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Autore: Sophie_Lager    22/09/2013    0 recensioni
**AVVISO AI LETTORI:
MI SCUSO IN ANTICIPO PER IL RITARDO CON CUI POSTERO' IL PROSSIMO CAPITOLO.
Una ragazza normale, con una vita normale.
Non esiste la magia, non esistono i licantropi, non esistono i vampiri.
Eppure, la sua vita cambia inaspettatamente. E forse sarà in peggio.
***
Se cercate qualcosa che abbia a che fare una ragazza con dei superpoteri, alle prese con le preoccupazioni di tutti i giorni, allora avete scelto la fanfiction giusta ^^
Genere: Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.

La mattina seguente mi svegliai in tempo per cambiarmi e prendere al volo la colazione.

Mio padre era seduto al tavolo, leggeva il quotidiano. Alzò appena gli occhi quando entrai in cucina. Non lo vedevo dalla mattina precedente; la sera non era tornato per cena, ed ero andata a letto senza vederlo rientrare.

«Ciao papà. Io esco.»

«Bene» disse lui, accendano un sorriso tirato.

Senza voltarmi ancora, uscii di casa.

Il temporale era terminato, ma aveva portato un forte vento che continuava a soffiare. Mi strinsi ancora di più la sciarpa, e maledissi le scuole che sceglievano le gonne come divise scolastiche per le ragazze. 

Il quartiere dove abitavamo era molto piccolo, ma molto vicino alla scuola che frequentavo. Dieci minuti a piedi. Non mi dispiaceva camminare. Mi avrebbe fatto bene, starmene un po' da sola nella natura.

Quella mattina avrei avuto due ore consecutive di inglese. Fortunatamente. Forse così sarei stata troppo occupata a cercare di imparare qualcosa dell'unica materia che davvero mi piaceva per poter prestare attenzione agli strani comportamenti che gli altri mi avrebbero dedicato.

Passai i grandi cancelli, e mi ritrovai nel cortile della scuola. C'erano un sacco di ragazzi che bighellonavano fuori, non desiderando altro che rimanere li per tutta la mattinata. Io li superai velocemente, e trovai con un po' di fatica la mia aula. Dovevo ancora orientarmi, non ero mai stata troppo brava a farlo. 

Entrai in classe e mi sedetti al banco del giorno prima. Senza farmi notare troppo, sbirciai con la coda dell'occhio la parte di stanza inesplorata. C'erano tre ragazzi e una ragazza che chiacchieravano. Mi sembravano amichevoli, dallo sguardo, e non feroci come le tre cheerleader di ieri. La ragazza aveva i capelli neri e gli occhi altrettanto neri. Era snella e aveva un viso aggraziato. Avrebbe potuto essere anche lei una della setta.

Improvvisamente la mora si voltò verso di me. Probabilmente mi aveva notato.

Fantastico, Sophie! Ora verrà a metterti in guardia su chi comanda in questa scuola. Di nuovo. 

Distolsi subito lo sguardo, trovando improvvisamente molto interessante il contenuto del mio zaino, finchè non sentii una voce davanti a me:

«Ciao»

Alzai lo sguardo, e mi ritrovai davanti la ragazza. Notai che i suoi amici la guardavano dall'altro lato dell'aula, senza muoversi, e -vidi con piacere- senza ridere. Forse non tutto era perduto.

«Ciao» Le risposi, sorridendo appena.

«Io sono Violet, piacere di conoscerti! Spero che ieri Il Trio non ti abbia trattato troppo male» Aggiunse, con un'aria vagamente preoccupata.

Il Trio?

«Intendi Jasmine e il suo gruppo?»

«Già!» Rispose solare Violet. «Noi le chiamiamo Il Trio perché non si separano mai. Ma non dare troppo peso a quello che dicono. Devi solo stare attenta a non attirare troppo l'attenzione di Matt. E' l'unica persona che ha dato palo a Jasmine, ma lei non l'ha mai accettato. Perciò tiene alla larga da lui tutte le persone che può» E Violet concluse il suo monologo con una risatina. Parlava sicuramente molto, ma era simpatica. La prima persona simpatica di questo posto, fino ad adesso. 

«Vedrò di non rivolgere mai la parola a Matt, allora» Le risposi, stavolta sorridendo davvero.

Ma nel frattempo la classe si era riempita. In molti mi stavano ancora squadrando, non contenti di averlo fatto per tutto il giorno precedente.

«Devo andare, adesso, ma a mensa ti voglio al mio tavolo» Mi disse Violet, prima di allontanarsi verso il suo banco. E proprio in quel momento entrò la professoressa Carls di inglese. 

