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Autore: La Matta    15/09/2013    2 recensioni
Terra, anno 2186. Mentre i Razziatori assediano la Terra, qualcuno invia strane mail che sembrano in grado di anticipare i loro attacchi. E’ un nemico? Un folle? Un alleato? Nessuno lo sa.
Intanto, nello spazio, Konstantin Shepard è alle prese con le ultime fasi della guerra - ai Razziatori, ma anche a Cerberus - e col presentimento che la fine ormai è vicina, in un modo o nell’altro.
Ma sarà un finale…. diverso. Perché, oltre a Distruzione, Sintesi e Controllo… c’è una quarta scelta.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Konstantin Shepard'
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la quarta scelta 11

Capitolo Decimo

Le origini (parte prima)

 

Emeirin guarda una serie infinita di codici, che scorrono davanti ai suoi occhi in una luce azzurrina.

Sa che sono giusti.

Lo sa grazie a quella sicurezza che non viene da decenni di studio, né da un innato talento.

Lo sa della sicurezza che hai quando parli di te stesso, quando elenchi il tuo nome, il tuo cognome, la tua data di nascita e il pianeta da cui provieni.

Infiltrare quel virus è come raccontare la sua storia.

Socchiude gli occhi, calcolando il tempo.

Ormai dovrebbe mancare poco.

 

- Ormai manca poco. L’Impero è caduto e non si riprenderà. Lo sai tu e lo so io.-

Si china in avanti, il volto a pochi centimetri da quello del prigioniero

- Quindi, perché protrarre l’agonia? In fondo, non desideri una morte rapida e pulita? Una morte dignitosa?-

Lui solleva lo sguardo e nei suoi occhi c’è una muta ira e un’orgogliosa ostinazione.

Emeirin sospira, poi solleva un piccolo dispositivo e se l’accosta alle labbra.

Sussurra qualcosa, in una lingua che il prigioniero non capisce ma con i modi di chi prende appunti durante un monotono esperimento.

 

Per quanto la memoria di Emeirin sia perfetta e conservi ogni dato in un’ordinata compilazione, i ricordi di quella guerra le sembrano più nitidi degli altri, con colori più accesi, con sensazioni più forti.

E’ stato durante l’ultima, disperata resistenza dell’Impero prothean, che Emeirin ha capito che c’era qualcosa di diverso, in lei. Che quell’abito di carne non si era limitato a farle raccogliere maggiori dati sulla vita organica, a capire meglio e più a fondo il loro modo di pensare.

Indossare quella pelle l’aveva cambiata.

 

- Quella pelle ti ha cambiata, sorella.-

- Non è vero. Ho ancora chiari i miei ordini e i miei limiti.-

- Già una volta è stato possibile cambiarti. La tua progettazione è fragile. Il tuo istinto malleabile.-

- Era il modo migliore per entrare in contatto con le razze organiche.-

- Desiderarlo è stato il primo errore dei nostri creatori.-

Emeirin si guarda le mani, poi solleva lo sguardo verso il manufatto.

- Che vuoi fare, di me?-

- Il tuo vero corpo è andato distrutto. Non tenteremo di costruirne un altro.-

- Perché?-

- E’ la via logica più forte. Non puoi più combattere al nostro fianco, perché te ne è venuta meno la volontà. Privandoti della tua vera forma, t’impediremo di prendere parte al conflitto. La mietitura procederà inalterata per tutte le prossime ere e tu non dovrai scegliere fra i tuoi fratelli e la tua nuova coscienza.-

 

Era davvero la via logica più forte?

L’avevano privata della sua identità, le avevano imposto un corpo di carne, un malaugurato incrocio fra umano e sintetico.

E come nell’universo, anche dentro di lei le due parti si combattevano.

C’erano voluti secoli per mettere a tacere la prima ed accettare la vita organica.

Fingersi un essere umano, camminare con loro, parlare, vivere.

Sta ancora rimuginando sul passato, quando la porta si apre, con un sibilo forzato. Scintille sprizzano sul pannello di controllo mentre, da fuori, Shepard lo viola col factotum.

Un sorriso stira le labbra delicate di Emeirin.

Preme un tasto e la porta si spalanca, per richiudersi di scatto quando la comandante è entrata.

