CAPITOLO TRENTOTTESIMO. FINO ALLA FINE.
Pegasus
stava combattendo contro il Dio della Guerra nel salone del Grande Sacerdote,
alla Tredicesima Casa di Atene, proprio dove un anno prima aveva affrontato
Arles.
Non
appena entrato nella Sala del Trono, il Cavaliere era stato atterrato
dall’infuocato cosmo di Ares, che lo aspettava con baldanza e trepidazione,
pronto per combattere con lui, il preferito di Atena, come lo aveva etichettato
con scherno.
Il
Dio della Guerra era alto e robusto, con ampie spalle, mossi capelli scuri che
fuoriuscivano dall’elmo della sua corazza, e fiammeggianti occhi rossastri;
indossava la sua splendida Veste Divina, dal colore scarlatto e dorato, una
corazza che, come Pegasus ebbe a notare, poco somigliava all’eterea Veste del
Signore dell’Olimpo, presentando più i tratti tipici di un’armatura da
battaglia. Sulla schiena erano fissate due grandi ali, simboleggianti qualche
mostruosa creatura infernale, mentre affissa alla cinta una spada infuocata, simile a quella di
Flegias, risplendeva sinistramente.
“Ares!”
–Mormorò Pegasus, rialzandosi. –“Ti batterò!”
“E
così ce l’hai fatta, moscerino! Hai superato le Dodici Fatiche che vi avevo
imposto, giungendo fin qua, al mio regale cospetto! Ammetto che sono stupito!
Conoscevo la vostra resistenza, Cavalieri di Atena, ma ero certo che quantomeno
Gerione e Ladone sarebbero riusciti a fermarvi, e ad uccidervi!” –Sogghignò il
Nume, prima di aggiungere, con tono divertito. –“Poco importa! I miei figli
stanno massacrando i tuoi compagni, e tu morirai qua, per mano mia, con questa
stessa spada che ha bevuto il sangue di Ioria e Virgo!”
“Tu
menti!!!” –Urlò Pegasus, visibilmente agitato.
“Mai
mentirei su una vittoria, Cavaliere di Pegasus! Io stesso ho ucciso i Cavalieri
d’Oro tuoi alleati, estirpando il loro puerile cosmo da questa terra!”
“Bastardoooooo!!!”
–Gridò il Cavaliere, scattando avanti e lanciando una violenta pioggia di luce
contro Ares. –“Fulmine di Pegasus!” –Ma il Dio non ebbe problema alcuno
a parare con il palmo destro tutti i colpi, prima di afferrare il pugno del
ragazzo, giunto di fronte a lui, e schiacciarglielo con forza, per poi
scagliarlo indietro.
“Ah
ah ah!” –Rise con gusto, osservando Pegasus schiantarsi contro alcune colonne
del salone.
“Non
ridere, e combatti!” –Esclamò il ragazzo, rialzandosi prontamente. –“Se è vero
che hai ucciso Ioria e Virgo, ho un motivo in più per sconfiggerti!”
“Hai
un motivo in più per morire, ragazzo!” –Tuonò Ares, fissando Pegasus con occhi
infuocati.
Immediatamente
il Cavaliere si ritrovò sollevato da terra, sospeso in aria, mentre tutto il
suo corpo vibrava pazzamente travolto da incandescenti onde di energia.
“Se
Phobos e Deimos hanno ucciso Andromeda e Phoenix, e Flegias si è sbarazzato
degli altri due cadaverici Cavalieri, io farò molto di più con te, Pegasus!
Proverai sul tuo corpo il marchio della sconfitta, che il Dio della Guerra, con
le sue possenti mani, ti infliggerà!” –E nel dir questo scaraventò, con la sola
potenza mentale, Pegasus indietro, fino a farlo schiantare contro il portone
d’entrata, abbattendolo e facendo crollare anche pezzi di muro su di lui. Tossendo
e sputando, Pegasus si rimise in piedi dopo poco, rientrando nella Tredicesima
Casa.
“I
miei compagni saranno qua tra poco, Dio della Guerra, con i corpi esanimi dei
tuoi figli, infami carogne degne della tua discendenza!”
“Infami
carogne che hanno massacrato Divinità e Cavalieri Divini!” –Ironizzò Ares,
mentre Pegasus scattava nuovamente verso di lui, con il pugno carico di
energia. Ma Ares fermò una seconda volta tutti i suoi colpi, spostandosi infine
sul lato destro del Cavaliere, prima di poggiare la mano sul suo petto.
