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Autore: Acinorev    16/09/2013    12 recensioni
«Hai mai visto i Guinness World Records?» chiese ad un tratto Harry, continuando a fissare il sole splendente sopra le loro teste.
«Cosa c'entra ora?» domandò Zayn spiazzato, guardando l'amico attraverso le lenti scure degli occhiali.
«Hai presente quei pazzi che provano a stare in apnea per un tempo sempre maggiore? Ecco, tu devi fare la stessa cosa», spiegò il riccio, come se fosse un'ovvietà.
Gli occhi di Zayn si spalancarono, mentre iniziava a pensare che Harry si fosse beccato un'insolazione. «Devo provare a battere un record di apnea?»
«No, ovvio che no - rispose l'altro scuotendo la testa. - Loro si allenano per rimanere sott'acqua, un posto dove non c'è la nostra fonte di vita, l'ossigeno. Tu devi fare lo stesso, devi imparare a vivere senza di lei.»
Sequel di "Unexpected", da leggere anche separatamente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unexpected'
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Look at me

Capitolo 18

Vicki.
 
Chiusi il cancelletto a chiave per la seconda volta, come se potesse darmi più tempo per prepararmi alla serata che mi attendeva, come se non ne avessi già avuto abbastanza. Sospirai profondamente e accarezzai Teddy, che continuava graffiare il ferro scuro con le zampe.
«A cuccia» gli intimai in un sussurro, ravvivandomi i capelli sciolti e mossi che cadevano sulle mie clavicole, coperte dalla porzione trasparente e più scura del vestito che indossavo, quello che Stephanie mi aveva aiutato a trovare per le vie di Londra, senza darmi la possibilità di fermarmi anche solo a pensare. A volte la sua decisione nel fare le cose mi lasciava senza parole.
Con l’auto parcheggiata davanti casa in mia attesa, cercavo di comportarmi in modo naturale, mentre stringevo nella mano sinistra la pochette nera nella quale riposi le chiavi, occupando gli ultimi centimetri di spazio libero: in realtà, ero terribilmente preoccupata e agitata – anche se avrei solo dovuto pensare a divertirmi, o qualcosa del genere – e continuavo a concentrarmi meticolosamente su ogni movimento da compiere per non inciampare nei tacchi in velluto nero, o per non far alzare troppo l’orlo dell’abito. Non arrivava nemmeno a metà coscia e aveva una forma relativamente semplice, lineare, se non fosse stato per la sua decorazione: era completamente ricoperto da strass colorati, che fasciavano il mio corpo senza segnare alcun difetto, ma che si fermavano a coprire il seno. Da lì, fino al collo delimitato da un bordino nero, il vestito continuava con un tessuto trasparente, appunto.
Non sapevo assolutamente se sarebbe andato bene, se sarebbe stato adatto, nonostante avessi più volte osservato gli invitati alle feste alle quali lavoravo: lo sguardo che mi fu rivolto da Zayn, però, che mi aspettava nell’auto guidata da Paul – nostro autista per l’ennesima volta -, mi rassicurò molto.
Quando aprii lo sportello di un nero lucido, infatti, mi immobilizzai in piedi sul marciapiede, con le labbra socchiuse e il cuore un po’ agitato: gli occhi del moro studiarono velocemente ogni mio particolare, forse con un po’ troppa insistenza, così io cercai di cavarmi fuori da quella situazione e dal silenzio che ci aveva avvolti da subito.
«Vado bene così?» chiesi timorosa, dando un’occhiata al mio vestito, come se non l’avessi fatto almeno trenta volte prima di uscire di casa. Quando alzai lo sguardo su Zayn, lui mi sorrise e annuì.
«Scherzi? – domandò, scivolando sui sedili in pelle finta per farmi posto. – Avanti, entra, prima che qualcuno ti rapisca e ti stupri».
Scossi il capo e ridacchiai, dandogli ascolto. «Se doveva essere un complimento, sappi che non era dei migliori – lo presi in giro. – Ma grazie lo stesso» aggiunsi, sorridendogli sinceramente.
 
