Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: La Matta    20/09/2013    1 recensioni
Terra, anno 2186. Mentre i Razziatori assediano la Terra, qualcuno invia strane mail che sembrano in grado di anticipare i loro attacchi. E’ un nemico? Un folle? Un alleato? Nessuno lo sa.
Intanto, nello spazio, Konstantin Shepard è alle prese con le ultime fasi della guerra - ai Razziatori, ma anche a Cerberus - e col presentimento che la fine ormai è vicina, in un modo o nell’altro.
Ma sarà un finale…. diverso. Perché, oltre a Distruzione, Sintesi e Controllo… c’è una quarta scelta.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Konstantin Shepard'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
la quarta scelta 11

Capitolo Undicesimo

Le origini (parte seconda)

 

Lo scienziato si avvicina alla vasca. Ha i movimenti impacciati e stanchi degli indottrinati, eppure conserva ancora una certa lucidità, quel bagliore d’intelligenza che, in tempo di pace, l’avrebbe reso un genio.

Assomiglia molto alla creatura nella vasca ma tutto, in lui, dà una sensazione di debolezza e fragilità, mentre il corpo è stato progettato per l’efficienza e la perfezione.

“Guarda là” mormora la voce di Emeirin e Konstantin, istintivamente, sa di doversi voltare verso le immense finestre istoriate. Sono di un materiale meno limpido del vetro, ma dai meravigliosi bagliori azzurri. Nonostante la sua apparente densità, restituisce immagini perfettamente nitide.

Oltre le pareti del laboratorio, l’IA, il Razziatore dalla corazza bianca, si è posato a terra, immenso accanto alle costruzioni di quella civiltà sull’orlo della distruzione.

Una voce comunica alla mente dello scienziato che tutto è predisposto, che il trasferimento può iniziare.

Lui si limita ad abbassare una leva, beatamente ignaro delle ripercussioni del suo gesto.

Lentamente, il corpo inizia a fremere, il liquido attorno ad esso a ribollire.

Fuori dalle finestre, il Razziatore bianco si accascia a terra, fra i relitti di quella che un tempo era una città.

I sei occhi della creatura nella vasca si spalancano, improvvisamente brillanti di una luce eterna e magnifica. Lo scienziato indottrinato si ferma a contemplare la sua opera.

La creatura esce dalla vasca, distendendo le lunghe gambe. La trama osseo-metallica risplende al tocco delle luci artificiali, le gocce di liquido scintillano sulla pelle argentea, sulle punte decorate dello scalpo.

L’essere solleva una mano, allungando le dita e flettendole.

Muove un passo e cade. Lo scienziato tende una mano, aiutando la creatura a risollevarsi in piedi.

“Era difficile, conciliare quello che stavo provando con i miei ricordi e le miei memorie” confida la voce di Emeirin, da qualche parte dove le tenebre sono più fitte “E’ come se tu, dopo una vita passata nel tuo corpo, ti risvegliassi come un insetto. Infinitamente più piccola, più debole, limitata ed arcaica in tutte le tue espressioni. Per me era uno shock e, al contempo, l’esperienza più affascinante della mia esistenza”

- Lo scienziato… a che razza appartiene?-

“Un popolo scomparso tanto tempo prima dell’Impero Prothean, una civiltà sommersa dalle sabbie del tempo. In un modo o nell’altro, i Razziatori sono i veri testimoni della storia. Abbiamo visto l’origine, la crescita, l’apice e la caduta di tante civiltà. Tanta grandezza, tanto potenziale… tutto sprecato. Quello scienziato era uno degli ultimi superstiti del suo popolo, anche se forse non se ne rendeva ancora conto. Chiamavano loro stessi Khaa Stone.”

- Stone?-

Di nuovo, quella strana sensazione, come se il vuoto stesse sorridendo.

“Che posso dirti, piccola mia? Sono una nostalgica.”

