame- ipotizzò. Frugò rumorosamente nelle tasche dei bermuda, dopodiché passò ad ispezionare le tasche posteriori. Aprì una cerniera e accennando un mezzo sorriso cacciò da un taschino una barretta energetica.
Me la lanciò, l’acchiappai al volto. – G-grazie- gli rivolsi un sorriso sghembo.
- Finito!- annunciai pochi secondi dopo, ancora con la bocca piena e piegando la carta in due.
Sorrise scuotendo la testa.
- Che c’è?- domandai innocentemente sputando pezzettini di cioccolata a destra e a manca.
- Lascia stare- disse lui alzando le mani. – Ti senti un po’ meglio adesso?
- No- risposi incupendomi improvvisamente. Il fatto era che avevo anche dimenticato di quell’orribile sensazione che mi perseguitava.
- Rose Mary, non c’è nessuno, non devi preoccuparti.
- Il mio intuito non fallisce mai.
- Oh sì, hai ragione, tu sei una donna, giusto?- mi chiese sorridendo.
Ricambiai il sorriso. Almeno aveva dimenticato del graffito.. forse.
- C’è una cosa mi domando da quando ti ho vista- proseguì. – Perché sei qui? E’ una vacanza, o una specie di viaggio per riflettere su alcune cose, hai presente?
- N-non proprio- sussurrai. – I miei.. i miei..
Perché mi era così difficile formulare quella frase? Ce l’avevo a morte con me stessa, e col mio non riuscire a controllare il mio cervello. Io dovevo dirlo, io ne avevo bisogno. Dovevo realizzare che fosse accaduto davvero. – I miei genitori sono morti qualche mese fa. Incidente stradale.
Abbassai lo sguardo, e sentii il rumore della sua bocca che si apriva, per poi richiudersi senza parole.
- Risparmiati gli “oh scusami” o “mi dispiace tanto”, non voglio pensarci più, tutto qui- dissi acida guardandolo negli occhi.
Delle strane rughe gli contornarono gli occhi che qualche minuto prima avevo definito nella mia mente “disarmanti”.
– Non è così che funziona Rose Mary. Non è ignorando un dolore che lo si affronta. Non serve a niente, sai? Se non ad incrementare la tua muta sofferenza.
- Che vuoi dire?- gli domandai basita e folgorata dal suo sangue freddo. Era la prima volta che mi veniva detta una cosa del genere. Ero sempre stata abituata da tre mesi a quella parte ad udire smielate frasi su come funziona la vita, il destino, e frasi di supporto trovate qui e lì su internet, e che, in tutta onestà, cominciavano a farmi vomitare. – Sai qual è la cosa più ridicola che mi abbiano mai detto? Sono in un posto migliore adesso. Ma davvero? E quale sarebbe questo posto migliore se non accanto alla loro figlia sedicenne troppo immatura ed indifesa per affrontare una vita da sola?- sbraitai con voce graffita, ferita. Le lacrime iniziavano a salire, su, sempre più su, fino a farmi provare quella strana sensazione al naso, quella sensazione che provi quando stai per cadere in un forte e disperato pianto.
Ma forse era meglio così, no? Forse sfogarsi era la soluzione, e non continuare ad ignorare il dolore e sotterrarlo in un piccolo angolino del mio cuore.
- Io mi sento sola. Io sono sola, e il mio cuore è vuoto. Che senso ha essere felice se la tua unica fonte di felicità è svanita? Come posso essere felice?- mi bloccai di scatto con lacrime bollenti che mi rigavano il volto. – Inizio a pensare che sarei dovuta morire anche io insieme a loro quella notte. Avrei sofferto di meno, no, non avrei sofferto affatto. La mia vita sarebbe terminata lì, ma sarebbe terminata lì con loro, le persone che più amavo al mondo. Ho così tanta rabbia e rancore dentro di me. E sai perché ignoro il mio dolore? Perché quando lo caccio fuori il cuore inizia a bruciare, e la mente a vagare per conto suo, ed è tutto così maledettamente strano e straziante.. io.. io non ho la minima idea di ciò che sto dicendo, io sento di star impazzendo.. i-io..
Si appoggiò velocemente sul gomito e con la mano libera mi prese per la nuca e l’avvicinò al suo volto. Le nostre fronti erano attaccate, e i nasi si sfioravano dolcemente. La luce del fuoco faceva apparire le sue labbra di un rosso intenso. Il cuore iniziò a battermi all’impazzata, sentivo il suo respiro, il sangue che gli pulsava nelle vene, poi, all’improvviso socchiuse la bocca e l’appoggiò delicatamente alla mia. Sussultai sgranando gli occhi, il mio primo bacio, ma poi mi lasciai trasportare e coccolare dalle sue soffici e carnose labbra. La sua lingua ebbe contatto con la mia, ed iniziò così a vorticare lentamente. Mi morse il labbro inferiore, dopodiché passò a baciarmi il collo lasciando piccole ed umide scie. Gemetti. Il mio corpo provò una sensazione nuova, una sorta di adrenalina rimbombava dentro di me, dentro le mie gambe che iniziavano a venir meno, ma diedi poca importanza a questo dettaglio e poggiandogli le mani al petto ripresi a baciarlo sulle labbra con una tale dolcezza che sentii il suo cuore sotto la mia mano battere sempre più.
- Aspetta- disse all’improvviso staccandomi violentemente da me.
E’ tutto finito. Pensai girando il capo per non guardarlo negli occhi, e pulendomi le labbra con il dorso della mano.
-Scusami, non avrei dovuto.
Gli diedi le spalle, era tutto così estremamente imbarazzante.
Sentii la sua mano poggiarsi sulla mia spalla, e le sue labbra sussurrarmi all’orecchio: - Scusami.
Dovevo scusarlo per cosa? Per avermi baciato? O forse si era reso conto che non mi voleva davvero? I pensieri più svariati mi invasero il cervello. – Ho sonno, e voglio andare a dormire- borbottai togliendomi la sua mano dalla spalla e girandomi a guardarlo negli occhi.
Annuì deluso.
Notai che le fiamme iniziavano a perdere altezza, fino a trasformarsi in cenere grigiastra. Una volta rimasti al buio, il rumore dei tuoni ricatturò la mia attenzione, mentre i lampi ci facevano da luce naturale. Era tutto così spaventoso, e per giunta, quell’orripilante sensazione persisteva non smettendo di perseguitarmi neanche un attimo. E che dire dei graffiti? Una situazione dannatamente complicata e strana.
Ero davvero stanca, e gli occhi riuscivano a stento a rimanere aperti, così, mi accasciai per terra, per poi stendermi su un lato cercando di trovare la posizione più comoda che ci fosse, a patto che ci fosse una posizione comoda sul suolo di una caverna.
Justin si distese subito dietro di me. Vidi di sottecchi il suo braccio alzarsi, intento ad avvolgermi, ma dopo pochi secondi rimasto a mezz’aria ritornò al suo posto. Al posto in cui sarebbe stato più giusto stare, probabilmente.
Fu così che sobbalzando ogni volta che i nostri corpi avevano un contatto, anche per sbaglio, caddi in un profondissimo sonno.

