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Autore: Mordreed    23/09/2013    2 recensioni
Questa fanfiction è interamente dedicata a Bonnie Bennet. Riprende le vicende dal finale della 4x23. Cosa sarebbe successo se Bonnie avesse solo inscenato la sua morte per fuggire a un destino crudele e ad una città che le aveva dilaniato il cuore e l'anima? Se Bonnie, stanca di essere una marionetta nella mani di creature più potenti di lei, avesse deciso di sparire e ricominciare per riprendere il controllo della sua vita distrutta?
Eccola quindi in una nuova città, la contea di Salem, famosa per aver bruciato sul rogo le streghe nel quindicesimo secolo. Tra strade gotiche e medievali e edifici che profumano di storia antica, Bonnie giunge nella sua nuova città e in una Accademia frequentata da ragazzi con i suoi stessi poteri magici. Nuovi amori, nuove amicizie e nuovi intrighi l'aspettano.
Ma la domanda è solo una: dal passato si può veramente fuggire o siamo destinati ad esserne perseguitati per sempre?
Spero di leggere le vostre recensioni, sia positive ed anche sopratutto le critiche che mi aiutano a migliorare. Spero che la storia sia di vostro gradimento :)
Buona Lettura
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mentre seguivo Victoria pestando terreno umido e foglie secche, ripensai alla nostra conversazione di poco prima.
Laverne, la terribile ragazza che tutti sembravano temere, c’è l’aveva proprio con me.
‘Non pestare i piedi a nessuno di loro’
Mi aveva consigliato l’eccentrica e vivace Olivia, quella stessa mattina.
Troppo tardi.
Laverne, mi aveva detto Victoria, voleva vendicare la morte di sua madre, giunta mesi fa a Mystic Falls, su ordine della mia di madre, per salvarmi dalla magia nera.
La stessa che sua figlia praticava.
Ricordai le parole di Vic mentre un nuovo dubbio si faceva strada dentro di me.
Non sentirti in colpa nemmeno per Laverne.. lei e sua madre non si parlano da anni. L’ha ripudiata quando Laverne ha intrapreso il cammino della magia nera’
“Victoria, scusa.. ho una domanda”
Lei si fermò e si voltò a guardarmi.
Eravamo sotto un grande acero rosso. Alcune foglie cadevano su di noi, accarezzandoci con un delicato fruscio.
“Hai detto che Laverne e sua madre si odiano..”
Lei confermò con un brusco cenno del capo.
“..allora perché lei voleva vendicarla?”
Victoria sorrise prendendomi sotto braccio.
Riprendemmo a camminare sotto il dolce sole settembrino.
“E’ una questione di sangue. Discendenza. Orgoglio e stirpe”
Mi spiegò come se quella fosse una questione ovvia e scontata.
Io corrugai la fronte guardandola.
“Non sono cose da.. vampiri, quelle? La famiglia, il sangue e cose così..”
Vic rise e la sua risata era così melodica e pura che ne fui affascinata.
“Odiamo così tanto i vampiri.. li combattiamo dall’alba dei tempi.. forse perché sono così simili a noi. Vendicativi e pericolosi quando si tratta di proteggere chi amano.. o semplicemente il loro onore”
Riflettei sulle sue parole e non potei non trovarmi d’accordo con quanto mi diceva.
Quanta saggezza oltre che bellezza. Quella ragazza mi piaceva ogni secondo di più.
“Pensaci Bonnie.. se tu o tua madre aveste dei problemi, ma qualcuno le facesse del male.. non moriresti dalla voglia di vendicare il torto subito?”
Vic non aveva idea di quanto era andata vicino alla verità.
Io e mia madre avevamo più di qualche e semplice banale problema.
All’epoca, quando era stata trasformata in vampiro per evitare che Esther uccidesse tutti gli Originali, non la conoscevo affatto.
Avevo appena cominciato a fidarmi di lei. Eppure quando avevo visto ciò che Damon aveva fatto.. avevo provato una tale rabbia e desiderio di vendetta che l’unica cosa che volevo era ucciderlo.
E ferire Elena.
Ecco perché ero sparita per un po’ dopo la trasformazione di Abby.
Lei intuii i miei pensieri, di nuovo.
Come se tra noi ci fosse uno strano legame.. di sangue.
Annuì mentre i suoi occhi verde smeraldo brillavano come le foglie sugli alberi.
“E’ nella nostra natura.. noi streghe siamo così. Non possiamo fare a meno di vendicare e proteggere la nostra discendenza”
Mi spiegò mentre ci perdevamo in chissà quale perimetro del campus.
Quel giardino era immenso.. un gigantesco mare rosso arancio.
“Hai detto che avevi qualcosa da dirmi.. sul mio passato”
Victoria continuò a camminare scrutando qualcosa all’orizzonte.
C’erano basse colline erbose in lontananza, sotto le quali scorreva un piccolo corso d’acqua.
Il fiumicello aveva anche un vecchio e malandato ponte in pietra, che permetteva di arrivare nell’altra metà campo separata dalle acque che vi scorrevano al centro.
“Si”
Rispose sempre camminando.
“C’è qualcosa che devi assolutamente sapere. Ma temo dovrai pazientare ancora un po’. Non per crudeltà o per creare una sorta di suspance cinematografico.. sia chiaro.. ma devo presentarti alcune persone che hanno a che fare con tutto questo..”
Mentre la mia curiosità cresceva a dismisura, osservai una rana gonfiarsi su uno di quei ciottoli che rilucevano al sole nel piccolo laghetto.
