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Autore: kiara_star    14/09/2013    11 recensioni
[Ambientazione pre-THOR]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
Si narrava che in un tempo lontano, un tempo di cui nemmeno le Norne conoscevano le trame, in un luogo sospeso nello spazio, si consumò l'amore fra Nygis, colui che diede alla luce le stelle, e Sigyn, la più bella di tutte le sue creature...
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~~
“Quando l'urlo riecheggiò nel palazzo reale, ogni orecchio si tese in ascolto. Era acuto, quasi provenisse dalla gola di un'aquila in volo, ma le aquile, si sa, non sanno parlare lingua comprensibile agli Aesir, e l'urlo che risuonò una seconda volta con furia, sorreggeva un nome, un nome noto, un nome che quasi non stupì nessuno.
«Il principe ne avrà combinata un'altra delle sue.»”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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13° Capitolo (ULTIMO)
“La carezza di un'altra illusione”




XIII.

Entrò silenziosamente nella stanza chiudendo con delicatezza la porta alle sue spalle.
A ogni passo risentiva la voce di Eir che lo informava di quella scioccante verità.
Incinta.
Sigyn era incinta.
Thor lo era.
Suo fratello.
E il padre...
Sembrava una punizione divina, la concretizzazione di quella perversione, quasi non fosse possibile nascondersi più, per nessuno dei due.
Quando raggiunse il letto, Sigyn aveva lo sguardo socchiuso, ma non stava dormendo, di fatti aprì le palpebre non appena lo vide.
«Eir mi ha comandato riposo assoluto» disse con un sorriso. «Neanche fossi un reduce di guerra.»
Cercò di ricambiare il suo sorriso ma sapeva che non aveva abbastanza freddezza per indossare alcuna maschera.
Le si sedette accanto prendendo un respiro.
«Che succede?» La domanda gli fece portare lo sguardo in quello confuso di Sigyn. «Loki?»
«Sei incinta.» Fu lapidario, senza cedimenti né esitazioni.
Siamo maledetti.
«Cosa?» Un sorriso inappropriato le piegava le labbra ma si spense non appena capì che non era uno scherzo. «Ma di cosa stai parlando? Io non posso essere incinta! Io sono...» Un uomo. L’aveva sentito in quell’ultimo silenzio.
«Di qualche settimana, da quel che dice Eir.» Continuò a guardare quel viso teso senza riuscire a strapparle una sola parola.
Sigyn teneva gli occhi fissi nei suoi ma la testa da tutt’altra parte.
Se per lui era qualcosa di difficile da accettare, poteva solo immaginare quello che stesse provando Sigyn.
Tentò di sfiorarle una mano ma lei l’allontanò all’istante.
«Non mi toccare!»
«Va bene.» Le sue spalle si stavano alzando e abbassando con troppa velocità, il suo sguardo era pura acqua, perso e torbido come un oceano in balia della tempesta. «Eir ha detto che si può rimediare. Non devi preoccuparti.»
Lo guardava ancora con un’espressione fra lo smarrito e il diffidente.
Si scostò quando Sigyn scese dal letto in tutta fretta. Le mani fra i capelli, le gambe che viaggiavano avanti e indietro in modo incontrollato.
«Calmati. Non è nulla di grave.»
«Io sono calmissima. Sono calmissimo! Non vedi come sono calmo, Loki?»
Respirò a fondo mentre il viso di Sigyn si piegava in una smorfia di rabbia. Cercò di avvicinarsi ma lei allungò una mano per tenerlo a distanza.
«Non toccarmi...» ripeté ancora, e il suo cuore ebbe una seconda fitta. «Per favore.»
Era colpa sua. Sigyn lo sapeva, lui lo sapeva
Sigyn lo odiava per questo. Lui si odiava per questo.
