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Autore: comet91    09/11/2013    35 recensioni
Strawberry Momomiya frequenta l'ultimo anno di liceo e la sua vita scolastica non è delle migliori. Non capisce nulla di fisica e detesta profondamente la sua professoressa. Ma se arrivasse un nuovo professore? Magari biondo e dagli occhi di ghiaccio? E se questo professore le complicasse la vita ancora più del previsto? L'amore non è tutto rose e fiori e la nostra Strawberry lo scoprirà presto, aiutata dalla migliore amica Lory e da un pasticcere sempre pronto a consigliarla. Una commedia scolastica incentrata sulla coppia Strawberry x Ryan :)
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Keiichiro Akasaka/Kyle, Retasu Midorikawa/Lory, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 26 – Un pessimo professore
 




In linea generale, Ryan detestava essere tenuto all’oscuro degli  avvenimenti, soprattutto se questi lo riguardavano da vicino.
Tuttavia, difficilmente si lasciava coinvolgere al punto di provare vera e propria rabbia. L’iniziale fastidio pian piano scemava e lui tornava ad immergersi nella bolla di apatia e indifferenza che era solito ergere a muro attorno a sé.
Funzionava così, aveva sempre funzionato così. Questo, ovviamente, prima che facesse i conti con una ragazzina che era in grado di fargli saltare i nervi – in tutti i sensi, gli costava ammetterlo – come nessun altro era in grado di fare.
Appena uscito dal locale di Kyle, dopo aver a malapena ascoltato le scuse di sua madre e le spiegazioni dell’amico – palesemente in difesa di Strawberry, quando secondo lui da difendere non c’era proprio nulla – si era incamminato verso l’auto posteggiata dall’altro lato della strada. Poi si era bloccato con la mano sulla maniglia della portiera, indeciso.
Una parte di lui gli chiedeva di andare immediatamente da Strawberry a chiarire la situazione.
Tolto il dente, tolto il dolore.
L’altra parte, quella più razionale, quella che tendeva ad ascoltare sempre e che sicuramente avrebbe ascoltato anche questa volta, gli diceva di tornare a casa e dormirci su.
E così aveva fatto. Non che la sensazione di fastidio fosse diminuita, alla fin fine.
Si ravvivò i capelli e cercò di darsi una calmata, per tenere sotto controllo l’irritazione che sentiva pulsare appena sotto la superficie dei propri pensieri. Sospirò ed entrò in aula.
Fece scorrere lo sguardo sulla ventina di studenti che, al suo ingresso, si erano accomodati silenziosamente ai rispettivi posti. Il chiasso che sentiva fino a qualche secondo prima sembrava non esserci mai stato.
Ecco, si muoveva meglio in questo genere di situazioni, quando sapeva di poter avere il controllo su ciò che lo circondava, quando non c’erano variabili che intervenivano improvvisamente e stravolgevano i suoi piani.
Se voleva metterla in questi termini, Strawberry era la sua variabile fuori controllo, quella che faceva saltare l’equazione. Ma paradossalmente, e tralasciando l’attuale problema, questo gli piaceva.
Quello che non sapeva era che, se avesse seguito quel ragionamento forse un po’ troppo matematico per lei, probabilmente anche Strawberry lo avrebbe definito allo stesso modo.
Mentre diceva agli studenti di aprire i libri, finì involontariamente col posare lo sguardo su di lei. Incrociò i suoi occhi color cioccolato per un breve momento, giusto il tempo di vederla accennare un sorriso al quale non rispose.
Era arrabbiato, era vero. Però c’era un frase che Kyle gli aveva astutamente detto e che continuava a ronzargli in testa, impedendogli di esserlo fino in fondo.
E’ molto in ansia, ma l’ha tenuto per sé per non darti ulteriori seccature.
Non aveva aggiunto altro, ma probabilmente sapeva che tanto sarebbe bastato a farlo desistere dall’arrabbiarsi davvero con lei. E questo poteva voler dire soltanto che Kyle aveva intuito quali fossero i suoi veri sentimenti. Il che era piuttosto irritante, considerando che nemmeno la diretta interessata sembrava averlo capito. In caso contrario, non si sarebbe affatto preoccupata di dargli ulteriori seccature.
Lasciò perdere i propri pensieri e annunciò alla classe che la settimana successiva ci sarebbe stato un compito per rivedere il programma del trimestre precedente.
 
 
Strawberry ripose il libro nella borsa, mentre la campanella annunciava l’inizio della pausa pranzo. Fece per alzarsi e andare da Ryan, con una scusa qualsiasi che le sarebbe venuta in mente sul momento, ma dovette rinunciare quando la professoressa di inglese entrò in aula e prese a mostrargli dei moduli. Sicuramente qualche scartoffia da firmare, come sempre.
Quel giorno, Ryan era strano. Aveva cercato per tutta la lezione di incontrare il suo sguardo, ma senza successo. Sembrava quasi che la stesse evitando di proposito ma, pur sforzandosi, non riusciva a trovare una spiegazione valida per il suo comportamento.
Insomma, le sembrava che si fossero chiariti ormai. Il pomeriggio precedente si erano salutati in modo… come dire… affettuoso, no? E di certo non poteva aver combinato qualche guaio in quel breve lasso di tempo in cui non si erano visti.
Sbuffò, sperando che la Mihano si sbrigasse con quei fogli. Consumò il pranzo che si era portata da casa, poi, per ingannare l’attesa, prese il cellulare.
Quella mattina si era alzata tardi e aveva dimenticato di accenderlo. Digitò l’apposito codice e impostò la modalità “silenzioso” appena in tempo. Subito, il telefono prese a vibrare, evidenziando ben tre chiamate perse. Tutte di Kyle.
Strano…, pensò tra sé e sé.
Lanciò un’altra occhiata a Ryan, ancora preso dalla conversazione con la Mihano, e si arrese. Magari era solo una giornata no.
Intanto poteva sentire cosa aveva da dirle Kyle. Uscì dall’aula e compose il numero dell’amico, incamminandosi lungo il corridoio.
“Strawberry, dear, finalmente!”
 L’inconfondibile accento della madre di Ryan la fece sorridere. “Katherine, perchè hai il telefono di Kyle?” chiese, divertita.
“We have to talk! E’ da ieri sera che cerchiamo di chiamarti” rispose lei.