“Vedi quella ragazza laggiù?”
Seguii il dito di Victoria che mi indicava il profilo dolce e delicato di un viso fresco come un bocciolo in primavera.
Il viso della ragazza, era davvero il più bello che avessi mai visto.
Ci avvicinammo così che io potessi osservarla meglio.
La tipa in questione era a piedi nudi su alcuni sassi in riva al laghetto.
Sembrava stesse… ascoltando qualcosa, mentre accarezzava alcune erbe che crescevano a riva.
“Phoebe.. ti presento Bonnie”
Disse Victoria e la ragazza alzò il capo e mi fissò con i suoi elfici occhi scuri.
Mi ricordava la protagonista di uno dei romanzi della Austen. Non mi sarei di certo stupita se l’avessi vista oziare in quel giardino con una gonna vittoriana e un ombrellino da passeggio.
Mi sorrise e il suo sorriso era come il primo sole d’Aprile.
“Ciao Bonnie”
Mi salutò mentre istintivamente ricambiavo quello sguardo limpido e solare.
Poi Phoebe si chinò di nuovo e io pensai che la nostra conversazione fosse già finita.
La ragazza mise le mani a coppa intorno ad alcune foglie verde scuro, dalle quali spuntava un piccolo bocciolo ancora addormentato.
Phoebe chiuse gli occhi e mormorò qualcosa in una lingua che capii essere latino.
Sotto i miei occhi, quel bocciolo si dischiuse mettendo al mondo un fiore dai petali contorti come quelli di un ricamo a balze, di colore rosso chiaro.
Prese il fiore e me lo porse con un sorriso.
Titubante lo accettai. Era la prima volta che una ragazza mi regalava dei fiori…
“E’ una Peonia.. tiene lontani gli Incubus.. sospetto che ultimamente c’è ne siano molti in giro per il campus..”
Io corrugai la fronte.
“Di sogni cattivi?”
Chiesi sentendomi una stupida.
Phoebe scosse il capo ma non rise. Ne mi guardò come se fossi stolta e avrei dovuto conoscere quell’informazione da tempo.
“Gli Incubus non sono gli incubi.. ma è il nome con cui le streghe del Medioevo indicavano alcuni demoni maschili”
Storsi il naso a quella parola.
Demoni.
Questa mi era nuova.
Vic rise e mi sfiorò un braccio.
“Quel fiore è il suo modo per dirti ‘Benvenuta’.. Phoebe è un appassionata di erbe.. è un grimorio erboristico vivente. Dovresti vedere la sua stanza, sembra una serra”
Phoebe la guardò mettendo su un finto broncio.
“La mia serra e le mie erbe che ti hanno tirata fuori da un sacco di situazioni spinose.. Vic”
Victoria roteò gli occhi facendo sorridere sia me che Phoebe.
Quelle due sembravano sorelle.
Ma le loro bellezze così diverse e speciali l’una dall’altra, mi confermavano che non lo erano.
La verità era che vederle insieme, vedere il loro rapporto così complice e giocoso mi ricordava quello che c’era tra me e Elena.
E mi ero ripromessa, in quella contee di streghe e foglie autunnali, di non pensare affatto alla soleggiata e demoniaca Mystic Falls.
“Dov’è Preston?”
Domandò Vic interrompendo la mia piccola gita malinconica sul viale dei ricordi.
“Oh è laggiù che gioca con la sua chitarra..”
Rispose Phoebe con indifferenza mentre raccoglieva una coccinella e la riponeva sullo stelo di uno strano fiore azzurro.
Mi voltai per osservare il ragazzo di nome Preston.
La prima cosa che pensai, fu che il tipo assomigliava a uno di quei ragazzi cresciuti e viziati dell’Upper East Side.
Dal modo di vestire, sembrava che il suo luogo ideale fosse un attico sulla 5th Avenue e non un giardino sperduto in un campus antico.
Indossava una camicia scura con un gilè e un pantalone di lino grigio topo che avrei giurato fossero firmati da chissà quale famoso stilista della Grande Mela.
A coronare il tutto c’era un papillon a strisce rosse e blu e un paio di scarpe che sarebbero andate bene per un ricevimento nuziale e non di certo per camminare su un terreno umido e scosceso.
Eppure il ragazzo sedeva tra le radici nodose di un grande pino come se non desiderasse essere altrove. Era perfettamente a suo agio.
Osservai la sua posa rilassata, schiena contro il tronco e occhi chiusi, mentre sulle ginocchia aveva un portatile e affianco una chitarra.
Ricordai le parole di Phoebe: ‘è laggiù che gioca con la sua chitarra’.
Ero sicura che se il ragazzo l’avesse sentita, le avrebbe risposto per le rime.
Preston aveva capelli castani spettinati in modo da ricoprirgli pigramente la sua fronte piccola e una barba dello stesso colore.
Sembrava addormentato o perso in un mondo tutto suo.
Alcuni ragazzi stavano giocando li vicino a football. Il pallone finì due volte nel punto in cui si trovava Preston. Alcune ragazze, invece, ridevano e chiacchieravano rumorosamente su alcune panchine accanto al grande pino.
Eppure lui sembrava non accorgersi di nulla.
“Preston è un’artista..”
Mi spiegò Vic prima che Phoebe la interrompesse per aggiungere:
“O almeno si definisce tale..”
“… per lui non c’è nulla di più importante della sua musica. Compone canzoni e..”
