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Autore: Medea00    15/09/2013    3 recensioni
Raccolta in cui sono contenute tutte le OS che ho scritto per le Seblaine Sundays e l'iniziativa domeniche a tema, organizzata dal gruppo Seblaine Events. Tutti i rating e i generi che mi passano per la testa.
23/06: Supernatural!AU
30/06: Babysitting
21/07: Dystopic!AU
1/09: Aeroporto
15/09: Magia
22/09: Literature!AU
6/10: 4 canzoni del tuo Ipod
20/10: Raffreddore
27/10: Scommessa
17/11: Esame andato male
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa fanfiction partecipa all'iniziativa domeniche a tema organizzata dal gruppo Seblaine Events.

 

 





“Beh. Wow.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire Blaine, dopo essersi accasciato sul materasso accanto a un Sebastian completamente nudo e coperto unicamente da un lenzuolo azzurro. Aveva appena fatto quello che poteva essere descritto come “Il miglior sesso della sua vita” e ancora non riusciva a crederci.
“Sei rimasto senza parole, Killer?”
Sebastian si avvicinò lentamente a lui, guardandolo con i suoi occhi verdi ancora pieni di desiderio; era incredibilmente sensuale, non c’era niente da dire. Bastava quello sguardo, un sorrisetto accattivante, un morso leggero lasciato sulla spalla nuda, ed ecco che Blaine aveva già voglia di ricominciare, per non fermarsi mai.
“Lo sai”, Blaine cominciò ad accarezzare quei pettorali che adorava tanto, marchiati con dei succhiotti leggermente violacei. “Sei davvero fantastico.”
“Infatti lo so.” Ridacchiarono entrambi, persi per un secondo nella contemplazione di quel gesto tanto intimo quanto confortante. “Ed è sempre un piacere farti avere orgasmi da urlo, Anderson. Soprattutto se continui a gemere in quel modo.”
Sentendo quelle parole, al solo ricordo di quanto successo appena dieci minuti prima, Blaine avvampò di colpo, smettendo di accarezzarlo e abbozzando un sorriso timido e tirato.
“Ehi.” Si sentì chiamare da Sebastian, con quel tono sempre pungente e malizioso. “Non devi vergognarti. Lo sai che mi fai impazzire.”
“Oh, lo so bene. Stiamo insieme, tra virgolette, da tre mesi, ormai.” Sottolineò bene quelle due parole, dal momento che lui e Sebastian non stavano veramente insieme e ci tenevano entrambi a specificarlo. Loro due non stavano insieme, a malapena uscivano insieme per andare a prendere una pizza e portarla a casa. Loro due si vedevano a casa di Sebastian, facevano del sesso da favola, e poi chiacchieravano del più e del meno fino a quando non sorgeva l’alba. Qualche volta si scrivevano dei messaggi, ma niente di troppo personale. Fatto sta che, con il passare del tempo, i loro incontri mensili erano diventati settimanali, e adesso quasi giornalieri, visto che si vedevano un giorno sì e l’altro pure.
Sebastian aggrottò le sopracciglia, quasi confuso: “Davvero? Sei il mio scopamico fisso da tre mesi?”
“Sì. Buon mesiversario da scopamico, Sebastian.”
Il sorriso sul volto del ragazzo diventò per un attimo più dolce, nel rispondere: “Anche a te killer. Sai, questa cosa dello scopamico è una novità, per me. Di solito non faccio mai coppia fissa con qualcuno. Si potrebbe dire che sei la storia più lunga che abbia mai avuto.”
“Lo so”, Affermò, ma nel momento stesso in cui le parole uscirono dalla sua bocca, cercò subito di rimangiarsele affrettandosi a dire: “Cioè, voglio dire, lo immaginavo, visto che mi avevi sempre detto che non eri tipo da storie serie e solo da sesso occasionale e-“
“Perchè balbetti?”
“Perchè-perchè non voglio che tu pensi che io abbia fatto... tipo... ricerche su di te.” Ops. Forse si era appena fregato da solo.
“Blaine.” Sebastian lo fissò a lungo. “Mi hai stalkerizzato per caso?”
Temette che quel piccolo momento di serenità terminasse lì: con lui che dovette ritrarre la mano per paura di accarezzarlo ancora e Sebastian che lo fissava incolore, le labbra chiuse in un’espressione neutra, mentre aspettava pazientemente una qualsiasi risposta che non fosse una bugia. Ci teneva sempre tanto, lui, a sapere la verità su tutto.
“...Sì? Forse? Il... il giorno dopo che ci siamo conosciuti a quel bar e mi avevi dato il tuo numero?” Gli costò caro ammetterlo. Tanto che, subito dopo, con gli occhi grandi che imploravano perdono gli chiese dolcemente scusa. Avrebbe potuto arrabbiarsi, sapeva che sarebbe stata l’occasione perfetta per un litigio con i fiocchi con tanto di porte sbattute e “Vai a quel paese” urlati da una parte all’altra della stanza; invece, con grande sorpresa di Blaine, si alzò con i gomiti per andargli incontro e catturare la sua bocca in un bacio famelico, gesto che lo coglieva sempre di sopresa e, allo stesso tempo, lo mandava su di giri in meno di un secondo. Sebastian si mosse sopra di lui, afferrandolo per i fianchi con troppa forza, probabilmente, ma a Blaine non dispiaceva affatto. Se non fossero ancora in stato di ripresa post-orgasmo, quei baci pieni di lingua e sospiri si sarebbero trasformati in qualcos’altro, con sommo piacere di tutti e due. Invece, dopo qualche minuto sin troppo breve, furono costretti a staccarsi; Blaine, dolce Blaine, lo guardava con un sorriso che avrebbe sciolto un ghiacciolo al Polo Nord, mentre Sebastian restò sopra di lui, accarezzandogli il volto con una mano e facendo attenzione a non soffocarlo con il suo peso.