Strawberry la immaginò gesticolare concitata, come suo solito. Sentì Kyle in sottofondo che le diceva di passargli il telefono, e un attimo dopo rivolgersi a lei.
“Strawberry, scusaci se ti disturbiamo”
“Ma figurati, nessun disturbo. Piuttosto, è successo qualcosa?”
Kyle rimase un attimo in silenzio, probabilmente indeciso su cosa dire. “Per caso hai parlato con Ryan oggi?” le domandò infine.
“No… Volevo farlo un attimo fa perché mi è sembrato un po’ strano, ma poi è stato trattenuto da un’altra prof e ho lasciato perdere” spiegò, mentre sentiva Kyle bisticciare con Katherine.
Inarcò un sopracciglio, confusa. “Kyle, si può sapere cos’è successo?”
Il pasticcere sospirò, massaggiandosi le tempie con la mano libera. Inutile tergiversare, doveva spiegarle l’accaduto prima che la situazione precipitasse. E, conoscendo Ryan, non ci sarebbe voluto molto.
“Ryan ha capito che qualcosa non va con Mark”
Strawberry impiegò qualche secondo per registrare l’informazione, poi, quando ebbe realizzato, spalancò gli occhi e smise di camminare.
“Cosa… Come ha fatto a… Lui non..?!”
L’amico la bloccò, sperando di tranquillizzarla prima che andasse nel panico. “Mi dispiace, Strawberry, è stata colpa nostra. Ieri sera Ryan è passato al locale. Ci è sembrato allegro e abbiamo pensato che vi foste chiariti…”
Chiariti? Sì, certo che si erano chiariti, ma non su quella questione!
 “Quindi lui… Lo sa?” si accertò, deglutendo a fatica.
“Sì, lo sa”
“I’m so sorry, Strawberry!” le urlò Katherine.
Kyle stava per aggiungere altro, probabilmente per tranquillizzarla ma, quasi senza accorgersene, Strawberry pose fine alla conversazione. Chiuse il telefono con uno scatto e prese a correre in direzione opposta a quella dove si stava dirigendo un attimo prima.
Accidenti, accidenti, accidenti.
Doveva assolutamente parlare con Ryan: era stata una stupida, aveva continuato a rinviare quel maledetto chiarimento ed ecco il risultato. Avrebbe dovuto dare retta a Kyle fin da subito e dirgli la verità prima che la intuisse da solo. Doveva essere furioso, a dir poco. Al suo posto, lei lo sarebbe stata.
Arrivò nella propria aula, ma lui non c’era già più. Fece dietrofront e, nella foga, rischiò di scontrarsi con un compagno che stava rientrando. Mormorò distrattamente delle scuse e riprese a correre, ignorando il “Stai più attenta!” che il ragazzo le gridò dietro.
Aveva sempre pensato che quella scuola fosse maledettamente grande, soprattutto per una con il suo scarso senso dell’orientamento, ma in quel momento le sembrava davvero immensa.
Eppure individuare Ryan non doveva essere così difficile, non era proprio il genere di ragazzo che passava inosservato tra la folla!
Ok, calmati, si disse, posando una mano sul cuore che sembrava volerle schizzare fuori dal petto per la corsa.
Ragiona, Strawberry.
Ryan non amava la confusione e detestava intrattenersi con le persone. Quindi doveva per forza trovarsi  in un posto dove poteva tenersi il più possibile lontano da entrambe le cose. Magari dove c’erano dei libri.
Le venne un’idea.
Per qualche strano motivo le era tornato in mente quel ripostiglio pieno di vecchi libri che nessuno utilizzava più, lo stesso in cui Ryan l’aveva ferita mesi prima con un bacio amaro, che sapeva solo di rabbia.
Ricordava chiaramente il freddo metallo dello scaffale su cui era premuta la sua schiena e i libri che, nell’impatto, erano caduti a terra con un tonfo sordo.
Rabbrividì al pensiero, un po’ per le sensazioni che le aveva provocato il primo vero contatto con le sue labbra, un po’ per la situazione in cui era avvenuto.
La pausa pranzo era ormai terminata e i corridoi cominciavano a svuotarsi. Normalmente, sarebbe rientrata di corsa in classe per evitare l’ira dell’insegnante di matematica, ma questa volta le sue priorità erano decisamente cambiate.
Le venne da chiedersi quando Ryan fosse diventato così importante per lei e come fosse successo.
Svoltò nel corridoio ormai deserto e, sorpresa, vide il suo insegnante uscire proprio da quella stanza.
“R… Professore!” lo chiamò, correggendosi immediatamente.
Lui si voltò, mentre Strawberry lo raggiungeva, senza fiato.
“Ehm…  prof, posso parlarle?” disse, curandosi di non alzare troppo la voce e cercando di utilizzare un tono formale che ormai non era più abituata ad assumere con lui. Si accorse che le costava una certa fatica.
Ryan la scrutò per qualche secondo, poi  le diede le spalle. “Non ora, Momomiya. Ho da fare”
“Eh? E cosa?” chiese, aggirandolo per poterlo guardare in faccia.
In risposta ricevette un’occhiata fredda che la gelò sul posto.
“Non ricordavo di doverti mettere al corrente di tutto ciò che faccio. Credevo ragionassi così anche tu. O sbaglio?”
 “Come?”
“Torna in classe se non vuoi prenderti una nota” tagliò corto lui, lasciandola lì.
Sulle prime, Strawberry rimase ferma. Poi agì d’impulso.
Non poteva lasciare le cose così, detestava doverlo ammettere, ma fino a quel momento era sempre stato Ryan a fare dei passi verso di lei. Era sempre stato lui a prendere l’iniziativa, su tutto. Lei, invece, non aveva fatto altro che scappare o rimandare l’inevitabile. Era successo quando si erano baciati, quando aveva capito di essere innamorata di lui e anche quando era stato il momento di affrontare quei sentimenti.
Era la sua specialità, fuggire via ed evitarlo quando le cose diventavano troppo complicate.
Non questa volta.
Si accertò che in corridoio non ci fosse davvero più nessuno, poi lo afferrò per la manica della camicia, arrotolata fino al gomito, e lo obbligò a seguirla dentro quello stupido ripostiglio prima che lui avesse il tempo di reagire.
“Strawberry, ma che accidenti…?!”
“Devo parlarti” ripeté con decisione, ignorando il fatto di sembrare un po’ una bambina testarda che fa i capricci per avere ciò che desidera.