Istantaneamente Pegasus si irrigidì, fermando ogni muscolo del corpo, rimanendo
così, immobile come un fermo-immagine, mentre la violenta energia del Dio della
Guerra premeva su di lui, stridendo con forza sulla sua Armatura Divina.
“Tremor! Direbbe mio figlio!” –E sogghignò, osservando
Pegasus tremare di fronte a lui, prima di scaraventarlo verso l’alto, farlo
schiantare sul soffitto e ricadere verso terra. –“Muori, adesso!” –Urlò Ares,
sguainando la spada e saltando in alto, mentre Pegasus ricadeva verso il basso.
“N...
Nnooo...” –Riuscì a pronunciare Pegasus, cercando di liberarsi dalla prigionia
mentale del Dio. Vi riuscì soltanto in parte, scansandosi di lato ed evitando
che la lama affondasse direttamente nel suo petto, strusciandogli il braccio
destro, frantumando la sua corazza e spingendolo indietro. Ares ricadde
compostamente al suolo, spalancando le immonde ali della sua armatura, mentre
Pegasus ruzzolò in terra poco distante, rimettendosi subito in piedi.
“Ti
direi di smetterla, di rinunciare a questa lotta, Cavaliere di Pegasus, ma so
già che non lo faresti, per l’amore che nutri per Atena e per i tuoi compagni!
Ed inoltre perché in fondo non è ciò che voglio!” –Esclamò Ares, con malizia.
–“Una morte senza battaglia, senza un estenuante combattimento all’ultimo
sangue, non è gratificante, non è maschile, non fa per me!”
“Sei...
un folle!”
“Non
esiste genio, senza una dose di follia!” –Rispose Ares, citando Aristotele.
“Taciii!!!”
–Gridò Pegasus, scattando ancora una volta avanti, con il pugno destro carico
di energia e lanciando migliaia di stelle cadenti dirette verso Ares.
“Ma
non capisci?! È tutto inutile! Ammira l’infinita vanità del tutto!” –Rise Ares
come un folle, muovendo le braccia alla velocità della luce per parare i colpi
del ragazzo.
Li
frenò tutti, per quanto stupito fosse della velocità e della resistenza del
Cavaliere di Atena, ma non riuscì ad evitare che Pegasus si portasse di fronte
a lui, con il pugno destro carico di energia cosmica. In un attimo, il giovane
scagliò una devastante cometa di luce contro Ares, colpendolo da distanza
ravvicinata. Il Dio sogghignò, prima di vedere il Cavaliere di Atena
scaraventato indietro, travolto dal suo stesso potentissimo attacco, così
potente che distrusse parti della sua Armatura Divina, facendolo schiantare
contro un muro.
“Non
hai capito la lezione? Lo Scudo di Ares mi protegge! Esso è
indistruttibile, in quanto trae origine dal mio cosmo, dalla mia pulsante
energia divina, e come tale inesauribile!” –Spiegò Ares, circondato da strati
di cupa energia dai riflessi scarlatti.
“Lo
Scudo di Ares!” –Rantolò Pegasus, rialzandosi ancora. –“La stessa
tecnica usata da Flegias…”
“È
naturale! Non dimenticare chi hai di fronte, Cavaliere! Il Dio della Guerra,
Signore supremo della battaglia cruenta! Colui che ha istruito i propri figli
alla nobile arte della lotta, insegnando loro le migliori tecniche di assalto e
di difesa!” –Spiegò Ares, avanzando verso Pegasus, che barcollava
convulsamente. –“Conosco ogni colpo segreto dei miei figli, perché io l’ho
insegnato loro, per quanto io ne faccia ovviamente un uso migliore di loro! Ah
ah ah!”
“Bell’esempio
di padre che sei!” –Commentò Pegasus, sputando di fronte al Dio. –“Così
affezionato ai tuoi figli da mandarli incontro a morte certa!”
“È
la guerra, Pegasus! Come disse Creso, in pace i figli seppelliscono i padri, in
guerra i padri seppelliscono i figli!” –Ed esplose in una sadica risata,
simbolo di tutto il disinteresse che potesse provare verso di loro. –“Ma se
proprio ti interessa la sorte dei miei figli… ti manderò in Ade, così forse li
ritroverai!” –E sguainò la sua Spada Infuocata, liberando un violento fendente
energetico, che scavò un solco nel pavimento, correndo verso Pegasus.
