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Autore: comet91    15/09/2013    19 recensioni
Strawberry Momomiya frequenta l'ultimo anno di liceo e la sua vita scolastica non è delle migliori. Non capisce nulla di fisica e detesta profondamente la sua professoressa. Ma se arrivasse un nuovo professore? Magari biondo e dagli occhi di ghiaccio? E se questo professore le complicasse la vita ancora più del previsto? L'amore non è tutto rose e fiori e la nostra Strawberry lo scoprirà presto, aiutata dalla migliore amica Lory e da un pasticcere sempre pronto a consigliarla. Una commedia scolastica incentrata sulla coppia Strawberry x Ryan :)
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Keiichiro Akasaka/Kyle, Retasu Midorikawa/Lory, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 25 – Problemi di… coppia?
 
 



Rientrare dalle vacanze era sempre stato debilitante per Strawberry. Abbandonare la pigra routine che accompagnava le sue giornate estive e riabituarsi ai ritmi frenetici della vita scolastica le richiedeva ogni volta un certo sforzo, un po’ come quando vai in un paese lontano e nei primi giorni il cambiamento del fuso orario ti fa sentire fuori fase. Non che lei avesse viaggiato molto, ma così aveva sentito dire.
Sbadigliò sonoramente, ricevendo un’occhiata ammonitrice dall’insegnante di inglese. In compenso, pochi minuti prima aveva potuto gustarsi la sua espressione sorpresa quando aveva aperto il suo quaderno con i compiti perfettamente eseguiti.
Per forza, Katherine mi ha messa sotto nell’ultima settimana!, pensò sospirando.  E tutto per colpa di Ryan.
Le aveva promesso che si sarebbero visti prima dell’inizio delle lezioni se lei avesse terminato i compiti, cosa che effettivamente aveva fatto grazie a Katherine, però poi era dovuto partire improvvisamente per lavoro.
L’azienda di suo padre avrebbe dovuto presentare un nuovo prodotto la settimana successiva, ma a causa di una serie di imprevisti il programma aveva subito delle variazioni e, dato che il signor Shirogane si trovava all’estero per concludere un affare, Ryan era stato costretto a recarsi a Kyoto in tutta fretta, salutandola con un semplice “Ci vediamo a scuola”.
Così, sua madre ne aveva approfittato per sottoporre Strawberry ad un corso intensivo di inglese: la sera tornava a casa con la testa così piena di informazioni che si ritrovava a rispondere “Yes” anziché “Sì” alle domande dei suoi genitori.
Per fortuna, c’era stato Kyle ad allietare quei pomeriggi con esperimenti culinari sempre ben riusciti, un ottimo diversivo per non pensare costantemente al suo ragazzo/insegnante che, per dirla tutta, non si era nemmeno degnato di rispondere al messaggio che gli aveva mandato per sapere come stava.
A questo si sommava un altro piccolo problema che le stava creando non poca ansia e su cui non faceva che rimuginare da quel giorno, quando rientrando a casa si era trovata davanti la famiglia Aoyama al completo.
Quando aveva esposto il problema a Kyle e, per forza di cose, a Katherine – dopotutto aveva imparato quanto sapesse essere invadente, e il fatto che lo facesse in modo tanto infantile e spontaneo le impediva di arrabbiarsi seriamente con lei – loro le avevano sconsigliato di affrontare apertamente Mark, perché non avrebbe fatto altro che alimentare i suoi sospetti. Così, rassegnata, aveva deciso di aspettare pazientemente il ritorno di Ryan, per poterne discutere con lui. Sicuramente le avrebbe fornito una soluzione più che valida.
Questo, ovviamente, l’aveva pensato finché era rimasta convinta di ricevere risposta al semplice messaggio che gli aveva inviato. Quando però quella mattina si era alzata per andare a scuola, notando con disappunto e un pizzico di delusione che sul display del suo cellulare non era comparsa alcuna busta bianca, le era stato chiaro che così non sarebbe stato.
Quel pizzico di delusione aveva allora assunto una sfumatura di rabbia, sentimento che si associava un po’ troppo spesso alla figura del suo insegnante. Cominciava a domandarsi se, in una giornata, fossero di più le volte in cui Ryan la faceva infuriare o quelle in cui il suo modo di fare le riempiva lo stomaco di problematiche farfalle.
Arrossì. Lasciamo perdere, pensò con stizza.
Assorta nei propri pensieri, finì per spostare lo sguardo sulla ragazza che occupava il banco accanto al suo. Diversamente dal solito, quel giorno aveva lasciato cadere sciolti sulle spalle i lunghi capelli verdi.
Considerando che da quando l’aveva conosciuta era capitato sì e no un paio di volte che uscisse di casa senza le sue consuete trecce, Strawberry avrebbe giurato che dietro quel cambiamento ci fosse un motivo particolare. Probabilmente Mark.
La guardò di sottecchi, sentendo una stretta al petto. Da quanto tempo non parlava con lei?
Quando era entrata in aula, giusto un attimo prima che la campanella suonasse dichiarando ufficialmente il suo ritardo, si era quasi scontrata con l’amica, rischiando di ruzzolare a terra. Lory le aveva rivolto qualche timida scusa, poi, accortasi di avere davanti quella che fino a poche settimane prima era la sua migliore amica, era sbiancata. L’aveva guardata per qualche secondo, dando a Strawberry l’impressione di voler dire qualcosa. Alla fine, però, si era scusata di nuovo (non avrebbe saputo dire se per lo scontro o per la loro amicizia) ed era corsa a sedersi al suo posto, senza più alzare lo sguardo dal libro.
Era frustrante.
Tra loro due, quella che aveva il diritto comportarsi così non era certo Lory. E poi, insomma, avrebbe mentito se avesse detto che non si era aspettata almeno un tentativo di ricucire il loro rapporto da parte della sua amica.
Invece, nulla. Non una chiamata, non un messaggio, niente.
E, a proposito di messaggio,  la causa principale del suo malumore si palesò in aula per il cambio dell’ora.
Quando lo vide, per un attimo, un lungo attimo, Strawberry rimase senza fiato e fu sul punto di vacillare.
Ormai avrebbe dovuto essere abituata alle sensazioni che le si scatenavano dentro ogni qual volta incontrava quegli occhi, eppure si trovava ancora a chiedere al suo cuore di darsi una calmata. Il problema era che quelle sensazioni, anziché affievolirsi, si ripresentavano ogni volta con maggiore impeto, sempre più forti.