“Non è il momento”
“Ma non puoi star-“
Ryan la scansò e fece per aprire la porta. “Ti ho detto che non ho tempo adesso e tu hai lezione”
“Chi se ne frega della lezione!”
Aveva quasi gridato, doveva avere le guance più rosse dei suoi capelli e sicuramente era in condizioni pietose dopo aver corso per tutta la scuola per trovarlo, ma non gliene importava nulla. Almeno aveva ottenuto l’effetto desiderato, perché Ryan si era fermato con la mano sulla maniglia.
Appoggiò una mano sulla sua schiena, stringendo il tessuto leggero della camicia che sicuramente si sarebbe stropicciata, ma nessuno dei due vi prestò attenzione.
Rimasero in silenzio per dei secondi che a Strawberry parvero lunghissimi. Poi, finalmente ritrovò la voce.
“Ho parlato con Kyle. So che… sai di Mark”
Ryan non disse nulla, ma era ovvio, toccava a lei parlare. Tuttavia, prese un altro po’ di tempo prima di continuare.
“Immagino che tu sia arrabbiato, però lasciami spiegare”
Lo vide appoggiare la schiena allo scaffale alle sue spalle, quello contro cui l’aveva bloccata quella volta, e incrociare le braccia al petto.
“D’accordo. Spiega. Perché immagini bene, sono arrabbiato” disse, tagliente.
Strawberry distolse lo sguardo, incapace di reggere il confronto con quelle iridi. “Se fai così però è ancora più difficile…” borbottò.
“Se faccio così? Scusa tanto, Strawberry, ma non credevo di avere a che fare con una bambina di cinque anni!”
Lei si morse la lingua, ma non riuscì a trattenersi dal ribattere, punta sul vivo. “B-bè, forse lo sono!”
“Sì, forse lo sei”
“Bene. Mi accusi sempre di esserlo, cos’altro ti aspettavi?!”
Sentì un leggero pizzicore agli occhi, ma si sforzò di ignorarlo.
Ryan la inchiodò con lo sguardo, al punto che Strawberry ebbe l’impressione di non riuscire a respirare.
“Mi aspettavo” le rispose, stendendo le braccia lungo i fianchi, ma per nulla rilassato “che la ragazza che mi piace venisse da me in caso di difficoltà, anziché nascondermi una cosa del genere.”
Stavano litigando, stavano litigando come due bambini, e lui aveva ragione, qualunque fosse la motivazione era stato stupido nascondergli la verità. E Adesso era lì, davanti a lei, e l’aveva definita la ragazza che mi piace. E lei non riusciva a parlare, non riusciva a far uscire una sola sillaba.
Ryan sospirò di fronte al suo silenzio e cercò di ammorbidire un po’ il tono, ma la frase che gli uscì suonò comunque distaccata.
“Mi vuoi dire cos’è successo?”
La vide annuire e lottare per ricacciare indietro delle lacrime che sicuramente non aveva intenzione di mostrargli.
Dopotutto, Strawberry era orgogliosa, lo era almeno quanto lui. L’unica differenza era che lui aveva avuto il coraggio di essere sincero con se stesso e con lei.
Quando si fu calmata, riuscì finalmente ad alzare lo sguardo. “Quando… Quando sono tornata a casa dopo quella notte da te, c’erano anche Mark e i suoi genitori. Stavano organizzando uno dei loro soliti weekend fuori porta insieme ai miei. Mark mi ha seguita in camera mia…”
Ryan inarcò impercettibilmente un sopracciglio a quell’ultima affermazione, ma non disse nulla e la lasciò continuare.
“Io ero... Insomma, non mi aspettavo di trovarmelo alle spalle. Avevo il cellulare in mano e l’ho fatto cadere. Ho cercato di riprenderlo subito, ma Mark, lui l’ha raccolto e… Era aperto sulla mail che mi avevi mandato. Non credevo che l’avrebbe letta, invece l’ha fatto”
Il racconto di Strawberry era decisamente confuso, era chiaro che fosse agitata a giudicare dal modo in cui si torturava le mani, ma a Ryan non quadrava del tutto.
“E con questo? Non può aver capito chi era il mittente della mail da quello che c’era scritto”
Strawberry gli rivolse una rapida occhiata, palesemente in difficoltà.
“Non è stato per quello”
“E allora per co…” fece per chiedere, ma poi cambiò la domanda, intuendo in pieno il punto. “Strawberry, con che nome hai salvato il mio numero?”
Lei esitò.
“Allora?”
 “Prof, l’ho salvato come prof” confessò infine, sentendosi una grandissima sciocca.
“Non posso crederci” fu il commento di Ryan, mentre si passava una mano tra i capelli.
“M-mi dispiace! Se avessi messo Ryan sarebbe stato ancora più ovvio che fossi tu, non mi è venuto in mente altro! Insomma, tu che nome hai usato?!”
Lui la fissò negli occhi senza dire nulla e si figurò nella mente il momento in cui aveva memorizzato il numero della sua allieva.
Ragazzina.
Per un attimo si sentì uno scemo.
Forse dovrei mettere una password d’accesso al telefono, pensò.
Se Kyle l’avesse visto gli avrebbe rivolto quell’irritante sorriso paterno di chi la sa lunga. Per non parlare di sua madre: l’avrebbe preso in giro fino alla morte. E Strawberry…
Bè, lei si sarebbe sicuramente infuriata, ma al momento era l’ultimo dei suoi, anzi dei loro, problemi.
“Allora?” lo incalzò quest’ultima, fattasi improvvisamente curiosa.
“Non sono affari tuoi” ribatté, tornando a braccia conserte e ignorando la sua espressione corrucciata. “Piuttosto, dimmi cosa ti ha detto quel tipo”
“All’inizio niente. Mi ha chiesto scusa. Per quello che è successo con Lory, intendo” mormorò, e Ryan non poté fare a meno di notare un velo di tristezza nel suo sguardo, che però si affrettò a nascondere. “Poi, quando stava per andarsene, mi ha detto che avrei fatto meglio a salvare quel numero con un altro nome. Mi ha fatto capire chiaramente che sa che c’è qualcosa… tra noi… Non è la prima volta, ma prima erano solo dei dubbi, mentre adesso… Adesso credo che abbia davvero capito”
E lei, adesso che aveva detto tutto ad alta voce, si sentiva molto più leggera.
