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Autore: Feel Good Inc    24/03/2008    6 recensioni
Mi hai catturato l'anima e l'hai chiusa dentro te / Io non posso più resistere, incontrollabile la voglia di dirti che / Ti vedo ridere, sei così semplice / Indispensabile sapere che per me sei un angelo...
("Forse un angelo", Studio 3)
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Li Shaoran, Sakura Kinomoto, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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FORSE UN ANGELO

Ecco pronto il secondo capitolo… Innanzitutto ringrazio chi ha commentato il primo capitolo, ossia: Sakura Bethovina, Sakura93thebest, Evans Lily, Sakura93, Ponpon e Sakura182blast… Siete troppo gentili, spero non mi farete montare la testa!! Per rispondere alle domande della mia ormai amica (diciamo che ormai ci conosciamo!!) Evans Lily, la storia prevede 10 capitoli, tutti dal punto di vista di Li.

Come promesso, qui ci sarà senz’altro un po’ più dinamismo che nel primo capitolo, senza contare una situazione molto imbarazzante, direi quasi tragicomica, in cui Li si ritroverà coinvolto. Non voglio anticiparvi troppo, però…

Buona lettura!

 

 

FORSE UN ANGELO

 

 

Capitolo 2

- La stanza -

 

 

“E quante notti spese per immaginarmi insieme a te…”

 

 

«Scusi, signore, abbiamo prenotato qualche giorno fa per questo weekend e…»

L’addetto alla reception alzò distrattamente gli occhi e studiò Sakura, tranquilla di fronte a lui, prima di tornare a concentrarsi sui fogli che aveva davanti.

«Certamente. A nome di chi?»

«Beh, è stato mio fratello a telefonare… Toy Kinomoto…»

Finalmente l’uomo diede ascolto a Sakura e consultò un registro, scorrendo con il dito una lista di nomi.

«Ah, sì. Ecco qui. Tre persone. Kinomoto, Daidouji e Shaoran, giusto?»

«Giusto.»

Il receptionist si voltò, prese una chiave tra quelle appese al muro e la consegnò a Sakura.

«Ecco qui, signorina. Stanza 118, secondo piano. Divertitevi, ragazzi.»

Prima che Sakura potesse aggiungere qualcosa, l’uomo si era precipitato a rispondere al telefono.

«Stanza 118?», ripetei io lentamente. «Cioè una sola stanza?... Ehi, ma voi due lo sapevate?»

Mi sentivo arrossire sempre più intensamente. Vidi che anche Sakura era a disagio. Scosse la testa ed evitò il mio sguardo.

«No. Deve esserci stato un errore.»

Tomoyo ridacchiò.

«Dai, Li, mica ti mangiamo…!»

«Non ho paura», sbuffai, cercando di dissimulare il nervosismo. «Solo che questa cosa non è molto normale…»

«Li ha ragione, Tomoyo», mormorò Sakura piano. «Ad essere sincera, non vedo il lato comico.»

Ero perfettamente d’accordo con lei…

Tomoyo rise di nuovo e mi afferrò un braccio, incamminandosi verso l’ascensore. Mi impuntai.

«Ehi, molla! Molla, ho detto! Tanto non ci vengo, non mi puoi costringere!»

«Allora dove pensi di dormire per le prossime due notti?»

«Ah, non preoccuparti, troverò un posto, io mi adatto facilmente…»

Tomoyo smise di tirarmi a sé e si sporse a sussurrarmi all’orecchio.

«Li, lo vuoi capire che ti si stanno presentando le occasioni migliori per parlare con Sakura?»

La fissai sconcertato. Quella ragazza era incredibile. In quella situazione così imbarazzante, andava a pensare che io potevo parlare con Sakura? Certo che era davvero un’amica…

In quel momento anche Sakura ci arrivò accanto. Entrammo tutti e tre in ascensore. Sbirciai Sakura di sottecchi, e sul suo viso vidi riflesso il mio stesso imbarazzo. Solo Tomoyo sembrava davvero serena, se non entusiasta…

Il viaggio in ascensore durò fin troppo poco. In men che non si dica ci ritrovammo al secondo piano. Tomoyo uscì per prima; io aspettai che Sakura la seguisse. Quando mi passò davanti, alzai gli occhi da terra e vidi che mi guardava. E provai il solito vuoto allo stomaco, quello che ti prende quando salti in un precipizio, con un elastico o meno.

Mi incamminai dietro di loro, maledicendo mentalmente Toy, che a mio parere era l’unico responsabile dell’errore dell’albergo: evidentemente non aveva specificato la necessità di una stanza a parte per il sottoscritto…

Poi arrivammo alla nostra stanza, e mentre Sakura apriva la porta, io fui praticamente spinto dentro da Tomoyo.

Incastrato. Segregato. Maledetto Toy. Maledetta reception.

La 118 era spaziosa e ben illuminata, con una grande finestra che dava dritto sul mare. Mi soffermai solo superficialmente sull’arredamento; guardai invece con più attenzione i posti letto. Un singolo e un letto a due piazze.