“Se mi fai questi occhi da cucciolo mi spieghi come posso prendermela con te?”
Blaine sorrise. Era così sollevato che avrebbe voluto baciarlo un’altra volta.
“Non puoi infatti. Ti prego, perdonami per non avertelo detto prima...”
“Non fa niente.” E, per un attimo, fu come se qualche pensiero a lui sconosciuto gli attraversò la mente. “Dopotutto anche io ho dei... segreti, che non ti posso rivelare.”
 “Oh. Davvero?” Questa era nuova. “Segreti... di che tipo?”
“Del tipo che se lo sapessi mi lasceresti all’istante e, sinceramente, non mi va. Sei troppo bravo a letto per lasciarti andare.”
Blaine sapeva bene che era un modo per spezzare la tensione, che avrebbe dovuto ridere e poi baciarlo, magari facendo l’amore un’altra volta. Ma come pretendeva di poter lasciar cadere l’argomento così facilmente, dopo avergli messo tanta curiosità addosso? Voleva quanto meno sapere l’ambito che riguardava il famoso segreto. Era un segreto di famiglia? Era un pregiudicato? Un agente segreto?
“No, no, niente del genere”, Gli rispose Sebastian dopo quella raffica di domande, una più assurda dell’altra. “È che... non ci crederesti.”
“Mettimi alla prova.” Propose Blaine. Il punto, è che non aveva mai visto un’espressione così seria sul volto di Sebastian. Doveva essere un segreto importante, un segreto che covava da chissà quanto tempo, ormai. Uno di quelli che non aveva mai rivelato a nessuno per paura, o per precauzione, o per chissà quale altro motivo ad esso collegato.
Ma Blaine sapeva tenere i segreti. Era bravissimo con i segreti.
Sperò di essere riuscito nell’intento di farlo parlare, ma capì subito di aver fallito nel momento in cui lo vide aprir bocca con un sorrisetto: “Vedi Blaine... devi sapere che io sono un mago.”
“Ah. Ma non mi dire.”
“Ebbene sì, ma ti dirò di più.”
“Sono tutt’orecchi.”
“Sono un mago a fare pompini. Vuoi provare?”
Blaine roteò gli occhi al cielo, ma dovette trattenersi dal sorridere, perchè quel ragazzo era davvero incredibile e, soprattutto, mentre scendeva con le labbra lungo il suo torace, aveva paura che potesse sentire quanto forte stesse battendo il suo cuore.
 
 
“Allora ciao. Ti scrivo io?”
“Va bene. Ci vediamo.”
Blaine si sporse per dargli un piccolo bacio a fior di labbra. Si aspettava quasi che Sebastian si scostasse da lui, visto che erano sulla porta di casa, in mezzo a una strada affollata di Los Angeles e con il resto del mondo che avrebbe potuto scambiarli per una coppia di fidanzati; invece, per un secondo lo sentì approfondire il bacio e sorridere sulle sue labbra.
Blaine si incamminò per la quindicesima avenue con la consapevolezza che il sole era alto nel cielo, non c’era l’ombra di una nuvola all’orizzonte e la primavera aveva finalmente cominciato a fare il suo corso, con gli alberi in fiore, gli uccellini che cinguettavano, le strade affollate di persone che, finalmente, potevano godersi il bel tempo e uscire dal letargo. Andava tutto a meraviglia.
Fino a quando non notò un gatto nero nascosto tra i bidoni di un vicolo, che lo fissava con i suoi occhi nocciola come se volesse ucciderlo.
Beh, Los Angeles era piena di gatti, magari era un gatto qualunque che era semplicemente troppo affamato. Blaine lo ignorò tentando di camminare con passo più spedito, ma nel momento in cui ebbe superato quel vicolo, intravide con la coda dell’occhio quello stesso gatto dal pelo foltissimo che lo seguiva imperterrito.
Oh, e va bene.
Tornò indietro, stando bene attento di arrivare fino alla fine di quella strada buia e stretta, proprio davanti a un muro di mattoni pieno di murales. Il gatto si guardò intorno, soffiò due o tre volte e poi, in meno di un secondo, si trasformò in una ragazza dai capelli lisci e lunghi, che indossava un vestitino nero tipicamente anni sessanta e stava squadrando Blaine con le mani appoggiate sui fianchi.
“Rachel! Devi smetterla di seguirmi!”
“Osi anche controbattere, Blaine Anderson? Ti rendi conto di quello che stai facendo in questi ultimi mesi?”
Aveva la voce alta, squillante, era perfino più bassa ed esile di lui, ma nonostante tutto riusciva a incutere lo stesso molta paura. Più che altro perchè Blaine era perfettamente consapevole di quello che sapeva fare.
“Non sto facendo niente”, Tentò di discolparsi, sviando lo sguardo verso un murales che ritraeva due cuori e una freccia che li attraversava. “È solo... ci divertiamo un po’.”