Il vetro scuro dell’auto rifletteva il mio viso, mentre guardavo le strade sfrecciare al nostro fianco. O, più tardi, le persone dietro le transenne, che aspettavano impazientemente l’arrivo degli ospiti della serata, e i fotografi.
Deglutii a vuoto, inumidendomi le labbra coperte da un rossetto di un rosa poco appariscente, e chiusi le palpebre cercando di mantenere un certo contegno, appena Paul frenò per accostare: con le mani sulla pochette e gli occhi ancora chiusi, pregai che il mascara prestatomi da Clarissa non mi macchiasse le guance e che andasse tutto bene. Non avevo particolari timori o pretese, volevo solo che andasse tutto bene.
Spostai lo sguardo su Zayn quando sentii la sua mano raggiungere la mia per stringerla appena, per darmi un po’ di coraggio: avevamo parlato relativamente poco durante il tragitto, principalmente a causa delle mie risposte più simili a telegrammi, ma era ora di lasciare andare tutta quella tensione.
Gli sorrisi e annuii, facendogli capire che ero pronta, che potevamo scendere dall’auto e affrontare tutta quella gente che aspettava solo noi. O meglio, che aspettava lui, e che forse sarebbe rimasta seriamente colpita dal vedere anche me.
Cosa avrebbero pensato tutti? E io avrei dovuto ignorare qualsiasi loro ipotesi?
Appena lo sportello si aprì, le grida dei fans e il chiacchiericcio diffuso arrivarono ancora più forti alle mie orecchie, facendomi letteralmente stritolare la mano di Zayn. Lui aveva già una gamba fuori dall’abitacolo, ma si voltò verso di me con un’espressione comprensiva: probabilmente anche lui aveva dovuto fare i conti con le sensazioni che stavo provando io in quel momento. O forse aveva dovuto comportarsi in maniera simile anche con Kathleen.
«Rilassati, Vicki – disse semplicemente. – Ci sono anche gli altri qui fuori, e tutte quelle persone sono solo… Persone» concluse, alzando le spalle.
Inspirai profondamente e mi mossi verso di lui, mordendomi un labbro.
Zayn scese dall’auto e si piegò leggermente in avanti per porgermi di nuovo una mano e aiutarmi a scendere, in perfetto stile gentiluomo. Con gli occhi nei suoi, sorrisi debolmente mentre mi ritrovavo in piedi davanti a lui, immersa nel caos che tutte quelle voci e quei flash causavano.
Era davvero bello, quella sera: il completo elegante nero gli stava a pennello, senza creare alcun difetto e senza nascondere i suoi lineamenti armonici.
«Guarda me» aggiunse, assumendo un’espressione rassicurante, che mi fece sentire meglio.
Non ebbi il tempo di voltarmi o di fare un passo, che Niall sbucò alle mie spalle salutandomi con un affettuoso bacio sulla guancia: i pantaloni neri che indossava sembravano un tutt’uno con la camicia e le scarpe dello stesso colore. E nonostante il suo abbigliamento non fosse la definizione di “vivace”, gli donava moltissimo, contrastando con la sua carnagione chiara e i capelli biondi e spettinati.
«Sono su di giri - esclamò, continuando a muoversi. – Questa serata sarà epica» continuò, con un sorriso che gli illuminava il volto.
«Sembri iperattivo» commentai, posandogli una mano sulla spalla.
«E questo è niente – mi informò Liam, arrivando alla mia destra, mentre Zayn salutava Harry ed un’altra ragazza, ad un paio di metri da noi. – Devi vederlo quando inizia a bere». Abbie ridacchiò al suo fianco, avvolta da un vestito bianco che metteva in risalto quegli occhi vitrei e che sembrava molto semplice, se non si notava l’ampia scollatura sulla schiena.
«Allora credo che ci sarà proprio da divertirsi.»
«Oh, su questo non c’è alcun dubbio – mi assicurò Abbie, prendendomi a braccetto per dirmi qualcosa all’orecchio. – Tu vorrai anche dimenticare Louis, ma non credo che Louis riuscirà a dimenticare te, se sfoggi quelle gambe».
Mi sentii arrossire a quelle parole, e avrei voluto negare tutto, dirle che in realtà lui non doveva dimenticare niente, ma non ci riuscii, perché il respiro mi morì in gola proprio mentre il mio sguardo si posava sul soggetto dei miei pensieri, a qualche metro di distanza da noi.
Louis stava firmando degli autografi alle fans che allungavano braccia e mani anche solo per sfiorarlo, continuando a sorridere incredule quando lui rivolgeva loro qualche parola. I capelli castani non gli coprivano più la fronte, ma avevano un taglio simile a quello di Niall: erano alzati in modo disordinato, casuale.
Vedevo i suoi occhi azzurri brillare, nonostante lo spazio che ci divideva, e non potei fare a meno di soffermarmi sui suoi pantaloni eleganti di un grigio topo, abbinati al gilet sulla camicia bianca, che copriva tutti quei tatuaggi che mi piacevano tanto.
La sua mano sinistra, però, era stretta in quella di Eleanor, che sorrideva al suo fianco in un vestito blu elettrico e lungo fino a terra: era bella, più di quanto le foto lasciassero immaginare, più di quanto riuscissi a sopportare.
Guarda me, furono le parole che mi tornarono improvvisamente in mente.
Serrai la mascella e andai alla ricerca di Zayn, nella speranza di trovare un po’ di tranquillità nei suoi occhi.
«Non ci pensare, almeno per ora – esordì Abbie, interrompendo il mio trambusto interiore. Mi ero persino dimenticata di essere in mezzo a tutta quella gente. – Non credo che Louis si avvicinerà a noi, adesso: Eleanor non è molto felice della tua presenza qui».
Alzai un sopracciglio e annuii lentamente: in effetti, se loro si fossero uniti  a noi, cosa sarebbe successo? Io ed Eleanor saremmo finite l’una con i capelli nelle mani dell’altra, mentre Louis probabilmente peggiorava il tutto con uno dei suoi soliti commenti?
No, era meglio così. Era meglio non averli vicini, poter respirare.
Zayn guadagnò la mia attenzione, quando mi circondò la vita con un braccio facendo lo stesso con Abbie, alla quale lasciò un bacio sulla guancia che la fece sorridere. «Allora, andiamo?» chiese, guardando lei e poi me. Le labbra inclinate all’insù e gli occhi vivaci.
Guarda me.
 