Stai perdendo anche lei. Non riesci a tenere fra le mani nulla.
Rovini tutto ciò che tocchi.
Hai perso Thor, perderai anche Sigyn.
Io non volevo... Non volevo...
Sei destinato a essere odiato da tutti, da te stesso per primo, Loki Odinson.
...
«Cosa vuol dire che si può rimediare?» Cercò di non farsi trasportare dalla marea che sentiva dentro e di tenere il controllo della situazione, doveva farlo per entrambi. Le mani di Sigyn non avevano smesso di essere attraversate da leggeri tremiti.
«Vuol dire che Eir può aiutarti a non averlo.»
Sigyn annuì e si stirò una ciocca di capelli dietro a un orecchio. «Bene... bene.» Abbassò lo sguardo e il mare dei suoi occhi parve calmarsi.
«Non ci vorrà molto, te lo assicuro.»
Annuì ancora, stavolta con più vigore. «Sì, va bene.»
Provò a sorriderle ma non seppe cosa si disegnò davvero sulle sue labbra. «Vedrai, risolveremo tutto e... Staremo più attenti.»
Deglutì inconsciamente quando Sigyn lo guardò senza dire nulla. «Volevo dire che-»
«No, ho capito. Va’ a chiamare Eir e portala qui.» Il respiro sembrava essersi calmato eppure tutto il resto del suo corpo tradiva l’angoscia e il terrore che la stava divorando.
Assentì e si avviò alla porta ma...
«Aspetta!» Si voltò e incrociò di nuovo il suo sguardo confuso. «Aspetta, io... io ho bisogno di un momento.»
«Non voglio portarti fretta, ma sarebbe meglio-»
«Lo so, lo so! Lo so cosa sarebbe meglio ma concedimi un dannato momento!»
Prese un respiro e aspettò qualche attimo prima di parlare. Voleva solo che tutto smettesse: le voci nella sua testa, i battiti scomodi del suo cuore, i brividi di desiderio e paura sulla sua pelle.
Ma Eir poteva sistemare un solo errore, non altri.
Al loro, a quello che avevano commesso con cieca ingenuità, non si poteva porre rimedio.
Nessuno poteva.
Quello stesso errore stava ora germogliando nel ventre di suo fratello.
Estirparlo non avrebbe cambiato di molto la realtà.
«Ascoltami, lo so che è difficile e-»
«No, tu non lo sai, Loki! Tu non sai niente! NIENTE!» Avrebbe voluto sfiorarle il viso, avrebbe voluto fermare la lacrima che le stava tagliando una guancia, ma non lo fece, lei non glielo avrebbe permesso. «È tutta colpa mia, se solo fossi stato meno stupido! Quella maledetta ninfa non avrebbe - Per le Norne che abbiamo fatto...?!»
Sigyn si prese di nuovo la testa con le mani, mille bestemmie chiuse fra i denti solo perché la colpa bruciava sulla lingua più della rabbia.
Quella di Loki era solo un pezzo di carne. Non c’era né argento né veleno, non c’era alcuna bugia che potesse dire a lei o a se stesso.
L’illusione si stava sgretolando, pezzo dopo pezzo, lacrima dopo lacrima, peccato dopo peccato.
«Basta così. Ora vado a chiamare Eir e mettiamo fine a questa storia.»
Non raggiunse neanche la porta che si ritrovò una mano stretta attorno al braccio.
«Non ti azzardare a uscire da qui!» Due occhi di fiamme blu.
«Cosa vuoi aspettare? Credi che continuando a piangerti addosso le cose cambieranno? Che tu ritornerai quello di un tempo e che dimenticheremo tutto?»
«Non è una scelta che spetta a te, in ogni caso.»
Quando le sue dita lo lasciarono una nuova paura lo invase.
«Un momento, non starai pensando di tenerlo?» E quella non risposta fu assordante. «Devi liberartene, lo capisci anche tu che non c’è altra alternativa!?» Ora erano suoi gli occhi in fiamme. Quelli di Sigyn avevano smesso di piangere ma non avevano smesso di bruciare.