“Ha sempre la testa fra le nuvole”
Ribadì Phoebe mentre Vic le rispondeva:
“…proprio come te ragazza..”
La strega erborista non sembrò gradire il commento.
“Ti dicevo..”
Riprese Victoria tornando a guardare Preston ancora a occhi chiusi con la schiena poggiata al tronco del pino.
“Lui ama scrivere testi e comporre nuove melodie.. vedi adesso.. sembra che stia dormendo, ma in realtà sta solo aspettando..”
“Aspettando cosa?”
Chiesi senza capire.
“L’ispirazione”
Aggiunse Victoria con semplicità.
Dietro di noi Phoebe smise di armeggiare con alcune erbe selvatiche e prese anche lei ad osservare il ragazzo musicista.
“Per me sta solo dormendo”
Sentenziò rompendo la magia di quel momento.
Io scoppiai a ridere e persino Vic non riuscì a trattenere un sorriso.
Poi un grosso braccio sorprendentemente sodo e muscoloso, si posò sulla mia spalla, mentre l’altro finiva nello stesso punto, su quella di Victoria.
“Dunque SpellBook aveva ragione.. Mary è arrivata
L’odore intenso di dopobarba mi colpì come l’aroma di caffè da Starbucks.
Voltai il capo per incontrare un paio di occhi verde rugiada su un viso attraente e leggermente scuro, come la mia carnagione.
“Mary?”
Chiesi cercando di non perdermi in quella bellezza nauseante. Non ero li per cercare avventure.
“Mary.. come la Vergine Maria
Rispose lui sorridendo e mostrando una perfetta dentatura bianca e splendente come la luna quando è al culmine della sua pienezza.
“Lui è Duncan”
Disse Victoria scrollandosi quel braccio di dosso come se fosse un fastidioso e gigantesco pitone.
“Meglio noto come Don Giovanni”
Aggiunse lei con una smorfia.
Duncan le sorrise e batte due volte la mano chiusa a pugno sul cuore.
“Sono colpito”
Gracchiò con voce sensuale mentre anch’io mi liberavo dal suo braccio enorme.
Quel coso pesava una tonnellata.
“Dove vai Mary?”
Mi chiese lui fingendosi disperato.
“Non sono affari tuoi Agostino
Risposi nello stesso tono con cui lui mi chiamava ‘Mary’.
“Agostino?”
Domandò facendo apparire alcune rughe di confusione su quella fronte perfetta.
“Come il santo donnaiolo e casinista”
Risposi mentre il tipo chiamato Duncan, mi sorrideva con la sua dentatura da quarterback.
“Insulti biblici.. uh una ragazza colta finalmente”
Io gli rivolsi una smorfia mentre lo osservavo meglio.
Aveva un fisico atletico messo in risalto dai suoi jeans stretti e dalla camicia a quadrettoni che mostrava gli avambracci scoperti e parte del suo petto sul quale riposava una strana pietra scura attaccata ad un laccio nero, sembrava una piccola striscia di cuoio, che portava al collo.
Aveva un piccolo accenno di barba marroncina e capelli cortissimi.
Il classico belloccio della contea di Essex.
“Ehi.. alla fine Agostino si converte e cambia stile di vita.. sarai tu il motivo della mia conversione Mary?”
Mi domandò come se in quel momento si fosse davvero ricordato di quel particolare biografico.
“Non in questa vita”
Replicai sperando di aver inserito la giusta dose di acidità nel mio tono di voce.
“Gli spirti avevano ragione allora..”
Una nuove voce si unì al quartetto.
Mi voltai per essere investita dall’eleganza sobria di Preston, l’artista.
“Ciao Bonnie, la strega del Sud”
Mi salutò, decantando il mio nome cose se fossi un titolo di una delle sue canzoni.
Preston mi porse una mano con diversi anelli metallici e alcuni bracciali di cuoio intorno al polso.
Gliela strinsi mentre Victoria diceva:
“E così siamo al completo
Una frase che smorzò l’allegria sul volto di tutti i presenti che divennero misteriosamente e improvvisamente seri.
Mi ritrovai bloccata al centro, preda dei loro sguardi magnetici.
“Perfetto”
Annunciò Preston rompendo quel momento pomposo e imbarazzante.
“Quando lo chiudiamo il circolo?”
Victoria gli lanciò un’occhiata di avvertimento.
 “Shh. Lei non sa nulla del circolo..”
 
“Dove stiamo andando?”
Marciavamo tutti a passo sostenuto, come se fossimo pellegrini di una strana processione religiosa.
“Ai dormitori”
Mi rispose asciutta Victoria, mentre i suoi capelli castano chiaro ondeggiavano nel vento del
Massachusetts.
Voltai la testa osservando un grosso edificio di mattoni rossi con numerose finestre in legno chiaro.
“Ma li abbiamo superati da un pezzo..”
Duncan ridacchiò guardandomi di sottecchi come se avessi appena detto una battuta divertente.
“Quelli sono i dormitori degli esterni… Phoebe smettila di raccogliere fiori e raggiungici subito”
Poco lontano da noi, Phoebe era china sul prato a raccogliere alcuni fiori da campo.
Protestò alle parole di Vic sbuffando rumorosamente e mormorando qualcosa che assomigliava molto a un ‘si maestà’.
Riprendemmo a camminare mentre Preston osservava rapito il vento giocare con le foglie al suolo e Duncan adocchiava un paio di tipe super abbronzate, che nonostante il sole pallido e il vento fresco, prendevano il sole sul prato umido.
