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Autore: Charme    15/09/2013    9 recensioni
Raccolta di episodi di vita più o meno quotidiana dei miei Durin preferiti, in [dis]ordine nettamente non cronologico. {Estratto dal Capitolo 6:
“SIGNOR ELFO SIGNORE?”
Poteva sempre fingere di non parlare la Lingua Corrente. Un sacco di Elfi non parlavano la Lingua Corrente. Evidentemente c’era gente più saggia e lungimirante di lui.}
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  Note Autrice:
  Salve! Terza storia della raccolta un po' casuale, in cui vediamo Fili alle prese con la notizia di un fratello. Tra i personaggi comparirà anche il prode Pirli, che sarebbe il marito di Dìs, unico personaggio inventato e che esula dall'universo di Tolkien. Papà Pirli (e il suo nome buffo) appartengono a lady hawke e Charme, e se qualcuno ce lo tocca mordiamo forte.
  Se riscontrate boiate od orrori me lo fate sapere? Ma magari mi fate sapere anche se vi è piaciuta, eh :)






  Stava per verificarsi un importante avvenimento, nelle vite dei giovani coniugi Dìs e Pirli, e l’evento consisteva nell’annunciare all’unico figlio della coppia che ben presto non ci si sarebbe più rivolti a lui come ‘unico’, bensì come ‘primogenito’. Naturalmente questo compito era stato delegato al papà, perché al momento Dìs sosteneva di essere a malapena in grado di sopportare i continui assalti del demonietto nel suo grembo, figurarsi se poteva rispondere alle mille perplessità che certo il piccolo Fili, in piena ‘fase dei perché’, avrebbe esternato.
  A Pirli, quindi, non restò che sospirare e andare incontro al proprio destino. Quando entrò nella cameretta del bambino era già riuscito a strutturare uno di quei bei discorsi pieni di poesia, simbolismo ed eufemismi che si tirano fuori con i bambini per evitarsi l’imbarazzante ingombro della verità, ma Fili lo precedette, cacciandogli in mano una statuetta di un Orco e spiegando sommariamente al papà perplesso che lo stava per sconfiggere.
  “Perché io sono l’eroe – gli spiegò, mostrandogli la statuetta di un guerriero Nano – e ho pure una spada.”
  Pirli si diede da fare, interpretando grandiosamente l’Orco, per poi affrettarsi a recuperare la figurina che rappresentava il Re e premiare così quell’eroe valoroso.
  A gioco ultimato, Pirli tirò fuori l’argomento che gli premeva.
  “Fili, ti piacerebbe avere un compagno di giochi più o meno della tua età?”
  Il bambino lo guardò con fare incuriosito, poi gli chiese dove fosse.
  “Non c’è ancora, ma arriverà tra un po’. Io e la mamma ti daremo un fratellino”, rivelò infine Pirli, e attese la reazione el figlio, sperando per il meglio. La speranza non fu disattesa.
  “Oh, bene. Tu giochi bene, papà, ma un fratellino mi piacerebbe. Quando hai detto che arriva?”
  “Tra qualche mese. Ma dovrai aspettare un po’, prima di poter giocare con lui, perché sarà piccolo, quando arriverà.”
  Fili si produsse in una smorfia scontenta. “Ma poi farà quello che gli ordinerò?”
  “Neanche per idea. Ma in compenso sono sicuro che, se gli chiederai gentilmente di fare qualcosa per te, lo farà senza dubbio.” Gli sorrise con fare incoraggiante e gli diede un buffetto, e il bambino si accucciò contro il suo fianco.
  “Papà? Ma ora dov’è il fratellino?”
  “Oh, adesso si trova nella pancia della mamma.”
  Gli occhi sgranati di Fili annunciarono chiaramente che lo riteneva un pessimo posto in cui giocare a nascondino.
  Oltre che dalla giovanissima età di Fili, che non aveva ancora compiuto cinque anni, una simile ignoranza in materia era pienamente giustificabile dalla tremenda penuria di bambini nella stirpe dei Nani, riconducibile a sua volta alla mancanza di donne. Anche per questo, non era inconsueto che una coppia giovane non si fermasse a un solo figlio.
  Al momento, però, a Pirli restava un problema ben reale da risolvere, e cioè che probabilmente suo figlio era convinto che la mamma potesse aver mangiato suo fratello.