Stephanie era una delle poche persone che io fossi davvero felice di vedere, tra quelle centinaia di invitati che affollavano l’enorme salone decorato a dovere. Per la maggior parte del tempo rimaneva in piedi nei pressi di uno dei lunghi tavoli allestiti da cibi e bevande di tutti i tipi, e supervisionava tutto e tutti con i suoi occhi attenti e vigili.
Spesso ero andata da lei per sentirmi un po’ più a mio agio: la prima volta avevo usato la scusa di doverla salutare, perché Louis ed Eleanor si erano appena uniti a noi e lei mi aveva rivolto un cordiale “non aspettarti che io faccia finta che tu esista” al quale io non avevo risposto, perché in fin dei conti potevo capirla, e perché Louis si era solo morso un labbro, guardandomi seriamente e obbligandomi ad allontanarmi con Abbie fingendo di stare bene. La seconda volta, avevo semplicemente fame. E la terza era dovuta alle troppe attenzioni che stavo ricevendo e che mi infastidivano: chiunque salutasse Zayn o il malcapitato che era in mia compagnia, chiedeva di me, voleva sapere in che rapporti fossi con tutti loro e mi studiava nei minimi particolari.
Questa volta, invece, avevo solo voglia di allontanarmi un po’ da tutti: non era una questione personale, perché Niall brillo era davvero divertente, così come lo erano Liam che cercava di contenere l’entusiasmo dell’amico, Abbie, che invece tentava di sopprimere i suoi istinti omicidi nei confronti di Alice – che avevo scoperto essere la ragazza di Harry – e Zayn, che cercava in tutti i modi di mettermi a mio agio, nonostante il suo carattere riservato e tranquillo. Il fatto era che loro erano abituati a eventi del genere, a tutte quelle persone e a tutti quei fotografi, che mi avevano strappato chissà quanti sorrisi finti nell’arco di un’ora e mezza, ma io non lo ero affatto.
Mi feci versare della semplice acqua in un bicchiere – forse l’unica bibita analcolica in circolazione -, nonostante fosse strano che a servirmi fosse Jackie, una mia collega con la quale avevo scambiato poche parole in passato. Steph si era allontanata e, probabilmente, stava controllando che tutto stesse andando per il meglio.
Avrei voluto che fosse lì, però, perché la voce di Louis Tomlinson era esattamente quello che non mi sarei mai aspettata.
«Eleanor è andata in bagno» disse soltanto, facendomi quasi sobbalzare. Mi voltai verso di lui e lo trovai troppo vicino a me, tanto che le nostre braccia quasi si sfioravano. Scelse un pasticcino, tra tutti quelli offerti, e per un attimo mi chiesi se fosse solo un pretesto.
Dovetti lottare contro l’istinto di perdermi volontariamente nei suoi occhi, quindi inspirai e presi un altro sorso d’acqua, tornando a guardare davanti a me. «E dovrebbe interessarmi?» chiesi.
Lo sentii abbozzare una risata, ma non gli diedi retta: possibile che non riuscissi a farmi prendere sul serio? Qualsiasi cosa dicessi per tenergli testa finiva per essere un fiasco.
«Sì, dovrebbe – confermò, annuendo con le mani in tasca. Aveva tolto il gilet e la camicia aveva i primi due bottoni fuori dalle asole. – Perché probabilmente sarà l’unico momento in cui potremo rimanere soli».
Mi girai lentamente a guardarlo, incredula e con il fiato sospeso. Che diavolo stava dicendo?
«Soli?» ripetei, con un sopracciglio alzato.
Lui annuì con tranquillità, inchiodandomi con le iridi fisse nelle mie.
«Tu sei un tale…» borbottai a denti stretti.
Lasciai la frase in sospeso, sbuffando e scuotendo la testa, mentre finivo tutta l’acqua nel mio bicchiere.
Un deficiente. Un presuntuoso. Una contraddizione vivente. Un incubo. Ecco cos’era.
Mi imposi di ignorare lo stomaco contorto su se stesso per le sue parole, di non dare il via libera alla mia immaginazione e alle mie illusioni, quindi rimasi semplicemente zitta.
«Lo so» esclamò, stupendomi per il tono serio che aveva scelto. Mi guardava come se avesse voluto fare un’ammissione di colpe, ma io ero davvero riluttante a fidarmi del mio istinto, perché fino a quel momento mi aveva sempre portata a sbagliare.
«Bene» buttai fuori in un sussurro, per fingere di riuscire a respirare normalmente. Anche con il suo profumo ad intontirmi. L’aveva cambiato: era più dolce e – per me – più letale.
Quando distolsi lo sguardo dal suo, per posarlo su qualsiasi altra cosa su quel tavolo, non ebbi il tempo di fare altro, perché Louis riprese a parlare e io fui costretta a tornare a studiare il suo viso.
«Ascolta, devo parlarti» furono le sue parole. E lui era così serio da farmi preoccupare: certo, è una sensazione che provano più o meno tutti in circostanze del genere, ma qualcosa nei suoi occhi mi spingeva a credere che stesse per succedere. Cosa stesse per succedere, però, non lo sapevo affatto.
Presa da una sorta di panico, mi guardai intorno velocemente – forse il mio inconscio, provato da tutti gli sbalzi di umore di Louis, stava già cercando un’ipotetica via di fuga per salvarmi dalle non poche illusioni che mi stavo facendo -, ma mi pietrificai quando mi accorsi di Eleanor.