«Certo che lo capisco, ma... Le colpe sono nostre, Loki, non sue.» E quando si toccò il ventre per poco non le urlò addosso.
«Quali assurdità stai dicendo, Thor? Pensi che Asgard sarebbe felice di accogliere il frutto dell’incesto dei suoi principi? E nostro padre, nostra madre? È una bestemmia anche solo parlarne.»
«Era una bestemmia tutto ciò che abbiamo fatto, Loki... Dov’era allora la tua morale? Dov’era allora nostra madre? Dov’erano i tuoi pensieri per Asgard quando hai fatto ciò che hai fatto su quel maledetto letto?»
«Non proclamarti vittima, adesso. C’eri anche tu su quel letto, o sbaglio?»
Sigyn strinse forte i pugni e sorrise. «Non sbagli, ma a differenza tua, io non lascerò pesare i miei errori sulle spalle di qualcun altro. Non sono un codardo, fratello.»
«No, sei uno sciocco e un folle se credi che ti lascerò anche solo provare a far nascere quell’essere.»
Le mani di Sigyn gli afferrarono la veste e la strinsero con forza. Loki non mutò espressione.
Era un’assurdità ciò che stava passando per la testa di Sigyn, un’assurdità più grave anche di quella che li aveva portati quella notte l’uno fra le braccia dell’altra.
Non le avrebbe concesso di andare oltre.
«Non permetterò che quell’abominio macchi il nome della nostra famiglia.»
«Taci! Non dire altro, fratello, o ti caverò il cuore con le mie mani se mi metterai alla prova.» Le nocche quasi sbiancarono per quanto vigore le teneva premute contro la stoffa. «Odia me, odia quello che c’è tra di noi, odia questo peccato, odia anche te stesso, ma non osare odiare questo bambino, perché non è un abominio, Loki.»
«E cos’è? Quale nome puoi dare a un essere che nascerà da una follia come la nostra?»
Loki sentì gli occhi pungere ma ricacciò indietro ogni lacrima, ogni urlo contro il cielo e le sue trame. Sul viso di Sigyn un velo di rabbia umida.
«È un’illusione, Thor. Sigyn lo è, tutto questo lo è.»
«Anche ciò che vive nel mio ventre è un’illusione, Loki?» Deglutì a vuoto e le mani si Sigyn lo lasciarono andare. «Se è così allora falla sparire, fai svanire questa e ogni altra, tu che ne sei Maestro e Signore.»
«Thor...»
«Non puoi farlo perché è reale, come è reale quello che sento, come è reale e sbagliato e imperdonabile l’amore che nutro per te, fratello...» Loki non si accorse della lacrima che gli stava solcando una guancia, ma sentì Sigyn portarla via con una dolce carezza. «È un’illusione anche questa?»
«È una follia.»
«Lo so...»
«È sbagliato.»
«Lo so.»
Io sono sbagliato.
La vergogna di Asgard, il figlio oscuro di Odino.
Il principe che non sarà mai Re.
Chiuse gli occhi quando si ritrovò il viso stretto nelle sue mani calde. «So anche qualcos’altro, però, so che possiamo affrontare tutto questo. Possiamo farlo insieme, Loki. Io e te... Insieme.» Il suo cuore non aveva mai battuto così forte come in quel momento, non si era mai sentito tanto vulnerabile e tanto spaventato, non aveva mai avuto tanta paura di dire la verità.
«Siamo fratelli...»
«Appunto. Siamo fratelli e per questo uniti per la vita già dalla nostra nascita. Cosa vuoi che cambi ora?»
Un sorriso triste gli piegò le labbra così come piegò quelle di Sigyn prima che si posassero sulle sue.
«Le tue parole non hanno senso, Thor...»
«Non l’hanno mai avuto, ricordi?» Allungò le braccia e la strinse a sé, forte, disperato, spaventato. «Andrà bene, andrà tutto bene.»
«È una follia.»
«Andrà tutto bene...»
No, è solo un’altra illusione.
La sua mente lo sibilò ancora una volta.