Ryan restò per un po’ a fissare un punto indefinito alle sue spalle, immerso nei propri pensieri. Poi, tornò a rivolgersi  a Strawberry, con un tono decisamente seccato.
“Si può sapere perché non me l’hai detto subito?”
“Eri via per lavoro e hai sempre una marea di impegni, non volevo che ti preoccupassi per niente!” esclamò, agitandosi come al solito.
“Scema” la apostrofò lui, senza scomporsi.
Non poteva replicare, questa volta se l’era meritato. Già che era dalla parte del torto, glielo concesse senza protestare.
Abbassò il capo, sperando che Ryan riempisse il prima possibile il silenzio che si era venuto a creare. Stranamente, lei che aveva sempre la risposta pronta questa volta non era in grado di proferire parola.
Non poté fare a meno di sentirsi sollevata quando lui riprese a parlare.
“Sai, a proposito di Mark… Stavo pensando che tu…”
Mentre Ryan formulava la frase, a Strawberry venne un dubbio atroce su ciò che stava per dire. Non ci pensava da un po’, ma poteva essere plausibile che lui lo pensasse, in fondo non glielo aveva mai detto apertamente!
“Non provo più nulla per Mark!” esclamò di colpo, interrompendolo.
Ok essere chiara, ma non voleva proprio dirlo così, sembrava un po’ troppo una giustificazione!
Ryan le rivolse un’occhiata sorpresa, facendola sentire tremendamente in imbarazzo, poi sorrise quasi divertito.
“D’accordo. Anche se non era questo che volevo dire”
“Ah no?”
“No. Lo so da un pezzo che non provi più niente per lui” le disse.
Arrossì, incredula.
Lui sospirò. “So che tipo di persona sei” Sembrava disinteressato e assolutamente tranquillo, ma il suo tono si era fatto più serio. “Anche se a te non sembra, ti osservo. Non avresti mai assunto certi comportamenti e sicuramente non mi avresti baciato se avessi provato ancora qualcosa per lui”
Strawberry lo scrutò a metà tra il sorpreso e il pensieroso, appoggiandosi allo scaffale accanto a lui. Poi le si accese una lampadina.
“Ma allora… Da quanto ti sei accorto che tu mi…?”
Sul volto di Ryan comparve un sorrisetto sarcastico . “Che io ti?”
Gli tirò un pugno sul braccio, mettendoci meno forza di quanta avrebbe voluto.
“Smettila, non ci casco”
Il biondo ridacchiò.
Improvvisamente l’atmosfera si era alleggerita e loro erano lì, a scherzare, apparentemente incuranti di ciò che li aveva portati a discutere.
Strawberry non si chiese nemmeno come fosse possibile: il loro rapporto era sempre stato strano. Diverso da quello che aveva instaurato con qualsiasi altra persona.
A volte aveva l’impressione che Ryan potesse leggerle dentro solo con lo sguardo. E, tra loro, di sguardi ce n’erano tanti.
“Kyle mi ha detto che eri abbastanza nel panico” disse a un certo punto Ryan.
Lei si mise a fissare il pavimento. “Sì, infatti” confermò.
“Scema”
“Ancora?!” si lamentò, portando le mani sui fianchi.
“E comunque, avresti dovuto parlarmene. Ti avrei detto che non c’era nulla di cui preoccuparsi. E’ così che si fa in una coppia, si condividono i problemi, per quanto possa capire che sembri strano detto da me.”
Le rivolse un’occhiata di sottecchi, ma non riuscì ad evitare di arrossire leggermente. Questa volta era stato chiaro, non c’era spazio per incomprensioni o dubbi.
E quella che aveva implicitamente appena definito come la sua ragazza lo stava guardando incredula e un tantino sconvolta.
“C-coppia?” mormorò, balbettando. “I-io e te?”
Il biondo rise. “Noi. Sì, Strawberry” confermò, con un tono di voce molto simile a quello che si usa per spiegare qualcosa ai bambini.
Lei corrugò la fronte, poco convinta. “Un attimo fa hai detto che dobbiamo essere sinceri, giusto?”
“Non è esattamente quello che ho detto, ma sì, anche questo”
“Ok. Io… Lo sai che faccio fatica a capire certe cose. Non so mai se prenderti sul serio e a volte te ne esci con delle frasi come questa, dici che siamo una coppia, e io mi sento… Felice. Quindi, Ryan, dimmi se sei serio. Perché se mi dici una cosa del genere e poi scoppi a ridere dicendomi che era tutto uno scherzo, allora… Allora non ti garantisco che non reagirei in modo violento!” 
Il modo in cui lo disse, con quell’espressione fintamente sicura di sé, tradita in maniera troppo evidente dal rossore sulle guance, e le mani strette a pugno per sottolineare le sue parole, fecero venire a Ryan voglia di abbracciarla.
Ignorò la velata – e quasi divertente – minaccia che gli aveva rivolto e, portando una mano dietro la sua nuca, la attirò a sé e la strinse.
Ryan non aveva bisogno di conferme, gli bastava osservare le reazioni di Strawberry per capire i suoi sentimenti, ma evidentemente per lei non era altrettanto semplice.
Pensò a come, per tanto tempo, fosse rimasta ferma ad aspettare che Mark si accorgesse di lei. Pensò al fatto che non avesse alcun tipo di esperienza con i sentimenti e che, per questo, dovesse sentirsi terribilmente insicura.
“Non ti dirò che è uno scherzo” la rassicurò.
Strawberry fece pressione con le mani sul suo petto, allontanandosi a sufficienza per poterlo guardare in faccia. Nel punto in cui aveva appoggiato la mano destra, sentiva il suo cuore battere ad un ritmo accelerato.
Non era un battito chiaro e distinto come capitava a lei, tanto forte da sentirlo anche senza il bisogno di un contatto, ma, anche se leggero, riusciva ad avvertirlo.
Quella piccola differenza sembrò passare attraverso il palmo della sua mano e fluire lentamente al suo cuore, creandole un momentaneo scompenso.
“Quindi… Stiamo insieme?” domandò con una punta di imbarazzo, ma ancora un po’ scettica.
Ryan alzò gli occhi al cielo. E’ proprio testarda…
Le scostò delicatamente la frangetta dalla fronte, poi abbassò lo sguardo su di lei e sollevò un angolo della bocca in un accenno di sorriso.
“Sempre che tu lo voglia” scherzò.
