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Autore: telesette    14/09/2013    0 recensioni
Nei miei pensieri, e nei miei ricordi, Giada è tuttora la personificazione di tutto ciò che adoro in una donna. Lei ha saputo vedere il meglio e anche il peggio di me, insegnandomi a non nascondere né l'uno né l'altro, e mi ha insegnato ad affrontare i miei errori per non ripeterli né fingere che non esistano. Sinceramente non credo che io o il mondo si possa cambiare così, dall'oggi al domani, ma non credevo neanche che avrei mai avuto la fortuna di baciare una come Giada.
La vita può riservare delle sorprese, cose che nemmeno immaginiamo o riteniamo possibili, sorprese che possono però accadere e stupirci non poco...
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Giada

 

Giada era una stupenda ragazza etìope, trasferitasi in Italia per studiare quando aveva quindici anni, e capace di sopportare ogni genere di umiliazione per mantenersi. Non ebbi mai modo di sapere il suo vero nome e, per quanto ne so, lei stessa non volle mai dirlo a nessuno. Era il suo modo per proteggere la parte più intima di sé, la sua identità, quello che non voleva "sporcare" con una realtà così diversa da quella del suo paese natale.
Quando la conobbi, nel giugno del '99, avevo appena diciassette anni.
Avevo da poco festeggiato il mio compleanno e la mia prima scrittura in teatro, proprio così, finalmente ero passato dal teatro scolastico a quello vero e proprio e cominciavo già a percepire il mio primo stipendio da attore semiprofessionista. Volendo farmi un regalo un tantino folle, alcuni miei amici avevano addirittura organizzato di trascorrere la serata assieme tra i tavolini del Silver Night ( un vecchio locale notturno per soli uomini, all'estrema periferia di Firenze, che oramai non esiste più da qualche anno ).
Giada lavorava lì.
Faceva la ballerina di lap dance, in modo da arrotondare il suo stipendio diurno da cameriera, ed io rimasi fortemente attratto dal suo numero.
Era meravigliosa!
Ancora oggi, se chiudo gli occhi, mi sembra di rivedere l'immagine che ho di lei: una affascinante fanciulla scura sui ventidue anni, con i capelli ricci e scarmigliati e lunghe gambe affusolate; i fianchi che ondeggiavano al ritmo di Stick 'N Move dei Linkin Park, con l'ampia e generosa scollatura del decolleté, e la linea del fondoschiena disegnata dai pantaloncini che le aderivano sulla pelle...
Enzo e Fabio mi batterono diverse pacche sulle spalle, mentre ci sistemammo a sedere ad uno dei tavolini al centro della sala, ma la mia attenzione era ben lontana dalle loro battute piene di sarcasmo... E non solo per il modo sensuale in cui Giada ruotava attorno al palo, facendo eccitare tutti i maschi lì presenti. Non avevo bevuto nulla, eppure mi sentivo accaldato e sudato fradicio. Complici il fumo e l'ambiente chiuso, l'atmosfera si era fatta rovente nel momento stesso in cui mettemmo piede nel locale.
Mentre i miei amici prendevano le ordinazioni, io non potevo distogliere gli occhi da lei neppure per un istante.
Un grosso boato di applausi si levò attorno a me, quando Giada ebbe terminato la sua performance, ed io rimasi immobile come uno sfigato con gli occhi sbarrati e la bocca aperta.

- Guarda che il balletto è finito, eh!

La voce di Enzo mi riportò improvvisamente alla realtà.
Senza replicare alcunché, presi semplicemente il bicchiere che avevo davanti e sorseggiai appena il contenuto. L'aspro sapore effervescente della bevanda analcolica mi diede un po' fastidio, tuttavia ci volle per scrollarmi l'espressione mongolòide che avevo dipinta in faccia fino a quel momento. Ora che aveva finito il suo numero, Giada prese a fare il giro dei tavoli per raccogliere le mance. I clienti parevano ansiosi di ficcarle biglietti da diecimila lire tanto nella camiciola, allacciata con un fiocco sopra il reggiseno, quanto negli attillati pantaloncini che mettevano in mostra la sua pelle nuda attorno all'ombelico.
Non era ancora arrivata al nostro tavolo, quando Enzo mi batté un leggero colpetto sul braccio strizzando l'occhio.