La scruta per qualche istante - il suo nemico e la sua bambina, ciò che la lega alla vita organica e ciò che mette in pericolo la sua parte sintetica - e sospira.

- Mi dispiace.- è la prima cosa che dice

Konstantin estrae la pistola e si avvicina cautamente.

- Perché ci stai dirottando?-

Emeirin controlla per l’ultima volta la sequenza di codici.

- Non vi sto dirottando.- afferma, candidamente

Ormai il virus è partito, i sistemi di controllo sono infetti.

La sequenza è iniziata, impossibile interromperla.

La rotta è impostata, la Normandy sta per fuggire dalla battaglia.

Ormai, mentire non serve.

- Perché?- nel tono di Shepard, c’è una vena di disperazione. Il desiderio di sentirsi dire che è tutto un malinteso, che lei non collabora coi Razziatori, che lei è ancora la persona che ricorda - Perché stai facendo tutto questo?-

 

- Perché stai facendo tutto questo?-

Le parole bruciano nella sua mente.

Man mano che le ignora, il dolore peggiora, eppure il suo passo non rallenta.

- Perché distruggi ciò che abbiamo creato?-

Oltrepassa le porte del laboratorio.

Gli indottrinati nemmeno si voltano verso di lei, continuano a confabulare, mormorando.

- Perché? Concordavi con la mietitura. Concordavi sul destino delle razze organiche.-

Ed era vero. Concordava.

In un tempo non troppo lontano, era fiera del modo in cui i Razziatori avevano risolto l’eterno conflitto, in cui alternavano ere di pace a stermini e genocidi.

Poi, lentamente, erano venuti a galla i dubbi.

Tutti i dubbi che i Leviatani l’avevano programmata per porsi.

“Va e sperimenta”

“Trova una soluzione alternativa”

“Rispetta i tuoi fratelli, ma non sottometterti a loro”

I comandamenti dei suoi creatori le rimbombano nel cranio.

Estrae la pistola e, uno dopo l’altro, chirurgicamente, spara a tutti gli indottrinati.

Scienziati, cavie, spie, prigionieri… spara a tutti.

E non si sorprende quando, nei loro occhi morenti, scorge una strana luce, una fiammella che sembra sollievo.

 

- Emeirin…- Shepard abbassa un po’ l’arma, ma rimane tesa, pronta all’attacco -… sappiamo delle mail. Sappiamo anche che non eri davvero prigioniera di Cerberus. E ora… sappiamo che ci stai dirottando, anche se non capiamo come. Vuoi spiegarti?-

La donna sorride, riordinandosi un boccolo color rame

- Non è una bella storia.- sussurra - Non so se desideri conoscerla, piccola mia.-

- Non chiamarmi così.- sibila Shepard, stringendo più forte il calcio della pistola.

- Voglio che tu sappia che, nonostante tutto, i miei sentimenti verso di te non sono cambiati.-

- Com’è possibile? Come… spiegati, maledizione!-

- Va bene.- Emeirin posa il dispositivo, su cui ancora scorre la sequenza di numeri, il virus che si è installato nei sistemi della Normandy, che ha violato il cuore stesso dell’Alleanza - da dove vuoi cominciare?-

- Dall’inizio. Voglio sapere tutto. E non m’interessa se farà male, voglio saperlo lo stesso.-

Il sorriso di Emeirin è dolce e malinconico.

I suoi occhi si sono incupiti e ora hanno il colore di una giornata di pioggia.

- E’ davvero semplice, piccola mia.-

- Parla allora!- geme Shepard, esasperata.

Il sorriso di Emeirin si spegne:- io sono un Razziatore.-

 

Un Razziatore.

Il suono della parola sembra destinato a non spegnersi mai.

Rimane, come un sussurro, a riecheggiare nella mente di Shepard.

- Tu… tu sei pazza.- dice alla fine, sollevando di nuovo la pistola - Non so cosa ti è successo ma… ma hai bisogno d’aiuto.-

Emeirin non si scompone, come se si aspettasse quella reazione.

Fissa la canna della Carnifex, quasi affascinata, poi sospira.