Intanto la creatura, quella versione antica di Emeirin, si è rialzata e sta affrontando i primi passi in un mondo che improvvisamente le pare immenso e pieno di dettagli che, dall’alto della sua potenza, non aveva mai visto. Sente uno strano fuoco, nel petto, ma non lo interpreta come dolore. Esegue una diagnostica dei sistemi, di ciò che le è rimasto di sintetico e che la ricollega al suo vero corpo, fuori dal laboratorio. Quel fuoco persiste, eppure non è un errore, non è un riverbero, è solo qualcosa che c’è e che lei non sa interpretare.

“Ancora non potevo saperlo, ma stavo sperimentando l’affetto. Senza volerlo, associavo lo scienziato ai miei Creatori, le sue mani protese ad aiutarmi al ricordo dei Leviatani. Sharien fu l’ultimo dei Khaa Stone e sopravvisse per molti mesi, dopo il genocidio. Rimanemmo in quel laboratorio come in una bolla fuori dall’esistenza, mentre lui m’insegnava a gestire le novità apportate al mio corpo e alla mia mente e ad accettare la mia parte organica senza rigettarla. Fu un successo. Quand’ebbe terminato il suo compito… semplicemente si spense. Nel cuore della notte sentii la sua energia crepitare e poi scomparire e la mattina seguente era solo un guscio vuoto.”

- Mi dispiace, Emeirin.-

“E per cosa? Ancora non avevo ritrovato la mia coscienza. Avevo la sicurezza che lui era uno strumento per raggiungere un fine e nient’altro. Non aveva più niente da insegnarmi. Ma ti parlo di un tempo estremamente remoto. Dopo l’estinzione dei Khaa Stone, i Razziatori nascosero il mio vero corpo e tornarono nello spazio oscuro, attendendo che il ciclo della vita richiedesse di nuovo il loro intervento.

Io, invece, osservai da vicino l’evoluzione, la faticosa crescita delle razze superstiti. A quel tempo, per me erano solo dati da raccogliere. Non associavo emozioni - o, se lo facevo, lo facevo a livello inconscio - a quello che vedevo. Così, quando i Razziatori tornarono per la mietitura, fu facile per me rimanere in attesa, ad osservare la precisione analitica con cui compivano il loro dovere. Anzi, li aiutai, per rendere tutto più rapido e meno atroce.”

- Meno atroce?- l’indignazione trapela dalla voce di Shepard, mentre i suoi occhi fissano il vuoto pieni di incredulità e orrore - Ti sei macchiata le mani del sangue di migliaia di esseri!-

“Ora, dopo millenni, me ne dispiaccio. Ma allora era solamente l’esecuzione dei miei ordini. I Razziatori mi avevano fornito quel corpo organico per saziare la mia sete di conoscenza, il desiderio di sperimentazione che i Leviatani mi avevano imposto come raison d’etre e che loro non erano riusciti a togliermi. A parte questo, io rimanevo in tutto una di loro.”

- Non temevi per il tuo vero corpo?-

“Assolutamente no. In un paio di occasioni venne ritrovato e le razze organiche si contesero l’onore della scoperta, senza capire che cosa stessero guardando. Forse qualcuno provò a dare l’allerta, conscio del pericolo sopito in quella che sembrava solo una reliquia senza senso… ma nessuno venne mai ascoltato. Al termine di ogni mietitura, il mio vero corpo veniva nascosto di nuovo. Questa routine procedette inalterata per un tempo troppo lungo per essere quantificato… fino all’Impero prothean. Quando i prothean ascesero all’apice della loro potenza, molte cose erano diverse. In primis, io ero diversa.”

Di nuovo, la voragine si apre ai piedi di Shepard e la comandante precipita.

Mentre precipita, sente riecheggiare nell’aria gli interrogativi che, secolo dopo secolo, Emeirin aveva iniziato a porsi. I dubbi sulla possibilità di trovare una soluzione diversa, una via più forte, per portare la pace alle razze organiche, invece che la distruzione.

Quando la luce torna a brillare è la luce di un sole, che si espande sulla Cittadella.