- Che ne dici, è o non è un bel pezzo da montare?
- Magari ci sta - fece eco Fabio. - Se non fai il taccagno, può darsi pure che te la dà...
- Ma sta zitto - esclamai io, sollevando la mano come per metterli a tacere entrambi. - Come minimo, mi darebbe ma un bello schiaffo, e avrebbe pure ma di molto ragione!
- Vadalììì, poppaaaa - urlarono entrambi, ironizzando sul dettaglio della mia allora nota verginità. - Di questo passo, un tu scoperai mai, bischero!
- Forse perché non ne sento ancora tutto questo bisogno disperato, come "qualcuno" di mia conoscenza!

Tacquero.
Se io ero l'unico verginello del gruppo, era altrettanto noto che Enzo e Fabio erano soliti andare con le donnine ultracinquantenni ( ossìa le più economiche ),
pur di placare la frustrazione delle coetanee che non gliela davano manco a pagarle.

- Dado, sai cosa, che tu ci vai un attimino affanculo? - fece Fabio ridendo.
- D'accordo, ho capito - disse allora Enzo, mettendo mano al portafogli. - Glié i'ttuo compleanno e la si offre noi... Ma si un ti dai da fare, e la si fa i conti dopo!

Prima che potessi anche solo protestare, Enzo sollevò il braccio e richiamò l'attenzione della ragazza con due pezzi da centomila. Giada si avvicinò ma, nel momento in cui tese la mano, Enzò ritirò i soldi di scatto facendo schioccare la lingua sul palato in modo odioso e detestabile. Con calma le spiegò a quali condizioni intendeva offrirle quel denaro, indicandomi con lo sguardo, e Giada si limitò a fissarmi con occhi imperscrutabili. Non ci voleva certo un genio per capire che non fossi tanto io a ripugnarle, quanto la proposta in sé, tuttavia la vidi annuire con un muto cenno del capo.
Non riuscivo a credere che, quali che fossero le sue ragioni, una ragazza come lei potesse scendere a certi compromessi col proprio orgoglio e con la propria dignità: fare sesso con un perfetto sconosciuto, chiaramente controvoglia, e tutto perché un tizio le sventolava allegramente sotto il naso circa due mesi di affitto.

- Bene, allora - esclamò Enzo, sorridendo in modo cinico. - I' nnostro amico qui oggi compie gli anni, si tratta di fallo divertire...
- Ho capito - tagliò corto lei, facendo un notevole sforzo per contenere il suo disappunto.