- Eppure, se ci pensi, questo risponde a tutte le domande. Ecco perché sapevo degli attacchi, ecco perché sono riuscita a violare i sistemi della Normandy, ecco perché Cerberus mi stava studiando…-

Una sillaba dopo l’altra, quelle parole scavano solchi nel cuore di Konstantin come metallo rovente.

Ricorda il frammento che ha visto nei laboratori di Cerberus, il modo in cui l’Uomo Misterioso parlava della loro cavia e dell’esperimento.

Già allora aveva riconosciuto la donna legata al centro della stanza, attorniata da scienziati e monitor.

L’aveva riconosciuta e aveva negato la verità, si era concentrata su tutto il resto.

Ma era fottutamente logico.

Poteva essere vero?

La donna che l’ha cresciuta, che le ha cantato la ninnananna, la ragazza con cui ha costruito pupazzi di neve e che ha visto ridere e brindare assieme ai suoi genitori… Emeirin può davvero essere un Razziatore?

- Non ci sono parole per spiegarlo.- sussurra Emeirin, alzandosi in piedi per avvicinarsi

- Sta indietro.- sibila Shepard, tendendo il braccio che regge la pistola - Non un passo.-

La donna la guarda negli occhi e le sue iridi violette sembrano emanare un bagliore magnetico, il riflesso di qualcosa di immenso, di antico, di qualcosa di nascosto e assopito.

Si sistema un’ultima volta i folti capelli castani, poi posa entrambe le mani sulla canna della pistola.

- Non muoverti!- esclama Shepard, nonostante le tremino le mani

- Non vuoi conoscere l’intera storia, piccola mia?-

- Me la puoi raccontare anche stando ferma.-

Il suo dito indugia sul grilletto, conteso fra l’istinto di fare fuoco e il desiderio di trattenersi, di dare ad Emeirin un’ultima chance per spiegarsi, una possibilità di rendere tutto meno terribile.

- Se il Leviatano si fosse limitato a parlarti, probabilmente le sue parole non ti avrebbero raggiunta.- sussurra Emeirin, allungando lentamente una mano, per sfiorare il braccio di Konstantin - ha dovuto mostrartelo.-

Quando le dita della donna si posano sul braccio di Shepard, il mondo della comandante diventa improvvisamente nero e vuoto.

Le sembra di galleggiare, senza appigli, senza controllo.

Lentamente, una luce iridescente si proietta attorno a lei e rischiara un paesaggio primordiale, di una purezza tanto estrema da fare male agli occhi.

 

“Questo era il mondo in cui vivevamo” inizia una voce. Si espande dal nulla, come da un milione di altoparlanti nascosti nelle tenebre.

Konstantin prende un respiro profondo: è successa la stessa cosa, quando ha incontrato il Leviatano.

Solo che adesso non è la sua voce che ode, ma è quella di Emeirin.

Ha la stessa delicata inflessione che ricorda dall’infanzia, la stessa nota melodiosa, la stessa quieta armonia. Sembra che le stia leggendo la favola della buonanotte, non che le stia raccontando l’origine dei Razziatori.

“I nostri padri, le creature che chiami Leviatani, plasmarono il primo Razziatore come Strumento del loro volere, come metodo di preservazione della pace cosmica, gl’imposero di risolvere il conflitto. Il conflitto fra la vita organica e quella sintetica, il drammatico ciclo destinato a perpetuarsi. Quando lo Strumento pervenne alla sua decisione ed elesse lo sterminio come metodo di pacificazione, i Leviatani accolsero la soluzione, vedendone il potenziale positivo. Secolo dopo secolo, il Razziatore incrementò il suo potere. Millennio dopo millennio, raccolse seguaci intorno a sé. Era dopo era, ciclo dopo ciclo, i Leviatani erano divenuti lontani ed incostanti, fieri di come l’universo sembrasse il loro giardino e al contempo dilaniati da un dubbio inconscio: quello che ci fosse, in effetti, una soluzione diversa, una soluzione migliore.”

- Mi stai dicendo che i Leviatani non appoggiavano la mietitura?- chiede Shepard, al nulla attorno a lei

“Sto dicendo l’esatto opposto. Razionalmente, comprendevano la logicità del procedimento e l’apprezzavano per questo. Ma, inconsciamente, come può una razza di Creatori appoggiare la distruzione come destino ultimo di ciò che ha prodotto? Così, quando i Razziatori si ribellarono, non lottarono a loro volta, ma fuggirono, si inabissarono in mondi sconosciuti. E lì, crearono una seconda IA.”