«La tua ragazza è tornata dal bagno» dissi lentamente, senza nemmeno preoccuparmi di nascondere il fastidio e il dispiacere, indicandola con un cenno del capo. Stava chiacchierando con una distinta signora, a pochi tavoli dal nostro, e, se una parte di me pregava affinché non ci vedesse insieme, l’altra sperava che invece lo facesse: volevo farle un dispetto, proprio come una bambina, dato che si era presa ciò di cui io avevo bisogno.
Louis si voltò di scatto, cercandola tra tutte quelle persone, e io ne approfittai per godermi la linea della sua mascella, del collo. La forma delle labbra sottili e il profilo del suo viso. Tutte cose che mi imponevo di ignorare quando eravamo faccia a faccia, ma che non smettevano mai di chiamarmi, di tentarmi.
Mi riscossi solo quando tornò a guardare me, probabilmente cogliendomi in flagrante, dato che schiuse le labbra quasi con sorpresa. «Devo andare» disse lentamente subito dopo, senza lasciare andare i miei occhi.
Io annuii, stringendo la pochette tra le mani, anche se no, non volevo che Louis se ne andasse. Nonostante mi facesse arrabbiare, mi rendesse nervosa e fosse completamente imprevedibile, volevo che rimanesse lì al mio fianco, a mangiare pasticcini solo per avere una scusa per starmi vicino, a fissarmi con sfacciataggine e a farmi ridere per la rabbia che avrei voluto dimostrare ma che invece non riuscivo a buttar fuori.
O forse volevo solo che restasse perché così avrei potuto essere io, ad osservarlo: perché Zayn mi aveva detto “guarda me”, ma il più delle volte, quando mi sentivo a disagio, quando Stephanie non era al tavolo, io cercavo Louis solo per guardarlo e stare meglio. O peggio.
Lo seguii con gli occhi mentre si allontanava senza dire altro, scambiando parole veloci e vivaci  con le persone che incontrava.
Mi voltai e sorrisi a Jackie, che mi chiese se desiderassi qualcos’altro in un tono troppo cordiale. «Ti prego Jackie, sono una di voi: non preoccuparti» le assicurai in tono scherzoso.
Spalancai gli occhi quando due mani grandi si posarono sui miei fianchi, e in un attimo mi trovai faccia a faccia con Zayn, che mi sorrideva in modo spensierato. «Vuoi ubriacarti per dimenticare questa serata?» mi prese in giro, lasciando la presa dal mio corpo solo per prendere un bicchiere di vino.
Avevo constatato che riusciva a cambiare radicalmente, in mezzo a tutte quelle persone: all’inizio della nostra conoscenza avevo notato che il cipiglio nervoso, che caratterizzava il suo viso nel privato, scompariva completamente durante le interviste, le apparizioni televisive e il resto. Eppure, adesso, conoscendolo meglio, avevo capito che quel cambiamento era molto più accurato, perché era proprio il suo sorriso a cambiare nei suoi più piccoli particolari, le sue labbra ad inclinarsi diversamente, i suoi occhi a sforzarsi di risultare costantemente allegri: tutte cose che dall’esterno passavano inosservate.
Doveva aver faticato parecchio per imparare a fingere così bene, solo per ingannare i media e i fans.
«Se non fossi astemia, sarebbe un bel modo per farlo» risposi, ridendo per la sua espressione.
«Andiamo, non è così male – ribatté, mentre camminava al mio fianco verso il tavolo al quale erano seduti anche Harry ed Alice. – Devi solo farci l’abitudine» aggiunse, alzando le spalle.
Louis aveva raggiunto Eleanor, alla fine.
«È solo che è strano partecipare a eventi del genere… stando dall’altra parte» tentai di spiegare.
E no, sicuramente mi ero solo immaginata lo sguardo insistente di Louis su di me.
«Sì, immagino di sì» concordò, ricambiando il saluto di un fotografo, che subito dopo ci rubò una foto. L’ennesima.
La mano di Louis sul fianco di Eleanor, però, era più che vera.
«Vicki, guarda me» ripeté Zayn, spostandomi il mento verso di lui, in modo da dare le spalle alla coppia a pochi metri da noi che io non riuscivo ad ignorare. «Non puoi consumarlo in quel modo» continuò.
Abbassai lo sguardo, colpevole, e annuii esitante, mentre lui mi rivolgeva un mezzo sorriso che avrebbe dovuto rassicurarmi.
«Scusa» sussurrai, schiarendomi la voce. Era imbarazzante che qualcuno dovesse notare la mia gigantesca e fastidiosa gelosia, o anche la nostalgia masochista che provavo.
Zayn scosse il capo e si inumidì le labbra, dando una veloce occhiata alle mie spalle.
«Il fatto è che… Louis devi saperlo prendere. Devi provocarlo e fare il suo gioco, se non di peggio – spiegò, facendomi inarcare le sopracciglia. – Ha bisogno di una piccola spinta, diciamo».
Si avvicinò a me e io fui tentata di indietreggiare, ma non lo feci, nemmeno quando la mano destra di Zayn mi accarezzò il collo, spostandomi i capelli.
«Ma  io non…»
«Sta’ ferma» sussurrò, interrompendomi con gli occhi sulla mia bocca. Non aveva usato un tono imperativo, era più simile ad una richiesta, come se avesse sottinteso un “per favore” esitante.
Subito dopo, mi dimostrò senza troppe esitazioni di quale “spinta” stesse parlando: poggiò le sue labbra sulle mie, con tanta delicatezza da stupirmi, e io mi irrigidii, ma non lo allontanai.
 