Il
ragazzo fu però svelto ad evitarlo, balzando in alto, aiutato dalle
scintillanti ali della sua armatura, mentre Ares cercava di contrattaccare con
nuovi piani di energia, muovendo la spada all’impazzata. Pegasus oscillò su se
stesso, bruciando al massimo il proprio cosmo lucente, e schivò tutti i
fendenti energetici di Ares, interponendosi continuamente tra essi, scivolando
leggero nell’aria, grazie al mithril della corazza, fino a giungere proprio di
fronte al Dio. Un violento calcio raggiunse Ares in pieno viso, spaccando
l’elmo della sua corazza e facendolo sanguinare, ma non fu sufficiente per
scaraventarlo indietro, piazzato com’era su robusti piedi da battaglia.
“Maledetto…”
–Esclamò il Nume, irato per essere stato ferito. E afferrò Pegasus per le
gambe, sbattendolo a terra di schiena, varie volte, scheggiando la sua corazza,
prima di scaraventarlo contro un muro laterale, lanciandogli contro la propria Spada
Infuocata. Ma Pegasus fu abile a ricomporsi durante il lancio, atterrando a
piedi uniti sul muro e a darsi una spinta per balzare avanti, proprio mentre la
spada sopraggiungeva su di lui. Gli tagliò qualche ciuffo dei suoi
disordinati capelli, stridendo sul pettorale dell’Armatura Divina, prima di
piantarsi nel muro.
L’ha
evitata! Mormorò Ares, furibondo,
mentre Pegasus, forte della spinta ricevuta, piombava su di lui, con il pugno
destro carico di energia cosmica.
“Iaiiii!!!”
–Gridò il ragazzo, liberando una violenta cometa di energia, la quale investì
Ares in pieno e lo scaraventò indietro, facendolo schiantare con vigore contro
il muro dall’altra parte della stanza, che crollò in fretta su di lui.
“Che
mi serva da lezione!” –Urlò Ares, rialzandosi, mentre il suo fiammeggiante
cosmo finalmente compariva, invadendo l’intera stanza. –“Sottovalutare un
moccioso come te può rivelarsi controproducente! Flegias aveva dunque ragione!
Purtroppo!” –Sibilò, dirigendo le immense vampe infuocate contro Pegasus, il
quale cercò di evitarle, scattando in varie direzioni, mentre il violento cosmo
di Ares stringeva su di lui, limitando le proprie azioni e lo spazio di
movimento.
“Dannato
Ares!!! Combatti da uomo!” –Gridò Pegasus, che sentiva i muscoli intorpidirsi
per effetto del cosmo del Dio.
“Ira
di Ares!” –Tuonò il figlio di Zeus,
mentre un’immensa massa di torrida energia piombava su Pegasus, schiacciandolo
a terra e poi contro il muro, facendo schiantare ulteriormente la sua armatura.
“Aaaaah!!!”
–Gridò il Cavaliere, travolto dalla violenta emanazione cosmica, più potente di
qualsiasi attacco avesse ricevuto fino ad allora.
“Muori,
Pegasus!!!” –Tuonò Ares, recuperando la Spada Infuocata e lanciandosi
sul ragazzo, bloccato al muro dal suo immenso potere. La lama calò sul
Cavaliere, sfregiandogli il pettorale, prima di piantarsi con forza nel suo
braccio destro, dilaniando le carni sotto la corazza, di fronte al sogghignante
sguardo pago del Dio.
“Muori!
Come Ioria prima di te, come Virgo e Castalia, come Cristal, Sirio e Andromeda!
Muori!”
“Ma...
maiiiiiii…” –Urlò Pegasus, facendo esplodere il proprio cosmo.
La
devastante energia della costellazione di Pegasus scaraventò Ares lontano,
facendo crollare parte del soffitto e delle mura interne della Tredicesima
Casa, permettendo al ragazzo di liberarsi dalla Spada Infuocata, che
venne addirittura annichilita da tale violenta esplosione, prima di crollare
sulle ginocchia, debole e ansimante. Finché una voce non attirò nuovamente la
sua attenzione.
“Sottomettiti
a me, Pegasus! Come gli uomini tutti!” –Sibilò un uomo, avanzando tra le fiamme
che stavano divorando la Sala del Grande Sacerdote.
“Aaa...
