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Autore: benzodiazepunk    16/09/2013    4 recensioni
Il giglio fuxia, nel dizionario dei fiori, significa 'cambio vita', e per Annika Dowson sta cambiando davvero tutto; nuova città, nuova casa, nuova realtà scolastica, per la prima volta separata dall'inseparabile gemello, un nuovo, difficile fratellino adottato, e soprattutto, un passato doloroso che non riesce a dimenticare...
Come potrà sopravvivere una ragazza riservata e tranquilla come lei a tutti questi sconvolgimenti? Per non parlare dei nuovi compagni di scuola..
Beh, forse seguendo il consiglio del fratellino, e decidendo di rivoluzionare completamente il suo Io.
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Dal cap. 3: "[...]sono arcistufa di essere sempre Annika, la brava ragazza studiosa e silenziosa, che sottostà a tutte le regole senza lamentarsi e senza fiatare; mi sento piena di energia, ribelle!” “Forse io lo so, cosa ti ci vuole” mi voltai a guardare il ragazzo, e lo trovai che mi fissava sorridendo furbescamente “Ma ti devi fidare di me”
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Non è la solita storia sulle dolcette, non è la solita fic mielosa tutta sole cuore amore, anche gli incontri con i vari ragazzi sono mescolati, modificati, e decisamente originali.
Ho messo Castiel specificato come personaggio, perchè avrà un ruolo particolarmente importante...
Leggere per credere!
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stelle
Il sabato pomeriggio seguente fu il sabato pomeriggio più movimentato, ansioso e carico di aspettativa della mia vita. Alle 7:00 in punto uscita dalla doccia mi apprestai a scegliere i vestiti da indossare e il trucco da sfoggiare per il mio appuntamento con… mi faceva impressione solo a pensarci. Castiel mi aveva chiesto di uscire, di uscire sul serio!
Ero così contenta che se solo fossi stata un’estranea mi sarei trovata ridicolmente innamorata.
Eh sì, iniziavo a pensare di provare davvero qualcosa di serio per quel testone di Castiel e stranamente la cosa non mi dispiaceva affatto.
-Un tempo non avrei mai reagito così- mi ritrovai a pensare, sorridendo alla mia immagine ancora in biancheria nello specchio.
Ridacchiando mi infilai letteralmente nell’armadio alla ricerca di qualcosa di decente. Alla fine optai per i pantaloni scozzesi rossi che avevano fatto perdere la testa a Castiel, una maglietta stretta e un po’ scollata con uno scheletro disegnato sopra e le mie inseparabili converse nere.
Sì, mi sentivo bene.
Come avevo fatto a non accorgermi che era quello il mio stile? Alternativo, spontaneo, diverso ma non troppo appariscente.
Mi contornai gli occhi con uno strato di matita nera, misi un leggero tocco di mascara e una punta di ombretto viola agli angoli degli occhi e mi definii finalmente pronta.
Sì, solo fisicamente però perché psicologicamente temevo che non lo sarei mai stata. In ogni caso mi feci forza e uscii.
Castiel mi stava già aspettando sotto casa, fumando una sigaretta appoggiato al muro della palazzina.
“Alleluja” mi accolse, ma intanto ridacchiò perciò sorrisi anche io.
“Una ragazza ha bisogno di tempo per prepararsi”
“Se il risultato è questo non capisco tutto questo ritardo” esclamò dandomi una spinta. Ridemmo tutti e due. “No, sto scherzando” aggiunse poi. “Stai benissimo”
Mi voltai a guardarlo preoccupata. “Castiel, sei sicuro di stare bene? Non sono da te tutti questi complimenti”
“Eeh adesso! Era solo uno, un complimento! Posso farti un unico complimento in una serata?”
“Sì certo. Anche più di uno se vuoi sbilanciarti un po’” ridacchiai continuando a camminare.
Ben presto arrivammo alle giostre; i camion e le attrazioni si trovavano in uno spiazzo più lungo che largo di fianco a un piccolo aeroporto per velivoli privati. Ci inserimmo nella calca di gente che faceva la fila o che semplicemente passeggiava, e Castiel mi prese piuttosto violentemente una mano.
“Conoscendoti, rischio di perderti e allora sì che uscirebbe fuori una rissa con tuo fratello”
Sorrisi; era davvero quello il motivo? Era affollato, certo, ma non fino a quel punto. In ogni caso non protestai e gli strinsi la mano leggermente; a quel tocco il ragazzo mi lanciò un’occhiata che non riuscii a definire: era forse una via di mezzo tra lo stupito e il divertito, o addirittura compiaciuta?