“Questo me l’hai detto anche tre mesi fa”, Protestò lei, “Esattamente la sera stessa in cui lo hai conosciuto in quel bar e ti sei fatto trascinare nel bagno dopo nemmeno mezz’ora. Ma ti rendi conto che sono passati tre mesi? La situazione ti sta sfuggendo di mano, Blaine, devi ammetterlo.”
“Non è assolutamente vero.” Adesso, ricambiò il suo sguardo con altrettanta decisione. “Prima di tutto, non stiamo insieme, e seconda cosa-“
“Non mi interessa se non state ufficialmente insieme oppure no, Blaine, tu ti stai innamorando di lui!”
“Cosa? Non è vero!”
Era vero. Era terribilmente vero.
“Lo sapevo che sarebbe finita così.” Sbuffò Rachel quasi disperata, abbandonando le braccia lungo i fianchi. “Senti, in quanto tua sorella maggiore-“
“Siamo gemelli”, replicò lui.
“Ma io sono nata un minuto e mezzo prima di te. Quindi, devi ascoltarmi quando ti dico che questo è un errore madornale.“
“Oh ma piantala, tu stai con Finn da trentadue anni e io non ti ho mai detto niente!”
“Finn è un veggente, Blaine. Lui sa esattamente chi sono e, dì un po’, lo hai mai detto al tuo caro mortale dagli occhi verdi che sei uno stregone?”
Blaine emise un breve sospiro, appoggiandosi al muro vandalizzato con una spalla. Detta così, poteva suonare più spaventoso di quanto non fosse: in realtà lui era semplicemente un ragazzo che aveva ereditato dei poteri dalla sua famiglia e che, oltre tutto, non riusciva nemmeno ad usare bene. Rachel era sempre stata quella più brava trai due: le sue pozioni non fallivano mai, le sue mutazioni erano sempre impeccabili. L’ultima volta che Blaine aveva provato a trasformarsi in un gatto, era diventato un micio con il pelo corto e gli occhioni lucidi.
“Lo sai che non posso dirglielo”, Le rispose cinico, “E poi, non serve che gli dica proprio tutto della mia vita, no? Ognuno ha i suoi segreti. Anche lui ne ha!”
“Il suo segreto maggiore”, Sentenziò Rachel, “Sarà di aver nascosto il barattolo di Nutella dietro alle scatole dei cereali. Il tuo è che hai fatto ricerche su di lui usando la magia.”
“Volevo soltanto conoscerlo un po’ meglio!”
“Sì, e per queste cose esiste Facebook, non una sfera di cristallo!”
Restò in silenzio per un paio di secondi; non sapeva bene come rispondere a Rachel, sapeva che forse la situazione gli stava scivolando di mano, ma non lo avrebbe mai, mai e poi mai ammesso ad alta voce.
E poi, fin quando Sebastian continuava a non sospettare nulla andava tutto bene, no?
 
 
 
La svolta avvenne esattamente una settimana dopo. Sebastian e Blaine erano sdraiati sul divano del primo, avvolti da un’atmosfera rilassata e accogliente, con soltanto la luce di una piccola abat-jour a illuminare il soggiorno. Blaine era accoccolato al petto di lui, mentre si riscaldavano sotto a un plaid colorato. Non c’era nessun tipo di imbarazzo, soltanto quel silenzio che nasce quando due persone sono perfettamente a loro agio. Sebastian, sotto di Blaine, continuava ad accarezzargli i riccioli scompigliati dalle ore di sesso; si arrotolava un ricciolo tra il pollice e l’indice, per poi lisciarlo delicatamente. Blaine si era quasi addormentato quando sentì Sebastian chiedergli una cosa.
“Ti va di uscire?”
“Come?” Inclinò la testa, in modo da guardarlo dritto negli occhi: “Ma non avevi detto di aver già comprato la pizza e messa in forno?”
“Non intendevo per prendere qualcosa da mangiare”, mormorò Sebastian. “Intendevo che un giorno... invece di chiuderci direttamente in casa... potremmo farci un giro prima. E poi chiuderci in casa.”
“... Oh.” Spalancò gli occhi. Voleva un appuntamento.
“Certo. Voglio dire, mi piacerebbe molto.”
“Bene”, sorrise Sebastian, come se si fosse tolto di un peso enorme. Gli diede un pizzicotto sul fianco nudo, poi si sistemò meglio trai cuscini e gli occhi per riposare.
Blaine non riuscì a dormire quella notte.
 
 
“Ti rendi conto che è una PESSIMA idea?!”
“Rachel, stai calma.”
Finn Hudson conosceva Rachel Berry da tanto tempo, ormai. Troppo, considerando la vita degli esseri umani; in realtà era umano anche lui, ma per il suo trentesimo compleanno Rachel gli aveva fatto un incantesimo di lunga vita, decelerando il processo di invecchiamento. Adesso, entrambi avrebbero dovuto avere sessantacinque anni, ma avevano ancora l’aspetto di due giovani ragazzi.
“Non ci posso credere! Blaine, questa è l’idea peggiore che tu abbia mai avuto in vita tua! Ancora peggiore di quando a quarantadue anni hai incantato il ferro da stiro perchè stirasse i panni da solo, e hai incendiato casa!”
“Rachel, ti prego, cerca di contenerti.”
“No amore!” Replicò al suo fidanzato, divincolandosi dalla sua presa. “Non posso stare a guardare mentre mio fratello ci fa scoprire! Dovremmo cambiare città un’altra volta, e avevo appena cominciato ad ambientarmi qui!”