Ares…” –Rantolò Pegasus, cercando di rimettersi in piedi. Non ci riuscì e cadde
a terra, disteso di lato, mentre il sangue colava copioso dal suo braccio
destro, ed Ares si avvicinava.
“La guerra è un
atto di forza che ha lo scopo di costringere l'avversario a sottomettersi alla
nostra volontà!” –Esclamò Ares, recitando versi del teorico militare prussiano
Carl von Clausewitz. –“Grande uomo quello! Uno dei pochi degni della mia attenzione!
Insieme a Filippo Tommaso Marinetti, ideatore e massimo esponente del
Futurismo, movimento che considerava la guerra sola igiene del mondo! Saremmo
andati d’accordo, noi tre! Uah ah ah!”
“Tu... tu non
puoi interpretare la storia a modo tuo, usare i pensieri di uomini liberi che
avevano le loro idee, per giustificare le tue, folli e sanguinarie!” –Esclamò
Pegasus, rialzandosi finalmente.
“Ah no?! Non
posso?! E perché?! Me lo impedirai forse tu?!”
“Sì!!!” –Urlò
Pegasus, scattando avanti, ma in quelle deboli condizioni non riuscì a fare
neppure un passo che venne afferrato per il collo dalla mano destra di Ares,
che strinse con forza, scaricando sul ragazzo il suo ardente e violento cosmo.
“Onde di
Terrore!” –Sibilò il Dio,
mentre tutto il corpo di Pegasus veniva percorso da violente scosse di
infuocata energia, che creparono in più punti l’Armatura Divina, avvelenando la
sua mente. –“Fatti un bel viaggio, Pegasus!” –Aggiunse, gettando a terra il
corpo del ragazzo.
Le Onde di
Terrore agirono sulle paure inconsce del Cavaliere, giocando con esse,
trasformandole in realtà, facendo tremare il corpo di Pegasus, fino a farlo
implodere. E quali paure erano più grandi di quelle di non ritrovare i suoi
affetti? I suoi cari? Le persone per cui aveva vissuto e combattuto per tutta
una vita! Sua sorella in primis, ed Isabel, Sirio, Cristal, Andromeda e
Phoenix, per secondi.
Grazie ai suoi
ricordi, Ares mostrò al ragazzo un mondo di fiamme e disperazione,
scaraventando la sua anima in un universo parallelo, dove gli amici morivano,
uccidendosi tra loro, e i nemici restavano, vincendo ed instaurando un nuovo
ordine, senza che lui, debole e vinto, riuscisse a reagire, riuscisse a fermare
il delirante scorrere del flusso temporale. Uno dopo l’altro Pegasus li vide
morire tutti quanti: Ioria e Virgo sull’isola dell’Apocalisse, mentre una
devastante bomba di energia cancellava quel che rimaneva di quella sperduta
terra, insieme a Castalia, sdraiata ai loro piedi; quindi Sirio e Libra,
schiacciati dal Gigante Gerione, calpestati e fatti a pezzi, prima di essere
mangiati vivi dalle fauci del colosso; poi Cristal e Scorpio, avvelenati dal
Serpente delle Esperidi, resi bianchi e pallidi, incapaci di reagire, di fare
soltanto un passo, prima di essere sbranati da Ladone; infine Andromeda e
Phoenix, che caddero di fronte a lui, sterminati dalle loro armi infuocate di
Phobos e Deimos, che tagliarono le loro teste, lasciandole rotolare verso il
corpo di Pegasus, che ebbe furiose convulsioni, di fronte allo sguardo
soddisfatto di Ares.
“E adesso
l’ultima…” –Sogghignò il Dio della Guerra, mentre le Onde di Terrore
continuavano a stringersi intorno al Cavaliere. –“La tua adorata Isabel!”
E quella fu la
visione peggiore per Pegasus, dopo l’inganno subito alla Dodicesima Casa, che
comunque non aveva intaccato troppo il suo spirito, essendo più forte e
preparato che non adesso, ferito e avvelenato dal bastardo cosmo di Ares che
aveva raggiunto le sue interiora, grazie alla ferita sul braccio. Isabel
combatteva insieme ai suoi Cavalieri sulla cima dell’Olimpo, contro la
demoniaca furia di Tifone, dal cui abominevole corpo uscivano migliaia di
vipere, che strisciarono sul terreno avvolgendosi intorno alla delicata figura
di Atena, stringendola a sé con forza.
“Nooo… Nooo...
Isabeeel!!!” –Gridò Pegasus, contorcendosi a più non posso.