«Parleremo con Madre.» Le dita di Sigyn disegnavano tanti piccoli serpenti sul suo petto mentre la luce del tramonto illuminava quella stanza ormai divenuta testimone e colpevole dello stesso crimine. «Lei capirà.»
«Forse...» Loki aveva lo sguardo fisso al soffitto e mille verità strette nell’anima, verità che le aveva voluto tacere, verità che l’avrebbero ferita.
Forse lei, sì.
Lui, no.
Lui condannerà me, mi accuserà di essere l’artefice e l’unico responsabile.
Non ci saranno parole a difendermi, non basteranno le lacrime di una donna né le suppliche di un’altra.
Avrà solo un motivo in più per ritenermi indegno di essere suo figlio.
«Non sarà facile, in ogni caso. Non saranno solo i loro occhi a giudicare.» Sigyn sospirò senza dire nulla, Loki sapeva che conosceva bene ciò che aspettava loro: un’accusa pubblica, una condanna pubblica, poi l’esilio.
«Non temo alcun giudizio da parte di nessuno.»
«Il tuo non peserà quanto il mio...» Sigyn si sollevò e lo guardò a lungo. «Mi esilierà, lo sai? Mi bandirà fino alla fine dei tempi.»
«Non lo farà. Non glielo permetterei.»
«Lo farà, invece.»
«Allora divideremo quell’esilio.» Sorrise e si lasciò cullare da un’ennesima menzogna. Volle crederci. «Potrebbe esiliarci su Midgard, non sarebbe male.»
«Speriamo di no, quei barbari ancora si ammazzano per un pezzo di terra...»
La sua risata fu acqua sulla ferita aperta, gli diede sollievo ma per poco, quando si spense ritornò presto a bruciare e a sanguinare.
«Dovrei restare Sigyn.»
«Non dire stupidaggini, se-»
«Posso scrivere ancora una lettera, a nostra madre. Le chiederò di perdonarmi perché le arrecherò un dolore. Le dirò che ho deciso di non tornare ad Asgard per adesso e che non so se mai tornerò.»
«Smettila, Thor» sospirò stanco. Non voleva sentire altre parole, non voleva credere ad altre bugie.
«Fra qualche secolo il dolore si attenuerà e la speranza di vedermi tornare si affievolirà.»
«La speranza non si affievolisce mai.»
«Tu sarai un buon re, Loki, e tutti ti ameranno.» Sigyn continuò il discorso in solitudine, come fosse un lungo monologo più a se stessa che ad altri. «Sarai un re giusto e presto nessuno si ricorderà più di Thor... Nessuno.»
Diventare re, governare su Asgard e su tutti e Nove i Regni. Essere il solo nel cuore di sua madre, lasciarsi cullare dall’orgoglio di suo padre.
Avere Sigyn al suo fianco e vivere l’eternità nell’amore e nel rispetto di ogni popolo e civiltà.
Era un sogno, un sogno che pareva brillare e pungere allo stesso tempo, perché per realizzarlo avrebbe dovuto letteralmente uccidere suo fratello. Avrebbe dovuto uccidere la persona che amava e guardare i suoi occhi raffreddarsi giorno dopo giorno finché il rimpianto non fosse diventato odio, finché il sogno non si fosse trasformato in un incubo.
«Solo nove mesi» sussurrò rubando finalmente la sua attenzione. «Nove mesi e poi Thor tornerà.»
«Cosa vuoi dire?»
Sorrise. «Non vuoi rinunciare a questo bambino e io non ti obbligherò a farlo. Manterremo il segreto per altri nove mesi, ma quando sarà nato nessuno mi impedirà di riportare indietro mio fratello. Neanche tu, Sigyn.»
«Loki...»
«Dobbiamo solo trovare un modo per giustificare una tua assenza così lunga, magari-»
«No.» Sigyn si mise a sedere. «Non posso.» Loki la seguì osservandola in silenzio. «Non posso mettere al mondo un bambino e dimenticarmene.»
«Non sarà dimenticato. Sarà cresciuto come mio figlio, come un principe... Come un futuro re.»
«E io cosa sarò?»
«Non sarai mai una madre. Non puoi esserlo e lo sai.» Quelle parole le inumidirono gli occhi ma stavolta c’era tutta la fierezza di suo fratello, tutta la sua testardaggine. «Possiamo evitare di dire la verità, possiamo evitare la punizione che ci spetterebbe per legge, ma non chiedermi di accettare una tale soluzione.»
«La maledizione potrebbe non spezzarsi mai, non ci hai pensato? Potrebbe non esserci alcun sigillo e quelle ninfe possono averci mentito. E allora cosa dovrei fare? Passare la vita a tentare di tornare quello che ero o accettare ciò che sono adesso, ciò che siamo?»
«Basta con queste assurdità!» Si passò una mano sugli occhi ma presto quella di Sigyn intrappolò le dita fra le sue.
Le labbra erano piegate in un sorriso di una dolcezza quasi dolorosa. «Non sarò mai una brava madre, lo so, ma sarò una madre. L’unica che avrà e cercherò di imparare quello che non so, ma di certo lo amerò con tutto il cuore... Tu pensi ancora che sia una follia, te lo leggo negli occhi e questa volta, fratello no, non puoi ingannarmi... Voglio accettare questo fato e non avere rimpianti. Tu accetta la mia scelta, Loki. Ti prego.»
Ma come poteva accettare una tale pazzia? Sarebbe stato un inutile sacrificio, e per cosa?
Per qualcosa che ancora non esisteva, che non aveva un viso né una voce, che non aveva calore né profumo.
Un’altra illusione, e stavolta stava coprendo gli occhi di Sigyn, gli occhi di Thor.
Thor è perduto.
Non voglio che lo sia...
Rinuncia.
Non voglio...
Hai Sigyn.
Sigyn non esiste...
Ne sei sicuro?
...
«Non sto dicendo che sarà semplice, sto solo dicendo che è la cosa giusta.»
«Non per te... Non per te, Thor.»
«Ma lo è per lui.» Loki si ritrovò il palmo della mano contro il ventre ancora piatto di Sigyn. «O lei... Potrebbe essere una bambina. Non credi?» Ed era così caldo che pareva ustionarlo.
«Importa ciò che credo?»
«Importa ciò che senti.»
Ti amo. Ecco ciò che sento.
Ti ho sempre amato, fratello.
Ti amerò fino al tramonto dell’ultima Era.
La strinse a sé e la baciò con dolcezza.
Continuò a baciarla per tutta la notte.