Gesticolò indicando la piccola casa in cui si trovavano: era un appartamento piccolo, disordinato, pieno di libri e vestiti sparsi per tutta la casa. Il tomo degli incantesimi era su un leggio in bella vista proprio accanto alla cucina, dove, al posto delle classiche pentole e padelle, c’erano calderoni, beker e infusi dai colori strani. I vicini di casa non avevano mai sospettato nessun movimento sospetto da parte dei fratelli Anderson, semplicemente perchè da anni ormai avevano fatto un incantesimo di protezione in grado di insonorizzare la casa. Per quanto riguarda l’oggettistica magica, beh, non avevano mai visite. A parte Finn Hudson che, comunque, faceva un po’ parte di tutto quel corredo magico.
Il quartiere era tranquillo, frequentato da famiglie e giovani coppie appena sposate; nessuno avrebbe mai sospettato che, in quel piccolo palazzetto a sei piani, risiedessero streghe e stregoni. La cosa più bizzarra mai successa era l’esplosione della griglia del signor Thompson, il loro vicino, nel giorno del Ringraziamento.
Blaine era seduto sulla poltrona, con gli occhi bassi e le mani in mano. Non c’era stato nemmeno bisogno di tornare a casa per avvisare Rachel del suo appuntamento: il vantaggio di avere un cognato veggente era che, nel sonno, prevedeva alcune cose prima di chiunque altro.
“Rilassati.” Finn posò delicatamente le mani sulle sue spalle, dandole un piccolo bacio in testa. “Blaine sa quello che fa. E non ho sognato niente di catastrofico riguardo a questo appuntamento.”
“Perchè tu sogni soltanto cose belle Finn. Sei ottimista di natura!”
Non aveva tutti i torti: Finn aveva sognato cose tipo la legalizzazione dei matrimoni gay in New York City, la nascita di un panda albino e perfino la vittoria dei Giants al Super Bowl. Non aveva mai sognato cose tipo le Torri Gemelle, i terremoti o catastrofi di qualsiasi tipo. Tra queste, rientrava anche un appuntamento disastroso.
“Blaine tu non sei ancora pronto per impegnarti seriamente con un mortale”, sentenziò Rachel. “Non sai contenere i tuoi poteri magici!”
“Ci riesco benissimo invece. Non sono più un bambino, smettila di fare la madre iperprotettiva che non abbiamo mai avuto!”
“Ehm, la situazione si sta facendo tesa, io me ne-“
“Resta qui”, ordinarono entrambi al povero Finn, lei con voce autoritaria, lui più che altro rassegnato.
“Me ne vado io”, disse infatti dopo un secondo, alzandosi in piedi per afferrare sciarpa e cappotto. Aveva un appuntamento e non sopportava i ritardi. Mentre scendeva le scale due scalini alla volta sentì le urla di Rachel riecheggiare per tutto il palazzo.
“Stammi bene a sentire Blaine Anderson! Se solo farai un errore, stasera, ti trasformo in un rospo! Mi hai capito? In un rospo!”
Il signor Thompson, intento a prendere la posta, lanciò un’occhiata a Blaine e sorrise. Lui credeva che fosse soltanto un modo di dire; nessuno prenderebbe sul serio una simile maledizione. Blaine, invece, deglutì aria fredda, controllando le mani per accertarsi che non fossero diventate squamose.
 
 
Sebastian quella sera era bello oltre ogni immaginazione.
Non erano i jeans scuri, o la camicia chiara, a renderlo così affascinante. Forse era tutto l’insieme: era il vederlo sotto la luce di un lampione, davanti a un bar, un sorriso rivolto soltanto a lui. Blaine non si sentiva così da almeno venticinque anni.
“Come stai Sebastian?”
Il ragazzo scoppiò in una risata leggera, prima di sporgersi verso di lui e dargli un bacio a fior di labbra, accompagnato da una lieve palpata al sedere.
“Guarda che non serve fare il carino con me, per infilarti nelle mie mutande.”
Si ritrovò ad arrossire improvvisamente, sotto lo sguardo divertito di Sebastian, che lo fissò per un attimo: “Comunque, sei irresistibilmente sexy questa sera.”
“Grazie”, sussurrò. Diavolo, aveva la gola secca, le mani sudate e gli era venuto uno stranissimo tic alla gamba che la faceva ballettare. Si chiese se fosse ancora in grado di fare queste cose: appuntamento classico, flirt inconsapevole. E se fosse stato un completo disastro? E se Sebastian si rendesse conto che, fuori da un letto, non era poi tutto questo granchè?
Era talmente preso dal suo nervosismo e dai suoi pensieri pessimisti che, dopo nemmeno cinque minuti da quando si erano seduti a bere e conversare, con un gesto troppo brusco della mano rovesciò mezzo coctkail direttamente sulla sua polo verde, macchiandola dal collo fino all’ombelico.
“Cazzo”, imprecò sottovoce, a denti stretti. “Cazzo cazzo cazzo.”
Che bella figura del cavolo aveva fatto.
“Killer. Rilassati.” Sebastian si sporse verso di lui con un sorrisetto, prendendogli il drink dalle mani. “Non essere così teso, ok? Sono soltanto io. E tanto, tra qualche ora, quella maglietta finirà a terra accanto al mio letto matrimoniale.”
Era carino da parte sua cercare di confortarlo in quel modo, ma Blaine non poteva passare la serata con una macchia simile. Mentre Sebastian si era voltato in cerca di un fazzoletto sopra agli altri tavoli, Blaine strinse la polo tra le dita e strizzò velocemente gli occhi e annuì con forza; a Sebastian quasi scivolò il fazzoletto, quando si accorse che la macchia non c’era più.