  “Vedi, Fili, adesso il tuo fratellino è così piccolo che ha bisogno di stare dentro la pancia della mamma, perché altrimenti sarebbe indifeso. Ora è come un pulcino dentro il suo uovo; deve starsene bene al caldo, così, quando alla fine sarà pronto, uscirà.”
  Il piccino parve impressionato da una simile, sapiente rivelazione, e annuì al papà.
  Pirli sorrise al suo bambino e lo strinse a sé, fiero di come aveva affrontato l’importante notizia.
 
 
  Quel pomeriggio Dìs si stava godendo un po’ di inattesa ma gradita frescura in quel caldo agosto, e a quanto pareva il piccino nel suo grembo aveva provvidenzialmente deciso di fare lo stesso.
  Dìs era una donna energica, ma il nascituro la stava mettendo a dura prova. Non ricordava di essere stata così spossata, quando era in attesa di Fili. Forse quella volta era una femmina. Di certo sua madre si era premurata di dirle più volte quanto lei stessa fosse stata indisciplinata, a differenza dei suoi fratelli, Thorin e Frerin.
  In quel momento il bambino pensò bene di assestarle un bel calcio, giusto per ricordarle chi comandava.
  Maschio o femmina, avrebbe fatto bene a essere la creatura più adorabile dell’Ered Luin, per compensare quei mesi d’inferno.
  Uno scalpiccio e una testolina bionda attirarono l’attenzione di Dìs, scuotendola dal torpore. Non senza difficoltà, Fili si arrampicò caparbiamente sul letto dei genitori, quindi stese sulla mamma una coperta e contemplò il risultato con soddisfazione.
  “Tesoro, che combini? Non ti pare che faccia già abbastanza caldo?” gli fece notare Dìs, a cui pareva di essere all’interno di un forno.
  “C’è vento. E tu e la nonna dite sempre che bisogna coprirsi, quando c’è vento.”
  “Io e la nonna diciamo che tu devi coprirti, quando c’è vento. I bambini devono stare attenti a non prendere il raffreddore.”
  “Ma il mio fratellino è anche più piccolo di me, quindi avrà freddissimo, poverino. Tienilo sotto la coperta e non farlo uscire, mi raccomando.”
  Detto questo, Fili saltò giù dal letto e trotterellò via.
  Dìs scostò immediatamente la coperta, tornando a respirare, ma una vocina stridula la rimbrottò subito dopo.
  “Mamma! Ti ho detto di non farlo uscire! Guarda che papà me l’ha detto, che sei un uovo, per cui bisogna aspettare che sia pronto a uscire, e intanto deve stare al caldo”, e le lanciò sopra un’altra coperta.
  Pirli, scherzosamente o intenzionalmente, aveva definito sua moglie in molti modi, ma ‘uovo’ non gliel’aveva ancora mai detto. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni a Fili, ma lui era sparito di nuovo, e Dìs non aveva proprio voglia di alzarsi per inseguirlo.
  Il bambino rispuntò di lì a poco, rallentato dalla bracciata di coperte che quasi gli impedivano di vedere dove stesse andando.
  “No, no, no. Fermo, non ci provare nemmeno”, intervenne subito Dìs, nel vederlo avvicinarsi col suo minaccioso carico “Non so proprio cosa possa averti detto tuo padre, ma ti posso assicurare che tutte queste coperte proprio non mi servono, a meno che tu non stia cercando di far scoppiare dal caldo me e bollire tuo fratello come una patata.”
  Dìs era una brava madre, ma alle volte la sua appartenenza alla stirpe di Durin e il retaggio che ne derivava erano fin troppo evidenti. L’onestà e l’amore per la franchezza sono infatti doti rimarchevoli, ma esistono persone, come ad esempio i bambini, con cui vanno dosate con parsimonia.
  In quel caso specifico, un abuso di questi elementi convinse il piccolo Fili di aver appena ucciso il suo fratellino non ancora nato. E di fronte a questa drammatica prospettiva la reazione più plausibile da parte di un bambino di quattro anni è quella di mettersi a piangere.
  Così, mentre Fili belava e piangeva inconsolabilmente tra le braccia di sua madre, in camera irruppe un preoccupatissimo Pirli.
  “Cosa sta succedendo?”, domandò, mentre Fili pareva aumentare la portata del proprio dolore strillando ancora più forte.
  “Non lo so!” esclamò Dìs, che in tutta sincerità non aveva idea di cosa avesse mai potuto dire di male.
  “Fili, bambino mio, che ti è successo?”, chiese Pirli, cercando di calmare il figlioletto “Pensavo fossi felice di avere un fratellino, non è così?”