- Eccoli! Oh Dio, Daniel, eccoli!- la voce di Alyssa risuonò debolmente nelle mie orecchie. Non ero ancora lucida da poter capire a pieno ciò che si dicevano, così aprii lentamente gli occhi.
Le loro sagome diventavano sempre più nitide, finché non vidi entrambi corrermi in contro. Alyssa s’inginocchiò ai miei piedi. – Rosie, eccoti qui!- esclamò alzandomi di peso il busto e abbracciandomi.
- C-che succede?- domandai strofinandomi gli occhi.
- Ci eravamo divisi, poi è scoppiata una tempesta e ci siamo persi.. tu stai bene vero?- mi chiese preoccupata.
- Sì, si io sto bene- la rassicurai.
- Dopo devo dirti una cosa- mi sussurrò all’orecchio con un sorriso a trentadue denti.
- Devo preoccuparmi?- ricambiai il sorriso.
- Forse..
Intanto Daniel stava tentando di risvegliare Justin, ma in vano.
- Lascia, ci penso io- annunciò Alyssa avvicinandosi al biondo, steso supino a qualche centimetro di distanza da me.
Alzò velocemente la mano e gli mollò un rumoroso schiaffo sulla guancia.
Justin aprì di scatto gli occhi imprecando qualcosa. – Ma che cazzo di modi sono? Eh?
Sorrisi silenziosamente. Alyssa aveva avuto la sua vendetta.
- Daniel ci ha provato con le buone ma non davi segni di vita, e così ci ho pensato io. E non guardarmi in quel modo, stronzetto, alza le chiappe piuttosto, che dobbiamo ritornare in spiaggia e aspettare che Fred ci venga a prendere- l’informò lei guardandolo di traverso.
Il bacio, pensai poi improvvisamente. Me n’ero completamente dimenticata, e poi, Alyssa come l’avrebbe presa? Era accaduto però, e indietro non si poteva tornare, e poi io nonvolevo tornare indietro, ma Justin? Forse quando avrebbe ricordato tutto si sarebbe pentito amaramente, ma quello era il problema minore in quel momento, dovevamo solo ritornare a casa.

