Sola nel buio, con
te nella luce
Aprii piano gli occhi e cercai di tirarmi su a sedere. Non
ci riuscii. Mi faceva male ogni singola parte del corpo. Sospirai. Entrò
un’infermiera, ma non ci badai molto. Tenni lo sguardo fisso sul soffitto. La
sentii chiedermi se volevo mettermi seduta. Risposi
con un cenno affermativo del capo. Mi aiutò ad alzarmi un poco e mi sistemò i
cuscini. Poi uscì. Mi guardai intorno. Le pareti della stanza erano bianche e
spoglie. Dalla finestra si poteva scorgere il cielo plumbeo. Sorrisi. Ero sola,
come sempre. A farmi compagnia solo il bip dei macchinari. Mio padre era tra i
Tok’ra, mio fratello in vacanza, Daniel e Teal’c in missione con l’SG-3 e O’Neill su una nave degli
Asgard con Thor. Nessuno di
loro probabilmente sapeva che ero stata investita da un’auto. Il generale Hammond era venuto a trovarmi. Con lui c’era Cassandra.
Avevano portato la scacchiera. “È sabato” mi avevano detto. Ero stata felice di
vederli.
Sentii dei rumori in corridoio ma
non cercai di capire cosa stesse accadendo. Mi limitai a spostare lo sguardo
dalla parete di fronte a me alla finestra. Non potei, però, fare a meno di
notare che il rumore si faceva sempre più forte. Della gente stava litigando.
“È normale litigare in ospedale? “ mi chiesi.
Poi si fece ancora più vicino. Erano fuori
dalla mia camera. Sentii brandelli della conversazione.
« Non può entrare. Non è orario di visite. »
« Non mi interessa! »
Impossibile non riconoscere quella voce. Mi voltai verso
la porta nello stesso istante in cui si aprì.
« Che sta facendo?! » sentii dire
l’infermiera.
« Lo lasci entrare. »
Nello specchio della porta apparve un medico.
« Ma…dottore! »
Lui mosse la mano per zittire la donna.
« Vada pure. Ma cerchi di non
affaticarla. »
« Grazie, dottore. »
I due si allontanarono sparendo dalla mia visuale. La
terza persona entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Aveva i
capelli spettinati e indossava gli stessi abiti con cui l’avevo visto sparire ad opera di Thor. Gli occhi
cominciarono a bruciarmi. Lui prese una sedia e si accomodò accanto al mio
letto.
« Sono venuto appena ho saputo. Come stai? » chiese.
Mi ci volle un po’ per ritrovare la voce e rispondergli.
« Insomma » mormorai.
Lui sorrise.
« Com’è andata la missione, signore? »
« Avrai tutto il tempo di leggere il rapporto. Potrai
anche impararlo a memoria! Avrai molto tempo libero fino a
quando non ti rimetterai del tutto. »
Allungò una mano per stringere la mia. Sussultai. Lui la
lasciò immediatamente.
« Ti ho fatto male? »
« No » dissi con un filo di voce.
La prese di nuovo, con delicatezza.
« Ma come è possibile? »
Lo guardai interrogativa. Lui sorrise.
« Affrontiamo tutti i giorni missioni pericolosissime per
salvare la terra dalla minaccia dei Goa’uld, quando i
veri pericoli sono dietro l’angolo. »
Sorrisi.
« Daniel e Teal’c? »
« Non sono ancora tornati. A quanto pare
hanno trovato un tempio sotterraneo o roba del genere… »
Restammo in silenzio.
« Non si è nemmeno cambiato… » mormorai.
« Quando sono tornato ho chiesto
a Hammond dove ti trovavi. Ti avevo portato un
souvenir e volevo dartelo…mi ha detto che eri in
ospedale perché ti avevano investito. Sono venuto di
corsa qui. »
Abbassai lo sguardo mentre mi
asciugavo gli occhi.
« In realtà il souvenir te lo manda Thor.
»
Sorrisi al suo tentativo di farmi tornare il buonumore.
« Anche se forse sarebbero stati
più adeguati dei fiori date le circostanze. »
Sentii la sua stretta farsi più forte.
« Devo andare. Il generale mi aspetta per il rapporto…mi
ha dato un paio d’ore per venire qui, ma ora devo
tornare. »
« Grazie per essere venuto, colonnello. »
Sorrise e si alzò.
« Rimettiti presto » disse.
Poi si avvicinò, si chinò su di me e mi baciò la fronte.
« Ti aspettiamo. »
Senza lasciare la mia mano si voltò e si diresse verso la
porta. A poco a poco la presa si allentò. Avrei voluto che non se ne dovesse
andare. Avrei voluto trattenerlo, scoppiare a piangere, sentirlo stringermi a
sé per consolarmi. Ma ci separammo. Quando
giunse alla porta, si voltò e mi sorrise. Poi l’aprì, uscì nel corridoio e se
la chiuse alle spalle.
Commento dell’autrice
Ecco il nuovo capitolo di
“Stargate stories” che stavate aspettando. Ce n’è voluto
di tempo, vero? In realtà non lo aspettava nessuno…
Beh, “…” nasce da un sogno di tanto tempo fa che non ricordavo
di aver fatto. Questa notte, o meglio, questa mattina ha però
fatto di nuovo capoilino durante il sonno. Era breve, un misto di flash
leggermente sfocati e sensazioni di confusione, immensa preoccupazione e
profondo amore. Ricordo una porta, delle persone ferme davanti ad essa e Jack che arriva di corsa. Si ferma a parlare con
quelle persone, poi entra nella stanza che è enorme, senza finestre e
illuminata a giorno da una di quelle lampadine che diffondono quella luce bianca che tende al giallo scuro. Su un letto
c’è Sam, distesa, con la flebo e attaccata a tutte
quelle macchine che si vedono nei telefilm e di cui non so i nomi. Jack si siede accanto a lei e la scena sfuma…per colpa di
mia madre che mi viene a svegliare per sapere dov’è un pennello.
Perché Sam fosse in ospedale non
ne ho idea. Ma per “…” ho dovuto trovare un motivo. Anche l’ambiente è un po’ cambiato. La stanza non è più
calda e accogliente, ma fredda e solitaria. Nel sogno la scena si svolgeva la sera tardi. Nella fanfiction è uno di quei
pomeriggi freddi, quelli in cui ci si vorrebbe rintanare in casa, avvolti nelle
coperte a bere cioccolata calda davanti alla TV o a guardare fuori
dalla finestra i nuvolosi neri e a rabbrividire al sibilo del vento.
Pure il punto di vista è diverso: nel sogno io stavo seguendo Jack.
Bene! Vi lascio alla fanfiction. Buona lettura,
Chiara.
2 febbraio – 25 marzo 2008
p.s.: piccolo scambio di opinioni.
Secondo voi perché Sam si mette quasi a piangere?