Una di loro, la più bionda e la più truccata, sorrise maliziosa a Duncan che ricambiò facendole l’occhiolino.
“Gelosa Mary?”
Duncan si accorse del mio sguardo e intuì che avessi osservato l’intera scena appena svolta.
“Ti piacerebbe”
Replicai disgustata avanzando più velocemente per raggiungere Victoria.
“Fuggi da me? Ti metto in imbarazzo.. è un brutto segno.. per te Mary”
“Fuggo per evitare di strozzarti”
Urlai mentre lui cercava di raggiungermi correndo.
“Eccoci arrivati”
Annunciò Victoria fermandosi di colpo. Per poco non le finii addosso.
Mentre mi perdevo a bisticciare con quel tipo arrogante e palestrato, non mi ero affatto accorta di un piccolo edificio, o forse dovrei definirla.. casa.. che si ergeva a pochi metri dall’entrata sul retro della scuola. 
Era molto simile a una vecchia palazzina privata che a un edifico adibito a dormitorio.
Restammo alcuni minuti a fissare una grande porta in ferro battuto con strani simboli incisi. Sembravano rune, ma non ne ero del tutto certa data la mia incompetenza in materia.
Non avevo mai praticato incantesimi o rituali che richiedessero l’intervento o l’aiuto delle rune.
Per me restavano solo pietre sulle quali qualcuno di estremamente creativo, si era divertito a disegnare su.
“Che aspettiamo?!”
Fece Preston d’un tratto impaziente. Il suo nervosismo contagiò anche me.
“Chi ha le chiavi?”
Chiesi con un filo di voce. Parlai solo per dissimulare lo strano senso di inquietudine che d’un tratto era tornato a visitarmi.
Duncan rise rumorosamente e questa volta a lui si unì Preston. Persino Vic e Phoebe non riuscirono a trattenere un sorriso.
Stavo per chinare il capo e arrossire ma cercai di trattenermi. Mi sentivo molto stupida in quel momento.
Era come se fossi una bambina in compagnia di quattro adulti con la naturale e spontanea aria di chi la sa lunga sul mondo.
“Che c’è?”
Sbottai cercando di risultare quanto più irritata possibile. Non so se ci riuscì. Non so nemmeno se il rossore sul mio viso c’era o per qualche strano miracolo del cielo ero riuscita a bloccare anche quello.
“Dite un po’.. siete davvero sicuri che Mary sia una strega?”
Duncan si fece avanti con la sua solita andatura spavalda e affascinante. Mi penetrò con uno sguardo divertito, come a volermi spogliare con gli occhi e analizzarmi pezzo per pezzo.
Poi si avvicinò alla porta e si sfilò quella strana collana che portava al collo.
Avvicinò la pietra mettendola nella serratura, che solo in quel momento notai essere un piccolo buco vuoto.
La pietra scura si incastrò perfettamente e dopo alcuni secondi, la porta si aprì cigolando.
Duncan rimise la collana al suo posto.
“Sono amuleti”
Mi spiegò Victoria mentre seguivamo gli altri all’interno dell’abitazione.
“Ognuno di noi ne possiede uno.. Non preoccuparti se non ne hai ancora uno..”
Aggiunse subito intuendo le mie preoccupazioni.
Non volevo restare fuori casa. A quanto pareva quei cosi funzionavano come normali chiavi o pass elettronici.
“.. lo troverai. O meglio.. sarà lui a trovare te”
E con questa ulteriore risposte enigmatica, che si aggiungeva alla lunga lista di stranezze sentite in quel posto, entrai anch’io nel mio dormitorio.
E restai a bocca aperta.
“Piccolo giro panoramico.. ora non abbiamo tempo”
Cinguettò Phoebe aprendo alcune tende e lasciando che la luce entrasse dalle alte finestre mostrandomi una cucina perfettamente moderna e ben pulita.
C’era un bancone a penisola in marmo scuro con alcuni sgabelli e faretti che pendevano dal soffitto.
C’era un enorme frigo con uno sportello per il ghiaccio e uno per fare le bibite o l’acqua gassata. Un microonde, un forno, un piano cottura digitale e persino la lavastoviglie.
“Questa è la cucina.. caso mai di notte avessi fame sai cosa fare.. ma non entusiasmare troppo: il frigo è sempre vuoto, ecco perché è sempre tutto pulito qui”
Phoebe salì lungo una scala a chiocciola che dalla cucina conduceva ai piani superiori, dove gli altri si erano già rifugiati.
La seguì mentre continuava a darmi altre spiegazioni. Giungemmo al piano superiore dove c’era un salotto con tanto di tv satellitare a schermo piatto, lettori stereo e dvd e una consolle di ultimissima generazione.
Phoebe raccolse da terra un libro dalla copertina consunta, riponendolo su una libreria li vicino.
Preston era spaparanzato sul divano, con la sua immancabile chitarra al suo fianco.
Duncan stava accendendo la play station e Victoria sbuffò spazientita, urlando per richiamare tutti all’ordine.
I ragazzi cercarono di ricomporsi, ma nessuno abbandonò le proprie postazioni.
“Quello li è il corridoio che conduce alle nostre camere”
Continuò Phoebe a bassa voce mentre ci sedevamo su un divano accanto agli altri.
“Un momento..”
Dissi scorgendo in lontananza il profilo di alcune porte identiche.