La vide abbassare il capo, come se stesse pensando a qualcosa di estremamente complicato, per tornare infine a guardarlo con una luce diversa negli occhi.
Si aspettava che avanzasse qualche altro dubbio o una richiesta delle sue, invece lo sorprese alzandosi sulle punte per raggiungere le sue labbra. Le sfiorò titubante e Ryan non si mosse, per darle modo di prendersi i suoi spazi e i suoi tempi.
Un attimo dopo era già tornata a nascondere il viso contro il suo petto, con l’unica differenza che adesso era lei a stringersi con forza al suo corpo.
Ryan appoggiò il mento tra i suoi capelli e chiuse gli occhi, finalmente tranquillo. In quella posizione, riusciva a sentire distintamente il battito assordante del suo cuore e, per qualche secondo, si limitò a stare ad ascoltarlo.
“E con Mark cosa facciamo?” gli chiese ad un certo punto Strawberry, come se si fosse ricordata all’improvviso del motivo per cui si trovavano in quella stanza.
Il biondo riaprì gli occhi controvoglia, ma senza spostarsi. Stavano davvero parlando di quel tipo in un momento del genere?
“Niente” rispose semplicemente.
Strawberry allora sollevò la testa, rischiando di scontrarsi con il mento del suo ragazzo.
“Come niente?”
“Se facessimo qualcosa, rischieremmo soltanto di dargli conferma di ciò che pensa” le spiegò.
“E quindi lasciamo le cose così? E se lo dicesse a qualcuno?”
Lui prese a giocare sulla sua schiena, percorrendola lentamente con le dita. La sentì rabbrividire leggermente mentre le sfiorava la spina dorsale.
“Non credo che lo farà”. Non ti metterebbe nei guai, non dopo il casino che ha già combinato, pensò.
“Ma se lo facesse?”  insistette comunque lei.
Ryan si finse pensieroso. “Allora sarà il caso che ci lasciamo”
Immediatamente, la rossa si agitò tra le sue braccia.
“Eh? Ma Ryan, ci siamo appena…”
“Stavo solo scherzando, Strawberry”
“Oh”
Sorrise, scuotendo il capo, e realizzò di sentirsi bene. Incontrò gli occhi di Strawberry, trovandola più timida di quanto non si aspettasse mentre distoglieva lo sguardo dal suo. Allora appoggiò la fronte alla sua, sentendola calda quasi come se avesse la febbre.
Lei si morse il labbro, imbarazzata. Adesso poteva davvero considerare Ryan come il suo ragazzo e, quando lui si abbassò per baciarla, accolse volentieri le sue labbra.
Sulle prime, quel bacio le sembrò avere un sapore diverso. Poi capì. Era l’ansia che si scioglieva.
Finalmente poteva dare un nome a quel rapporto e sentirsi un po’ più sicura quando pensava a lui. Non sapeva come definire ciò che le si stava agitando dentro, ma se quella che stava provando non era felicità, allora era qualcosa di molto, molto simile.
Si stupì quando Ryan non tentò di approfondire il contatto, ma poi realizzò che quel momento era perfetto così.
Anzi, no.
“Ryan?”  lo chiamò, scostandosi di malavoglia. “Devo dirti un’altra cosa”
Lui la guardò, in attesa.
“Hai presente quando ti ho detto che i miei genitori e quelli di Mark stavano organizzando una gita?”
Ryan annuì, sciogliendo l’abbraccio per poter parlare più tranquillamente. Chissà perché aveva un brutto presentimento.
“Ecco, dovrei andarci anche io. E…”
“E Mark” concluse per lei.
Strawberry lo guardò senza sorprendersi più di tanto. Ryan capiva sempre tutto. “Indovinato”
Non riusciva però a decifrare la sua espressione. Gli dava fastidio? O per lui non faceva differenza?
Le mostrò un mezzo sorriso. “E ovviamente non vedi l’ora di andarci”
Perlomeno, se scherzava significava che non si era arrabbiato.
“Oh, certo. Ho davvero una gran voglia di stare in sua compagnia” lo assecondò, stupita di riuscire a riderci su come niente fosse. Dopotutto, solo qualche tempo prima si era presentata in lacrime dal suo insegnante per via di quella vicenda.
Ryan le lasciò una carezza tra i capelli. “Vedremo di trovare una soluzione” le disse, facendosi più serio.
Anche perché non ho intenzione di farti trascorrere una notte in compagnia di quello, aggiunse mentalmente.
Strawberry  annuì, mostrandogli un sorriso.
Nel frattempo, la campanella annunciò il cambio dell’ora. Ormai aveva perso l’intera lezione di matematica. Non che la cosa le dispiacesse, ma non era il caso di assentarsi ancora.
Si rivolse a Ryan, sospirando. “E’ meglio che torni in classe adesso”
A quanto pare, però, il suo ragazzo non era della stessa opinione. Per la seconda volta, la avvolse in un abbraccio. “No” soffiò.
Strawberry si accigliò. “Eh?”
“Restiamo un po’ qui” le propose, anche se dal tono suonava più come un ordine.
“Ma perderò la lezione”
Ryan ridacchiò, allentando un po’ la stretta.
“Ma come, non eri tu quella del chi se ne frega della lezione?”
In risposta ricevette un leggero colpo sul petto. “Sì, ma adesso ho inglese. Se non lo seguo non capirò nulla”
“Te lo spiegherò io” suggerì, facendola ridere.
“Lo farai sul serio?”
“I will”
Strawberry rabbrividì tra le sue braccia.
Ma sì, forse potevano restare così ancora per un po’. Anche perché Ryan sembrava molto più rilassato e sorridente del solito, e vederlo così le piaceva davvero tanto.
Lo sentì appropriarsi delle sue labbra, distogliendola così dai propri pensieri, e avvertì una scossa simile a una scarica elettrica attraversarle tutto il corpo.
Magari non era una bravissima studentessa. E lui era sicuramente un pessimo professore.
Però sì, potevano restare così ancora per un po’.
Un bel po’.
 
 
Quando l’ultima lezione della giornata terminò, Strawberry si rese conto di non essere riuscita a seguire una sola parola di quanto la sua insegnante di giapponese aveva detto.
Oltre a questo, si era presa una sgridata colossale per le due ore di assenza – che aveva provato a giustificare con un improvviso mal di pancia che l’aveva costretta a letto in infermeria – ma non si era impegnata più di tanto per celare il suo buonumore, finendo con il far infuriare ulteriormente l’insegnante.