 
Liam.

«Vieni qui» le ordinai con un sorriso sulla faccia, mentre lei scappava in uno stanzino che sbucava sul corridoio in cui ci eravamo intrufolati.
«Devo lavorare» si difese lei, passando dietro ad un piccolo tavolo, in modo da interporlo tra di noi, mentre io chiudevo la porta.
«Se ti lasciassi prendere, sarebbe tutto più semplice» ribattei.
«No, Payne – mi corresse, con il suo solito tono di voce calmo ma determinato. – Se tu la smettessi di rincorrermi per tutto l’hotel, io potrei tornare in sala e fare il mio lavoro».
«Stephanie, non rompere» la ripresi, facendo il giro del tavolo per raggiungerla. Lei non si mosse, al contrario di ciò che credevo, e io fui finalmente in grado di arrivarle tanto vicino da poter respirare il suo profumo.
«Sei un rompipalle» borbottò, alzandosi sulle punte dei piedi, intrappolati in quelle scarpe eleganti di un nero lucido, e baciandomi sulle labbra velocemente.
Quando fece per allontanarsi, mentre esclamava un «ecco, ora che mi hai presa posso anche andare, no?», avvolsi un braccio intorno alla sua schiena e la attirai di nuovo a me.
«Dovresti dire al tuo capo di farvi usare altre divise – sussurrai tra i suoi capelli, baciandole poi una guancia. – Sono un po’ troppo provocanti, non credi?»
Stephanie ridacchiò, con quella risata tanto in contrasto con i suoi modi di fare silenziosi e rilassati, e mi accarezzò il collo. «Stai parlando di un pantalone e di una camicia, comprese le scarpe orribili che dobbiamo anche comprare con i nostri soldi» disse, prendendomi per pazzo.
La feci indietreggiare fino a farla sedere sul tavolo, posizionandomi tra le sue gambe. «Sono comunque provocanti. Su di te.»
 
 
Vicki.
 