«Beh», fece Tomoyo, affiancandosi a me e guardandosi intorno con aria critica, «direi che io e Sakura possiamo dormire nel lettone, così Li non rischia l’infarto per arrossimento eccessivo…»

Le scoccai un’occhiataccia, ma mi sentii avvampare ancor più di prima.

Sakura sedette sul letto a due piazze e mi guardò. Anche lei era un po’ rossa, ma sicuramente era più tranquilla di me. Sorrise timidamente.

«Non so cosa diavolo abbiano combinato con la nostra prenotazione», disse. «Comunque, sono contenta di stare qui con voi. Mi basta questo.»

Ricambiai il suo sguardo.

E mi dissi che sì, anch’io ero contento. Al di là di tutto il resto.

 

 

Era notte fonda.

Mi giravo e rigiravo in quel letto accostato al muro, ma non riuscivo a prendere sonno.

Beh, che scoperta. Come potevo dormire, in quella situazione?

Non era solo il fatto di dover dividere la stanza con due ragazze. Era anche la pura e semplice vicinanza di lei a togliermi il sonno.

Sakura respirava piano, nella parte del letto a due piazze più vicina a me. Dalla finestra proveniva una lama di luce che calava direttamente sulla sua guancia, così che, a meno di non darle le spalle, potevo vedere perfettamente il suo viso illuminato dalla luna. Anche nel sonno, era l’immagine stessa della grazia e della bellezza. Non riuscivo a smettere di guardarla e di sognare, di illudermi che anche lei mi stesse sognando.

Quante volte avevo vissuto notti simili?

Ore e ore passate al buio nel mio letto a pensare a lei, a chiedermi se fosse sveglia, a pensare a come sarebbe stato dirle che l’amavo, che l’avevo amata fin dal primo istante e che l’avrei amata per sempre…

Per l’ennesima volta ripercorsi la nostra storia.

Era iniziato tutto come un caso, un incontro voluto dal destino. Lei era la Catturacarte, la prescelta di Clow Reed; io avevo una missione che la comprendeva. Ci eravamo incontrati, ci eravamo scontrati, e inizialmente non mi era piaciuta, perché era una rivale, perché io dovevo dimostrare di essere più in gamba di lei. Ma poi era cambiato tutto. Con la sua dolcezza, lei aveva iniziato a farsi strada nel mio cuore, ad arrivare lì dove nessuno aveva mai messo piede, a capirmi e a farmi capire se stessa. Ci eravamo ritrovati più vicini che mai, uniti, amici. E inevitabilmente mi ero innamorato di lei.

E quante volte avevo sognato di dirglielo… Ma c’era sempre stato qualcosa a frenarmi. Prima le mie naturali difficoltà di esprimere ciò che avevo dentro. Poi la consapevolezza che lei amava un altro. Ma anche adesso che avevo imparato a conoscere i miei sentimenti, e che sapevo che l’altro in questione non occupava più quel posto speciale nel cuore di Sakura, ugualmente non riuscivo a dichiararmi. Forse avevo paura di soffrire per una sua reazione, di perdere la sua amicizia. Forse ero solo incapace di ammettere una cosa tanto forte. Non lo sapevo nemmeno io. Sapevo solo che era dura, insostenibile, e che ora che stavo anche per tornare in Cina la cosa era ancora più difficile da gestire.

Ripensai alle parole di Tomoyo, che continuavano a ronzarmi nelle orecchie con insistenza costante.

«Li, lo vuoi capire che ti si stanno presentando le occasioni migliori per parlare con Sakura?»

Lei voleva solo vederci felici. Lei era una vera amica.

Quella sera aveva fatto di tutto per lasciarmi solo con Sakura il più possibile, come quello stesso pomeriggio in treno, e probabilmente si era addormentata con la speranza che io approfittassi del suo sonno per parlare con Sakura.

Ma io ero rimasto lì ad occhi spalancati nel buio sempre più fitto, mentre il respiro di Sakura si faceva regolare, ascoltandola scivolare nel mondo dei suoi sogni, sempre sperando che lì ci fosse un piccolo posto anche per me. Senza il coraggio né le parole di prendere un’iniziativa e aprirle il mio cuore.

E anche adesso la ascoltavo dormire e guardavo la luna riflettersi sul suo viso e sognavo senza alcun bisogno di dormire.

Tomoyo aveva ragione. Dovevo parlarle, e dovevo farlo al più presto.

Poco importava che stessi per tornare a Hong Kong. Questo era meno importante, gliel’avrei detto in seguito. Ma al più presto dovevo assolutamente dirle che l’amavo… Perché non aveva senso continuare a fingere, e perché se l’avessi fatto, ben presto sarei morto dentro.

La guardai un’ultima volta e poi chiusi gli occhi.

L’indomani avrei smantellato tutto: dubbi, paure ed esitazioni.

Già… Ma come accidenti avrei fatto?

 

 

Ve l’avevo detto che la situazione sarebbe stata tragicomica… Povero Li, eh? Però vedrete che questa cosa gli servirà…

Ancora grazie a chi continua a seguirmi… A prestissimo!

   
 
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