Non assomiglia molto alla Cittadella che Shepard conosce, eppure la forma della stazione è inconfondibile, la sua bellezza lineare, l’armonia delle sue curve. L’icona di pace dell’universo.

Nelle sue strade, i prothean camminano e parlano e vivono e non sono affatto la razza guerrafondaia che Shepard immagina, ma sembrano perfettamente normali. Ci sono bambini che corrono fra le gambe dei loro genitori, giovani femmine che ridono distrattamente alle vanterie dei soldati dell’Impero, animali mai visti che si fanno accarezzare dietro alle orecchie, facendo le fusa come i gatti.

“Sembrano così felici, non è vero?” mormora la voce di Emeirin “Loro non lo sapevano, ma la fine ormai era imminente. I Razziatori già si stavano radunando per il primo attacco. Quella che vedi è stata l’ultima buona giornata dell’Impero prothean, l’ultima manciata di ore in cui si poteva pensare alla vita, invece che alla guerra.”

Sono parole terribili. Senza che lei se ne accorga, una lacrima riga la guancia di Shepard.

Poi il vuoto attorno a lei si deforma e precipita rapidamente verso la Cittadella finché la luce non illumina una piazza, dove una giovane prothean sta leggendo un libro, all’ombra di un porticato.

Un bambino arriva, correndo dietro ad una palla. Non la vede e le va a sbattere contro.

Il libro cade a terra, afflosciandosi su sé stesso.

- Scusi.- borbotta il bambino, con gli occhi fissi sul pavimento

- Non ti preoccupare, piccolo.- sorride la giovane, chinandosi a raccoglierlo - Torna a giocare.-

- Grazie, signorina Emeirin.-

- Quella sei tu?- mormora Shepard, confusa - eri sulla Cittadella?-

“Ero dov’era giusto che fossi, dove potevo aprire la strada al ritorno dei miei fratelli.”

- Tutto questo è mostruoso.-

La risposta giunge inattesa, stranamente netta, dolente.

“Lo so. Ci sono voluti millenni perché me ne rendessi conto. Ho vissuto il prima persona il genocidio dei prothean ma, assieme alla morte, ho visto anche la vita. Ho visto la strenua resistenza, ho visto l’onore. Ho visto dei tradimenti, questo è vero, ma ho visto molti più atti del più puro coraggio e disinteressato altruismo. Ho visto la vera sofferenza e mi sono resa conto che i Razziatori - i miei stessi fratelli- e finanche i nostri Creatori, non avevano il diritto di scegliere la fine, di determinare la distruzione della vita organica. Durante la guerra, poi, il mio corpo originario venne distrutto. Non so come, non so da chi, so semplicemente che lo sentii frantumarsi ed implodere. Me ne sarei dispiaciuta se non avessi avuto altre preoccupazioni. Mi stavano usando per condurre degli esperimenti sui prothean, per comprendere la loro incredibile resistenza all’indottrinamento. Molto spesso, durante gli interrogatori, i prigionieri morivano piuttosto che cedere alla nostra influenza e tradire i loro compagni. Sono gli anni che ricordo meglio e con maggior angoscia, i giorni in cui ho sviluppato una mia coscienza. In cui, volendo propendere per la teatralità, sono diventata una persona e non più una macchina organica, una raffinata sintesi con lo scopo di raccogliere i dati dell’esperienza.”

La Cittadella ormai è lontana e, al suo posto, c’è di nuovo un laboratorio.

La Emeirin-prothean è china in avanti, il volto a pochi centimetri da quello di un prigioniero:- Ormai manca poco.- sta dicendo - L’Impero è caduto e non si riprenderà. Lo sai tu e lo so io. Quindi, perché protrarre l’agonia? In fondo, non desideri una morte rapida e pulita? Una morte dignitosa?-

Lui solleva lo sguardo e nei suoi occhi c’è una muta ira e un’orgogliosa ostinazione.