“A quanto pare non ce n’è più bisogno di un fazzoletto!” La voce di Blaine era salita di un’ottava. “I drink di oggi, eh? Meraviglioso.”
“Blaine.” Sebastian continuava a guardarlo piuttosto perplesso. “Ma la tua polo non era verde?”
“... Sì?”
Cazzo. Aveva colorato la sua maglia di blu.
“Ah, queste luci. Fanno sempre brutti scherzi, vero?”
Sebastian inclinò leggermente la testa da un lato: “Eppure non credevo di essere daltonico.”
“Potresti farti controllare la vista! Il buco dell’ozono rovina gli occhi, lo sai? L’ho letto su un giornale giusto l’altro ieri!”
Oh mio Dio. Sebastian non ci avrebbe mai creduto a una cosa simile ma, per qualche strano e fortunato evento del destino, in quel momento un tizio aveva appena raggiunto il record di bevute nella storia di quel locale, e ci fu un’ondata di urla e applausi.
Il fragore cessò soltanto dopo diversi minuti, così Sebastian e Blaine tornarono composti sulle loro sedie intenti a guardarsi negli occhi.
“Insomma...” Sebastian sembrava aver scordato di cosa stessero parlando. Finalmente un colpo di fortuna.
“Dove la tenevi nascosta questa nuova polo? Hai un rimedio per qualsiasi eventualità in caso di errori in un appuntamento?”
O forse no.
“Ah ah, beh io, come dire...”
“Oltre tutto ti sei spogliato e rivestito in un secondo netto. Ma forse questo è in parte merito mio.” Gli fece un occhiolino che poteva letteralmente stenderlo. Blaine arrossì vistosamente senza sapere bene cosa dire: doveva trovare un modo per risolvere quel problema, un modo per fargli dimenticare l’accaduto e concentrarsi su altro.
Bene: avrebbe fatto inciampare la cameriera, così da rovesciare il bicchiere d’acqua proprio su quel signore accanto a loro.
Quei due lo avrebbero perdonato, pensò mentre faceva un piccolo schiocco di dita.
Dopo nemmeno un secondo per tutto il locale risuonò lampante l’allarme anti incendio, che fece scattare le misure di sicurezza e innaffiare tutti i clienti con gli spruzzini collocati sul soffitto.
Chiaramente, beccarono anche lui e Sebastian.
“Non ci posso credere”, Lo sentì inveire una volta usciti fuori, strizzandosi i lembi della camicia completamente zuppa. “Che locale di merda. Io questi li denuncio.”
“Già. Davvero assurdo.”
Voleva sotterrarsi dentro a un campo di zucche.
“Mi dispiace Killer, se sapevo che i loro impianti anti incendio facevano così cagare, ti avrei portato in un altro posto.”
Oh Dio. Non solo adesso aveva il senso di colpa per aver rovinato la reputazione a quel bar, ma adesso si aggiungeva quella di aver fatto sentire Sebastian responsabile. Aveva i capelli tirati indietro come applicati con il gel, la camicia che aderiva perfettamente ai suoi muscoli tonici e eccitanti, i jeans neri che gocciolavano a terra, ma non completamente bagnati.
Dio, quell’appuntamento era un continuo attentato alla sua salute mentale.
“Non ti preoccupare, non lo potevi sapere!”
Dietro di loro passò una ragazza con un vestitino completamente bianco, che urlava: “Maledico voi e chiunque abbia fatto scattare quegli stracazzo di spruzzini!”
Blaine tossì giusto un paio di volte.
“Andiamo a casa? Chiamo un taxi.”
“Va bene. Solo che il mio portafogli è completamente fradicio...” Sebastian estrasse delle banconote accartocciate tra di loro.
“Non ti preoccupare! Offro io! Per scusarmi.”
“Scusarti? E di cosa?”
“Sdebitarmi. Volevo dire, sdebitarmi.”
Blaine si avvicinò al bancomat collocato giusto accanto al locale, tirando fuori la sua carta di credito per prelevare dei contanti.  Con sua grande sfortuna, però, la sua carta era scaduta perchè inutilizzata dal millenovecentonovantadue.
“Tutto bene?” Sebastian era a pochi passi, le mani in tasca; era arrabbiato, ma non con lui.
“Sì! Sì, tranquillo.”
Aveva bisogno di quei contanti: non poteva dire a Sebastian di essere completamente squattrinato, o che la sua carta non funzionava da venti anni. Decise di incantare il bancomat. Così, quando diede un piccolo calcio alla macchina, questa emise un verso robotizzato e inquietante, per poi cominciare a sparare banconote dall’apposita fessura, che svolazzarono per la strada attirando tutti i passanti increduli.
“Piovono soldi! Piovono soldi!”
Blaine si voltò verso Sebastian che, adesso, era dall’altro lato di una folla in delirio. Lo stava fissando.
 
“Quindi.”
Il taxi si muoveva lento. C’era molto traffico, considerato il giorno e l’ora, e Blaine teneva il volto incollato al finestrino sperando solo che quel viaggio finisse il prima possibile. Sebastian aveva un tono vago e distaccato.
“È stata una serata strana, non credi? Sicuramente la più strana di tutta la mia vita.”
“Già. Anche per me.”
Rispondere a monosillabi forse non avrebbe aiutato, ma Blaine era talmente imbarazzato da non sapere assolutamente cosa dire.