Vide le serpi di
fuoco sfondare il cranio della Dea, cibandosi delle sue membra, strisciando sul
suo freddo corpo, mentre le grida deliranti di Atena riempivano l’aere, ed egli
non poteva far niente per salvarla. In un momento rivide morire tutti gli amici
e le persone a lui care, Ioria, Virgo, Castalia, Sirio, Libra, Cristal,
Scorpio, Andromeda, Phoenix, Isabel. E nuovamente Ioria, Virgo, Castalia, in un
infinito turbine di delirio che lo stava facendo diventare pazzo, al punto da
spingere Ares a credere che il ragazzo sarebbe morto all’istante per lo shock.
Ma
inaspettatamente una luce giunse in suo soccorso, aiutandolo a riaprire gli
occhi e a vincere le sue paure. Una flebile voce di donna pregava per lui, come
aveva pregato durante lo scontro finale con Thanatos e Ade: sua sorella.
Nascosta chissà dove, da sconosciuti sicari, Patricia pregava per la salvezza
del fratello e riuscì ad inviargli forza e speranza, come aveva fatto mesi
prima, dalla Grecia all’Ade. Lei sapeva che Pegasus sarebbe riuscito, che non si
sarebbe fatto abbattere nemmeno questa volta, credendo in lui stesso e nei suoi
amici, in quei punti fermi che Ares adesso aveva voluto abbattere, puntando
sulle inconsce paure del ragazzo che erano anche la sua grande forza.
“Pa...
Patriciaaa!!!” –Gridò Pegasus, e il suo strillo echeggiò per l’intera
Tredicesima Casa, stupendo lo stesso Ares.
“Com’è
possibile?! Eri ormai morto Pegasus! Avevo ucciso il tuo spirito, seppellendolo
con macabre visioni!!!” –Ringhiò il Dio furibondo.
“A…. Ares... puoi
uccidermi mille volte, fare a pezzi il mio corpo, ma non vincerai mai il mio
spirito, la fiducia che nutro nei miei amici, in coloro che mi hanno sostenuto
per una vita intera, dandomi un motivo per andare avanti! Sempre e comunque!!!”
–Esclamò Pegasus rialzandosi, circondato dallo splendore del suo cosmo azzurro.
–“Per orfani come noi, che mai hanno conosciuto l’amore di un padre e di una
madre, gli amici sono tutto ciò che di bello possa esistere nel mondo, sono
l’amore stesso, fonte inesauribile di emozioni e di speranze, ed incrollabile
fiducia che i tuoi trucchi da cartomante non abbatteranno mai!!!”
“Cartomanteee?!”
–Tuonò Ares, espandendo il proprio cosmo infuocato, mentre vampe incandescenti
piombavano su Pegasus. –“Ira di Ares!!! Travolgilooo!!!”
E un’immensa
massa di rovente energia si abbatté su Pegasus, il quale, per tentare di
difendersi, incrociò le braccia avanti a sé, lasciando che la furia devastante
del cosmo di Ares si abbattesse su di esse, pressando con forza, al punto da
spingerlo indietro, facendogli scavare solchi nel pavimento con i suoi piedi.
Ma senza riuscire ad abbatterlo, per quanto impetuoso fosse l’assalto.
“Ti piegherò!!!”
–Gridò Ares, rinnovando il proprio violento attacco.
Pegasus sentì
ribollire il sangue sul suo braccio destro, avvelenato dalla spada del Dio
della Guerra, infettato dal suo demoniaco cosmo che lo stava richiamando a sé.
Per un momento si sentì perduto e stordito, vacillò, dando la possibilità ad
Ares di travolgerlo con la sua poderosa massa energetica.
“Ira di Ares!!!” –Tuonò, scaraventando Pegasus indietro,
fino a farlo schiantare contro le mura anteriori, che subito crollarono su di
lui. Non contento Ares sollevò il ragazzo con il proprio potere, richiamandolo
a sé, stritolando il suo corpo con violente vampe infuocate, che schiantarono
le ali della sua Armatura Divina, impedendogli di fruirne ancora, prima di
scattare avanti e poggiare il palmo destro sul petto del giovane, e scagliarlo
violentemente via.
“Ah ah ah!” –Rise
di gusto Ares, osservando Pegasus stramazzare al suolo, fra i frammenti
insanguinati della sua corazza, la quale, in ogni caso, continuava a
risplendere di un’eterea luce che neppure la fiamma di Ares era capace di
spegnere.