«Buongiorno a tutti» esordì la nostra insegnante entrando in classe. Nessuno fece troppo caso a lei, la maggior parte continuava a chiacchierare e a bisbigliare. Io fissavo la lavagna, fingendo di essere assorta nei miei pensieri. In realtà avevo già sentito il mio cognome quattro volte, e tutte le volte da una voce diversa. 

Con la coda dell'occhio notai anche il Trio, nella fila di banchi alla mia sinistra, e da quel momento non sbirciai più in quella direzione.

«Mettetevi seduti, tutti quanti! Oggi ci occuperemo di impaginazione: come strutturare un articolo di giornale dal punto di vista grafico e ortografico. Il tutto sembra molto facile, ma assolutamente non lo è; quindi fate molta attenzione, non lo ripeterò due volte! Alla fine del mese vorrei riuscire a creare un piccolo giornale scolastico prodotto esclusivamente dai ragazzi di questa classe, quindi dovrete creare degli articoli interessanti ma soprattutto ben fatti. E adesso aprite il libro a pagina 87.» Annunciò la professoressa, mentre la classe ammutoliva. 

Bene, mi piaceva questo argomento. Mi avrebbe tenuta occupata. 

Per quasi la maggior parte del tempo, la professoressa Carls ci illustrò le varie tipologie di articolo e i vari tipi di giornale, che potevano contenere articoli diversi sia come struttura che come -ovviamente- argomento. 

Avevo già studiato queste cose, ma mi erano sembrate lo stesso interessanti. Inutile ripeterlo: inglese era l'unica materia che davvero mi piaceva.

Mancava ormai meno di mezz'ora al suono della seconda campanella, ovvero alla fine dell'ora, e mi guardai intorno: nessuno stava più prendendo appunti, e anzi il chiacchiericcio di sottofondo era abbastanza evidente. Alla mia destra tre ragazzi si stavano lanciando palline di carta. 

«Bene, direi che può bastare» Interruppe la professoressa, battendo alcune volte le mani per richiamare l'attenzione.

«Possiamo iniziare a dividere i gruppi?» Chiese, attirando definitivamente tutti gli sguardi su di lei. Dall'aula si levarono lamentele.

«Silenzio. Dividerò io in gruppi da due. Un'articolo per gruppo su un argomento che sceglierò io. Iniziamo con la signorina Ammert, che sarà in coppia con…» E scelse un nome a caso nell'elenco: «…Con il signor Mortes, così forse la smetterà di consegnare temi insufficienti.»

Una risatina si levò dalla classe, mentre il signor Mortes si avvicinava sbuffando a una ragazza con i capelli rossi che sedeva in prima fila. Notai che il ragazzo era fra quelli che pochi minuti prima aveva partecipato alla guerra con le palline di carta.

«La signorina Potter sarà con… Linda Thomlinson. Roberts con Kyn, Sarah Smith con… Parker. Sophie Howord…» E il suo sguardo si levò su di me. Mi squadrò per un po', per poi cadere dalle nuvole: «Oh, la ragazza nuova!»

Questo non era molto incoraggiante. Imbarazzata, arrossii sorridendo leggermente, anche se avrei voluto correre via.

«Mmm, vediamo. La signorina Howord … Eri abbastanza brava in inglese, vedo… Beh, perché no? Signor Kingsbury, vuole accomodarsi accanto a Sophie?»

Il ragazzo si alzò, sbuffando anche lui. Era seduto nel banco dietro a quello di Mortes, e anche lui era stato partecipe della guerra con la carta. 

Oh, fantastico, pensai. Mi hanno affidato un imbecille. 

Guardandolo meglio, mentre si avvicinava, notai che era molto carino: aveva la pelle abbronzata, nonostante non ci fosse del sole da un po' di tempo, in zona; i capelli biondicci; gli occhi azzurri. O forse grigi. Non riuscivo a distinguere bene il colore.

Non appena si avvicinò, appoggiando la sedia accanto alla mia, abbassai lo sguardo. Non potevo fissarlo per sempre.

«Piacere, Matt» Mi disse, allungando la mano mentre la professoressa continuava a formare i gruppi.

«Sophie» Risposi, allungando la mia mano per stringere la sua. Era calda e amichevole. Gli dedicai un piccolo sorriso e mi voltai dall'altra parte. 

Non l'avessi mai fatto.

Jasmine mi stava fissando, senza un sorriso sulle labbra. Ma non sembrava arrabbiata: sembrava furiosa.

Poi ricordai. Matt Kingsbury. "Quel" Matt. 

Oddio, no. Avevo appena condannato la mia esistenza ad un inferno.

  
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