Nemmeno io avevo ben chiaro quale fosse il mio stato d’animo riguardo il bacio che io e Zayn ci eravamo scambiati in modo così inaspettato e impacciato. Non mi era dispiaciuto, se dovevo essere sincera, ma ero più che convinta che fosse solo perché l’idea di infastidire Louis in qualche modo mi aveva stuzzicata.
E mi sentivo in colpa, in parte, perché avevo usato Zayn, nonostante fosse stato lui a proporre quel piccolo stratagemma e nonostante io non l’avessi accettato con cattiveria.
Eppure non mi aspettavo che le cose si sarebbero evolute in quel modo.
Tanto per cominciare, Louis non mi aveva più degnata di uno sguardo per tutta la serata, nonostante io avessi continuato a cercarlo: forse era stizzito per quel che aveva visto – sempre se l’aveva visto – o, più probabilmente, era stato troppo impegnato a passare il tempo con la sua amata Eleanor.
Zayn, d’altra parte, era cambiato completamente, tanto da farmi chiedere se fosse tornato il ragazzo scontroso che avevo conosciuto: subito dopo quel piccolo bacio, infatti, si era rabbuiato e aveva iniziato ad ignorarmi senza troppe storie, facendomi scontrare di nuovo con i suoi occhi duri e tormentati.
Avevo paura che avesse osato troppo, per il suo stato d’animo: che il senso di colpa nei confronti di Kathleen si fosse accentuato e che quindi avesse voluto prendere le distanze da me. Ma non potevo parlargli, perché in mezzo a tutta quella gente era davvero impossibile.
Era meglio farlo adesso, con le chiavi di casa strette nella mia mano e lui davanti a me, in attesa che riuscissi ad aprire il cancelletto: mi aveva accompagnata a casa, sempre con l’aiuto di Paul, ma il silenzio si era fatto così intenso da diventare insopportabile.
«Posso entrare?» chiese poi all’improvviso, obbligandomi a guardarlo in viso. Aveva la mascella tesa e le mani in tasca, forse strette a pugno: avevo l’impressione che sarebbe potuto scoppiare da un momento all’altro.
Quando feci scattare la serratura del cancelletto, annuii lentamente e lui, dopo un veloce cenno del capo rivolto a Paul, entrò nel vialetto ignorando Teddy e piantandosi di fronte alla porta di casa. Lo seguii con le sopracciglia aggrottate e i piedi che mi facevano male: era così impaziente di entrare?
A quanto pare lo era davvero, perché non si fece problemi a precedermi in casa, nonostante poi fosse rimasto in piedi a pochi metri dalla porta, in mia attesa.
Io sospirai e mi tolsi le scarpe, godendomi la sensazione di non dover più camminare su quelle specie di trampoli ai quali non ero abituata, ma mi fu impossibile fare altro.
«Non ho provato niente» esclamò Zayn, con una tale enfasi da farmi sospettare che quelle parole fossero rimaste sulla punta della sua lingua per troppo tempo. Inchiodai i miei occhi nei suoi, stupita e leggermente confusa.
Mi stava guardando con serietà, ma anche con una certa agitazione. «Cosa?» chiesi, più per la sorpresa che per altro.
«Quando ti ho baciata, non ho provato niente» ripeté, rendendomi più chiaro l’argomento del nostro discorso, mentre un qualcosa si muoveva dentro di me, a disagio.
«Oh...» sussurrai soltanto, senza sapere cosa dire. Cos’altro avrei potuto rispondere? Mi dispiace di non essere stata in grado di farti provare qualcosa, nonostante tu me l’avessi chiesto? Mi dispiace di non essere riuscita ad aiutarti? Mi dispiace di avere Louis in testa ed essere praticamente risucchiata da lui in qualsiasi cosa faccia?
Era assurdo, ed io ero una stupida.
«E sai che c’è? È normale. – continuò, come se stesse parlando da solo. Probabilmente se io avessi risposto altro che quella semplice sillaba, a lui non avrebbe fatto nessuna differenza. – È normale, perché tu non sei Kathleen».
Sbarrai gli occhi a quelle parole e rimasi in silenzio: lo osservavo muoversi nervosamente sul posto, con una mano tra i capelli e il labbro inferiore tra i denti. Era evidente che io non fossi abbastanza per aiutarlo a dimenticare Kathleen, e se lui aveva bisogno di questo per rendersene conto, io ero disposta ad accettarlo, senza ribattere.
«Mi dispiace» dissi poi flebilmente, mentre un velo di tristezza mi invadeva. Era come se fossi venuta meno ad un dovere: Zayn mi aveva implorato di aiutarlo, stimolandomi a tenere in vita quelle sensazioni che diceva di non provare da tempo, e ora ero stata messa di fronte al mio fallimento.
«No» mi contraddisse con durezza, facendo un passo verso di me. Le sue iridi esprimevano qualcosa che andava oltre alla delusione e che sfiorava la rabbia.
«Avrei voluto…»
«No, cazzo! – mi interruppe, urlando e spaventandomi. Mi sentii mancare il fiato per un secondo, turbata dalla sua reazione così improvvisa. – Non capisci. Tu non sei Kathleen» aggiunse, tornando a parlare normalmente, quasi avesse avuto una rivelazione.
Boccheggiai per qualche istante, tentando di capire come avrei dovuto comportarmi, poi feci un passo verso di lui. «No, non sono lei – mormorai, cercando il suo sguardo, che però continuava a sfuggirmi. – E forse tu non sei ancora pronto per provare qualcosa per qualcun altro, ma non devi…»
«Zitta – mi fermò, scansandosi dal contatto con la mia mano, che aveva provato ad accarezzargli una spalla. – Zitta, per favore» ripeté.
Allora io gli diedi ascolto: serrai le labbra e portai entrambe le braccia lungo il corpo, in attesa di qualcosa, di un indizio che potesse aiutarmi a capire cosa fare e cose dire per farlo sentire meglio. Perché lo Zayn che avevo davanti era sull’orlo di uno sfogo troppo intenso da sopportare, glielo si leggeva in faccia.
Forse passò qualche minuto, minuto in cui lui si era tolto la giacca, allentando il colletto della camicia, e io ero rimasta in piedi ad osservare ogni suo movimento, a contare i miei respiri.
«Ti ho mentito» disse infine, con gli occhi sul pavimento che ci divideva.
Deglutii e corrugai la fronte. Il cuore perse un battito, ma aspettai di sentire una spiegazione, qualsiasi cosa.
Zayn si passò di nuovo una  mano tra i capelli ormai spettinati e sospirò. «Ti ho chiesto di starmi vicino perché tu… - Fece una piccola pausa, nella quale tornò a guardarmi, mentre io iniziavo a fare i conti con una sensazione decisamente spiacevole. – Tu le somigli così tanto che…»
Lasciò la frase in sospeso, serrando la mascella e i pugni, e io rabbrividii: non avevo ancora rielaborato il tutto, nella mia testa, quindi lasciai che un flebile dubbio mi uscisse dalle labbra quasi in un lamento.