  Per tutta risposta, Fili raddoppiò le urla. La mamma lo prese in braccio e se lo strinse al seno, un po’ per consolarlo, un po’ per soffocare l’intensità del pianto, che stava oggettivamente diventando preoccupante.
  “Cosa diamine è successo?”
  “So solo che ha cominciato a portarmi coperte su coperte, e, a tal proposito, non ho idea di che baggianata tu gli abbia raccontato, perché se ne è venuto fuori con la storia che io sarei un uovo e che il bambino ha bisogno di caldo, come se non ce ne fosse già abbastanza…”
  “Io non volevo fare del male al fratellino, mamma, devi credermi!” mugolò Fili, tra le lacrime e i singhiozzi.
  “Ma certo che ti crediamo, sciocchino, non piangere. Perché dovresti avergli fatto male?”
  Fili rivolse gli occhioni umidi al papà.
  “La mamma ha detto che l’ho fatto bollire.”
  A quel punto perfino Pirli, che era il Nano dall’anima più bonaria e gentile che Mahal avesse messo sulla Terra di Mezzo, guardò in cagnesco Dìs. Perché era la nana che amava di più al mondo e portava in grembo suo figlio, ma tutto ha un limite.
  “Ma che c’entra”, si difese lei “stavo solo scherzando.”
  Lo sguardo di Pirli comunicò eloquentemente che si trattava di uno scherzo orrido e certo non alla portata di un bambino di quattro anni, e alla fine gli sforzi congiunti di entrambi i genitori riuscirono a persuadere Fili che suo fratello era vivo e perfettamente in salute. Come conferma finale, gli permisero di accostarsi al pancione della mamma e sentire i movimenti del nascituro, cosa che lo tranquillizzò.
  “Se gli dico una cosa, lui mi sente?”
  “Certamente.” Lo rassicurarono i genitori, esortandolo a parlare. Fili sorrise e si rivolse con decisione a un punto poco al di sopra dell’ombelico della mamma, doveva aveva stimato che dovesse trovarsi il viso del suo fratellino.
  “Ciao, io sono il tuo fratello grande. Quando vuoi uscire, io sono qui. E scusa per prima, non pensavo che i bambini fossero come le patate.”
  Dìs ebbe la decenza di puntare lo sguardo lontano per evitare l’occhiata del marito.
  “Fammi indovinare: un altro scherzo dei tuoi?” commentò gelidamente Pirli.
  Dìs si mantenne sul vago, anche per timore di risvegliare brutti pensieri nella mente del figlio, e Pirli preferì evitare di indagare oltre, borbottando qualcosa che sembrava tremendamente simile a: “Lo stesso senso dell’umorismo del fratello.”
 
 
  La famiglia dei Monti Azzurri fu benedetta dalla nascita di un altro bambino verso l’inizio della stagione delle piogge, quando il paesaggio aveva appena iniziato a colorarsi del rosso dell’autunno. Al bimbo, che godeva di piena salute ed era nato senza complicazioni di sorta, fu dato il nome di Kili.
  Qualche ora dopo la nascita il piccolo Kili fece conoscenza con suo fratello, che accolse il nuovo arrivato dicendo che se lo aspettava più grande. Ma era un bambino accomodante, e quando gli spiegarono che con il tempo sarebbe cresciuto e avrebbero potuto giocare insieme, Fili parve soddisfatto.
  Raccomandandogli grande attenzione e tenendolo d’occhio, Dìs e Pirli gli misero il fratellino tra le braccia, e lui studiò per bene quella creaturina così piccola, con un ciuffo di capelli nerissimi e gli occhi ancora chiusi.
  Inebriato dal pensiero di poter parlare per la prima volta al fratello senza barriere di sorta, Fili decise di sussurrargli qualcosa al minuscolo orecchio.
  “Un po’ ci assomigli, a una patata. Una patata rossa. Ma va bene lo stesso, sai. Ci penso io a te.”
  Non era granché, come frase, e nessuno dei fratelli ne portò a lungo il ricordo, ma servì a sancire una lunga serie di segreti sussurrati e condivisi.
  Fu invece qualcos’altro a rimanere per molto tempo nella mente di Fili, malgrado non se ne sapesse spiegare il motivo. Basti comunque sapere che, finché suo fratello era nei paraggi, Kili non soffrì mai il freddo, perché laddove c’era Fili, si poteva star certi che ci fosse anche una coperta.
  
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