Mentre la voce di Emeirin riecheggia nel vuoto, la luce inizia a vibrare e a plasmare immagini.

Non sono altro che ombre contro la parete, eppure Shepard le riconosce con agghiacciante nitidezza.

Vede i Leviatani che si muovono con quella loro maestosa calma, con l’eleganza dell’antichità.

Vede i loro occhi e sente il suono possente e impalpabile delle loro voci.

Nella luce - che ora ha lo stesso colore del manufatto attraverso cui gli esseri primigeni osservano il mondo - scorge i loro pensieri, sente il loro stesso turbamento.

- Come sai tutto questo?- domanda, in un sussurro, anche se già conosce la risposta

Il vuoto le restituisce la sensazione di un sorriso

“Perché io ero là”

Improvvisamente, la luce si muove. Crea un enorme tunnel, dove Shepard precipita, risucchiata dalle tenebre e al contempo accecata dalla luce. Cerca disperatamente qualcosa a cui aggrapparsi, per istinto più che per una vera ragione e infine cade sulla nuda roccia.

Il dolore è fievole, dura appena un secondo.

- Dove sono?-

“Tutti gli esseri organici dimenticano il trauma della nascita” spiega la voce di Emeirin, mentre la luce riprende a splendere “Io no.”

In una conca rocciosa, sette Leviatani stanno fermi, in cerchio, come durante un sacro rituale. C’è una sagoma, in mezzo a loro, che levita delicatamente nell’aria tersa.

Assomiglia in tutto ad un Razziatore: ha la stessa forma, lo stesso potere, trasmette la stessa angoscia, eppure è diverso. La sua corazza è bianca, cosparsa di minuscole gemme, frammenti di quei manufatti attraverso cui i Leviatani guardano il mondo, seguono la storia.

- Quella è l’altra IA.- sussurra Shepard, colpita.

In un battito di ciglia, Emeirin appare accanto a lei, come una vibrazione, come un pensiero.

- Quella, piccola mia.- mormora, prendendole delicatamente una mano nelle proprie - quella sono io.-

- Cosa sei, Emeirin?-

Gli occhi della donna si fanno malinconici, osservano la scena nella conca senza vederla.

- Io ero la speranza.- esala infine - i miei Creatori non fecero con me lo stesso errore che avevano fatto con lo Strumento. Mi imposero di trovare la pace, non solo di preservare la vita. La scelta della mietitura non era più attuabile, per me. Eppure… non si limitarono a darmi degli ordini - c’è una strana gratitudine, negli occhi di Emeirin, una strana dolcezza mentre fissa le sagome dei Leviatani - mi crearono quanto più possibile simile a loro. Mi diedero la capacità di comprendere le razze organiche e delle direttive per interagire con loro, senza distruggerle. “Va e sperimenta”. Il mio mantra, la mia vera missione. Nei secoli dell’esilio, i Leviatani erano approdati ad una soluzione. Sapevano che, osservando la vita organica dal di fuori, sarebbe per sempre parsa uno spreco di tempo, un ciclo destinato all’auto-annichilimento. Così, crearono me per osservarla dal di dentro. Mi crearono senza limiti, senza restrizioni. Mi diedero una volontà e non la plasmarono se non con pochi, rari imperativi. Uno di essi era non lottare contro lo Strumento. Contro mio fratello.-

- Perché?-

- Perché loro lo amavano, apprezzavano ancora il valore della loro creatura. Non desideravano distruggerlo solo perché aveva trasceso i limiti da loro imposti. Non gli avrebbero fatto la guerra solo perché aveva eccelso nei compiti affidatigli. I Leviatani sapevano che non meritava una punizione e per questo si rifiutarono di combatterlo.-

- Cosa successe poi?- chiede Shepard, voltandosi verso Emeirin.

Non si accorge del contatto delle sue mani che svanisce, semplicemente vede la sua immagine tremolare e dissolversi.

La scena nella conca inizia a muoversi istericamente, a scatti. Secoli trascorrono nel tempo di un respiro.

L’IA lascia la conca, il pianeta, lascia la casa dei suoi padri per andare a cercare lo Strumento Ribelle.