Senza nemmeno guardarmi in faccia, Giada indicò la porta di una saletta privata alle mie spalle e mi fece segno di seguirla.
Lo so, potevo semplicemente alzarmi, mandare i miei amici a cagare, e chiuderla lì. Se avessi avuto più prontezza di spirito, mi sarei fatto carico della situazione, scusandomi con la signorina e lasciandole il denaro a titolo di risarcimento. Avrei potuto dirle chiaro e tondo che non avevo niente a che spartire con quella coppia di stronzi, se non appunto la sfortuna di essere loro amico, e sperare nella sua comprensione.
Avrei potuto, certo, se fossi stato allora come sono oggi... Ma quando si è giovani la timidezza e l'imbranataggine possono causare molte più difficoltà di quanto si pensi.
Ignorando i gesti e gli ululati che Enzo e Fabio mi facevano dietro le spalle, mi accinsi dunque a seguire Giada. Lei mi fece accomodare nel salottino destinato appunto a quel genere di cose: al Silver Night era una transazione abbastanza comune che le ragazze si intrattenessero con i clienti, se questi pagavano regolarmente la loro compagnia; e comunque vi erano dei sorveglianti all'esterno che, in caso qualcuno si dimostrasse un po' troppo violento, intervenivano senza troppi problemi.
La stanza in cui Giada mi fece accomodare era essenzialmente funzionale, perfetta allo scopo, tuttavia né il letto né il divano mi facevano sentire a mio agio.
Qualcuno ora potrebbe pensare che, essendo la mia prima esperienza, fossi semplicemente preoccupato dall'idea di fare cilecca. In realtà non mi andava giù che una bella ragazza come Giada dovesse sentirsi "costretta" a fare qualcosa con me... e comunque non certo in quel modo.
Non che lei non mi piacesse, intendiamoci, anzi mi piaceva pure moltissimo: era affascinante, così sensuale e naturale in ogni suo gesto, ma ero abbastanza grande per capire quanto fosse sbagliato farlo così.
Non era giusto!
Per lei io non ero diverso da Enzo, o da chiunque altro disposto a offrirle denaro in cambio del suo corpo, e questo mi faceva davvero male. La vidi prendere qualcosa dal frigo-bar, probabilmente per buttar giù assieme al liquore il fastidio di quella serata, e pure avvertii in modo chiaro come la mia presenza in quella stanza le fosse del tutto indifferente.
Ero solo un ragazzino, un ragazzino italiano viziato e coccolato, con la pretesa di andare a letto con una donna affascinante per la quale non significavo assolutamente nulla.
D'istinto volevo parlarle, rassicurarla che non aveva alcun obbligo con me, ma avevo come la lingua incollata in bocca.
Lei era lì, seduta davanti a me, con le gambe accavallate e il bicchiere accostato alle labbra carnose e seducenti. Sarei potuto rimanere ad osservarla per ore, senza dire una parola, e sentirmi più che appagato della sua bellezza. Ma lei era una persona pratica, una a cui le difficoltà della vita avevano insegnato a non perdere tempo sul lavoro, e per lei io non ero appunto che quello: solo un lavoro fuori dell'orario, niente di più.
Dopo aver posato il bicchiere, Giada si alzò e venne verso di me, il volto serio privo di qualsiasi emozione, e prese a sfilarmi la giacca dalle spalle. Fu allora che, istintivamente, decisi di comportarmi da uomo... Non per dimostrare chissà quale virilità, che pure sapevo di non possedere, bensì per fare l'unica cosa giusta in quel momento.

- Ti prego - sussurrai appena, prendendole le mani con garbo, malgrado la sua presenza mi eccitasse visibilmente. - Non devi farlo, se non vuoi... Okay?

Lei si fermò, abbastanza stupita dal tono della mia voce.
Ormai viveva abbastanza in Italia da sapere come la maggior parte dei ragazzi italiani fossero principalmente interessati ad una sola cosa. Senza dubbio le sembrava quantomeno curioso che il sottoscritto, oltretutto in piena tempesta ormonale in mezzo alle gambe, si ponesse anche solo lo scrupolo di quali fossero i desideri di lei in quella particolare situazione. Per un attimo mi guardò negli occhi, onde capire se aveva a che fare con un ingenuo od un perfetto idiota e, fortunatamente per me, scelse la prima delle due opzioni.
Come lei stessa mi disse, andando poi avanti nella conversazione, i miei occhi non tradivano alcuna falsità su quale fosse realmente il mio animo. Con una semplice occhiata, aveva capito tutto di me: la mia indole, il mio carattere, la mia forza, la mia debolezza e... per l'appunto, la mia bonaria e monumentale ingenuità.
Non ero tipo da nascondere le mie emozioni ( motivo per cui, come attore, sarei sempre valso ben poco ) e questo sembrava riscattarmi ai suoi occhi.
Certo era pur vero che mi sentivo attratto, da lei e dal suo corpo magnifico, ma non per questo avevo intenzione di saltarle addosso come un animale affamato.
Sono un essere umano, porca puttana!
Un conto era desiderare fisicamente una donna che, cascasse il mondo, aveva realmente una bellezza da infarto. Un altro invece era il rispetto, con lei come con qualsiasi altra persona, e non potevo certo metterlo da parte solo per dare ascolto alle pulsioni insistenti di un bozzo indurito nei miei pantaloni.
Mi trovavo al cospetto di una persona, non di un oggetto, e dunque tenevo debitamente conto del fatto che non fosse obbligata a concedermi il suo corpo, solo perché un paio di miei amici deficienti le avevano messo in mano due biglietti con l'immagine di Caravaggio stampata sopra. Il fatto che lei avesse accettato il denaro, per motivi e necessità che posso solo immaginare, non cambiava un beneamato accidente.
Una donna non è una "cosa" sulla quale, pagando, un uomo possa accampare diritti inesistenti o tantomeno pretendere di fare sempre e comunque i suoi porci comodi.
Non è questione di ipocrisìa, affatto!
Come ho già detto, io ero attratto, ero più che attratto... Solo non al punto da considerare Giada al pari di una macchina o come un distributore di benzina per il mio piacere fisico.
Di nuovo le ripetei che, se non voleva, non doveva sentirsi in alcun modo obbligata a fare niente col sottoscritto. Quei soldi erano suoi, ai miei amici avrei detto semplicemente quello che volevano sentirsi dire, perciò non c'era alcun bisogno che lei facesse qualcosa contro la sua volontà.
Giada sorrise.