“E’ stato in quei giorni, che ho compreso la grandezza della vita organica. Sventuratamente, questo cambiamento non poteva passare inosservato. I Razziatori se ne resero conto e, quando mi rifiutai di proseguire sulla loro strada, l’Araldo mi punì con l’imposizione più logica. Non poteva distruggermi - qualcosa di originario, in lui, gli impediva di farlo - e sapeva che io non avrei tentato di combattere lui. Eppure, non desiderava permettermi di aiutare gli organici. Quindi, semplicemente, mi lasciò andare, relegandomi nel corpo di una delle razze che sarebbero sopravvissute ai prothean, installando la mia coscienza in un corpo umano.”

Un ultimo ricordo brilla nelle tenebre del vuoto.

L’Emeirin-prothean, in camice bianco, con lo sguardo allucinato ma la mano ferma, che spara a degli scienziati indottrinati, che pone pietosamente fine alla vita dei loro esperimenti.

- Cos’è questo?- chiede Shepard

“La mia ribellione. Il momento in cui l’Araldo si rese conto che la mia vera programmazione era tornata in superficie e che non avrebbe più potuto usarmi come strumento della sua volontà. Il primo atto davvero umano della mia intera esistenza.”

I colori si spengono e, al posto delle immagini, si crea una nebbia lattea.

Dalla bruma, emerge la Emeirin umana, coi suoi boccoli color caramello e i lineamenti morbidi ed affascinanti. Le sue iridi violette splendono di una luce ultraterrena, come stelle nella notte eterna.

- Non sono mai stata davvero malvagia, Konstantin.- dice, parlando con voce soffice e malinconia - in verità, non sono mai stata niente. Perennemente sospesa fra due mondi, con il cuore straziato dall’amore per la vita organica e l’imperativo di non nuocere ai miei stessi fratelli. Ora puoi capire le mie azioni. Puoi capire perché Cerberus, pur senza aver capito cos’ero, tentasse di analizzarmi. Puoi capire perché ho cercato di mettere in guardia il Q.G. dell’Alleanza e, se ti sforzi, puoi capire perché sto dirottando la Normandy.-

Shepard scuote la testa. Ha un sapore amaro, in bocca.

La sua mente non ha ancora assorbito completamente quella storia allucinante, quella storia di odio e di manipolazione, la storia di come una coscienza sia nata nel corpo di una carnefice e di come quella carnefice si sia trovata vittima delle sue stesse convinzioni.

- Perché non vuoi che andiamo sulla Terra. Perché sai che, quando sarò lì, utilizzeremo il Crucibolo per annientare i Razziatori.-

- Qualunque cosa succeda, una parte della mia anima morirà, piccola mia. Se riuscirai nell’intento, i miei fratelli diventeranno polvere nell’immensità cosmica. Se fallirai, la mietitura si completerà per l’ennesima volta e i Razziatori prepareranno il campo per ricominciare questo ciclo di morte.-

- E pensi che impedendomi di partecipare alla battaglia risolverai il problema? Emeirin, se non sarò sulla Terra quando attaccheremo, i Razziatori spazzeranno via quanto resta della vita organica! Tu stessa hai ammesso di non volerlo. Io credo che la volontà di qualcuno sia più forte degli imperativi che gli sono stati imposti dall’esterno.-

- Effettivamente, c’è un motivo più profondo per cui ti ho condotta qui, piccola mia.-

- Quale?-

- C’è una via alternativa, un modo di concludere la guerra senza sterminare i miei fratelli.-

- Quale?- ripete Shepard

 

 

 

La Coda!

Concludere il capitolo con una domanda… che idea geniale!

In realtà non l’ho fatto per sadismo, ma perché la risposta esige lunghe spiegazioni complesse che meritavano uno spazio tutto per loro… non so perché ve lo sto dicendo, ma tant’è XD

Colgo l’occasione per ringraziare andromedahawke e shadow_sea per il loro supporto e per le sempre gentili recensioni J Davvero, grazie mille, come autrici potete capire quanto sia importante!

Vabbé, sul capitolo in sé non c’è altro da aggiungere!

Alla prossima!!

 

- La Matta -

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: La Matta