“Ci sono sei porte.. ma noi siamo solo cinque.. manca qualcun altro?”
Phoebe sorrise prendendomi per mano.
“Presto scoprirai anche tu le meraviglie che si celano dietro quella porta sempre chiusa”
E con fare cospiratorio, mi fece l’occhiolino come se mi avesse appena confessato il più prezioso dei segreti.
 
“Bene Bonnie”
Fu Victoria a parlare, sedendosi per ricreare quell’atmosfera seriosa e solenne da poco perduta.
“E’ il momento che tu conosca tutta la storia”
Preston mise giù i piedi dal divano e si accomodò con compostezza fissando Victoria come un bambino eccitato in attesa della favola della buonanotte.
Phoebe restò perfettamente immobile al mio fianco, come una dama di compagnia dell’Ottocento.
E Duncan...
Duncan continuò a giocare alla play, seduto sul tappeto al nostro fianco come se avesse sentito quella storia troppe volte da esserne ormai annoiato.
Io fissai Victoria in attesa di capirci qualcosa.
Ormai non riuscivo più a tenere sotto controllo la mia impazienza e la mia curiosità selvaggia.
Vic mi guardò incerta su come iniziare a raccontare quello che tutti, in quella casa e in quel campus, sembravano sapere da tempo. O forse lo sapeva già, ma scrutava me per capire cosa diavolo mi passasse per la testa.
“Comincia”
Le dissi mentre la voce mi tremava come la fiamma di una candela al vento.
Lei mi lanciò un’ultima occhiata severa, prima di annuire e prendere a parlare.
Aprì bocca per pronunciare una parola ma la sua voce fu rimpiazzata da quella canzonatoria di qualcun altro.
C’era una volta…”
Disse Duncan senza staccare gli occhi dall’auto che stava pilotando col joystick.
Phoebe grugnì esasperata e gli lanciò contro un cuscino. Lui non si scompose affatto, ma continuò a tenere saldamente tra le mani, l’attrezzo luminoso e vibrante.
“Verso le fine del 1600, quest’isola era abitata da un numero sorprendentemente elevato di persone. Il merito era della terra fertile, dei buoni raccolti e del commercio favorito dai numerosi porti della contea. Questa terra rappresentava un vero e proprio paradiso per qualsiasi commerciante e contadino. All’epoca loro non lo sapevano, o forse fingevano di non saperlo, che il clima propizio e il raccolto abbondante, era merito delle streghe. Da quando si ha memoria, questa contea è sempre stata abitata da gente come noi..”
Incredibile come quel semplice pronome mi strappò un piccolo sorriso mentre mi riconoscevo come parte di qualcosa di più grande e che mi faceva sentire.. accettata. Come se fossi in famiglia.
“Nel 1600, dopo il grande scisma, le teorie luterane e di altri sostenitori giudicati eretici dalla Chiesa di Roma, andavano espandendosi in tutta Europa e nei vari posti civilizzati del mondo. Le teorie repressive e puritane giunsero fino alle rive della contea dell’Essex e furono subito abbracciate dai suoi abitanti. D’altronde, ancor prima che queste nuove correnti religiose trovassero seguaci in tutto il mondo, gli abitanti di Salem condividevano già numerosi principi da loro professate. Erano grandi lavoratori, persone che adottavano una condotta ineccepibile; quel tanto che bastava da essere considerati misantropi per ostentare diffidenza nei confronti di chiunque abitasse queste terre. Persino dei loro vicini. Erano tutti pronti a giudicare e punire qualora una donna avesse un bottone di troppo sul suo abito o una bambina giocasse con bambole di pezza, all’epoca considerate strumenti demoniaci”
“Lo sono anche adesso!”
Sbottò Phoebe come se all’improvviso si fosse ricordata di qualcosa.
“Hai visto i loro prezzi sul mercato?! Costano una fortuna!”
Preston ridacchiò alzando i piedi sul tavolino di fronte e mettendo le braccia conserte.
“Non so se sono più infastidito dal fatto che tu abbia interrotto l’affascinante storia dei nostri avi o scandalizzato nell’apprendere che giochi ancora con le bambole”
Phoebe lo incenerì con lo sguardo.
“Non gioco con le bambole. Sono andata a comprarne uno lo scorso week end al centro commerciale per il compleanno di mia cugina”
Poco ci mancava che tirasse fuori la lingua e si voltasse dando le spalle al ragazzo con aria stizzita. In quel momento sembrava davvero una bambina petulante e capricciosa.
“Certo certo”
Sibilò il musicista divertito grattandosi il mento.
“Oh. Continua pure Victoria.. il bambino è impaziente di ascoltare le favole”
E con questa battuta, la ragazza delle erbe portò a casa un punto a suo favore cancellando quel sorriso impertinente dal viso del ragazzo.
“Dicevo..”
Riprese Vic stancamente come se quella fosse una scena che avveniva così spesso durante il giorno, che lei non aveva più nemmeno la forza per ribattere.