Il sole non era ancora sorto, l’alba era lontana eppure si poteva intravedere qualche pennellata di viola nel cielo.
Loki si rigirò sul fianco e allungò un braccio alla sua destra ma tutto quello che trovò fu un vuoto.
«Sigyn?» sospirò alzando il capo. Forse si era sentita male di nuovo. Saettò alla porta del bagno chiusa quando sentì una voce provenire dalla balconata.
«Non volevo svegliarti.»
Nella penombra la figura della persona a lui più cara. Il suo cuore. La sua anima.
«Thor?»
Il suo sorriso tagliò anche la semi oscurità della notte.
Sentì il cuore battere furente nel petto.
«Sei... sei tornato?!» Le parole scivolavano sulla lingua senza guida, per la prima volta senza alcun calcolo. Scese dal letto e lo raggiunse con passi incerti.
Solo quando lo fronteggiò vide i suoi occhi lucidi e il viso stanco di chi ha versato lacrime senza contarle.
«Hai rotto il sigillo.»
L’illusione è svanita.
«Così pare.»
Non riuscì ad allungare una mano, non riuscì a sfiorargli il viso e a gettarsi fra le sue braccia per quanto dentro lo volesse immensamente, perché se Thor era tornato, Sigyn era andata via. La sua Sigyn.
Ma Sigyn non era mai esistita davvero.
Fu Thor a fare un passo per primo, fu sua la mano che gli accarezzò il volto silente, furono sue le labbra che si posarono sulla sua bocca.
«Perdonami, so che per te non è lo stesso.» Era strano come in quel triste sorriso rivedesse quello di Sigyn, come le sue mani sembravano gentili come quelle sottili che si era abituato a sentire sulla pelle.
Era strano come stringerlo a sé fosse così semplice ora.
Eri sempre tu. Sei sempre stato tu, fratello.
Il solo che possa amare.
«Loki...»
Affondò il viso nell’incavo del suo collo, nel suo profumo che era sempre stato lo stesso.
L’illusione è svanita?