Insomma, non poteva essere in quelle condizioni solo perché il suo rapporto con Ryan era giunto ad una svolta, mettendo finalmente chiarezza nella sua testa.
O sì?
Raccolse la borsa da terra e fece per andarsene. Si sarebbe fermata da Kyle prima di tornare a casa, aveva proprio bisogno di uno dei suoi dolcetti per concludere la giornata.
Prima di allontanarsi lanciò un’occhiata a Lory. Sperava che l’amica si decidesse a rivolgerle la parola, invece si era chiusa in un ostinato silenzio, con la testa abbassata sul libro, fingendo di leggere qualcosa a cui in realtà non stava prestando alcuna attenzione.
Strawberry sapeva com’era fatta Lory, la conosceva fin troppo bene. Questa volta, però, non poteva fare alcun passo in sua direzione.
Sospirò e uscì dall’aula.
“Momomiya, dove pensi di andare?” la fermò la professoressa.
“A casa…” rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Hai già dimenticato la tua punizione?”
La rossa sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di fare mente locale.
Ah, sì. Due ore di assenza. La punizione.
Di nuovo quelle stupide pulizie, le detestava. Non poteva assegnarle dei compiti extra piuttosto? Li avrebbe quasi preferiti. Recuperò l’occorrente e, come il giorno prima, si mise all’opera.
Tra una lamentela e l’altra, alla fine impiegò meno tempo di quanto si aspettasse. Perfetto: era ancora in tempo per fare un salto alla pasticceria.
Vi arrivò tutta trafelata, boccheggiando per l’afa estiva che ancora non accennava a dar tregua alla città.
Quando l’acchiappasogni appeso alla porta tintinnò, annunciando il suo ingresso, si aspettava di vedersi piombare addosso Katherine, come di consueto. Invece, della madre di Ryan non c’era traccia.
Kyle stava prendendo le ordinazioni di due clienti, probabilmente le ultime della giornata. Nel vederla, rimase un attimo sorpreso, poi abbozzò un sorriso incerto, facendole segno che sarebbe arrivato subito.
Si accomodò al solito posto al bancone, in attesa.
Stava facendo roteare lo sgabello per la terza volta, immersa nelle proprie fantasticherie, quando un pensiero le sfiorò la mente.
Un momento.
Si bloccò di colpo, rischiando quasi di cadere. Kyle! Gli aveva riattaccato il telefono in faccia,se ne era completamente dimenticata!
“Strawberry” L’amico le si affiancò, il blocco per le ordinazioni in mano.
“Kyle, scusami per prima!” esclamò immediatamente. “Non volevo chiudere la chiamata a quel modo, mi sono resa conto solo adesso di averlo fatto!”
Lui sorrise gentile. “E’ tutto a posto. Anzi, sono io a doverti chiedere scusa”
“Come?”
Lo seguì con lo sguardo mentre azionava la macchinetta del caffè e posava due tazzine sugli appositi piattini.
“Io e Katherine non avremmo dovuto intrometterci. A mia discolpa, potrei dire che l’abbiamo fatto in buona fede. Ma forse a volte dimentichiamo che qualunque cosa ci sia tra te e Ryan riguarda solo voi due”
Strawberry ci pensò un po’ su, poi scosse il capo.
“Non ci ho nemmeno pensato ad arrabbiarmi con voi. In realtà, forse è stato un bene che la cosa sia venuta fuori. Io non riuscivo a trovare il coraggio di dirlo a Ryan, temevo che la prendesse ancora peggio visto che avevo aspettato tanto a parlargli. Invece così sono stata costretta a farlo”
E poi, anche volendo, non sarebbe stata capace di avercela con Kyle. Era impossibile arrabbiarsi con una persona come lui.
Inoltre, conoscendolo, non c’entrava proprio nulla con quel che era successo. C’era sicuramente lo zampino di quella confusionaria di Katherine, ma non era arrabbiata nemmeno con lei.
Si sentiva talmente contenta che il suo cervello non poteva concedere spazio a nessun’altra emozione.
“Ryan come l’ha presa?” azzardò a chiederle Kyle.
Strawberry si stiracchiò. Aveva qualche dolorino alla schiena, forse non era stata una grande idea spostare tutti i banchi per pulire più agevolmente.
“All’inizio era arrabbiato. Poi però si è sistemato tutto”
“Ne sono sollevato” sospirò, notando il suo sorriso. Evidentemente, le cose si erano risolte per il meglio. “Ti chiedo ancora scusa, Strawberry”
Lei corrugò la fronte. “Aaah, basta, se mi chiedi ancora scusa giuro che mi arrabbio sul serio!”
L’amico rise. “D’accordo, d’accordo”
“Allora… Pace?” Non che avessero litigato, ma non voleva assolutamente che ci fossero delle tensioni con Kyle.
“Vieni qui, principessa” le disse lui, allargando le braccia.
Strawberry gli mostrò un gran sorriso. Saltò giù dallo sgabello, aggirò il bancone e si lasciò avvolgere in un abbraccio che sapeva di casa.
“Ti voglio bene, Kyle” mugugnò.
Da quando l’aveva conosciuto, c’era sempre stato per lei. Non sapeva come fosse avere un fratello maggiore ma, se ne avesse avuto uno, avrebbe voluto che fosse esattamente così.
“Te ne voglio anch’io. Adesso siediti e aspettami qui. Vado a servire quelle ragazze e poi ti offro quello che vuoi”
Obbedì, tornando al suo posto. Si era appena lasciata scivolare con la testa sul bancone, provata dalle emozioni della giornata, quando sentì qualcuno sedersi sullo sgabello accanto al suo.
Inizialmente non vi prestò attenzione, anche perché era girata dalla parte opposta e non poteva vedere chi fosse. Poi avvertì un profumo estremamente familiare che riaccese i suoi sensi.
Allora si tirò su di scatto, trovandosi faccia a faccia con Ryan.
“Ciao” la salutò lui, tranquillo come al solito.
Figurarsi, invece, se lei non doveva agitarsi: era tesa come una corda di violino. “C-ciao”
Ryan si appoggiò al bancone, incrociando le braccia. “Ti addormenti di nuovo ovunque capiti?”
“Non stavo dormendo” borbottò, le guance arrossate.
 
Quando il pasticcere si voltò per tornare da Strawberry, rimase sorpreso nel vedere che accanto a lei c’era Ryan.