- Ti posso chiedere una cosa? - esclamò.
- Sì, certo...
- Ti succede spesso di eccitarti così, quando parli con una donna?

improvvisamente mi ricordai della mia erezione, sentendomi imbarazzato a morte, tuttavia Giada aveva fatto quella battuta solo per spezzare la tensione. Non era certo tipo da scandalizzarsi per una cosa del genere, sapeva come gli uomini si eccitassero facilmente dinanzi ad un paio di curve, e dunque la faceva sorridere piuttosto che qualcuno si mostrasse serio e garbato in quella circostanza.

- Beh - risposi dunque, balbettando come un demente. - Diciamo che, dopo averti vista ballare, sarebbe strano il contrario...

Entrambi scoppiammo a ridere.
Cara bellissima Giada, così dolce e sensuale da restarmi nel cuore per sempre!
Quella notte la trascorremmo entrambi seduti sul divano, parlando come se ci conoscessimo da anni, e tutto era più che meraviglioso. Parlare con lei mi riusciva molto più facile anche perché, una volta chiarito che non desideravo il suo corpo in maniera tanto ossessiva, lei stessa ricambiò di buon grado la mia sincerità con un dialogo più che spontaneo. Mi disse molte cose di lei, tante quante gliene raccontai io di me, e i suoi grandi occhi neri le brillavano a tratti mentre mi diceva dell'Africa e di quanto aveva lasciato per venire in Italia. Come molte altre ragazze, anche lei veniva da una famiglia povera. Il sole e la pioggia del suo passato si erano fusi col sole e la pioggia del suo presente, il tutto al suono di musica lontana e carica di speranza. Lei era nata in Etiopia, in un paesino che neppure mi riesce di pronunciare correttamente, ed era la maggiore di cinque fratelli più piccoli. Date le condizioni e le notevoli difficoltà economiche della sua famiglia, l'idea di studiare e lavorare in Italia si presentava come maggiormente ricca di prospettive per lei. A quindici anni si era imbarcata come clandestina, regolarizzandosi poi, tramite un gestore di ristorante italiano, e ottenendo così il permesso di soggiorno. I primi anni per lei erano stati i più duri: lavorando durante il giorno, mettendo da parte qualcosa da poter inviare ai suoi familiari, e studiando durante la notte con l'aiuto di una giovane insegnante italiana sua amica; a diciotto anni, pur avendo superato a pieno titolo gli esami da privatista, le sue origini e il colore della pelle le valsero il disprezzo e la discriminazione di molti; durante il suo tirocinio come hostess all'Alitalia, per esempio, un paio di mascalzoni l'avevano trascinata a forza nella toilette per strapparle di dosso l'uniforme e riempirle la faccia di schiaffi; per evitare uno scandalo, la compagnia aveva messo a tacere la cosa e Giada fece molta fatica a riprendersi emotivamente e a cercare un nuovo lavoro per mantenersi...

- Voi italiani siete un popolo davvero strano - commentò lei freddamente. - Alcuni mi chiamano "sporca negra", a volte picchiandomi, come se il mio colore di pelle fosse una colpa; altri invece urlano e applaudono quando mi esibisco, allungando ben volentieri le mani, per ficcarmi denaro nelle mutande!