«Assomiglio a Kathleen?» chiesi, senza nemmeno pensarci.
Tu non sei Kathleen.
Zayn non rispose, limitandosi a fissarmi in silenzio, con il respiro accelerato.
E io cosa potevo fare?
Migliaia di immagini nella mia testa continuavano a susseguirsi senza pietà, migliaia di pezzi di puzzle tornavano al loro posto e sì, anche qualche pezzo di me si stava sgretolando.
«Ero convinto che stare con te mi avrebbe fatto bene, perché hai i suoi occhi e… Il sorriso… Io…»
Di nuovo non continuò, corrugando la fronte per le frasi sconnesse che stava affiancando. Ogni sua parola si incastrava in me, dandomi l’opportunità di capire meglio cosa stesse cercando di dirmi, ma forse io cercavo di respingere quella versione dei fatti ormai ovvia.
Tu non sei Kathleen.
«Tu… Tu non hai mai provato niente per me? – domandai in un sussurro, stringendomi le braccia tra le mani, come se potessi farmi forza. Ero troppo calma per non aspettarmi una reazione da lì a poco, mi conoscevo bene. – Tutte quelle storie sul voler sentire qualcosa… Tu volevi solo lei».
«Sapevo che era sbagliato, l’ho sempre saputo – confermò, con l’aria seria di chi ha ammesso una colpa ma non vuole sentirsi biasimare. – Ed è per questo che all’inizio ti trattavo in quel modo: sei comparsa a casa di Louis e, cazzo, mi è sembrato di avere Leen davanti agli occhi. Mi facevi male ogni volta che ti vedevo, e io ho cercato di starti lontano, di convincermi che fosse solo una stupida somiglianza, ma non ho resistito. Ti ho chiesto di aiutarmi, ma in realtà avevo solo…»
«Mi hai presa in giro» affermai, come se lui non avesse parlato. Il mio tono di voce era piatto e il mio respiro iniziava ad accelerare, perché mi sentivo così male, così usata, da voler solo piangere.
Zayn rimase in silenzio, dandomi l’ennesima conferma di quella verità che ormai era venuta fuori e che io non ero in grado di accettare a pieno.
Tu non sei Kathleen.
Ora era davvero tutto chiaro: dal comportamento di Zayn agli inizi al suo sguardo ad ogni mio sorriso, dal modo in cui si fermava a guardarmi a quello in cui scappava via appena le cose tra di noi sembravano andare meglio. E niente di tutto quello era dovuto ad una sua insensata attrazione nei miei confronti, o al senso di colpa nei confronti di Kathleen per un nuovo possibile sentimento – cosa della quale ero convinta -, no. Ogni singolo momento, ogni parola, ogni respiro, si era basato su una bugia, su una mia ipotetica somiglianza a Kath e sul desiderio di Zayn di averla vicina ancora una volta.
«So di aver sbagliato e  vorrei che tu…»
«Che io cosa? – sbottai finalmente, alzando la voce. – Mi hai solo usata, per tutto questo tempo! Io ho fatto di tutto pur di starti accanto, ho sopportato ogni cosa solo perché volevo aiutarti e il minimo che mi avresti dovuto – il minimo, cazzo! – era la sincerità! Ma a quanto pare per te è troppo!»
Mi tremavano le mani per la rabbia, la delusione.
«Se fosse come dici tu a quest’ora avrei continuato a mentirti e tanti saluti!» urlò lui di rimando, a mezzo metro da me.
«E credi che questo possa scusarti?! Cosa mi dici di tutto quello che è successo prima di oggi? Prima di quello stupido bacio che a quanto pare era privo di significato per entrambi! Mi hai detto la verità solo ora, solo dopo aver capito che io non servivo ai tuoi scopi!»
«Non rinfacciarmi quel bacio, perché sappiamo entrambi che nemmeno per te ha significato qualcosa!» ribatté, puntandomi un dito contro.
«Esatto, è questo il punto! Mentre tu mi facevi credere di provare qualcosa per me, io sono sempre stata sincera con te, Zayn, sempre: ti ho sempre detto dei miei sentimenti per Louis, ti ho sempre detto che per te non provavo la stessa cosa. Perché è questo che si fa con le persone, con gli amici, si dice la verità! Invece tu? Tu cosa diamine hai fatto? – Il mio tono di voce era troppo alto e gli occhi pizzicavano per tutte quelle emozioni che non avrei mai voluto sperimentare. – E poi, per quanto ne sai, a me avrebbe anche potuto piacere quel bacio! Hai mai pensato che io avrei potuto iniziare a provare dei sentimenti per te? Ci hai mai riflettuto sopra? Mentre tu giocavi a scambiarmi per la tua ex-fidanzata io avrei potuto innamorarmi di te, ma tu sei troppo egoista per pensare a qualcosa del genere!»
«Ma cosa credi? Che per me sia stato facile? – sbottò, con le vene del collo in evidenza. – Pensi che non sapessi che fosse terribilmente sbagliato? Che non abbia mai cercato di allontanarmi? Di dirti come stavano le cose e lasciarti in pace?! Ogni santa volta che io e te ci avvicinavamo un po’ di più, ogni volta che il nostro rapporto migliorava, io avrei solo voluto prendermi a schiaffi per quello che stavo facendo, ma non riuscivo a fermarmi! Non pensare che per me sia stato un fottuo gioco, come dici tu, perché non ne sai niente!»
«Sai una cosa? Io credo che per te sia stato più facile di quello che pensi. Credo che tu ti nasconda dietro a questa tragedia che ti è capitata per non ammettere i tuoi sbagli: sei sempre pronto a dire a tutti che solo tu sai cosa stai passando, che sei l’unico a capire fino in fondo quello che ti succede, ma non dai a nessuno una sola possibilità per venirti incontro! E sono tutte scuse, perché puoi soffrire quanto vuoi, Zayn, ma questo non significa che tu possa fare degli altri quello che più ti piace! Non esistete solo tu e il tuo dolore e, soprattutto, non sei l’unico capace di soffrire! Quindi smettila di dirmi che non ne so niente, perché so cosa hai fatto a me e questo mi basta!»
La casa piombò di nuovo nel silenzio, fastidioso alle mie orecchie solo perché strano, dopo tutte quelle urla. Avevo il respiro accelerato e le lacrime agli occhi, la rabbia che mi scorreva nelle vene e la consapevolezza delle durezza delle mie parole che mi faceva sentire leggermente in colpa. Il senso di colpa, però, era di gran lunga eclissato dalla delusione e dalla ferita che Zayn mi aveva provocato.
Lui, d’altra parte, non aspettò molto prima di camminare velocemente e con nervosismo fuori da casa mia, senza guardarmi e senza nemmeno sfiorarmi.
Sentii l’aria spostata dai suoi movimenti infrangersi sulla mia pelle e la porta sbattere con forza. Poi mi sedetti a terra quasi a rallentatore e, con le ginocchia stretta al petto, mi concessi di piangere.
 