“Insomma, prima la polo che cambia colore, poi l’anti incendio scattato a caso, alla fine quel bancomat impazzito... e nel giro di nemmeno un’ora.”
“Che coincidenze, eh?”
Sicuramente non avrebbe aiutato nemmeno parlare in modo così isterico. Perchè Sebastian non era uno stupido: catturò il volto di Blaine con le mani e lo costrinse a guardarlo dritto in quegli occhi verdi.
“Blaine. Sei strano.”
“Co-come scusa?”
“Non intendo dire che sei un ragazzo strano. Intendo dire che chiunque, dopo stasera, sarebbe rimasto quanto meno allibito. Tu invece non hai battuto ciglio nemmeno una volta. E ancora mi devi spiegare come hai fatto a cambiarti in mezzo secondo, dal momento che non hai borse con vestiti di ricambio e nemmeno uno smacchiatore portatile.”
Non avrebbe potuto continuare così. Sebastian non era uno stupido, e le cose erano successe in maniera sin troppo evidente. Aveva ragione Rachel a dire che quell’appuntamento era una pessima idea, così come l’idea di poter stare con un comune essere umano.
Sebastian non poteva sapere la verità su di lui, ma nemmeno meritava di essere preso in giro così.
Non potevano avere futuro.
Quando socchiuse gli occhi, cercando di respirare, sentì l’auto in cui erano sbandare pericolosamente. Un’auto non aveva rispettato la precedenza e il tassista, per evitarlo, aveva dirottato il proprio veicolo, che stava per finire contro un palo.
Non avevano nemmeno le cinture di sicurezza.
Blaine non pensò con lucidità quando, con un gesto secco delle mani, fece scomparire il palo a pochi centimetri da loro, dando alla macchina lo spazio per frenare e salvarsi da un pericolosissimo incidente.
Il tassista cominciò a urlare come terrorizzato, gli occhi spalancati come se avesse visto un fantasma. Scappò dall’auto correndo e gridando al miracolo, aizzando il crocifisso che teneva al collo come un emblema.
... Beh. Almeno erano salvi.
“Come hai fatto.”
Blaine non era salvo per niente.
Si voltò verso Sebastian, aprendo un occhio per volta. Era pallido. I suoi occhi verdi erano attraversati da un velo di incertezza: paura.
Sapeva bene cosa aveva visto. Sapeva bene di aver visto Blaine compiere un gesto strano, e poi quel palo era sparito improvvisamente. Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: Sebastian aveva cominciato a porsi delle domande.
“Sebastian, io-“
“No. Adesso mi dici esattamente come cazzo hai fatto.”
Non era affatto il tono di una richiesta. Ma Blaine non poteva spiegargli esattamente come la sua mente figurasse delle immagini ben precise, che poi lui tramutava nella realtà; la magia era qualcosa di insolito, di irrazionale, e non ci sarebbe stato nessun modo per dirlo a Sebastian, senza traumatizzarlo pericolosamente.
In ogni caso lo avrebbe perso. Una volta giunta la consapevolezza, i suoi occhi cominciarono a pungere.
“Sebastian, ti prego...”
“Stammi lontano.” Aveva provato a prendergli una mano. Ma Sebastian era freddo, come mai in vita sua.
“Non ti voglio più vedere. Mai più.”
Erano parole che ferivano più di qualsiasi maledizione mai creata.
 
 
 
Blaine non aveva più parlato di quella sera. Era tornato a casa, aveva ignorato Rachel e Finn intenti a provare una nuova pozione e si era chiuso in camera, la porta sigillata e un cuscino sopra la sua testa. Non servivano molte parole: avevano capito benissimo. E poi, insomma, era bastato interrogare le carte per scoprire i dettagli sull’accaduto.
Blaine restò in quello stato per i successivi tre giorni.
Non era soltanto la sensazione di essere stati scoperti, che faceva male; era l’aver perso l’unico ragazzo che riusciva ancora a farlo arrossire. L’unico ragazzo che gli era mai interessato davvero.
Di tanto in tanto Rachel veniva a fargli visita. Gli portava i pasti, lo rassicurava dicendogli che, anche se Sebastian lo avesse detto a qualcuno, nessuno gli avrebbe creduto. Il giorno dopo il palo era tornato magicamente al suo posto e al tassista era stata tolta la patente, accusato di guida in stato di ebbrezza.
A parte qualche credente che aveva gridato al miracolo, dopo due giorni nessuno ne parlava già più: la vita andava avanti a Los Angeles. Fatta eccezione per quella di Blaine.
“Blaine, dovrai uscire da qui, prima o poi.”
Finn era seduto sul bordo del letto con un pacchetto di biscotti e l’aria preoccupata. Blaine sembrava uno di quei ragazzi a cui avevano appena spezzato il cuore: inconsolabile, eternamente demoralizzato.
“Non voglio uscire.”
“Ma Sebastian-“
“Sebastian niente. Non voglio uscire, Finn. Lasciami in pace.”
Era un copione che si ripeteva da giorni. Blaine voleva soltanto dormire, guardare il soffitto e maledirsi in tutti gli incantesimi che conosceva per aver rovinato l’unica occasione davvero importante della sua vita. Non avrebbe più rivisto Sebastian. Non sarebbe più stato con nessuno: da quel momento in avanti si sarebbe concentrato sulla magia, e nient’altro.
Dopo un’oretta abbondante sentì il campanello della porta riecheggiare fino a camera sua. Ed era ridicolo che Rachel ricorresse a quei mezzucci per farlo alzare dal letto: era anche casa sua, aveva le chiavi e poteva benissimo aprire.