“Cosa vuoi fare?” mi chiese fermandosi di fianco a un venditore di zucchero filato. “Magari quello?” propose, indicando una giostra piuttosto impressionante con tutta una serie di seggiolini che venivano spinti verso l’alto e poi lasciati cadere fino a terra, spinti dalla forza di gravità e in più da quella esercitata dal motore della giostra.
Mi voltai verso di lui e lo vidi sogghignare. Forse l’aveva detto apposta perché pensava non ne avrei avuto il coraggio?
“Va bene” accettai, e infatti sul suo viso comparve un’espressione di stupore unico.
“Beh, che c’è, non vuoi più?” lo canzonai.
“No, anzi, solo che non ho mai visto nessuna ragazza andare su quella giostra”
“Non è detto che se tutte le femmine sono delle fifone lo devo essere anche io”
“No, dovevo saperlo che tu sei diversa” sorrise seguendomi verso la biglietteria.
Arrivati sotto quell’affare minaccioso che tutti si ostinavano a chiamare ‘giostra’ forse il coraggio mi era un po’ passato, ma ormai ero lì non potevo fare la figura della fifona. Non c’era altro da fare se non salire e affidarsi a qualche ignota divinità onnipotente.
“Sei sicura?” mi chiese Castiel insolitamente premuroso, forse indovinando il mio sguardo spaurito.
“Assolutamente sì. Mai stata più certa in vita mia” affermai a testa alta, e il ragazzo rise di gusto.
“E va bene piccola eroina, andiamo allora”
Salimmo sulla giostra e ci sedemmo vicini, sempre tenendoci saldamente per mano.
“Non rischi più di perdermi ora” ghignai. Sì, decisamente stavo passando troppo tempo con Castiel, stavo iniziando a parlare come lui.
Lui si limitò però ad alzare le spalle senza mollare la mia mano. “Avrai paura, tutte le ragazze vogliono una mano da stringere quando vanno sulle giostre”
A quel punto fui io a ridere, poi gli sorrisi e proprio mentre ci stavamo guardando negli occhi sempre più vicini, sempre meno distanza tra i nostri visi… la giostra partì.
Ci raddrizzammo carichi di adrenalina, e i seggiolini iniziarono a salire. La salita fu lenta, intervallata da momenti in cui la giostra ci lasciava cadere per qualche metro prima di ricominciare la scalata, e quando infine arrivammo in cima io ero già piuttosto spaventata. Mi accorsi che stavo stringendo la mano di Castiel molto più del dovuto e mi costrinsi ad allentare la presa ma quando la giostra ci lasciò definitivamente cadere tutti i miei buoni propositi se ne andarono al diavolo. Urlai con quanto fiato avevo in corpo mentre mi vedevo spiaccicare al suolo, e quando i seggiolini furono nuovamente a terra balzai giù entusiasta.
“Fantastico!” esclamai, gli occhi che probabilmente mi luccicavano.
Castiel mi guardò divertito proponendo poi un’altra attrazione.
Ci divertimmo così per tutta la sera, dopo aver provato almeno sette o otto diverse giostre Castiel mi comprò lo zucchero filato, infine ci dirigemmo verso una panchina in una zona leggermente più tranquilla.
“Mi sono molto divertita questa sera” dissi io, alzando gli occhi verso il cielo stellato.
Il ragazzo fece lo stesso. “Dalla città non si vedono molte stelle purtroppo” disse solo.
“Da dove vengo io” affermai. “Il cielo è sempre pieno di stelle”
“Vorrei andare a vedere il cielo da là qualche volta. Peccato che per uscire dalla città e trovare un posto decente ci vogliano delle ore”
“Sì ma in fondo la città ha anche i suoi lati positivi”
“Tipo?” mi chiese scettico.
“Tipo avere tutto a portata di mano, è tutto molto più comodo in città”
“Sì, ma per questo basterebbe una cittadina piccola. O un paese”
“Nelle cittadine piccole sono tutti dei tali pettegoli” sospirai. “E’ quasi insopportabile viverci”
“In quel senso in effetti non riuscirei a sopravvivere”
“Come conosci Michael?” saltai su all’improvviso.
“Come scusa?”
“Sì, sì Michael! Voi vi conoscete, ricordi? E nessuno dei due mi ha mai voluto dire perché, beh, ora posso saperlo?”