Ma come, gli è già passata?, si chiese.
In genere, l’amico era capace di tenere il muso anche per giorni se qualcosa non gli andava giù. Ma forse non doveva stupirsi più di tanto.
Ripensò a quando quei due si erano conosciuti: Strawberry non faceva altro che lamentarsi di Ryan e Ryan non faceva altro che lamentarsi di Strawberry.
Bè, nemmeno il dialogo che stavano avendo in quel momento sembrava granché tranquillo a giudicare da come lei si stava agitando sulla sedia, ma era evidente che ci fosse qualcosa di diverso.
In ogni caso, non voleva intromettersi ancora.
Il problema era riuscire a tenere buona anche Katherine che, a proposito, stava impiegando davvero troppo tempo per fare la spesa.
Pur non troppo convinto, le aveva chiesto gentilmente di andare a comprare alcuni ingredienti nel negozio all’angolo e lei gli aveva mostrato i pollici all’insù, esclamando: “No problem, honey!”. Peccato che dopo un’ora non fosse ancora tornata.
Lo sapevo…, commentò interiormente.
Lanciò un’altra occhiata alla vetrata del locale, ma della donna nessuna traccia. Rassegnato, tornò dietro al bancone.
“Ryan…” lo salutò.
“Kyle…”
Strawberry spostò lo sguardo da uno all’altro.
Le venne il dubbio che avessero litigato per colpa sua, vista l’aria che tirava. E di certo Ryan non aveva fatto i salti di gioia nel venire a sapere che il suo migliore amico e sua madre gli stavano nascondendo delle cose.
Invece i due si limitarono a scrutarsi per qualche secondo.
“Allora? Me lo fai un caffè?” disse Ryan, infine.
Lei gli rivolse un’occhiataccia. Ma insomma, era il modo di chiedere le cose?
A quanto pare, però, a Kyle non diede affatto fastidio. Anzi, sorrise all’amico. “Certo”
Strawberry sbatté le palpebre più volte, incredula. Con la coda dell’occhio, notò che anche Ryan aveva curvato le labbra in un mezzo sorriso d’intesa.
“Tutto qui? Voi maschi siete strani!” gli disse sottovoce.
“Mh?”
“Siete strani” ribadì.
“Ma senti un po’ da che pulpito” commentò lui, puntandole l’indice sul naso.
Kyle porse a Ryan il suo caffè, rigorosamente senza zucchero, poi si rivolse alla ragazza. “Strawberry, non ne vuoi un po’ anche tu? Hai l’aria distrutta…”
“Per forza, la signorina si è fatta mettere in punizione e ha dovuto pulire l’aula anche oggi” commentò Ryan mentre portava la tazzina alla bocca, celando un sorriso divertito.
Strawberry comunque lo notò.
Spalancò la bocca, incredula.“Guarda che se sono stata messa in punizione è soltanto per colpa…”
Ricordò però che davanti a loro c’era Kyle, al quale non avevano detto ancora niente e con cui si sarebbe sentita più che in imbarazzo se avesse saputo cos’aveva fatto per meritarsi le pulizie extra.
“E poi tu come fai a saperlo?!” chiese allora.
“La tua insegnante è entrata in sala professori lamentandosi per la tua sfacciataggine. Pare che, mentre ti rimproverava, tu non abbia fatto altro che sorridere”  
Strawberry avvampò. Si stava divertendo a prenderla in giro, tanto per cambiare. Che coraggio poi, visto che era solo per causa sua che non era riuscita a togliersi dalla faccia quel sorrisetto ebete quando era tornata in aula!
“Come mai ti stava rimproverando?” domandò Kyle, preoccupato.
“Ho saltato due ore di lezione” confessò. Almeno il perché poteva dirglielo. Ciò che aveva fatto in quelle due ore, invece…
Sì, era meglio che restasse tra lei e quello scemo di Ryan che se la ghignava sotto i baffi.
Kyle la guardò, stupito. “Oh… Ma è successo qualcosa di particolare?”
Fortunatamente, le stesse clienti di poco prima lo richiamarono al tavolo.
Non appena si fu allontanato, Strawberry tirò un sospiro di sollievo. L’aveva scampata.
Si voltò quindi verso Ryan, infuriata.
“E’ tutta colpa tua se mi hanno messa in punizione!” sbraitò.
“Mia?” fece lui, fingendo un’ingenuità che non gli apparteneva neanche un po’.
“Sì, tua!”
Ryan posò la tazzina di caffè e portò una mano sotto il mento. “Non ti ho mica costretta a restare in quel ripostiglio” la prese in giro.
Lei non poté evitare di arrossire. Detta così, quella frase aveva un qualcosa di ambiguo che faceva intendere tutt’altro rispetto a ciò che era accaduto! O almeno, molto più di quanto in realtà non fosse avvenuto.
“Vuoi scherzare?!”
Come se quegli occhi, quelle labbra e quell’abbraccio pieno di calore non fossero stati una sufficiente costrizione. In quelle condizioni, non sarebbe riuscita ad andarsene neanche se fosse stata la studentessa più diligente del mondo!
“Affatto. E poi, non mi sembra  proprio che tu ti sia lamentata granché”
Stava per ribattere, ma si rese conto con grande disappunto che Ryan aveva ragione. Allora si risedette composta sullo sgabello e sbuffò.
“Sei un pessimo professore, lo sai?” gli disse, guardandolo di traverso.
Il suo insegnante rise. “Non ho mai detto il contrario. Anzi, se non ricordo male sei stata tu a dirmi che ero un bravo insegnante”
Colpita e affondata. “Uff, ti detesto” si lamentò.
Si aspettava che Ryan rispondesse come aveva sempre fatto, invece si avvicinò e, riprendendo la sua frase di poco prima, le sussurrò all’orecchio: “Sei una pessima bugiarda, lo sai?”
Strawberry si allontanò di scatto per celare la reazione del suo corpo a quella vicinanza. Quando si guardarono, però, non poterono trattenersi dal ridere.
Le piaceva quel clima che si era venuto a creare tra loro. Le piaceva tanto.
Qualche minuto dopo, il cellulare di Ryan prese a squillare. Dal tono con cui rispose, Strawberry capì che si trattava di lavoro. Infatti, quando terminò la telefonata il ragazzo si alzò, lasciando sul bancone i soldi del caffè.