“Gli abitanti di Salem erano lavoratori onesti, dediti a una vita noiosa e priva di svago. Erano grandi religiosi e ogni domenica partecipavano a lunghe celebrazioni nella grande chiesa ai piedi della collina. Come il loro stile di vita rigido e grigio, anche il loro abbigliamento rispecchiava questo aspetto. A quei tempi bisognava essere umili, tenere gli occhi bassi e fare quello che veniva detto senza troppe domande. Ogni aspetto della vita era costantemente monitorato e ogni ribellione soppressa e punita. Fu questo che generò il fanatismo religioso di quei tempi e che portò alla tragedia allora inevitabile. Il governo puritano della chiesa, istituì un organo apposito nel controllare che ogni fedele rispettasse alla lettera i precetti religiosi. Una sorta di Grande Fratello.. però col potere di torturarti per ore e bruciarti sul rogo per qualsiasi sciocchezza. Molte furono le vittime di questo bizzarro e crudele sistema. All’inizio erano solo donne ritenute dalla comunità eccentriche o troppo ribelli per i gusti dell’epoca. Alcune venivano imprigionate solo per la loro bellezza, motivo di peccato per molti uomini del tempo e oggetti di invidia di molte donne sposate. Molti innocenti vennero processati e bruciati tra quelle fiamme con il reato di stregoneria. Ma la verità era che le vere streghe erano ben altre e continuavano a vivere nel terrore cercando di immedesimarsi e confondersi quanto più con la gente comune. Però i cittadini non avevano dimenticato le vecchie storie.. in passato molti loro parenti erano stati da donne e uomini che si diceva, erano in grado di prevedere il futuro o curare strane malattie con erbe e pietre speciali. Alcuni uomini e donne del tempo ricordavano le loro abitazioni e i visi di questa gente. E così iniziò la vera caccia alle streghe.. ne morirono a centinaia, bruciate come paglia al sole. L’ultima grande esecuzione avvenne più di trecento anni fa, esattamente il 22 Settembre 1692, il giorno di Mabon, una delle feste sacre nel calendario magico, il comunemente noto Equinozio d’Autunno. Quel giorno più di duecento streghe furono processate e uccise barbaramente.”
Un brivido corse lungo la mia schiena, mentre nella mia mente l’inquietante immagine descritta da Victoria prendeva vita come un temibile e spaventoso quadro di un pittore decadente.
Mi accorsi che l’atmosfera intorno a me era cambiata.
Preston e Phoebe, abbandonarono le loro schermaglie e  ostilità fissando il vuoto con occhi grandi e vacui. Come se anche loro stessero vivendo la mia stessa inquietudine e profonda tristezza per tutto quel sangue versato.
Persino Duncan aveva momentaneamente abbandonato il suo videogioco per fissare la cappa scura del camino.
I volti dei miei nuovi amici erano freddi e… arrabbiati.
Come se quella storia riecheggiasse nelle loro ossa. Per loro non era una vecchia favola da raccontare di sera intorno a un fuoco. Ma un avvertimento sempre attuale.
Il silenzio era totale.
Victoria sospirò rumorosamente prima di aggiungere con voce grave:
“Quando le acque si furono calmate, con discrezione, le streghe abbandonarono il villaggio. Emigrarono a nord dell’isola, allora una parte di terra selvaggia e incolta. Fondarono un nuovo villaggio e lo chiamarono..”
“New Salem”
La interruppi stupita ricordando il cartello che mi aveva accolta al mio arrivo in quella città.
“Fondata nel 1693”
Mormorai con un filo di voce.
Lei annuì.
“Un anno dopo la fine dei processi. Quindi Bonnie, vedi..”
D’un tratto sembrava nervosa. Strano, Vic non mi era mai sembrata una persona incline al nervosismo.. ma era pur vero che la conoscevo solo da poche ore.
“.. è qui che entri in gioco tu. È qui che questa storia diventa anche la tua.”
Io annuì tristemente.
“Perché sono anch’io una strega”
“No!”
Fece Victoria scuotendo il capo e fissandomi con intensità.
“Non perché sei una strega. Ma perché sei una delle streghe
Corrugai la fronte così tanto che mi fece male.
“Che intendi dire?”
Lei si alzò e si chinò sul camino in marmo poco distante da noi.
Fissai i miei compagni in attesa di una risposta.
Preston ricambiava il mio sguardo cupo e Phoebe mi guardava a labbra sigillate.
Duncan.. lui mi sorrideva con aria ebete, e mancava poco che mi alzassi per conficcargli quel joystick in un posto in cui nominarlo durante l’orario scolastico, mi sarebbe valso un mese di punizione.
Victoria sistemò alcuni ceppi nel camino.
“Ignis Exardescit”
Mormorò e un bel fuoco prese a danzare nel camino, illuminando il volto dei presenti.
“Allora?”
Domandai impaziente per distrarmi dal pensiero di sfregiare il bel viso di Duncan.
“E’ così che la nostra città è nata. Dalle sette grandi e numerose famiglie rimaste vive che emigrarono fin qui dando vita a tutto. Le sette famiglie, i cui componenti erano tutti membri di una grande congrega. Un circolo.”
Quella parola echeggiò tra noi come una formula magica sussurrata al vento.
“Bonnie tu sei una discendente di una delle sette famiglie fondatrici. I Bennet hanno abitato qui sin dal Medioevo. Tu sei una discendente della congrega originale, tu completi il circolo
Le sue parole scivolarono su di me come saponette bagnate.
La mia mente faticava a registrarle e a trattenerle. Era come un colabrodo.
Forse perché d’un tratto tutto aveva un senso.
Forse perché, in cuor mio, sapevo che quella era la verità.
“No. No. No”
Mi accorsi che ero io a parlare e che scuotevo la testa incessantemente, motivo per cui tutto mi appariva sfuocato.
“Non è affatto così… non può esserlo”
La mia voce vibrò incerta sull’ultima parola. Ormai mi stavo arrendendo alla verità.