Un po’, le facevano paura.
Poi si riebbe. No, Straw. Ricorda che ce l’hai con lui.
La professoressa d’inglese rivolse a Ryan un saluto amichevole mentre raccoglieva le sue cose, e lui rispose con un sorriso educato, di carattere puramente professionale. Non per Strawberry, chiaramente.
Ma guardalo. Adesso fa il carino.
Ryan posò i libri sulla cattedra e salutò la classe, facendo sospirare qualche ragazza. Al solito.
Strawberry prese a scarabocchiare sul quaderno per sfogare l’irritazione, scegliendo deliberatamente di ignorarlo. Non alzò la testa quando Ryan disse loro quale argomento avrebbero studiato nelle lezioni a venire, e nemmeno quando la pagina che aveva davanti fu talmente piena di pasticci che non avrebbe più trovato un solo spazio per prendere appunti. Allora la strappò e appallottolò la carta perché, anche se era uno spreco, non amava iniziare a scrivere sul retro dei fogli.
Non sapeva se fosse solo una sensazione o se effettivamente Ryan la stesse guardando, ma sentiva chiaramente il suo sguardo tagliente su di sé, e la cosa le creava un certo disagio.
Oh, insomma, aveva tutte le ragioni per essere arrabbiata!
Si arrese e decise di prendere appunti, tanto ci avrebbe rimesso solo lei se non l’avesse fatto. Senza contare che si sarebbe presa un rimprovero, e non aveva nessuna intenzione di dargli questa soddisfazione.
“… Sulla base dei principi fondamentali della dinamica.”
Sussultò e, quasi in automatico, alzò lo sguardo. Non aveva ascoltato una sola parola di quello che il suo insegnante aveva detto ma, chissà come, quell’ultima frase l’aveva colta chiaramente.
I suoi occhi incontrarono per un millesimo di secondo quelli di Ryan e, inevitabilmente, arrossì. Poi notò il sorrisino del biondo.
L’aveva fatto apposta?
La sua mente volò alle prime lezioni private che Ryan le aveva impartito. Ricordava fin troppo bene i principi della dinamica, così come le arrabbiature che erano seguite ogni volta che lui aveva trovato un modo originale per spiegarglieli. Come quello stupido tiro alla fune in cui Ryan l’aveva sfidata, finendo accidentalmente per farla cadere addosso a lui.
Alla fine, però, non poteva lamentarsi: i suoi voti erano decisamente migliorati. Ecco perché non si aspettava che, sfogliando i quaderni con i compiti delle vacanze che aveva ritirato poco prima, Ryan la chiamasse.
“Momomiya”
Strawberry si accigliò. “Sì?”
“Più tardi raggiungimi in sala insegnanti” le disse, chiudendo il quaderno – il suo – che teneva tra le mani.
“O-ok” mormorò, notando come non l’avesse degnata di uno sguardo.
Non c’era che dire, Ryan era molto professionale e sapeva svolgere alla perfezione il ruolo che ricopriva. Ovviamente, tralasciando il piccolo particolare del loro rapporto. Comunque, nessuno avrebbe potuto pensare che dietro ci fosse qualcosa di strano, visto che era perfettamente normale che Strawberry venisse convocata in sala insegnanti per una ramanzina, di tanto in tanto.
Ora, si chiedeva quali fossero effettivamente le intenzioni di Ryan…
Lo osservò sfogliare un altro paio di quaderni, prendendoli a caso da quelli ordinatamente impilati sulla cattedra, questa volta senza aver nulla da ridire. Con la coda dell’occhio, si accorse che Lory aveva spostato lentamente lo sguardo dall’insegnante a lei. Immediatamente, però, la ragazza dai capelli verdi riportò l’attenzione sul proprio foglio, già pieno di appunti trascritti in maniera impeccabile, e non disse nulla.
 
 
Di solito, la fine delle lezioni era una grande liberazione per Strawberry. Significava semplicemente “sosta da Kyle con dolce”, il che bastava a ripagarla di tutte le fatiche scolastiche della giornata.
Non questa volta.
Dopo sei lunghe ore di lezione, le sembrava ora di dover affrontare una fatica ancora più grande. Era in ansia.
Forse per questo era rimasta impalata davanti all’aula dei professori, senza decidersi ad entrare.
Non stava da sola con Ryan da un po’, e cercò di ignorare quella piccola parte di lei che insisteva a ricordarle quanta voglia avesse di vederlo e… altro, ecco.
No, non doveva dimenticare di essere arrabbiata con lui. Ancor più, sapendo l’effetto che il biondo aveva su di lei, che avrebbe finito per farle scordare qualsiasi intenzione – buona o bellicosa – avesse in mente.
Bussò.
In un primo momento, le parve che non ci fosse nessuno. Ne fu quasi sollevata, ma poi la voce di Ryan le giunse distintamente dall’interno. Non poteva nemmeno fingere di non aver sentito…
Prese un bel respiro ed entrò.
Nella stanza non c’era nessun altro, solo lui.
Ryan non la guardò. Come già era capitato, stava compilando dei documenti, e alzò la testa solo quando la rossa ebbe chiuso la porta alle proprie spalle.
“Ciao” le disse, con disinvoltura.
Strawberry gli rivolse un’occhiata perplessa. Dopotutto, erano a scuola.
“Ciao” rispose. Vedendo però che lui non accennava a dire altro, provò a domandare: ”E’ andato bene il viaggio?”
Non era proprio sicura di essere riuscita a suonare distaccata come voleva, ma dal tono che aveva usato trapelava un pizzico di acidità sufficiente a far intendere che non era affatto predisposta a una tranquilla conversazione.
Tuttavia, Ryan non si scompose. “Sì, abbastanza. Kyle mi ha detto che mia madre ti ha messa sotto con lo studio mentre ero via”
“G-già” tagliò corto. “Volevi parlarmi?”
Lo vide annuire e prendere tra le mani il quaderno su cui aveva eseguito i compiti. Sì, quello sulla cui copertina erano stampate tante fragole.
“Scelta interessante” commentò lui, sorridendole.
Strawberry arrossì, ma non disse nulla. Attese che il biondo sfogliasse qualche pagina e voltasse il quaderno nella sua direzione.