“La luce... della
speranza!!!” –Mormorò Pegasus rialzandosi. E senz’aggiungere altro scagliò una
cometa di energia cosmica, sorprendendo lo stesso Ares, che non si aspettava
una così immediata reazione. In un lampo, il Dio riuscì a ricreare lo Scudo
di Ares di fronte a sé, su cui la cometa si schiantò, percependo, per la
prima volta, una goccia di sudore freddo scendere lungo la sua schiena.
C’è mancato un
attimo! Un attimo
soltanto e mi avrebbe investito in pieno! Senza possibilità di difesa!
Tremò per un istante all’idea di venire scaraventato indietro da quel moccioso,
prima di ritrovare il suo solito ghigno di sfida e abbassare le sue difese,
sentendo esaurire la potenza della cometa lucente.
“Uh?!” –Esclamò
Ares, vedendo che Pegasus non era più di fronte a lui. –“Dove sei bamboccio?!”
“Quassù!!!” –Urlò
una voce, proveniente da una lucente cometa, in alto di fronte ad Ares. Una
vera e propria meteora umana in cui Pegasus, saltando e roteando su se stesso,
si era trasformato.
“Sciocco!” –Gridò
il Nume, osservando la meteora di luce sfrecciare verso di lui. –“Scudo di
Ares!!! Difendimi!!!”
Il violento
scontro tra i due poteri fece schiantare la difesa del Dio della Guerra,
scaraventandolo indietro, raggiunto di striscio da guizzanti fulmini lucenti, e
facendolo crollare a terra. Subito Ares si rialzò, per affrontare il suo
nemico, che immaginava fosse di fronte a lui, ma Pegasus si era portato alle
sue spalle e lo afferrò da dietro, bloccando i suoi movimenti, seppur a fatica.
“Spirale... di
Pegasus!!!” –Urlò il
ragazzo, sollevando il corpo di Ares e portandolo in alto, avvolgendolo in una
lucente cometa energetica.
“Non essere
ridicolo!” –Esclamò Ares, spalancando immediatamente le ali della sua scarlatta
armatura, e liberandosi con una vampa infuocata della presa del Cavaliere, il
quale, privo ormai delle sue ali, ricadde malamente al suolo, slogandosi una
caviglia.
Ares con un’abile
piroetta fluttuò nell’aria, atterrando proprio accanto al trono, in cima al
piccolo palchetto della Sala del Grande Sacerdote, contemplando soddisfatto la
distruzione dell’intera stanza, simbolo inequivocabile della rovina del Grande
Tempio e di Atena e dei suoi Cavalieri.
“Hai sprecato
un’occasione, ragazzo!” –Esclamò, mentre immense lingue di fuoco scivolavano
sul suo corpo. –“Avresti dovuto colpirmi con il tuo leggendario fulmine, invece
di tentare quella sciocca spirale! Adesso muori!” –Ironizzò, prima di scagliare
le vampe infuocate contro Pegasus.
“No!!!” –Tuonò il
Cavaliere, aprendo di scatto le braccia e formando un quadrato di energia
lucente, su cui si infranse l’assalto di Ares. –“Quadrato di Pegasus!”
–Mormorò, prima di rinviare le vampe indietro.
“Quadrato di
Pegasus?!” –Ripeté Ares, sorpreso. –“E credi che basterà per fermare il mio
potere? Ira di Ares!!!” –Tuonò nuovamente, mentre Pegasus, incurante
delle vampe di energia cosmica, sfrecciò nella stanza, scagliando il suo colpo
segreto contro il Signore della Guerra.
Migliaia di
stelle caddero su Ares, che fu svelto a ricreare lo scudo protettivo, su cui i
colpi di Pegasus si infransero, prima di potenziare il proprio assalto e
scaraventare via il ragazzo, sbattendolo contro mura lontane.
“Bene!” –Mormorò
Ares infine, notando che il Cavaliere non accennava a rialzarsi, privo ormai di
forze. –“Sembra che lo scontro sia giunto a termine, conclusosi giustamente con
la vittoria del Dio del... glom!!!” –Ares sputò sangue, improvvisamente,
toccandosi il petto con dolore.
Una macchia
scura, simile ad un pugno, aveva sporcato la sua Veste Divina, proprio sotto il
cuore, simbolo inconfondibile di un colpo andato a segno del ragazzo. Glom!