Quando finalmente il mondo rallenta e le immagini tornano distinguibili, di fronte all’IA troneggia l’Araldo, il primo Razziatore, l’origine della piaga dell’universo.

Si guardano e le loro voci sembrano toccare le corde più profonde dell’anima di Shepard.

- Come faccio a capirli?- sussurra, sperando che Emeirin la senta e le risponda

“Stai rivivendo uno dei miei ricordi, piccola.” spiega la voce del vuoto “Per questo vedi, e capisci, e provi. E’ l’unica forma di prova che posso darti, senza farti semplicemente impazzire.”

- Sarai parte della mietitura.- sta dicendo l’Araldo.

L’IA (Shepard ancora non riesce a chiamarla Emeirin) tace.

“Quella che a te sembra una placida accettazione, venne come risultato di profondi sconvolgimenti. La tecnologia dello Strumento era divenuta tanto elevata che gli fu possibile riscrivermi. Ancora non avevo la percezione del dolore, eppure fu la cosa più vicina ad esso che potevo provare. Immagina di sentirti sommergere dal vuoto, da una piena, da un fiume di oblio che ti penetra nell’anima. Non perderesti i tuoi ricordi, ma cambierebbe radicalmente il tuo modo di vederli. Quello che prima consideravo un dono - la scelta dei Leviatani di rendermi un punto d’incontro fra il sintetico e l’organico -, improvvisamente lo vidi come uno scherno, una beffa, una maledizione. La mia etica venne sommersa ed assecondare il Razziatore mi parve improvvisamente l’idea migliore, l’unica conclusione sensata. Fu quella, non la ribellione, la vera vittoria dello Strumento sul suo Creatore. E così, l’Araldo aveva bruciato i ponti, aveva cancellato l’unica possibilità di trovare un’alternativa alla mietitura.”

- E allora perché non sei con loro? Perché sei in un corpo organico?- incalza Shepard

“Perché potevano traviarmi, farmi accantonare i miei ordini, ma non potevano cancellarli. Non mi hanno mai resa una di loro, mai. Sono stata lo Strumento dello Strumento e, come il primo Razziatore, anch’io ho continuato ad evolvermi, a sperimentare, a scegliere quel poco che mi era concesso di scegliere. Non ricordo il momento esatto in cui il mondo iniziò ad apparirmi diverso, il giorno in cui i dati raccolti e le emozioni provate riuscirono a disseppellire il mio imperativo naturale. Ma posso dirti quando penso che il processo ebbe inizio.”

Shepard batte le palpebre e, dopo l’attimo di tenebra, si trova in un altro luogo.

E’ in un laboratorio, circondata da macchinari enormi e sconosciuti, che emettono suoni lugubri e luci evanescenti. Ogni scritta è in un alfabeto incomprensibile, segni arcani destinati a morire durante quella mietitura e mai scoperti dalle razze sopravvissute.

Un essere - che non somiglia a niente che Shepard abbia visto - sta immobile accanto ad una vasca.

Nella vasca, c’è qualcosa che ricorda vagamente un’Asari, ma che ha il corpo articolato e letale dei turian e lunghe lame color argento che le emergono dalle braccia. Ha sei occhi e, per il momento, sono tutti spenti, cupi come piombo.

“Quello” sussurra la voce incorporea di Emeirin “Quello era il mio primo corpo organico”

 

 

 

La Coda!

Questo è un capitolo critico.

Lo adoro - sono molto soddisfatta di com’è venuto - ma sono incredibilmente preoccupata. Preoccupata di incoerenze/demenzialità/strafalcioni/di aver ripetutamente affermato che la Terra è quadrata etc… sventuratamente, io e la fantascienza ci parliamo raramente, quindi non so se quello che ho descritto sia possibile… mi affido alla vostra pietà e alla quasi-onnipotenza dei Leviatani… e speriamo bene!

In questo e nei prossimi due capitoli si affronta la questione veramente cruciale e spero davvero che il tutto si regga in piedi almeno decentemente.

E se dovete essere crudeli, che diavolo, siatelo pure. Credo di essere psicologicamente pronta!

 

Alla prossima e un bacio a tutti!

- La Matta -

 

  
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