 
ANGOLO AUTRICE

SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE, SCUSATE
Sono in ritardo, lo so, e mi dispiace tantissimo :(((
Il fatto è che per scrivere questo capitolo ci ho messo più tempo del previsto!
Non voleva proprio venire fuori! Sia per la parte di Louis, che in realtà prima era
completamente diversa, sia per l’ultima parte! Ma andiamo con ordine:
Vicki è super-agitata per l’evento promozionale, e chi non lo sarebbe al suo posto?
Zayn fa di tutto per starle accanto e metterla a suo agio, soprattutto perché Louis
è con Eleanor (il saluto che le rivolge è un po’ da stronze, lo so ahah mi ero stancata
dell’Eleanor dolce e comprensiva, in fondo Vicki non ha un bel ruolo nella sua storia
con Louis, quindi bisogna in un certo senso capirla :))
Pooooi: Louis e Vicki! Lascio a voi i commenti e le ipotesi, non vado oltre hahah
E Liam e Steph fjksa Ora, Steph è un po’ contorta in ambito sentimentale, questo
l’avrete capito ahhah Quindi non stupitevi se dopo tutto quello che ha passato con Brian,
è di nuovo tra le braccia di Liam: d’altronde noi abbiamo vissuto il punto di vista di Payne,
quindi non sappiamo cosa provi lei e perché effettivamente ci sia stata!
Ma tutto a suo tempo :)
Detto questo, passiamo al punto fondamentale della questione: Zayn sbotta e dice tutto!
Ora, questa cosa doveva succedere in modo ben peggiore, ma ve lo risparmierò ahhaha
Ho preferito fargli dire la verità di sua spontanea volontà, dopo quel bacio che
entrambi hanno accettato per motivi diversi, e dire che Vicki ci sia rimasta male
è riduttivo! Entrambi sono stati un po’ duri, ma la rabbia porta a questo e Vicki non ha tutti
i torti: Zayn si è praticamente crogiolato nella sua sofferenza e la usa come scusa
per tutto, senza tener conto dei sentimenti degli altri. Anche se, in effetti, lui sa di aver sbagliato!
So che molte di voi "shippano" questa coppia, ma, come potete bene vedere, 
Zayn non ha provato nulla in quel bacio: tirate le vostre conclusioni (:
Comunque, lascio a voi l’opportunità di commentare tutto fjsajk
Mi piacerebbe leggere le vostre previsioni su quello che potrebbe accadere fjdsk
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se è un po’ un casino ahhaha
 
Vi avverto: nel prossimo ci saranno un po’ di novità e… LOUIS, TANTO LOUIS! (quello vero!)
Niente, ora vi abbandono ahahha
 
Grazie mille per tutti i messaggi che mi mandate, siete meravigliose <3
Fatemi sapere le vostre impressioni su questo capitolo per favore fjskla
Un bacione,
Vero.

Ps. Vi lascio anche con una foto di Vicki con l'abito che ho "cercato" di descrivere hahah 


     
  
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