“Devo andare” le disse.
“Ci… ci vediamo domani?” azzardò a chiedere lei.
Ryan le sorrise. “Certo”
La guardò dritta negli occhi, poi, involontariamente, il suo sguardo cadde sulle sue labbra.
No.
Ricordò a se stesso che no, non poteva baciarla perché era in un locale, dove c’erano altre persone e dove c’era anche Kyle. Strawberry lo vide combattuto, ma pensò che stesse pensando al motivo per cui l’avevano chiamato.
Alla fine, si limitò a lasciarle una carezza sul capo e la salutò.
“Ryan va già via?” le chiese Kyle, raggiungendola con un vassoio vuoto in mano.
“Già” Poi le venne in mente una cosa. “Scusami, Kyle, torno subito!”
Uscì dal locale di corsa e raggiunse Ryan un attimo prima che chiudesse la portiera dell’auto.
“Volevo chiederti una cosa” gli disse.
Lui sollevò il capo, in attesa.
“Cosa facciamo con Kyle e tua madre?”
Non aveva detto niente all’amico, anche perché non sapeva come la pensasse Ryan.
Solitamente, quando le capitava qualcosa di bello doveva correre a raccontarlo a qualcuno. Questa volta, invece, le piaceva l’idea di tenere quel che era accaduto ancora un po’ per sé. Non sapeva spiegarselo, voleva solo restare il più a lungo possibile in quella bolla di serenità.
“Secondo me possiamo evitare di dirglielo” disse lui, quasi come se le avesse letto nel pensiero. “Se sei d’accordo, potremmo tenerlo per noi almeno per qualche giorno. Mia madre comincerebbe ad impicciarsi e ci renderebbe la vita impossibile, la conosci ormai”
Strawberry ridacchiò.
In effetti, non poteva immaginare come si sarebbe comportata Katherine una volta saputo che il suo figlioletto stava con lei. Per come la vedeva, poteva benissimo decidere di organizzare già il matrimonio e aiutarla nella scelta del vestito!
Le vennero i brividi.
“Sono d’accordo” confermò con un sorriso.
“E poi…” aggiunse Ryan, sorridendo malizioso. “Così posso fare questo.”
Portò un braccio dietro alla sua nuca, facendola avvicinare con il viso e nascondendola così ai passanti, e le sfiorò le labbra con le proprie.
Con la portiera e i vetri oscurati dell’auto a ripararli da occhi indiscreti, tracciò il contorno del suo labbro inferiore con la lingua, sentendo Strawberry agitarsi a quel contatto. La sentì posare una mano sulla sua spalla, in cerca di un appoggio. Allora si rilassò.
Fu lei a schiudere le labbra, permettendogli di approfondire il bacio.
Con la mano libera cercò un altro appiglio, perché la dolcezza e l’intensità di quel bacio le stavano facendo tremare le gambe e temeva che le ginocchia le cedessero.
Alla cieca, appoggiò la mano sinistra su quello che doveva essere il volante, ma che risultò essere il clacson.
Non appena fece pressione, il rumore improvviso li fece sussultare, colti alla sprovvista.
Dopo l’iniziale smarrimento, Ryan si mise a ridere.
“Sei un vero disastro” la prese in giro, ma il suo tono di voce era più dolce del solito “Adesso vado…”
Strawberry annuì, sentendo il viso in fiamme.
“Sì” mormorò, affannata.
Si scostò, permettendogli di chiudere la portiera, e lo osservò allontanarsi finché l’auto non svoltò in una via laterale.
Aveva il cuore a mille.
Stava ancora cercando di stabilizzarlo, quando sentì una voce familiare: “Strawberryyy, dear!”
Si guardò attorno, cercando di capire da dove arrivasse.
Alla fine, individuò Katherine dall’altra parte della strada, in attesa che il semaforo diventasse verde.
Quando la raggiunse, lasciò cadere a terra due borse della spesa stracolme e le saltò praticamente addosso.
“Strawberry, I’m so sorry per quello che è successo!”
“Katherine, non…” tentò di dire lei.
“Non volevo metterti in trouble, credevo che Ryan lo sapesse già!” si giustificò, con il suo abituale tono teatrale.
La rossa cercò di sciogliere l’abbraccio, inutilmente. “Ma non sono arrabbiata, è tutto a posto”
“Oh dear, ti chiedo scusa, I’m…”
“Katherine, ti ho detto che non sono arrabbiata!” esclamò allora.
Finalmente, la donna le diede retta e la lasciò andare.
“Really?” chiese, sbattendo le palpebre più volte.
“Sì, davvero” rise, più per esasperazione.
C’erano dei momenti in cui preferiva di gran lunga la Katherine matura e profonda a quella infantile. Non era cattiva, solo… sfiancante.
Sì, capiva perfettamente le motivazioni di Ryan nel non volerle dire subito di loro.
“Oh, meno male! Scusami tanto, Strawberry. Can I do something? Voglio comunque farmi perdonare!” esclamò, posando le mani sulle ginocchia per sporgersi verso di lei.
“Ma no, Kat, non…” si bloccò un attimo, pensandoci su. “Anzi, sì. In effetti c’è una cosa che puoi fare”
La donna le sorrise, annuendo. “What?”
“Aiutami ad organizzare una festa per il compleanno di Ryan” le propose.
Sul viso di Katherine comparve un’espressione entusiasta.  “Affare fatto, dear!”









Buondì :)
Finalmente siamo arrivati ad una svolta nel rapporto tra Ryan e Strawberry. Era nell'aria da un po', ma nessuno dei due sembrava decidersi a mettere in chiaro le cose. Ma, un po' grazie all'involontaria complicità di Katherine (Kyle, povero, si trova sempre in mezzo a suo discapito xD), un po' per la testardaggine di Strawberry e per la pazienza e la decisione di Ryan... Ce l'abbiamo fatta!
Questo capitolo è nato da solo. Nel senso che all'inizio non era previsto. Contavo di risolvere molto più brevemente la questione e di parlare già qui del compleanno di Ryan. In realtà, credo sia stato necessario dare più spazio a questo "chiarimento": si sa, i tempi di questi due non sono dei più brevi ;) Spero che abbiate apprezzato e che non sia stato troppo melenso.
Bene, direi che ci si vede al prossimo capitolo per festeggiare il compleanno del nostro professore :)
A presto,

la vostra Comet

 
  
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