Ma più passavano i minuti, e più il campanello insisteva in modo quasi estenuante, fino a quando Blaine non fu costretto ad alzarsi per aprire a sua sorella.
Soltanto che non comparve soltanto sua sorella, davanti a lui. Sebastian indossava un impermeabile scuro e degli occhiali da sole che aveva appena tirato su.
“Cos-Cosa-Come...?”
“Mi devi un favore, Blaine. Uno bello grosso. Finn, andiamo via.” Cinguettò la sorella con gli occhi rivolti al suo ragazzo, che in due falcate raggiunse l’entrata per stringere la mano a Sebastian.
“Finalmente ti conosco, Sebastian! Io sono Finn.”
Il ragazzo apparve alquanto confuso: “Come fai a sapere il mio nome?”
“Oh, beh, l’ho sognato! Sono un veggente sai. Sogno cose legate a chi mi sta vicino.”
Blaine si battè una mano sulla fronte. Ecco, adesso Sebastian lo avrebbe fissato, avrebbe detto “Grazie” e sarebbe andato via.
“Ah. Ho capito. Dovrai dormire un sacco, allora.”
Un momento. Cosa aveva appena detto?!
“Eggià! Beh, noi vi lasciamo soli. Blaine, non fargli toccare i calderoni!” Trascinò Rachel fuori dalla porta e la richiuse alle loro spalle. Blaine poteva ancora avvertire lo sguardo inquisitorio della sorella su di lui, ma adesso aveva altro a cui pensare.
Non riusciva a crederci che Sebastian fosse lì. A casa sua. Ad osservare tutti i tomi di magia e le pozioni fumanti, e ancora non era scappato a gambe levate. Cercò di trattenere tutta l’euforia nel suo corpo quando chiese, con voce contenuta, come avesse fatto Rachel a convincerlo.
“Ha usato parole molto efficaci”, Rispose Sebastian. “Ho aperto la porta e c’era un gatto. L’ho riaperta e c’era lei.”
“... Ah.”
“Diciamo che ho preferito non obiettare quando mi ha detto di venire qui a parlarti.”
Rachel che spaventava Sebastian Smythe, alta esattamente la metà di lui. Quella sì che era una cosa da ricordare. Stava quasi per sorridere, prima di ricordarsi che Sebastian fosse ancora lì, spaesato, intento a fissare il ferro da stiro che svolazzava qua e là. Blaine si morse un labbro, arrossendo fino alla punta dei capelli: “Io... ti devo delle spiegazioni.”
“Già. Direi.”
“Quello che è successo l’altra sera... è stata opera mia. La maglietta, l’anti incendio... sono stato io. Ma non volevo, te lo giuro! È solo che... non riesco a contenermi.”
Lo vide esitare per un attimo, inarcando un sopracciglio con il volto rigido dalla tensione: “Sei... pericoloso?”
“No! No, per niente! Cioè, non involontariamente. Non farei niente che potesse ferire gli altri. Soprattutto tu...” Ammise sottovoce, guardandosi i lacci delle scarpe. “Sebastian io-io sono sempre lo stesso Blaine che conosci tu. Quello a cui piace mettere i peperoni sulla pizza, che si lava i denti prima di andare a dormire, che adora commentare insieme a te i canali stupidi su Real Time...” Si schiarì leggermente la voce, divenuta un po’ più tremolante. “Mi dispiace. Non volevo che lo scoprissi così. Non volevo che lo scoprissi e basta. È solo che non andavo a un appuntamento da-“
Si interruppe: meglio non dirgli quanti anni avesse in realtà. Non ancora. Uno shock alla volta.
“-Da tanto tempo”, Riprese. “E- e ci tenevo così tanto che questa serata andasse bene... io ci tengo a te.” Lo guardò con gli occhi grandi pieni di rimorso, lucidi per il dispiacere. “Non pretendo che tu possa capire o... perdonarmi. Averti qui è più di quanto potessi sperare. Ora, se non vuoi più vedermi, ti assicuro che non ti darò più fastidio in nessun modo. Mai più.”
Ci fu una pausa. Blaine non aveva il coraggio di guardare l’espressione di Sebastian, per paura di trovarci paura, rimorso o peggio: disgusto. Forse credeva che fosse un mostro. Non poteva dargli torto. Doveva imparare a convivere con la consapevolezza che non fosse come gli altri, che gli altri lo considerassero strano.
Ma quando avvertì la voce neutra ed esitante di Sebastian, sbattè più volte le palpebre.
“Quindi sei un mago.”
Annuì dopo un secondo, ma Sebastian si affrettò ad aggiungere: “Intendo dire, sei un vero mago. Con tanto di scopa volante e scuola dove vi insegnano a usare la bacchetta.”
“Quel Harry Potter ci ha rovinati.” Scosse la testa, sospirando appena. “No, niente bacchetta. Più che altro funziona con libri di magia e... pozioni. E magari ci fosse una scuola per imparare queste cose.” Si sarebbe risparmiato centinaia e centinaia di sortilegi falliti miseramente, con tanto di prese in giro di Rachel.
“E per quanto riguarda il volo, beh, sì, potremmo incantare una scopa, ma non lo facciamo più da secoli ormai: ci sono mezzi più comodi per viaggiare.”
“Tipo?”
“Gli aerei.”
Sebastian lo fissò come se gli avesse dato la risposta più assurda possibile.