Fissavo Victoria mentre attendevo che scoppiasse a ridere da un momento all’altro confessandomi che era tutto uno scherzo.
Uno strano e bizzarro rituale di benvenuto del posto.
Ma non lo fece.
Mi fissava quasi dispiaciuta e sembrava persino.. ferita dalla mia reazione.
In realtà non potevo spiegarle perché lo ero.
Non potevo confessarle che ero appena fuggita da un’altra città ricca di storia sovrannaturale per trovare un po’ di pace in un posto normale e in cui la mia presenza non avesse un importanza mistica o magica del cavolo.
Non potevo dirle, ne a lei ne a tutti loro, del mio passato con la magia nera, del motivo per cui ero scappata.
Di come avessi inscenato una morte, facendo soffrire tutte le persone a me care, solo perché la loro vicinanza mi stava spingendo al limite.
Non potevo dir loro che avevo messo al primo posto le mie esigenze e la mia libertà piuttosto che quella dei miei amici e dei miei famigliari.
Ero fuggita da vigliacca da un passato troppo scomodo e spaventoso.
E adesso un altro passato, altrettanto bizzarro e oscuro veniva a reclamarmi anche qui.
Nel luogo in cui mi ero illusa di poter trovare pace.
“E’ così Bonnie.. non sei una strega esterna come tutti gli altri. Discendi da una delle famiglie fondatrici, come tutti noi..”
I presenti mi fissarono come aspettandosi che rompessi un tavolino o lanciassi un divano per la stanza, da un momento all’altro.
“C-come fate a e-esserne certi?”
Fu ancora Phoebe a parlare.
Victoria restava lontana, circondata dalle fiamme del fuoco che ruggiva alle sue spalle.
“Abbiamo letto i loro diari. I diari dei nostri antenati. I loro Grimori, i loro Libri delle Ombre”
Preston si alzò e andò a prendere qualcosa dalla libreria.
Si avvicinò mostrandomi un vecchio libro dalla copertina nera bruciacchiata e rovinata in molti punti.
“Questo apparteneva alla tua trisavola che a sua volta l’aveva ricevuto dalla madre, e lei dalla sua e così via. Ognuna di loro ci ha aggiunto qualcosa: incantesimi, rituali eseguiti, eventi importanti delle loro vite.”
Allungò quel libro che puzzava di vecchio verso di me.
Io esitai a lungo, guardando quella copertina lisa come se fosse la causa di tutto.
Sapevo che era la verità, lo sentivo, ma finché quel libro restava lontano da me, potevo ancora illudermi che c’era una remota possibilità che tutta quella storia fosse uno sbaglio. Che non ero io la persona che cercavano.
Alla fine mi arresi e con mani tremanti afferrai il Libro delle Ombre dei miei antenati.
“Ognuno di noi ne ha uno. Anzi più di uno a dire il vero. La maggior parte li stiamo ancora cercando in giro per la scuola e la città… alcuni li abbiamo trovati nei posti più strani, come quello nel vecchio cimitero accanto al bosco..”
Phoebe rabbrividì mentre ripensava a qualcosa di cui io non ero a conoscenza.
“Mia madre e mia nonna non mi hanno mai detto nulla..”
Cercavo ancora un pretesto per dimostrare che si sbagliavano.
Ma sapevo che ormai era una battaglia persa in partenza.
“Loro sapevano Bonnie.. puoi esserne certa. Anche se alcuni membri della famiglia Bennet sono emigrati altrove nei vari secoli, come molti nostri parenti, tutte le streghe delle sette famiglie fondatrici sanno delle loro origini. Pensaci… cosa ti ha spinta fin qui?”
La domanda di Phoebe mi lasciò interdetta.
Sentivo che stavo per giungere a una nuova consapevolezza sepolta da qualche parte dentro me.
“Cosa ti ha spinta a scegliere questo posto tra tanti altri al mondo? Saresti potuta andare in Italia, a Parigi, a New York.. in tutte le grandi capitali europee. Eppure hai scelto la piccola e anonima, ma ricca di storia, città di Salem… perché?”
Balbettai qualcosa mentre il mio cuore galoppava furioso.
“I-i-o n-non lo so”
Confessai come se mi stessi improvvisamente liberando da un peso che mi portavo da tempo.
“Non lo so. Ho cercato su internet e..”
Non ricordavo nulla. Sapevo solo di aver trovato quel campus sul web e di aver sentito da subito che quella era la scelta giusta. Il luogo più adatto alla mia rinascita.
Era un motivo irrazionale a cui non avevo fatto caso.
Era stato il mio istinto da strega a guidarmi fin li.
A riportarmi a casa.
“Già”
Sentenziò Phoebe annuendo.
“E’ stato il destino a intercedere. Sono stati gli spiriti a scegliere per te.. gli stessi che ci hanno predetto il tuo arrivo.”
Restammo in silenzio mentre quelle parole attecchivano lentamente e facevano breccia dentro la mia mente caotica e messa a ko da tutte quelle rivelazioni inaspettate.
Nel frattempo stringevo quel libro tra le mani, cercando un briciolo di razionalità in tutta quella vicenda assurda e paradossale.
Forse se procedevo con ordine sarei riuscita a tornare sui binari della razionalità.
“Sette Famiglie Fondatrici..”
Osservai uno alla volta i visi dei presenti.
“Ma noi siamo solo cinque”
Preston si mosse a disagio sul divano.