“Questi esercizi li hai saltati”
Lì per lì, rimase a bocca aperta. Lo stava facendo davvero? Non si vedevano da giorni e lui la rimproverava per i compiti?
Onestamente, non riusciva a capire il suo comportamento, che non l’aiutava di certo a far passare l’ansia che l’aveva accompagnata per tutta la settimana. Ok, conosceva Ryan. Non si aspettava dichiarazioni d’amore, abbracci o chissà cos’altro. Però… poteva rimanerci male almeno un po’?
“Lo so. Non riuscivo a farli” rispose semplicemente, intimandosi di stare calma.
Ryan inarcò un sopracciglio, poco convinto. “Potevi chiedermi una mano”
 “B… bè… Mi sembrava scorretto nei confronti dei miei compagni. Ho preferito fare da sola.”
“Capisco” si limitò a dire. I tuoi compagni non hanno problemi nella mia materia. E io non avrei avuto problemi ad aiutare te, pensò invece. Ma preferì tenere per sé le proprie riflessioni.
Aveva capito che qualcosa non andava, Strawberry era un libro aperto quando si trattava di comprenderne lo stato d’animo, e, a dirla tutta, era certo che gli stesse nascondendo qualcosa già dal giorno in cui era dovuto partire. Alla fine, aveva cercato di sviarlo usando la scusa – poi non così tanto credibile – del numero di cellulare, e Ryan aveva preferito lasciar perdere, contando sul fatto che, se qualcosa l’avesse preoccupata così tanto, gliene avrebbe parlato in seguito.
In certi frangenti, però, lui non era un tipo molto paziente. Inoltre, ora aveva l’impressione che Strawberry fosse anche particolarmente arrabbiata.
Dopo qualche istante di silenzio, immersa nei propri pensieri, Strawberry si decise a parlare. “Ma mi hai chiamata davvero solo per questo?”
Se la domanda l’avesse sorpreso – compreso il tono di voce basso e il colorito innaturale sulle guance –, lui non lo diede a vedere. Decise invece di provocarla un po’.
La guardò con espressione innocente. “Ti aspettavi dell’altro?”
Certo che sì!, urlò la sua voce interiore. Come al solito, lei scelse di ignorarla, soprattutto dopo aver visto il sorriso malizioso che si era improvvisamente stampato sul volto del suo… insegnante.
“No, affatto!” esclamò, imbarazzata. “Che hai da ridere?!” aggiunse, vedendolo ridacchiare.
“Stavo solo scherzando, Strawberry” cercò di tranquillizzarla. “Allora, si può sapere perché ce l’hai tanto con me?”
La rossa lo guardò bieca. Estrasse dalla tasca della divisa il cellulare, facendo tintinnare il ciondolo che vi aveva appeso, e glielo mise con irruenza davanti agli occhi.
“Ti ho mandato un messaggio mentre eri via” lo informò.
Ryan sbatté le palpebre un paio di volte. “Sì. L’ho ricevuto”
Risposta sbagliata, a giudicare dall’espressione di Strawberry.
“E... e-era tanto difficile rispondermi?! Mi sono preoccupata tantissimo!” esclamò, alzando forse un po’ troppo la voce.
Non fece neanche in tempo ad accorgersene, e soprattutto a rendersi conto delle parole che le erano uscite dalla bocca, che la porta dell’aula venne spalancata di scatto, facendola sobbalzare.
La professoressa Mihano fece la sua comparsa sulla soglia, visibilmente contrariata. “Ma insomma! Cos’è tutto questo chiasso?”
Al suo fianco Megumi, un sorriso beffardo in volto, che si tramutò in una smorfia quando si accorse che insieme a Strawberry c’era il professor Shirogane.
“Oh, professore” continuò la Mihano. “Mi scusi, pensavo ci fossero degli studenti che non erano ancora tornati a casa”
Ryan appoggiò un gomito sulla scrivania, la mano a sostenere il mento. “Si figuri. Stavo dando a Momomiya delle spiegazioni sugli errori che ha commesso nei compiti. Mi scuso per il chiasso”
La donna parve non aver nulla da controbattere, anzi. Lanciò loro un sorriso, augurando buon lavoro.
“Brava, Momomiya. Vedrai che diventerai una studentessa modello di questo passo!” disse, prima di lasciare l’aula.
“Hai bisogno di qualcosa, Kaji?” domandò Ryan, vedendo che Megumi non accennava ad andarsene.
 La ragazza annuì, facendo ondeggiare i lunghi capelli. “Prof, anch’io credo di aver commesso alcuni errori nei compiti. Potrebbe aiutarmi a correggerli?”
Potrebbe aiutarmi.
Strawberry cercò di soffocare la fastidiosa fitta che le aveva fatto contorcere lo stomaco, evitando che il suo cervello le attribuisse un nome.
Sapeva bene di cosa si trattava, ma non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura.
Prof.
Lei non era gelosa di Ryan. Neanche un po’. Figuriamoci!
“Se quando controllerò i tuoi compiti ci saranno degli errori, vedremo di sistemarli” rispose lui, rindossata in un attimo la veste di professore.
“Allora ci conto! La ringrazio!” Megumi sorrise vittoriosa in direzione di Strawberry, poi uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Erano di nuovo soli.
La rossa si appoggiò di schiena al bordo della scrivania, accanto a Ryan, e sbuffò sonoramente.
“Cosa c’è?” chiese irritata, notando lo sguardo di Ryan.
Sembrava estremamente serio, ma con lui non si poteva mai sapere.
“E così eri preoccupata…” commentò, con un sorrisetto.
Come volevasi dimostrare.
 “E, a quanto pare, anche gelosa” continuò lui.
Strawberry gonfiò le guance, mentre l’irritazione del momento andava a sommarsi a tutto il nervosismo accumulato nella settimana precedente.  “Assolutamente no!”
“Se lo dici tu…”
Lei scattò in piedi. “Io non sono gelosa! Va’ al diavolo, Ryan!”
Corse fuori, con i codini che saltellavano qua e là e più nervosa che mai. Perché doveva per forza prenderla in giro? Meno male che era lei quella incapace di esser seria!
Quello scemo!
Smise di correre solo quando si trovò davanti al locale di Kyle. In un primo momento pensò di non fermarsi, di correre a casa e mettersi a letto, poi cambiò idea: strafogarsi di dolci sarebbe stata una soluzione decisamente più accettabile.