- No, ma adesso mi spiegate perché cazzo non siamo rimasti sulla nave- sbottai fulminando con lo sguardo Daniel.
In realtà ce l’avevo anche con Justin, ma non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi.
- Rosie, è una barchetta per pescare e non uno yatch. Non c’era cibo e solo delle panchine per dormire, e poi è pericoloso restare in mare durante una tempesta- mi rispose pacatamente, come se sapesse sempre cosa dire, come e quando.
- E smettila di essere così calmo che mi dai sui nervi!- l’attaccai. In realtà non avevo alcuna intenzione di prendermela con lui, ma avevo una specie di rabbia repressa dentro di me, e sapevo che lui era quel tipo di persona col carattere giusto per sfogarmi.
- E tu smettila di essere acida- mi disse inarcando un sopracciglio.
- I-Io non sono acida, sono allegramente incazzata, va bene?- sputai lì. Cercai con tutta me stessa di non ridere, ma poi scoppiai in una chiassosa risata, e con me tutti gli altri.
Nel pieno della risata il mio sguardo si scontrò distrattamente con quello di Justin, che scuoteva la testa divertito.
Lo amo, pensai, il suo sorriso, insomma.. non lui, cioè.. amo il suo sorriso. Oh Rosie, devi essere proprio una stupida per comportarti in questo modo a causa di uno stupido bacio.
Che mi prendeva? Che cosa mi stava succedendo?


Certe persone si innamorano e nemmeno se ne accorgono; certe persone hanno bisogno di amare, di essere amati, hanno bisogno dell’amore, e non lo sanno, o se lo sanno, fanno  finta di nulla, come Rosie.

























 
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SPAZIO AUTRICE:
Non so che saluto fare, mi sono sprecata troppo per scrivere il capitolo, sry. Tralasciando la mia scarseggiante fantasia in questo momento passiamo al capitolo, yeeeeeeeeeeeeee! Bene bene, lascio tutti i commenti a voi. Finalmente l'attesissimo momento è arrivato: l'isterico e la ritardata si sono baciati.  E' la prima volta che scrivo la scena di un bacio, perché, come tutti sapete, questa è anche la prima volta che scrivo una fanfic. Ero estremamente gasata quando scrivevo, e devo ringraziare Justin per avermi dato come sempre 
l'ispirazione con ogni singola nota che ascoltavo. Adesso ci terrei a ringraziare voi! Alle oltre settemila visite ai capitoli, alle 233 recensioni e ai 66 preferiti. Non potrei avere lettori migliori, lo giuro! Ormai vi ringrazio ad ogni capitolo, lo sapete, ma il fatto è che vi sono davvero riconoscente per tutto ciò che avete fatto e che fate per me, vi sono riconoscente per aver reso tutto questo possibile. Grazie ragazze, vi voglio bene. Ok, mettendo da parte il mio lato smielato (uh, fatto rima ^^), mi auguro con tutto il cuore che il capitolo vi sia piaciuto, e spero abbiate qualche minuto da spendere per dirmi cosa ne pensate.
A Sabato prossimo amike my, vi amo da vivele ihih.
No ok, me ne vado.


with love, your Alyssa.
   
 
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