“E poi, hai idea di quanto faccia freddo sopra le nuvole?”
“No no aspetta un attimo.”
Blaine non resistette all’impulso di osservarlo con la coda dell’occhio: sembrava palesemente sconcertato, l’aspetto scomposto come mai visto prima di allora, i capelli arruffati, forse ci aveva passato le mani più e più volte. Avrebbe tanto voluto rassicurarlo in qualsiasi modo, ma non aveva il coraggio di dire nè fare niente; si sentiva come sull’orlo di un precipizio, nel quale un passo falso avrebbe decretato la sua fine.
“Mi stai dicendo che la magia, gli incantesimi, tutte queste robe qui... sono reali?
“Sono sempre esistiti”, sussurrò Blaine, timido. “I poteri magici sono ereditari e... e non devi pensare che siano pericolosi, nocivi o quant’altro. Siamo delle persone che... possono fare delle cose.”
“È un modo piuttosto poetico per descrivere un palo che scompare.”
“Ma ci ho salvato la vita!” Ribattè finalmente lui, con il coraggio di alzare lo sguardo. “Sebastian, tutto quello che ho fatto, che facciamo-“ Indicò le cose intorno a lui, “Lo facciamo con il solo scopo di aiutare gli altri. Io ho sbagliato. Ho usato i poteri perchè volevo piacerti a tutti i costi, ma non mi pento di quello che ho fatto, non mi pento di-“
“Scusa un momento: tu hai fatto tutte quelle cose... per me?”
Era incredulo.
“Ma come fai a non capire?” Sbottò, le labbra contratte in una smorfia: “Come fai a non vedere quanto sei importante per me?”
Sebastian forse non si aspettava una dichiarazione simile; restò in silenzio, come imbarazzato per quelle parole, e Blaine pensò, per un momento, di aver parlato fin troppo. Quello che provava lui non aveva importanza, adesso. Scosse la testa come esausto, trattenendo le lacrime e la voce spezzata.
“Non sei venuto qui per sentire una dichiarazione. Perdonami. Chiaramente volevi solo una spiegazione su quello che fossi e... mi dispiace di non avertelo detto prima. Non volevo mentirti, pensavo che potessimo continuare così, ognuno con i suoi segreti...”
“I miei segreti sono un po’ più stupidi dei tuoi”, Esordì allora Sebastian, mentre respirava a pieni polmoni come se fosse in mancanza d’aria. Quando Blaine lo interrogò, con i suoi occhi grandi, si strinse nelle spalle: “Il mio segreto in realtà era che mi sto innamorando di te. Ma vabè.”
“Co-COSA?!”
Oddio. Oddio. Il suo cuore stava seriamente per implodere.
“Certo Blaine. Perchè diavolo sarei qui, altrimenti?!”
“Per... per denunciarmi?”
“Non riesco a crederci.” Sbuffò allora lui. “Tu-tu sei un mago, Cristo, e lo avevo ipotizzato in questi giorni, eppure nonostante questo non faccio altro che pensare a te. Ai tuoi occhi, alle tue labbra e anche se quella sera è stata la sera più fottutamente assurda della mia vita, io ne voglio ancora. Ancora, e ancora. E Dio, forse sono masochista.”
“Sei innamorato di me.” Blaine scandì ogni singola sillaba, per poi ripeterlo un’altra volta. “Sei innamorato di me!”
“Sì, va bene?! E tu hai fatto saltare in aria un Bancomat!”
“Sei innamorato di me Sebastian!”
“L-La smetti di ripeterlo a macchinetta?! Mi fai sentire uno scemo!”
“No, non capisci! Vuol dire che se sei qui hai accettato quello che sono, vuol dire che mi stai dando la possibilità di dimostrarti che sono sempre io, il tuo Blaine!”
Sebastian scosse la testa più e più volte, frenando il rantolare di Blaine cercando di prenderlo per le braccia per chiarificare: “Smettila. Non sono venuto qui per questo. Sono venuto qui perchè tua sorella è un cazzo di gatto, Blaine, avevo paura mi trasformasse in una scimmia o che cazzo ne so, qualcosa di simile.”
Si guardarono per una manciata di secondi. Dopodichè scoppiarono entrambi a ridere. Così, senza motivo. Forse perchè il peggio ormai era passato. Forse perchè Blaine sapeva di avere ancora una possibilità con Sebastian, e questo gli bastava per sconfiggere qualsiasi altra esitazione.
Fu per questo motivo che si levò sulle punte e cominciò a baciarlo piano, senza troppa intrusione. Aspettò con pazienza che Sebastian si abituasse a lui, si rendesse conto che erano sempre le stesse labbra che baciava da ormai tre mesi; attese il suo permesso per andare oltre, e alla fine arrivò, nel momento in cui lo sentì dischiudere le labbra, passare delicatamente le labbra sulle sue e stringerlo più comodamente tra le sue braccia, facendo schioccare le loro lingue.
“Grazie per avermi dato una seconda possibilità”, Sussurrò Blaine e, per la prima volta, si sentì stregato. Sebastian riprese a baciarlo con più passione, per poi staccarsi e dire: “Sai, sono un mago anche io.”
“Ah sì?” Sorrise sulle sue labbra, avvicinandosi un altro po’ di più, mentre le mani di lui scendevano lungo i fianchi e cominciava a baciargli il collo.
“Sì. Ho un’interessantissima bacchetta magica proprio dentro questi pantaloni. Vuoi vederla?”






 
   
 
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