Entrò, accompagnata dal solito leggero scampanellio dell’acchiappasogni appeso alla porta. Quel semplice suono, unitamente al profumo di pasta frolla che invadeva ogni angolo della pasticceria, bastò a farla rilassare un poco.
“Ciao, principessa” la salutò Kyle, passandole accanto con un vassoio tra le mani.
“Disturbo?” domandò lei, dandosi un’occhiata attorno. C’era ancora qualche cliente, nonostante fosse tardo pomeriggio.
“Certo che no, dammi pochi minuti e sono da te. Se vuoi aspettare in cucina, troverai Katherine. Qualsiasi cosa stia cercando di fare, tu fermala!”
Strawberry gli sorrise divertita, pensando che scherzasse, ed entrò nella stanza accanto.
Dovette sbattere le palpebre un paio di volte, prima di realizzare di essere effettivamente nella cucina di Kyle. Solo che del solito ordine non restava alcuna traccia, sembrava un campo di battaglia!
C’erano piatti da tutte le parti, per non parlare delle macchie di cioccolato che imbrattavano il muro.
Katherine se ne stava di spalle, tutta intenta a fare chissà cosa, con un cappello da cuoca in testa.
“Katherine?” la chiamò.
“Wait a minute, dear!” esclamò lei, facendole segno con la mano di non avvicinarsi.
“O-ok, ma… cosa stai facendo?”
 “Mi sto esercitando” rispose, senza accennare a voltarsi. Da lì, Strawberry non riusciva a vedere a cosa stesse lavorando.
“Esercitando per cosa?”
Quello che doveva essere il timer del forno scattò. Katherine indossò velocemente i guanti e si affrettò ad aprire lo sportello.
“Aaah, ci siamo! Dear, vieni a vedere!” esultò, entusiasta come una bambina, posando sul tavolo il proprio esperimento culinario.
“E’ una torta!”
“Certo che è una torta” commentò Katherine, tutta presa dal suo dolce.
Strawberry la guardò, sorpresa. “Ti sei messa ad aiutare Kyle anche in cucina?”
Non riusciva proprio ad immaginarsela ai fornelli. Anche la sera in cui avevano dormito da Ryan aveva insistito per cucinare, ma alla fine aveva lasciato fare tutto al povero Kyle che, armato di pazienza, aveva preparato la cena con Katherine che lo seguiva come un avvoltoio, facendo migliaia di commenti.
“No, quel bacchettone di un pasticcere non vuole che metta piede nella sua cucina solitamente” le sussurrò all’orecchio. “Ma per oggi ha fatto inconsapevolmente un’eccezione!”
Strawberry aggrottò la fronte. “In altre parole, ti sei infilata in cucina contro la sua volontà”
Altro che bacchettone, Kyle era un santo!
“E’ per una buona causa!” si difese l’altra con un sorriso, per nulla turbata dal caos che aveva lasciato in giro.
“E sarebbe?”
Katherine sparse un po’ di zucchero a velo sulla torta, abbondando fin troppo. “Il compleanno del mio figlioletto”
“Che?!” esclamò Strawberry, spalancando gli occhi. “E’ oggi?! Non lo sapevo!”
Vuoi vedere che l’aveva presa in giro per dispetto, visto che non gli aveva fatto gli auguri? Oh no, che figuraccia! Ma come faceva a saperlo? Non ne avevano mai parlato, nemmeno Ryan sapeva quand’era il suo compleanno!
“Ferma gli ingranaggi, dear! Non c’è bisogno di andare nel panico, non è oggi” la tranquillizzò Katherine, posandole le mani sulle spalle.
“Ah… ah no?” mormorò, tornando in sé. “E quand’è?”
“La prossima settimana, il 7 Settembre” (*)
Strawberry tirò un sospirò di sollievo. Era ancora in tempo per cercargli un regalo.
No, un momento. Regalo? Per Ryan? Quell’antipatico che fino a due minuti prima la stava prendendo in giro? Nemmeno per sogno!
“Cos’è quell’espressione imbronciata?” le domandò Katherine, senza smettere di rimirare il suo capolavoro.
Se avesse aperto bocca, avrebbe finito per lanciare tutta una serie di insulti contro Ryan: no, non era decisamente il caso. Katherine non avrebbe gradito molto.
“No, nulla. Sembra buona, comunque” rispose, indicando la torta.
Bé, a giudicare dallo scintillio negli occhi di Katherine, aveva scelto un buon argomento per non parlare di suo figlio.
“Vuoi assaggiarla?”
Strawberry la guardò scettica. “Ma non era per Ryan?”
“Come ti ho detto, cara, mi sto esercitando. Voglio che il giorno del suo compleanno la torta sia perfetta! Allora, vuoi?”
Stava per rispondere, quando l’urlo di Kyle la fece trasalire.
“Argh! Cos’è successo qui dentro?!” esclamò il pasticcere, entrando in cucina. Sul volto, un’espressione sconvolta.
“Hi, dear! Vuoi una fetta di torta?”
Strawberry era certa che il tono mieloso di Katherine non sarebbe affatto bastato a far calmare Kyle, dopo che aveva visto in che condizioni era stata ridotta la sua amata cucina.
“Katherine! Cos’hai combinato? Ti avevo detto di non toccare niente”
L’americana arretrò, mettendo distanza tra lei e il giovane. “Don’t worry, I’ll tidy up everything”
“Not to be believed…” commentò Kyle tra sé e sé. “Katherine, fai tornare la mia cucina com’era prima, per favore”
“Yeah, dear” esclamò allegra, ricevendo in risposta un’occhiataccia.
Kyle si guardò attorno, sconsolato. “Vieni, Strawberry. Andiamo in sala”
La rossa lo seguì senza dire nulla. Era la prima volta che vedeva Kyle così turbato, evidentemente la cucina era davvero importantissima per lui.
Si accomodarono al bancone, come di consueto, e immediatamente il moro si scusò per la scenetta di poco prima.
“Katherine è sempre un po’ sopra le righe, mi farà diventare matto prima o poi” si giustificò.
Strawberry sorrise, con il viso tra le mani. “Ma in fondo le vuoi bene”
“Sì” confermò lui, ricambiando il sorriso. “Purtroppo non sono in grado di restare arrabbiato a lungo con lei”
“Kyle, tu non riesci a restare arrabbiato con nessuno!”