Un altro conato piegò Ares, obbligandolo a tastarsi il ventre, dove ben due
macchie scure ornavano la sua Veste Scarlatta.
“Com’è
possibile?!”–Sussurrò, tastando la corazza, calda, quasi rovente. –“Com’è
possibileee?!” –Gridò, furioso che un ragazzo avesse potuto tanto. –“Come hai
potuto superare lo Scudo di Ares?!”
“Eh eh…” –Sorrise
Pegasus, rimettendosi in piedi, ansimando a fatica, ma con una luce di
determinazione negli occhi. –“Non te ne sei accorto, Divino Ares? Eri forse
troppo impegnato a citare Clausewitz o Marinetti da non notare le decine di
colpi che ti hanno raggiunto?”
“De... decine?!”
–Sgranò gli occhi Ares, sentendo la corazza cigolare sinistramente.
In un secondo
altre sette macchie, grandi come un pugno, comparvero sulla sua corazza,
dislocate in vari punti, sulle ali, sulle braccia, persino nell’interno coscia,
prima di schiantarsi poco dopo, distruggendo la Veste Divina della Guerra, di
fronte agli occhi, per la prima volta sgranati, del Dio.
“Il tuo scudo non
è poi così efficace!” –Ironizzò Pegasus, asciugandosi il sangue che gli colava
dal labbro con il pugno destro. –“Tutt’altro, presenta numerose falle!”
“Falle?! Buchi?!”
“Precisamente!
Piccolissimi, certo! Così piccoli da non essere notati da un uomo normale, soltanto
da un Cavaliere!”
“Da un
Cavaliere... certo!” –Rifletté Ares, realizzando che quello doveva essere
l’effetto finale dell’esplosione fotonica che Ioria del Leone aveva diretto
contro di lui. –“Il Photon Burst!” –Mormorò, mentre Pegasus si incamminava
verso di lui, avvolto dal suo scintillante cosmo azzurro.
“Cadi adesso!”
–Gridò il Cavaliere, lanciandosi avanti, con il pugno destro carico di energia
cosmica. –“Fulmine di Pegasus!!! Iaaaiiii!!!”
“Non così in
fretta!” –Esclamò Ares, recuperando parte della sua calma. Con la mano sinistra
frenò il pugno di Pegasus, stringendolo con forza, prima di espandere il suo
demoniaco cosmo, scaraventando il ragazzo indietro, contro un gruppo di colonne
che subito crollarono su di lui.
“Ma…” –Mormorò
Pegasus, rialzandosi.
“Mi credevi
inerme?!” –Esclamò Ares, i cui occhi fiammeggiavano in mezzo a quell’oceano di
fiamme maledette. –“Sciocco sei stato! Non è certo la prima volta che vengo
ferito da un uomo! Anche Eracle vi riuscì nel mito, e persino durante la Guerra
di Troia riportai cicatrici, come questa che vedi sul mio collo!” –Aggiunse,
storcendo il collo per mostrarla. –“Ma di ognuna di esse vado fiero, ad ognuna
di queste ferite sono grato! Perché ogni volta mi hanno permesso di superarmi,
di superare i miei limiti, imparando dai miei errori, per non commetterli più
la volta successiva!! Così agisce uno stratega ed un guerriero, Cavaliere di
Pegasus! Un maschio come me, la cui anima è stata forgiata nel sangue e nella
guerra, senza mai conoscere la deprimente nausea della pace!”
“La pace non è
nauseante… essa...” –Tentò di ribattere Pegasus, ma la voce imperiosa del Dio
lo sovrastò nuovamente.
“Essa è
irrealizzabile! Finché gli uomini saranno egoisti, finché continueranno a
desiderare, a chiedere, a pretendere, scontrandosi gli uni contro gli altri, in
un’eterna guerra di tutti contro tutti!” –Precisò Ares, prima di sollevare il
braccio destro avanti a sé, concentrando sul palmo rivolto verso Pegasus il
proprio cosmo incendiario. –“Finché gli uomini saranno loro stessi, la guerra
continuerà ad esistere, ad insanguinare il mondo, gettando coloro che un tempo
si chiamavano fratelli uno contro l’altro, fino alla morte! E pace mai sarà!”
“Ti sbagli…”
“Non mi sbaglio!
E te lo proverò!” –Tuonò Ares, liberando il demoniaco assalto. –“Ira di
Ares!”