«Era questo il sigillo? Un atto d’amore incondizionato?»
Thor annuì poggiato contro la balaustra e Loki ne seguì con gli occhi ogni dettaglio del viso come a ricercare nei suoi lineamenti quelli dolci che aveva imparato ad amare così presto.
«È così che amano le donne: senza chiedere nulla.»
«È un amore sciocco, allora.»
«È solo amore, Loki. Solo questo.» Thor teneva lo sguardo fisso sulla bella Asgard coperta dal caldo dell’aurora.
Sembrava diverso. Lo era, inevitabilmente. Lo erano entrambi.
Sembrava quasi splendere più del solito, più di quanto lui avesse ammirato e alle volte odiato.
Il sole di Asgard era sorto due volte quella mattina.
Il suo sole, era tramontato per sempre.
Sigyn...
«Dovremmo pensare a cosa dire a Madre e Padre perché-»
«Leyld.» Loki si arrestò e guardò le sue labbra sorridere. «L’avrei chiamato Leyld, anche se fosse stata una bambina.» Finalmente quegli occhi incrociarono i suoi e lui poté vedervi dentro come in una pozza di limpida rugiada. Adesso no, non erano per niente vuoti.
«È un bel nome.»
«No, lo so che non ti piace, puoi anche essere sincero.» La sua risata lo coprì e lo spogliò allo stesso tempo e si ritrovò a sorridere poggiandosi a sua volta contro la balaustra, il braccio premuto contro quello di Thor.
«Credo che Hela sia un nome più appropriato per una bambina» sospirò.
«Cosa? Come puoi chiamare una bambina con il nome di chi veglia sulle anime indegne, Loki?![1]»
«È un nome importante.»
«È un nome inquietante, piuttosto.»
Sorrise ancora della sua espressione perplessa finendo per contagiare anche lui.
L’alba governava ormai il cielo azzurro e la voce di qualche uccello si perdeva fra le alte fronde dei giardini.
«Loki?» Thor guardava di nuovo davanti a sé, le sue labbra sostenevano un sorriso così triste che Loki ebbe timore che si sarebbe presto spento. «Credo che mi mancherà Sigyn...»
«A me no.» Ebbe di nuovo il suo sguardo e sorrise sghembo. «Era viziata e arrogante e non aveva grazia né decoro. Sarebbe stata una pessima principessa in ogni caso.»
Ma sarebbe stata la mia principessa, L’unica, la sola.
Mia.
Thor rise di gusto annuendo. «Come io sono un pessimo principe.»
«Il peggiore.»
«Grazie, fratello.»
Restò a guardare quelle labbra sorridenti per qualche attimo respirando a fondo. «Cosa ti mancherà di lei?» chiese poi mentre il sorriso non aveva ancora abbandonato la bocca di suo fratello.
«I corsetti.»
«Sei il solito idiota, Thor» sospirò mentre lo sguardo profondo di Thor era finalmente su di lui, era finalmente suo.
«Prova a indovinare...»
Non ci provò, non poteva farlo. Poteva solo tornare indietro. Poteva solo reprimere tutto sul fondo dell’anima e continuare a guardare suo fratello e fingere di non vedere Sigyn, fingere di non provare il desiderio di sentire quel nuovo corpo contro il suo e scoprire se i palpiti del suo cuore avrebbero avuto lo stesso sapore di quelli che nascevano fra le braccia di Sigyn.
«E ora?» chiese. Ora che facciamo, Thor?
Ma Thor non rispose.
Thor non sorrise, non mentì.
«È diverso, ora... Noi siamo diversi.»
«Siamo fratelli, Loki. Questo non cambia. Non cambierà mai.»
È già cambiato, Thor.
Io lo sono.
«Ne sei sicuro?»
Riuscirai a starmi accanto? Riuscirai a tenermi ancora la mano senza vergognartene?
Riuscirai a regalarmi ancora sorrisi e sguardi?
Ora che Sigyn è andata via, riuscirai a restare al mio fianco e a riempire il suo vuoto?
«Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.»
E io ci riuscirò?
«Sì, non cambierà nulla.»
Loki sorrise e mentì.