Il pasticcere sollevò le mani. “Touché. Ma parliamo di te.” Si alzò e scelse un pasticcino alla frutta dalla vetrinetta accanto al bancone. Prese un tovagliolino, vi depositò il dolce e lo offrì a Strawberry. “Offre la casa” la informò, facendole l’occhiolino. “Allora, com’è andato il primo giorno?”
Lei lo ringraziò, poi si fece seria. “In poche parole? Un disastro”
 “Ti va di parlarne?”
“E’… E’ Ryan. Ho una tale voglia di dirgliene quattro!” esclamò, stringendo un po’ troppo forte il pasticcino che teneva in mano. Un po’ di crema cadde sul tovagliolo, ma Strawberry non vi prestò attenzione. Se solo ripensava all’atteggiamento di Ryan le montava dentro una rabbia…
Kyle si sedette di fronte a lei, sinceramente preoccupato. “Ma come, avete già litigato?”
“Non smette mai di prendermi in giro!” Ingoiò tutto quel che restava del dolce, poi incrociò le braccia al petto, irritata. “Si comporta come un bambino e poi rinfaccia a me di essere una mocciosa! Aaaah, che nervi!”
L’espressione dell’amico parve distendersi, e un attimo dopo si lasciò andare in una risata leggera.  “Ryan sa essere molto infantile quando ci si mette. Tuttavia, se ci pensi, non ha questo atteggiamento con chiunque”
Strawberry lo guardò torva. “Dovrei considerarmi onorata di essere oggetto delle sue prese in giro?”
“Oh no, non intendevo questo. Però, forse, significa qualcosa”
“Se lo dici tu” Non ne era molto convinta.
A dir la verità, ogni volta che c’era Ryan di mezzo, lei non ci capiva nulla. Il più delle volte era tutto maledettamente complicato. Poi, però, c’erano dei momenti in cui volergli bene era la cosa più semplice del mondo, facile come respirare. Era lì che nasceva la sua confusione. Che cosa voleva Ryan? Che cosa rappresentava per lui il loro rapporto?
“Ryan è un bravo ragazzo. Un po’ distante e certamente non molto romantico, il più delle volte. Però sono sicuro che sarà pronto a chiarire ogni tuo dubbio, se gliene parlerai. Dopotutto, si è esposto molto più di quanto credessi possibile con te, ha deciso di aprirsi nonostante sapesse che il senso di colpa poteva schiacciarlo. Io non credo che sia stato semplice per lui”
Anche questo era vero. Si morse il labbro, pensierosa.
In fin dei conti, Kyle aveva ragione. Con tutto quello che aveva passato, per Ryan doveva essere stato difficile anche solo ammetterlo, quel “mi piaci”, prima ancora di pronunciarlo.
“Kyle, non ci capisco più niente” mormorò, lasciandosi scivolare con il mento sul bancone.
Il pasticcere le lasciò una leggera carezza sul capo. “Vedrai che si sistemerà tutto”
“Sì…” Allungò le braccia davanti a sé, intrecciando le mani, e si stiracchiò. Si sentiva esausta dopo quella giornata. “Forse è meglio che vada a casa. Ti ringrazio, Kyle. Di tutto”
“Strawberry” la richiamò l’amico, quand’era quasi sulla porta. “E’ tutta la settimana che ti vedo ansiosa e preoccupata. Immagino che tu non gli abbia ancora detto nulla di quella questione…”
Scosse il capo. “No, ma domani proverò a parlargliene. Promesso”
Più facile a dirsi che a farsi. Sai, Ryan, Mark pensa che io e te abbiamo una relazione, il che è assurdo visto che la cosa sfugge anche a me al momento.   
Sospirò. Prima o poi avrebbe dovuto dirglielo, inutile continuare a scappare.
“Adesso vado. Ci vedia…”
“Stop! Where are you going?!”Katherine la raggiunse saltellando dalla cucina, una fetta di torta tra le mani. “Prima devi assaggiare la mia creazione”
“Un altro dolce? Kat, sei fantastica!” esclamò, afferrando la torta senza esitare.
Kyle le rivolse un’occhiata poco incoraggiante, ma Katherine lo ammonì immediatamente: “Non fare quella faccia, caro. Questa volta sono certa di non aver sbagliato le dosi!”
Strawberry addentò il dolce, entusiasta.
“T-tutto bene?” le chiese Kyle, guardandola preoccupato mentre masticava.
“Allora, dear?”
Lei spalancò gli occhi, incredula.
“Katherine! Hai messo il sale al posto dello zucchero!”
 
 
Ok. Ok, calma, Straw. Basterà andare da lui e raccontargli per filo e per segno cos’è accaduto.
A meno che Ryan non avesse deciso di comportarsi come il giorno prima. In quel caso, avrebbe preferito sferrargli un pugno in pieno petto e andarsene.
Sì, ma con che faccia poteva presentarsi da lui? L’ultima volta l’aveva mandato al diavolo ed era corsa via!
Era stufa di tutta quell’ansia, c’erano troppe cose da chiarire e il suo cervello rischiava seriamente un sovraccarico.
Finalmente, il suono della campanella pose fine alla più noiosa lezione di storia che avesse mai seguito. Si stiracchiò, sbadigliando apertamente.
Megumi comparve al suo fianco. “Che classe, Momomiya”
Stava per ribattere, ma l’altra la interruppe. “Immagino non ci sia da chiedersi perché Shirogane preferisca dare lezioni a me” Si diede un’occhiata allo specchietto del portacipria che teneva in mano, poi lo ripose soddisfatta in tasca e uscì dall’aula, lasciando una Strawberry irritata e senza parole.
Ryan… avrebbe dato lezioni anche a Megumi?
Si alzò di scatto, rischiando di far cadere la sedia. No, non doveva pensarci. Non doveva essere gelosa.
La prossima ora sarebbe stata dedicata allo studio libero: aveva pensato di cercare Ryan e parlare finalmente con lui, ma cambiò idea. Avrebbero finito per “litigare” un’altra volta visto lo stato in cui si trovava, e davvero non le andava.
Abbandonò l’aula, diretta in biblioteca. Se non altro, lì avrebbe trovato il silenzio necessario a ragionare con calma. Magari avrebbe potuto fare i compiti, almeno si sarebbe distratta un po’.
Occupò un tavolo in un angolo della biblioteca, dietro un grande scaffale che le garantiva quel minimo di tranquillità di cui aveva bisogno.