Phoebe tentò di sorridere.
Duncan riprese a giocare con la play station.
“Bè”
Riprese Victoria che sembrava meno ferita ma restava pur sempre distante.
Da me.
Mi vergognai profondamente per la mia reazione. D’altronde quelle persone mi avevano appena detto che ero davvero parte integrante del loro gruppo e io avevo reagito come se per me quella fosse una terribile tragedia.
Ma purtroppo non potevo spiegare i veri motivi per cui mi ero comportata così sgarbatamente…
“E’ qui che le cose si complicano.. Le altre due famiglie sono quelle di Laverne e Rochelle”
Ricordai le due ragazze che sembravano oscure sorelle di sangue.
Una di loro mi aveva aggredita in uno dei corridoi poche ore prima.
“Ma hai detto che il loro gruppo è formato da altri due ragazzi..”
Ricordai all’improvviso tentando di afferrare nella mia memoria i nomi dei due.
“Derek e Caleb”
Phoebe mi venne in soccorso prima che Vic riprendesse a parlare.
“Caleb è il fratello di Laverne, perciò anche se il loro circolo è composto da quattro persone, in realtà loro rappresentano una sola famiglia.. e Derek.. bè lui è un esterno”
C’erano molte cose che dovevo capire sul mio passato e sulla mia famiglia.
Una di quelle era la faccenda degli esterni.
“Chi sono gli esterni? E’ tutto il giorno che li sento nominare..”
Finalmente la ragazza che mi aveva salvata dalle grinfie di Laverne e con la quale avevo sin da subito sentito un profondo legame, solo ora ne capivo il vero motivo, tornò a sedersi e a fissarmi come se negli ultimi minuti non avessi dimostrato quanto essere legate da un passato comune mi disgustasse.
“Quando le nostre famiglie emigrarono fondando la nuova città, portarono con loro alcuni abitanti del posto. I loro servitori specialmente, e fu anche permesso di restare ad alcuni commercianti e contadini che avevano aiutato i nostri antenati a fuggire e a nascondersi durante l’Inquisizione. Perciò tutti gli altri ragazzi che vedi a scuola, sono i figli di quei commercianti, quei contadini e servitori di un tempo. Li chiamiamo esterni, perché loro erano fuori dal circolo originale. Quello formato dalle nostre famiglie più quella di Laverne e Caleb e di Rochelle. Ma col tempo i nostri antenati finirono per sposare gli esterni e il potere magico fu ridistribuito dando vita a nuove stirpe di streghe. Le nuove nascite ripristinarono in parte le numerose morti avvenute in passato. Derek è uno degli esterni… colui che possiede abbastanza potere e sangue magico, per essere ammesso in uno dei due circoli”
Wow.
“Potrebbe essere parente di chiunque qui dentro”
Scherzò Duncan sterzando col joystick mentre finiva fuori strada.
“Non mio. Quel tipo è troppo inquietante per appartenere alla mia famiglia..”
“Ne sei sicura?”
Preston tornò a punzecchiare Phoebe che era pronta a ribattere.
“Oh finitela voi due”
Sbottò Victoria sfregandosi le mani per scaldarsi un po’.
“Bonnie va tutto bene?”
Evidentemente la mia espressione tradiva il mio stato d’animo attuale.
Confusa. Investita. Sommersa. Alla deriva.
“Due circoli..”
Mormorai in risposta mentre una nuova domanda sbocciava in tutto quel caos.
“Hai detto che ora ci sono due circoli.. ma per quale motivo? All’inizio la congrega era una sola, formata dalle sette famiglie fondatrici”
Vic annuì e mi spiegò, sollevata che non avessi intenzione di dare di matto ancora una volta.
“Col tempo cominciarono i primi attriti tra le famiglie fondatrici. Alcuni ritenevano che non bisognava “accoppiarsi” con gli esterni, ma continuare a sposarsi tra le sette famiglie per mantenere il sangue e la magia pura e viva. A queste si aggiunsero altre diatribe legate all’uso della magia.. molti dei nostri antenati cominciarono a praticare la magia nera per usarla come arma contro i puritani e la chiesa che li aveva quasi sterminati. Ma altri non erano d’accordo. Per questo il circolo si spaccò in due fazioni opposte. Da allora sono sempre esistiti due circoli ma i cognomi delle famiglie che ne facevano parte sono sempre in continuo mutamento. La mia famiglia per esempio, in passato è stata nel circolo che ora è guidato da Laverne. Era a favore della magia per uso offensivo. Ma per fortuna è durato poco.. il buon senso vince sempre alla fine. Il male non genera che guerra e distruzione”
Vic rise e vedendola sorridere sentii il mio cuore farsi più leggero.
“E adesso che sei qui, finalmente tutte le sette famiglie fondatrici sono al completo. Dopo anni, finalmente possiamo chiudere i due circoli e ripristinare l’equilibrio”
Fissai Preston senza vederlo realmente.
Quindi è questo che volevano da me. Che io facessi una scelta.
Il loro circolo, quello dei buoni, o quello di Laverne e company, i cattivi della storia.
Almeno era così che la vedevo.
“E che succede se io non ho alcuna intenzione di schierarmi e di entrare in alcun circolo?”
Duncan fece cadere il suo joystick.
L’auto che pilotava, sbandò rumorosamente, finendo fuori strada e incendiandosi sul terreno erboso nella tv a schermo piatto.
Otto paia d’occhi mi fissarono allarmati.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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