Tacqui.
Purtroppo ero ben consapevole della vergogna dei miei connazionali, deluso e amareggiato che la situazione volga al peggio ancor oggi, e non potevo certo biasimare Giada per il suo comprensibile disgusto nei confronti di quel triste aspetto dell'Italia e degli italiani. Io stesso ero stato testimone di vari abusi a sfondo razzista, quando andavo a scuola, dove molti preferivano volgere la testa dall'altra parte e fingere che non fosse successo nulla.
Triste come, nel silenzio e nella passiva rassegnazione, qualunque episodio passi tranquillamente come ordinaria consuetudine.
Pur essendo disgustata, anche ferita in modo profondo, Giada aveva in sé la forza di sopportare questo ed altro. Ovviamente non potevo che ammirarla, per il suo carattere, ma avrei preferito poter fare o dire qualcosa per riscattare il mio essere italiano o quantomeno per dimostrarle che non tutti gli italiani erano da biasimare...
Ma poi feci quello che la maggior parte di noi è abituata a fare, ossìa restarmene zitto.
Il silenzio è tanto del saggio così come del vigliacco, quasi in egual misura, specie quando non si può controbattere la cruda realtà con futili parole di circostanza. E in parte ero colpevole anch'io, come tutti del resto, per il semplice fatto di sapere e comunque far finta di niente. Non conta quanto si è "bravi" e "buoni", in un mondo squallido e ingiusto, perché nell'incapacità di raddrizzare ciò che è storto vi è già una inconfutabile colpa collettiva. Con questo non voglio dire o generalizzare alcunché: ogni individuo sano di mente dovrebbe essere consapevole dei propri limiti, pur mantenendo vivo in sé il semplicistico concetto di giusto e sbagliato, ma non per questo elevare a sistema il disinteresse e il menefreghismo... come purtroppo invece succede, nella maggior parte dei casi, e scuotere il capo ogni volta che sente di una storia tra centomila storie del tutto simili.
Quella notte Giada mi aprì gli occhi.
Mi parlò schiettamente, senza accusarmi di nulla, e solo per permettermi di capire.
E avevo capito, infatti, per quanto deprimente fosse la constatazione. Eppure lei non disse nulla che sapesse anche solo di rimprovero, né mi sputò in faccia veleno o parole cariche di risentimento; nella sua voce io avvertii solo una profonda dolcezza e sensibilità, la voce di una persona buona, la voce di una persona più grande e più matura di quanto non fossi io allora e, probabilmente, non sarei neppure mai stato in futuro.
Quello che ha vissuto Giada io non lo avrei mai provato, né avrei dovuto lottare contro il mondo allo stesso modo, eppure lei mi entrò sotto la pelle. La sua storia, la sua vita, le sue esperienze... Tutto quello che mi diede sapere di lei scivolò alla mia mente e nei miei pensieri, come una pagina sovrascritta, facendo sì che una parte di lei restasse con me per sempre.
Si era fatto tardi.
Enzo e Fabio erano ancora in sala, a fumare come ciminiere, convinti che il loro amico verginello fosse ormai un ex-verginello. Uscendo dalla stanza, Giada volle aiutarmi a prendere una piccola grande soddisfazione con loro. Prima di aprire la porta, si era slacciata il top con il reggiseno in bella mostra e, cingendomi col braccio dietro la testa, mi stampò un bacio lunghissimo sulle labbra.
Sulle prime non capii perché l'ebbe fatto.
Probabilmente voleva solo farli schiattare d'invidia e, a giudicare dalle loro facce, c'era riuscita in pieno. Ma a me piace pensare che, dietro a quel bacio, ci fosse un suo modo personale di salutarmi e augurarmi di essere un ragazzo migliore... e anche, e soprattutto, un uomo migliore.
Non l'ho mai dimenticata.
Anche se sono passati anni, e il Silver Night non esiste più da tempo.
Nei miei pensieri, e nei miei ricordi, Giada è tuttora la personificazione di tutto ciò che adoro in una donna. Lei ha saputo vedere il meglio e anche il peggio di me, insegnandomi a non nascondere né l'uno né l'altro, e mi ha insegnato ad affrontare i miei errori per non ripeterli né fingere che non esistano. Sinceramente non credo che io o il mondo si possa cambiare così, dall'oggi al domani, ma non credevo neanche che avrei mai avuto la fortuna di baciare una come Giada.
La vita può riservare delle sorprese, cose che nemmeno immaginiamo o riteniamo possibili, sorprese che possono però accadere e stupirci non poco...
O forse no ?!?

FINE

   
 
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