L’ultima settimana l’aveva sfiancata e anche concentrarsi sui libri le risultò più difficile del solito. Insomma, già non era portata per lo studio, in più aveva tutti quei pensieri che la tormentavano continuamente: sarebbe impazzita di lì a poco, se lo sentiva.
Ne fu praticamente certa quando, sporgendosi per raccogliere la penna che aveva fatto cadere, notò che il tavolo dall’altra parte dello scaffale era stato occupato da Ryan. Non da solo.
Seduta accanto a lui, Megumi gli stava indicando qualcosa sul quaderno. Dall’altro lato del tavolo, altre due studentesse lo osservavano con sguardo trasognato.
Ah… Era questo che intendeva prima.
Non che non le desse fastidio, ma si sentì decisamente sollevata. Sulle prime, aveva pensato che anche Megumi avrebbe preso lezioni da Ryan in privato, come lei.  Fortunatamente, si era sbagliata.
Doveva solo tralasciare il fatto che la sua compagna di classe stesse appoggiando con disinvoltura una mano sul braccio di Ryan mentre lo invitava a dare un’occhiata a un esercizio, e non fare caso agli sguardi delle altre due.
A un certo punto, le parve che avesse alzato la testa e che si fosse accorto della sua presenza, ma probabilmente non era così.
Improvvisamente, si sentì triste. Aveva l’impressione che ci fosse una barriera enorme a separarla da Ryan, in quel momento. Da quando era partito le era mancato terribilmente, eppure stava buttando via un sacco di tempo per delle stupidaggini e un’assurda gelosia saltata fuori senza motivo. Lo guardò sorridere a una frase che non era riuscita a sentire e poi alzare lo sguardo su di lei.
“Kitten significa gattina, micetta” disse a voce un po’ più alta, puntando gli occhi nei suoi. Sulle labbra, un sorriso appena accennato che a Strawberry sembrò terribilmente dolce.
Davvero una grande agilità, micetta.
Arrossì, distogliendo immediatamente lo sguardo. Allora l’aveva vista? Era il suo modo per dirle di stare tranquilla?
Poi Megumi si aggrappò al braccio di Ryan, avvinghiandosi senza alcun ritegno, e tanti saluti allo star tranquilla. Avrebbe voluto andare lì e trascinarla via!
Lui le disse qualcosa, a voce troppo bassa perché Strawberry potesse sentirlo, ma lei non accennò comunque a staccarsi. Anzi, portò una mano a scompigliargli i capelli – gesto che Ryan non apprezzò affatto, ma Strawberry era troppo arrabbiata per farci caso – . Sembrava così… disinvolta.
Era troppo, non voleva stare lì un secondo di più.
Si alzò e uscì a passo spedito dalla biblioteca, curandosi di non passare proprio davanti al loro tavolo.
Accidenti!, imprecò. Perché doveva sentirsi così?
Entrò nel primo bagno che incontrò e si appoggiò di schiena alla porta chiusa.
Sbuffò, lasciando uscire l’aria lentamente. Sentiva gli occhi pizzicare, ma si rifiutava di piangere per una cosa del genere, era davvero stupido. Si concesse giusto qualche minuto per riprendersi e, quando fu certa di essere riuscita a ricacciare indietro le lacrime, uscì.
“Mi chiedevo dove fossi finita”
Sobbalzò. Ryan se ne stava appoggiato al muro, a braccia conserte.
“C-che fai, mi segui?” gli domandò lei, il malumore evidente.
Il biondo si scostò dalla parete e fece un passo in sua direzione.
Strawberry arretrò, sulla difensiva.
“A quanto pare, è l’unico modo per riuscire a parlare con te. Scappi di continuo” Fece per scostarle delle ciocche di capelli che le erano ricadute sul viso, ma lei si scostò bruscamente.
“Non mi toccare!” Dopo che ti sei lasciato toccare da Megumi, le suggerì la sua testa. Era una cosa stupida? Si stava comportando da bambina? A giudicare da come lui la stava guardando, sì.
Distolse lo sguardo, a disagio. Lo abbassò giusto in tempo per accorgersi della presenza di un’altra persona, alle spalle di Ryan.
Mark aveva appena svoltato l’angolo in compagnia di un altro ragazzo, e i due si dirigevano proprio verso di loro. Sembravano non averli ancora notati, ma sarebbe stata questione di secondi.
Il suo cuore perse un battito. Doveva allontanarsi da Ryan, subito.
“I-io… Io devo andare!” gli disse.
Lui le afferrò il polso prima che potesse voltarsi e scappare di nuovo.
“Ryan…” lo pregò Strawberry. A quel punto, anche lui si accorse che stava arrivando qualcuno e la lasciò andare.
 
 
“Momomiya, ricorda che oggi è il tuo turno per la pulizia dell’aula” le annunciò la professoressa, al termine dell’ultima ora.
“Che cosa? Ma quando è stato deciso?” Sbottò Strawberry, incredula.
L’insegnante le rivolse un’occhiata contrariata. “Avendo passato l’ultima mezz’ora ad organizzare i turni, io e i suoi compagni ci auguriamo che la prossima volta anche lei voglia degnarci della sua attenzione”
“Mi… mi scusi” mormorò.
Frustrata, si accasciò sul banco in attesa che i suoi compagni uscissero dall’aula. Detestava fare le pulizie, era più forte di lei: ogni volta finiva per combinare qualche disastro, che fosse rovesciare il secchio dell’acqua sul pavimento o ricoprirsi di polvere dei gessetti mentre cercava di ripulire il cancellino.
Oggi non è la mia giornata, pensò sospirando. Dai, Strawberry, forza e coraggio!
Lory recuperò la sua cartella, poi si fermò a guardarla. Sembrava voler dire qualcosa, ma evidentemente cambiò idea e si affrettò ad abbandonare l’aula.
Rimasta sola, Strawberry andò a recuperare l’occorrente dal ripostiglio e si mise all’opera.
Ci mise più impegno del solito, nello sforzo di non pensare ad altro, e quando ebbe finalmente finito, un’oretta dopo, si sentiva decisamente soddisfatta. Il pavimento era splendente, la lavagna non aveva nemmeno un segno bianco.
Andò a riporre scopa e spazzolone, poi tornò in aula a recuperare le sue cose. Dalle finestre, il cielo rifletteva un magnifico colore rosso fuoco e Strawberry rimase a contemplarlo per un po’.