Pegasus bruciò al
massimo il proprio cosmo, cercando di contrastare l’avvampante attacco di Ares,
ma vi riuscì solo in parte e crollò con un ginocchio a terra, ansimando per la
debolezza. Strinse i denti e cercò di rialzarsi, mentre nuove orribili vampe
piombavano su di lui, trovando però un’inaspettata resistenza in un arcobaleno
di cosmi posto a sua difesa.
Rosa, verde,
bianco, rosso e dorato erano i colori della barriera energetica su cui si
infranse l’assalto di Ares, creata dai cinque amici che Pegasus aveva lasciato
ai piani inferiori: Andromeda, Sirio, Cristal, Phoenix e Dohko erano infine
giunti alla Tredicesima Casa, malconci e con le armature danneggiate, ma
determinati a combattere insieme l’ultima battaglia.
***
Poche
ore prima, mentre i Cavalieri di Atena affrontavano Ladone, nel Giardino delle
Esperidi, una figura avvolta da un’inquietante aura cosmica, fiammeggiante come
l’Inferno, osservava sconsolata il Grande Tempio dal miglior posto di
osservazione che potesse desiderare: la Collina delle Stelle. Un’isolata altura
poco distante dal Grande Tempio, in cima alla quale era stato edificato, in
tempi molto antichi, un osservatorio astronomico, dedicato al Grande Sacerdote,
l’unico ad avervi accesso, per osservare i moti stellati ed eventualmente
rivolgere preghiere ad Atena. Là, di fronte a quell’abbandonato tempio, Gemini
aveva assassinato Shin, sul finire di un’estate di quattordici anni prima. E
adesso Flegias, il Rosso Fuoco, camminava su quelle insanguinate pietre.
Maledizione! Mormorò, tirando un violento calcio ad un mucchio di
sassi. Anche qua niente!!! Ma dove può essere?! Doveee?! Gridò,
arruffandosi i folti capelli neri. Aveva trascorso l’intera giornata alla sua
ricerca, ma anche quella si era rivelata vana, come tutte quelle che aveva
condotto fino ad allora. Quattordici anni! Ghignò, mentre i suoi occhi
scuri si infiammavano di rabbia e odio. Quattordici anni che lo cerco e
ancora non sono riuscito a venirne in possesso! Sarei quasi tentato di credere
che non esista, che sia soltanto un trucco, un inganno degli antichi saggi, per
portare alla disperazione i loro nemici! Ma non può essere! Deve esistere!
Anzi, no, esiste!!! Precisò, sbattendo con forza un pugno contro una
colonna dell’osservatorio, e distruggendola. Ne sono certo! Come sono certo
del fatto che se oggi non ne verrò in possesso, le possibilità di dedicarmi
alla sua cerca in futuro diminuiranno! I Cavalieri di Atena combattono nel
Giardino delle Esperidi e sull’Olimpo le cose non vanno meglio! Quella dannata
legione inglese ha portato rinforzi a Zeus troppo presto! Spero almeno che
Tifone distrugga quanto più possibile! È il prezzo che devono pagare, quei
maledetti, per aver osato opporsi ai miei progetti di dominio! Progetti che, devo
ammettere, stanno incontrando ostacoli imprevisti!!! Rifletté,
incamminandosi verso il precipizio del colle.
Se mio Padre e
Tifone non elimineranno i Cavalieri quest’oggi, dovrò essere io, in futuro, ad
occuparmi di loro! Nessun altro potrà più farlo per me! Nessun altro potrà
essere convinto a farlo, credendo di perseguire il proprio interesse, come gli
sciocchi burattini che ho manovrato fin’oggi, mentre in realtà hanno solamente
fatto il mio gioco! Sì… il mio interesse!
Eliminare i Cavalieri di Atena e di Zeus, oscurare le abbaglianti luci dei loro
cosmi, gli unici che potrebbero frenare l’avvento della nuova epoca! Un’epoca
che metterà fine all’anarchia e al disordine di questi tempi, soffocando le
guerre e le violenze attuali sotto un’unica bandiera, sotto un’unica grande
ombra. Una tenebra primordiale a cui nessuna luce potrà opporsi! E senz’altro aggiungere, Flegias si lanciò di
sotto dalla Collina delle Stelle, a braccia aperte, lasciando che il vento gli
sbattesse in faccia, facendolo sentire vivo, pazzo e vivo come era sempre
stato. Esplose in una delirante risata, prima di scomparire e rientrare ai
Templi dell’Ira.