Ecco pronto il secondo
capitolo… Innanzitutto ringrazio chi ha commentato il primo capitolo,
ossia: Sakura Bethovina, Sakura93thebest, Evans Lily, Sakura93, Ponpon e Sakura182blast…
Siete troppo gentili, spero non mi farete montare la testa!!
Per rispondere alle domande della mia ormai amica (diciamo che ormai ci
conosciamo!!) Evans Lily, la
storia prevede 10 capitoli, tutti dal punto di vista di Li.
Come promesso, qui ci sarà
senz’altro un po’ più dinamismo che nel primo capitolo,
senza contare una situazione molto imbarazzante, direi quasi tragicomica, in
cui Li si ritroverà coinvolto. Non voglio
anticiparvi troppo, però…
Buona lettura!
FORSE UN ANGELO
Capitolo 2
- La stanza -
“E
quante notti spese per immaginarmi insieme a te…”
«Scusi, signore, abbiamo
prenotato qualche giorno fa per questo weekend e…»
L’addetto alla
reception alzò distrattamente gli occhi e studiò Sakura,
tranquilla di fronte a lui, prima di tornare a concentrarsi sui fogli che aveva
davanti.
«Certamente. A nome
di chi?»
«Beh, è stato
mio fratello a telefonare… Toy Kinomoto…»
Finalmente l’uomo
diede ascolto a Sakura e consultò un registro, scorrendo con il dito una
lista di nomi.
«Ah, sì. Ecco
qui. Tre persone. Kinomoto, Daidouji e Shaoran, giusto?»
«Giusto.»
Il receptionist si voltò,
prese una chiave tra quelle appese al muro e la consegnò a Sakura.
«Ecco qui,
signorina. Stanza 118, secondo piano. Divertitevi, ragazzi.»
Prima che Sakura potesse
aggiungere qualcosa, l’uomo si era precipitato a rispondere al telefono.
«Stanza 118?»,
ripetei io lentamente. «Cioè una sola stanza?... Ehi, ma voi due
lo sapevate?»
Mi sentivo arrossire
sempre più intensamente. Vidi che anche Sakura era a disagio. Scosse la
testa ed evitò il mio sguardo.
«No. Deve esserci
stato un errore.»
Tomoyo ridacchiò.
«Dai, Li, mica ti
mangiamo…!»
«Non ho
paura», sbuffai, cercando di dissimulare il nervosismo. «Solo che
questa cosa non è molto normale…»
«Li ha ragione,
Tomoyo», mormorò Sakura piano. «Ad essere sincera, non vedo
il lato comico.»
Ero perfettamente
d’accordo con lei…
Tomoyo rise di nuovo e mi
afferrò un braccio, incamminandosi verso l’ascensore. Mi impuntai.
«Ehi, molla! Molla,
ho detto! Tanto non ci vengo, non mi puoi costringere!»
«Allora dove pensi
di dormire per le prossime due notti?»
«Ah, non preoccuparti,
troverò un posto, io mi adatto facilmente…»
Tomoyo smise di tirarmi a
sé e si sporse a sussurrarmi all’orecchio.
«Li, lo vuoi capire
che ti si stanno presentando le occasioni migliori per parlare con
Sakura?»
La fissai sconcertato.
Quella ragazza era incredibile. In quella situazione così imbarazzante,
andava a pensare che io potevo parlare con Sakura? Certo che era davvero
un’amica…
In quel momento anche
Sakura ci arrivò accanto. Entrammo tutti e tre in ascensore. Sbirciai
Sakura di sottecchi, e sul suo viso vidi riflesso il mio stesso imbarazzo. Solo
Tomoyo sembrava davvero serena, se non entusiasta…
Il viaggio in ascensore
durò fin troppo poco. In men che non si dica ci ritrovammo al secondo
piano. Tomoyo uscì per prima; io aspettai che Sakura la seguisse. Quando
mi passò davanti, alzai gli occhi da terra e vidi che mi guardava. E
provai il solito vuoto allo stomaco, quello che ti prende quando salti in un
precipizio, con un elastico o meno.
Mi incamminai dietro di
loro, maledicendo mentalmente Toy, che a mio parere era l’unico
responsabile dell’errore dell’albergo: evidentemente non aveva
specificato la necessità di una stanza a parte per il
sottoscritto…
Poi arrivammo alla nostra
stanza, e mentre Sakura apriva la porta, io fui praticamente spinto dentro da
Tomoyo.
Incastrato. Segregato.
Maledetto Toy. Maledetta reception.
La 118 era spaziosa e ben
illuminata, con una grande finestra che dava dritto sul mare. Mi soffermai solo
superficialmente sull’arredamento; guardai invece con più
attenzione i posti letto. Un singolo e un letto a due piazze.