Le piaceva nonostante le trasmettesse uno strano senso di malinconia.
Diede le spalle a quello scenario, forse era meglio tornare a casa prima che suo padre si preoccupasse. Vide due ragazze fermarsi davanti all’aula e voltarsi indietro, sorridenti.
Ryan le raggiunse un attimo dopo. Di profilo, con i colori del tramonto che giocavano con i suoi capelli  rendendoli di un biondo diverso dal solito, sembrava quasi un angelo.
Strawberry si accorse che stava trattenendo il fiato, ma anche volendo sapeva che non sarebbe riuscita a staccare gli occhi da quella visione.
“Professore, la ringraziamo per l’aiuto!” dissero in coro le due ragazze. Fecero un rapido inchino e si allontanarono di corsa.
In un primo momento, Ryan non si accorse di Strawberry e lei restò a guardarlo, persa nella sua immagine.
Mi sento strana…, pensò, posando una mano in corrispondenza del cuore. Come poteva battere così forte?
Forse era solo quell’atmosfera che la stava suggestionando un po’, ma non riusciva a ricordare di aver mai visto qualcosa di più bello. E i suoi occhi, i suoi occhi erano qualcosa di semplicemente indescrivibile.  Nonostante questo, era come se un velo di malinconia ne offuscasse la bellezza.
Le sensazioni che le si stavano smuovendo dentro erano un groviglio di emozioni diverse che la trascinavano da una parte all’altra, facendola sentire triste e felice al tempo stesso.
Poi Ryan chiuse gli occhi lasciandosi andare in un sospiro e fece per andarsene. Un rumore improvviso lo costrinse però a fermarsi.
Si voltò infastidito da quel caos, ma, non appena ne vide la causa, si accorse di riuscire a stento a trattenere le risate.
Strawberry se ne stava in piedi al centro dell’aula, ai suoi piedi il cestino rovesciato e la carta che conteneva sparsa ovunque.
“Cosa combini?” le domandò.
“Mi sono distratta” borbottò lei, inginocchiandosi a sistemare il disastro che aveva combinato.
“La solita imbranata” la apostrofò.
Fece per ribattere ma, quando alzò la testa, si accorse che Ryan si era abbassato per aiutarla a raccogliere le cartacce. Incredula, ammutolì.
“Ti hanno subito messa di turno per le pulizie” commentò lui.
Tutto sommato, si stava comportando normalmente persino dopo il modo in cui l’aveva trattato lei poche ore prima. Anche se era ancora arrabbiata, si sentì un po’ in colpa.
“Già. E tu, come mai sei ancora a scuola?”
Ryan le passò una cartaccia trovata sotto un banco. “Due studentesse del primo anno mi hanno chiesto un chiarimento su un esercizio che ho assegnato stamattina, ma la cosa è andata per le lunghe”
Strawberry alzò gli occhi al cielo. “Popolare come sempre…” commentò acida, mentre si rialzava. Si diede una pulita alle ginocchia e andò a svuotare il cestino nell’apposito contenitore.
“Già”
Stava già per ribattere, ma lui la spiazzò con una frase: “Non è stato sempre così, comunque”
“Eh?”
“Quando ero piccolo” le disse, continuando a raccogliere delle cartacce che Strawberry aveva tralasciato. “Passavo molto tempo da solo. A scuola non ero propriamente il compagno di classe per cui le ragazze facevano a gara. E nemmeno tra i maschi ero granché popolare”
Strawberry lo guardò scettica. “Ah no?”
Lui rise. “Ti sembra così difficile crederlo?”
Non rispose e sperò che continuasse a raccontare. Era la prima volta che lo faceva, che si apriva così senza che fosse lei a fargli domande o a insistere per sapere qualcosa.
“Sono sempre stato molto chiuso. I miei migliori amici erano i libri, ad eccezione di Kyle.” Non nominò Kari, ma era ovvio che il suo nome fosse sottinteso. “ In ogni caso, non ho mai avuto particolare interesse per i giochi che facevano gli altri bambini o forse, più semplicemente, non sono mai riuscito a farmi accettare” Raccolse le ultime carte e le gettò nel cestino, poi si avvicinò alla finestra, dando le spalle a Strawberry. Lo sguardo puntato al cielo.
Lei rimase a guardare la sua schiena e le parve quasi di scorgervi quella tristezza che solo in rare occasioni era riuscita a notare.
“Perché dici così?” provò a chiedere.
Ryan si prese una lunga pausa prima di rispondere. Sembrava perso a guardare qualcosa fuori dalla finestra, in cortile. A giudicare dagli schiamazzi, degli studenti che, ultimate le pulizie, tornavano a casa insieme.
“Per i professori ero un genio che non aveva motivo di frequentare le elementari e così in pochi anni mi sono ritrovato catapultato all’università. I miei compagni credo che mi trovassero strano o qualcosa del genere. I ragazzini che passano il loro tempo a leggere anziché giocare con i loro coetanei non sono mai visti di buon occhio, Strawberry.”  Si voltò senza alzare la testa e si appoggiò di schiena al davanzale.
Strawberry capì che non avrebbe detto altro, ma non ce n’era bisogno. Aveva capito perfettamente ciò che voleva dire Ryan e, ancor più, sapeva quanto poteva essergli costato parlare di sé. Non lo faceva mai. Il fatto che con lei si fosse aperto era forse la dimostrazione più grande che potesse darle.
Gli si avvicinò e si appoggiò al davanzale accanto a lui. Poi, con titubanza, portò una mano tra i suoi capelli, lasciandogli una carezza leggera che sperava fosse sufficiente a trasmettergli tutto ciò che sentiva. Fece scorrere le dita tra i suoi ciuffi biondi, lentamente.
“Non sei più solo” mormorò, quasi sussurrando.
Ryan spalancò gli occhi, sorpreso. La guardò e, a differenza di quanto si aspettava, la trovò con gli occhi bassi ma non con le guance arrossate. Toccò a lui assumere un colorito diverso dal solito e, quasi senza rendersene conto, lasciarsi andare in un leggero ma sincero sorriso.
Strawberry lo guardò di sfuggita, tradendo l’imbarazzo che cercava di nascondere. Poi sorrise.
Ryan le scostò la frangetta e lei lo lasciò fare, godendosi il contatto.