Castiel rimase in silenzio e quasi mi aspettavo una sfuriata quando infine sospirò, uno strano sorriso sulle labbra. “Tuo fratello prima di venire a vivere da voi stava nell’orfanatrofio dove era andata a finire mia sorella” Rimasi senza parole ma Castiel continuò. “Cioè, lei non è proprio mia sorella, è una sorellastra diciamo; è figlia di mio padre ma con un’altra e lui non l’ha voluta tenere con sè perché se mia madre l’avesse scoperto non sarebbe andata a finire bene. E sua madre, quella schifosa, non aveva un soldo e l’ha abbandonata e mio padre, peggio di quella là, l’ha messa in un orfanatrofio pur di non averci nulla a che fare. Io l’ho scoperto per caso, sono andato a trovarla e beh, ero l’unico che aveva. Ma poi è stata adottata da una brava famiglia, e ora sì, la vedo ancora ogni tanto perché loro lo sanno che sono quasi suo fratello, ma non ha più così tanto bisogno di me, ecco. Questo è quanto, contenta?”
Rimasi ancora qualche secondo in silenzio prima di parlare. “E’ stato un gesto molto bello” dissi.
“E’ mia sorella in fondo. Che dovevo fare, mica potevo lasciarla là sempre da sola… pensa che per non farle sapere che io stavo con dei genitori e lei no le ho fatto credere che vivo da solo” ridacchiò, e a quel punto sorrisi anche io.
Restammo in silenzio per qualche minuto, il discorso era ufficialmente chiuso e sapevo che non voleva parlarne più, poi Castiel si girò verso di me. “Annika”
“Dimmi” risposi stupita. Raro sentire Castiel chiamarmi col mio nome intero.
“Sai perché… beh, perché ci ho messo tanto a chiederti di uscire… perché avevo paura che poi la nostra amicizia si sarebbe rovinata” ancora fissava il cielo.
“Sì, lo so.”
“E poi tu sei amica anche di Lysandro, e se un giorno ci dovessimo lasciare tutto andrebbe in pezzi, tutto sarebbe imbarazzante e tutto sarebbe rovinato”
“Castiel” lo chiamai, e lui finalmente si girò a guardarmi in viso. “Non pensare già a quando e se ci lasceremo, non stiamo neanche ancora insieme”
Il ragazzo ridacchiò, poi abbassò lo sguardo. “Beh, dovremmo rimediare allora”
Inarcai le sopracciglia, incapace di capire quello che stava dicendo.
“Però… promettimi che se le cose non andranno bene noi torneremo amici”
“Abbiamo già affrontato una separazione, se non sbaglio” risi sotto i baffi. “E poi… non l’hai detto tu stesso che io non sono come le altre? Possiamo restare amici quando e come vuoi, e ti prometto che non cambierà niente per me e che non sarà imbarazzante” sorrisi.
Sorrise anche lui e si avvicinò un po’ a me.
“Siamo stati in compagnia l’uno dell’altra così tanto che… è come se ti avessi vista crescere” mi disse.
“In un certo senso è proprio così” assentii, tornando a guardare il cielo.
Con Castiel era così, nessuna dichiarazione folle, nessuna frase sdolcinata esagerata. Ma mi andava bene, mi andava benissimo. Più dolcezza non l’avrei mai sopportata, quello era ciò di cui avevo bisogno, un sano cinismo che mi aiutasse ad andare avanti e Castiel l’aveva fatto, mi aveva aiutata ad andare avanti. Questo non lo potevamo ignorare, avevamo condiviso troppo per restare indifferenti e io lo sapevo. E lui lo sapeva.
“Allora stiamo insieme?” chiese di punto in bianco. “Insieme davvero?”
“Sì, direi di sì. Insieme davvero” sorrisi felice, e lui si avvicinò ancora. Posò una mano sulla mia guancia, avvicinò il viso al mio, e poi tutto fu una bolla immensa di felicità.


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Epilogo
Uscii di casa, in ritardo come al solito. L’aria di maggio mi permetteva finalmente di uscire con la sola felpa e, grata della bella stagione in arrivo, inspirai non a pieni polmoni ricordandomi di dove abitavo ora (una grigia città piena di smog, ebbene sì), sorridendo però al cielo finalmente terso. Poi mi affrettai verso scuola.
Davanti alle scale che davano sul portone c’era Castiel che mi aspettava, senza fumare nessuna sigaretta o la preside l’avrebbe ammazzato, che mi sorrideva.
“Eccola” mi salutò solo, voltandosi e affiancandomi mentre entravo a scuola.
“Dormito bene?” chiesi allegramente.
“Abbastanza. Ma non potrò affrontare bene questa mattinata se QUALCUNO non mi darà subito un bacio”
Risi della sua insolita richiesta e mi alzai sulla punta dei piedi stampandogli un bacetto sulla guancia. Il ragazzo però intercettò il mio viso prendendolo tra le mani e mi diede un bacio sulle labbra, allontanandosi poi facendomi l’occhiolino.
Quella mattina, come molte altre prima di quella, mi diressi in classe felice.
  
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