«Beh», fece
Tomoyo, affiancandosi a me e guardandosi intorno con aria critica, «direi
che io e Sakura possiamo dormire nel lettone, così Li non rischia
l’infarto per arrossimento eccessivo…»
Le scoccai un’occhiataccia,
ma mi sentii avvampare ancor più di prima.
Sakura sedette sul letto a
due piazze e mi guardò. Anche lei era un po’ rossa, ma sicuramente
era più tranquilla di me. Sorrise timidamente.
«Non so cosa diavolo
abbiano combinato con la nostra prenotazione», disse. «Comunque,
sono contenta di stare qui con voi. Mi basta questo.»
Ricambiai il suo sguardo.
E mi dissi che sì,
anch’io ero contento. Al di là di tutto il resto.
Era notte fonda.
Mi giravo e rigiravo in
quel letto accostato al muro, ma non riuscivo a prendere sonno.
Beh, che scoperta. Come
potevo dormire, in quella situazione?
Non era solo il fatto di
dover dividere la stanza con due ragazze. Era anche la pura e semplice
vicinanza di lei a togliermi il sonno.
Sakura respirava piano,
nella parte del letto a due piazze più vicina a me. Dalla finestra
proveniva una lama di luce che calava direttamente sulla sua guancia,
così che, a meno di non darle le spalle, potevo vedere perfettamente il
suo viso illuminato dalla luna. Anche nel sonno, era l’immagine stessa
della grazia e della bellezza. Non riuscivo a smettere di guardarla e di
sognare, di illudermi che anche lei mi stesse sognando.
Quante volte avevo vissuto
notti simili?
Ore e ore passate al buio
nel mio letto a pensare a lei, a chiedermi se fosse sveglia, a pensare a come
sarebbe stato dirle che l’amavo, che l’avevo amata fin dal primo
istante e che l’avrei amata per sempre…
Per l’ennesima volta
ripercorsi la nostra storia.
Era iniziato tutto come un
caso, un incontro voluto dal destino. Lei era
E quante volte avevo
sognato di dirglielo… Ma c’era sempre stato qualcosa a frenarmi.
Prima le mie naturali difficoltà di esprimere ciò che avevo
dentro. Poi la consapevolezza che lei amava un altro. Ma anche adesso che avevo
imparato a conoscere i miei sentimenti, e che sapevo che l’altro in questione non occupava
più quel posto speciale nel cuore di Sakura, ugualmente non riuscivo a
dichiararmi. Forse avevo paura di soffrire per una sua reazione, di perdere la
sua amicizia. Forse ero solo incapace di ammettere una cosa tanto forte. Non lo
sapevo nemmeno io. Sapevo solo che era dura, insostenibile, e che ora che stavo
anche per tornare in Cina la cosa era ancora più difficile da gestire.
Ripensai alle parole di
Tomoyo, che continuavano a ronzarmi nelle orecchie con insistenza costante.
«Li, lo vuoi capire che ti si stanno
presentando le occasioni migliori per parlare con Sakura?»
Lei voleva solo vederci
felici. Lei era una vera amica.
Quella sera aveva fatto di
tutto per lasciarmi solo con Sakura il più possibile, come quello stesso
pomeriggio in treno, e probabilmente si era addormentata con la speranza che io
approfittassi del suo sonno per parlare con Sakura.
Ma io ero rimasto
lì ad occhi spalancati nel buio sempre più fitto, mentre il
respiro di Sakura si faceva regolare, ascoltandola scivolare nel mondo dei suoi
sogni, sempre sperando che lì ci fosse un piccolo posto anche per me.
Senza il coraggio né le parole di prendere un’iniziativa e aprirle
il mio cuore.
E anche adesso la
ascoltavo dormire e guardavo la luna riflettersi sul suo viso e sognavo senza
alcun bisogno di dormire.
Tomoyo aveva ragione.
Dovevo parlarle, e dovevo farlo al più presto.
Poco importava che stessi
per tornare a Hong Kong. Questo era meno importante, gliel’avrei detto in
seguito. Ma al più presto dovevo assolutamente dirle che
l’amavo… Perché non aveva senso continuare a fingere, e
perché se l’avessi fatto, ben presto sarei morto dentro.
La guardai un’ultima
volta e poi chiusi gli occhi.
L’indomani avrei
smantellato tutto: dubbi, paure ed esitazioni.
Già… Ma come
accidenti avrei fatto?
Ve l’avevo detto che la
situazione sarebbe stata tragicomica… Povero Li, eh? Però vedrete
che questa cosa gli servirà…
Ancora grazie a chi continua a
seguirmi… A prestissimo!