“Comunque” mormorò, schiarendosi la gola . “Sono ancora molto arrabbiata”
 “Mocciosa” Le disse subito, accettando il suo bisogno di alleggerire l’atmosfera. Vedendola già sulla difensiva aggiunse: “Uso poco le mail. Però ammetto di essere stato pessimo, avrei potuto rispondere.”
“Parli sul serio?” gli chiese, scettica.
“Sì. Perché tanto sorpresa?”
Lei sbuffò. “Non dovrei? Non si capisce mai quando scherzi o fai sul serio!”
Non fece in tempo a terminare che si sentì trascinare verso Ryan, finendo a stretto contatto con il suo corpo. I suoi occhi tremendamente vicini, i colori del tramonto a fare da sfondo. Nonostante l’accecante bellezza di quel cielo, Strawberry non riusciva a staccare gli occhi da quelli di Ryan. Non c’era paragone.
“In questo momento sono serio, per esempio” le soffiò lui a pochi centimetri dal volto.
Aveva bisogno di quella vicinanza, il suo cuore che batteva come impazzito glielo stava dicendo chiaramente.
“Siamo a scuola” si limitò a protestare debolmente, mentre le sue mani sulla schiena le facevano mancare il respiro.
“Non c’è nessuno” replicò Ryan.
E Strawberry non ebbe più scuse. Socchiuse gli occhi e finalmente sentì il contatto con quelle labbra che le erano tanto mancate e che immediatamente la fecero rabbrividire da capo a piedi.
Al diavolo tutti quei pensieri sul dare un nome al loro rapporto, al diavolo il cellulare e la sua sciocca gelosia.
Quando si staccarono per riprendere fiato, Ryan appoggiò delicatamente la fronte alla sua.
“Ad ogni modo…”
“Mh?”
“Vederti impazzire dalla gelosia è stato… interessante” le sussurrò, sistemandole delle ciocche rosse dietro le orecchie.
E addio al momento romantico.
Strawberry si scostò indignata. “T-tu l’hai fatto apposta?!”
Ryan la guardò innocente, poi  le diede una spinta sulla fronte con l’indice. “No che non l’ho fatto apposta” disse, fingendosi contrariato. “Però i risvolti di questa situazione non sono stati affatto spiacevoli”
Come si aspettava, la vide arretrare pronta a dirgliene quattro, ma la bloccò ancor prima che cominciasse. Prendendola per il polso, la trascinò di nuovo a sé.
“Allora, gattina gelosa” disse, assolutamente divertito dalla situazione. “Vediamo di risolvere questa faccenda”
“Io non sono gelosa! Come devo dir-” esclamò, ma il resto delle proteste si perse nel bacio di Ryan. E Strawberry fu certa che non avrebbe più avuto nulla di cui lamentarsi.
 
 
“Ryan è allegro” commentò Kyle, mentre asciugava un bicchiere.
Katherine annuì, a braccia conserte. “I can’t believe it”
“Guardate che vi sento” li informò il diretto interessato.
Il pasticcere ripose il bicchiere nella credenza e si avvicinò all’amico. “Scusaci. Ma è raro vederti così contento”
“Vogliamo mettere i manifesti?”
“Non nega nemmeno!” si intromise sua madre, portando una mano davanti alla bocca.
Ryan alzò gli occhi al cielo. Ma perché non me ne sono andato dritto a casa?
“Hai fatto pace con Strawberry?” insistette lei, con un’altra domanda.
Suo figlio la ignorò. Ah, quindi secondo lei avevamo litigato.
“Non rispondere, ma tanto ti si legge in faccia, dear”
Lui guardò Kyle, sperando di avere un po’ si supporto.
“Mi spiace, ma tua madre ha ragione”
Perfetto, adesso ci si metteva anche Kyle. Si alzò, stanco di starli a sentire.
“Aah, non fare così, honey” lo incitò Katherine, abbracciandolo – o meglio, bloccandolo – da dietro. “We were worried about you! Siamo contenti che finalmente tu e Strawberry abbiate chiarito. E’ stata in ansia per tutta la settimana, non sapeva come dirti che Mark sospetta qualcosa e allora…”
“Katherine!” la richiamò Kyle. Gli era bastato un secondo per capire che Ryan non sapeva ancora niente di Mark e che l’avvenuto chiarimento con Strawberry riguardava tutt’altro.
Infatti Ryan, che stava per scivolare via dall’abbraccio della madre, si era bloccato di colpo. Poi se l’era scrollata di dosso e aveva lanciato un’occhiata a entrambi.
“Cosa c'entra Mark?”












Ciao!
Sono tornata da qualche giorno dalle mie vacanze e mi viene in mente solo una cosa da dirvi: se avrete la possibilità di visitare il Giappone, presto o tardi, non lasciatevela sfuggire! E' un paese che può insegnare davvero tanto e gli abitanti sono di una gentilezza e di un'educazione unica. Credo di averci lasciato il cuore, ha superato ogni mia aspettativa.
Dopo questa parentesi, torniamo a noi :)
Venticinquesimo capitolo, mi sembra incredibile! E' lunghetto, ma credo di dovervelo dopo tutta l'attesa che vi ho fatto patire. In realtà, sono andata un po' a rilento nella stesura perchè continuavo a pensare ai successivi due capitoli, per i quali ho in mente una marea di idee! Spero di riuscire a metterle su carta tutte quante >___<
Comunque, altre due cosine e poi scappo:
- (*) il compleanno di Ryan: onestamente non so quando sia. Ho cercato in lungo e in largo delle info, ma niente. Al che ho esultato perchè potevo sfruttare la cosa a mio vantaggio per la storia xD Se la data reale esiste e io, impedita, non l'ho trovata (probabile), perdonatemi!
- la parte in cui Ryan parla di sé da bambino ce l'avevo in mente da un po', solo che non riuscivo mai a trovare uno spazio in cui inserirla nei vari capitoli che man mano scrivevo. L'avrò rimandata cinque o sei volte, quindi non immaginate quanto sia felice di essere risucita a scriverla (anche se breve, perchè non ce lo vedo proprio Ryan a parlare di sè per tre quarti d'ora). Spero l'abbiate apprezzata, comunque >_<

Credo di aver detto tutto...
Grazie, come sempre!
E un abbraccio grande!

La vostra Comet
  
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