*


Sigyn era in ginocchio con le mani giunte e la folta chioma smossa dal vento, sulle sue labbra di pietra, danzava il nome di Nygis.
Era questo che si diceva, era questo che sospirava chi si fermava davanti a quella fontana.
Linn osservava ogni dettaglio di quella statua cercando nelle sue pieghe fredde qualche riflesso della sua signora, la sua Lady Sigyn.
Se n’era andata. Era andata via senza salutarla.
Avrebbe dovuto essere arrabbiata eppure non lo era, in fondo Linn era solo un’ancella come tante altre, non era speciale ed era stata un’ingenua a credere che lo fosse.
Nessuno ad Asgard aveva avuto poi molto tempo per interrogarsi della sua partenza così improvvisa perché tutti gioivano e spettegolavano sul ritorno del principe Thor, disegnando ipotesi e supposizioni sul dove e con chi fosse stato in quel lasso di tempo.
Ma il principe era tornato solo così come solo era ora nuovamente il principe Loki.
Solo ma non più triste.
Non lo aveva più visto sorridere come quelle mattine, eppure non poteva dire che fosse triste.
Arrabbiato? Rassegnato?
Non sapeva quali parole usare, Linn, lei ne conosceva poche e nessuno sprecava troppo tempo a insegnargliene altre.
«Buondì.» A quella voce si era volta all’istante trovandosi davanti il viso del principe Thor.
«Mio principe.» Il suo inchino era stato più incerto del solito.
«Linn, giusto?»
Annuì con lo sguardo basso senza riuscire però a impedire a un leggero porpora di coprirle le guance. Il principe conosceva il suo nome.
«Comandate, principe.»
Ma non aveva enunciato alcun ordine, si era seduto sulla panca di marmo ed aveva guardato anche lui la statua di Sigyn. Linn aveva alzato lo sguardo sul suo viso e forse aveva indugiato troppo perché gli occhi del principe furono di nuovo su di lei.
Tornò subito a fissare a terra.
«Conosci la leggenda di Nygis, Linn?»
«Certo, principe.»
«E pensi che un giorno riuscirà a ritrovare la sua stella perduta?»
Gli occhi timorosi avevano incrociato quelli del principe e a Linn avevano ricordato tanto quelli di Lady Sigyn. Altrettanto azzurri e altrettanto belli.
«Spero di sì.»
Il principe Thor aveva sorriso e aveva fatto un piccolo cenno con la testa.
Non era riuscita a impedire alle sue labbra di piegarsi all’insù né al suo cuore di battere forte quando le aveva accarezzato la testa.
«Grazie per la compagnia, Linn.»
«È stato un piacere, mio principe.»
E poi lo guardò allontanarsi.
Sul lato apposto del giardino anche il principe Loki lo guardò allontanarsi.


La seconda volta che Linn vide il principe Thor davanti alla fontana di Sigyn fu quando suo fratello si lasciò cadere dal Bifrost, perdendosi nel più profondo degli abissi.
Non era più una bambina, quel giorno, e quando quegli occhi le ricordarono di nuovo quelli della sua amata signora, si rammaricò di non avere più innocenza nei suoi.
Una bambina non avrebbe chiesto a se stessa, una bambina non avrebbe udito un’indecente risposta.
«Linn...»
«Mio principe.» Aveva chinato il capo e lui aveva respirato a fondo. «Comandate.»
«Nessun comando, solo una preghiera, mia Linn.» Quando aveva alzato lo sguardo aveva incrociato il suo.
«Ogni cosa desideriate.»
Il principe l’aveva sempre guardata con gentilezza, con una gentilezza che non era destinata a un’ancella senza importanza.
Quel giorno la guardò con profonda tristezza, la stessa tristezza di un mattino di tanti anni prima.
«Ti va di narrare per me la leggenda di Nygis?»
Annuì e si sedette accanto a lui.
«Si narrava che in un tempo lontano, un tempo di cui nemmeno le Norne conoscevano le trame, in un luogo sospeso nello spazio, si consumò l’amore fra Nygis, colui che diede alla luce le stelle, e Sigyn, la più bella di tutte le sue creature...»
Quel giorno non c’era nessun sorriso sulle sue labbra.
«Grazie per la compagnia, Linn.»
Quel giorno le baciò la mano e andò via in silenzio.
«È stato un piacere, mio principe.»
Quel giorno non c’era il principe Loki a guardarlo dall’altra parte dei giardini.

















---
[1] Mito vuole che Hela sia figlia di Loki, nel mio universo essa invece è sempre la signora di Hel, ma non ha alcun legame di nessuna natura con Loki.








***








"Lungo l'arco dei millenni, solo tu mi hai amato, Thor.
Solo tu hai guardato a me con affetto invece che con condiscendenza.
Perché allora sto uccidendo te e non gli altri?
...
Perché hai smesso."

[Thor & Loki, Blood Brothers]

  
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