Quella mattina volle passare prima in ospedale per sapere di persona come stava l’amico.
“Buongiorno”
“Buongiorno, vorrei vedere il signor Andrew.”
“Lei è il signor?”
“Grandchester”
L’infermiera controllò su una lista, la famiglia
aveva dato disposizione che nessuno avvicinasse William; il trambusto generato
dall’attentato era stato parecchio ed i giornalisti si erano scatenati; solo
poche persone, indicate da Stear ed Archie erano autorizzate a fargli visita.
Stear gli aveva detto che lui era sulla lista.
“Bene, salga al secondo piano, stanza 12. C’è
l’infermiera, chieda a lei”.
“Grazie”
Salì le scale a capo chino, la testa gli faceva
male, non aveva di nuovo dormito ed era in pensiero per Candy. Dopo aver visto
Albert sarebbe andato a casa Andrew per sapere come stava, voleva parlarle.
Bussò.
Una voce nota gli rispose “Avanti”
Entrò e stava per protestare quando Candy gli fece
cenno di tacere; aveva la divisa da infermiera.
“Che ci fai qui?” sibilò lui! “Solo ieri avevi la
febbre altissima!”
“Non fare rumore, vieni fuori”
Si chiese la porta dietro, erano nel corridoio.
Si guardarono negli occhi.
“Ero preoccupata, ieri sera mi sentivo molto meglio, così sono venuta a vedere come sta.”
“Che ci fai con la divisa?” Terence era
visibilmente contrariato.
“Ho lavorato qui per quasi un anno, il primario mi
conosce molto bene e conosce anche Albert, era stato ricoverato qui quando è
arrivato dall’Europa, non è stato difficile convincerlo ad affidarmelo”.
Un silenzio carico di parole calò tra di loro.
“ Candy credo che noi dobbiamo parlare”
“Lo credo anch’io. Vado a chiamare la capo
infermiera perché mandi qualcuno a controllare Albert. Puoi vegliarlo un attimo
tu, finchè non torno?”
Terence entrò; Albert aveva un pessimo aspetto, era
pallidissimo, il viso sembrava però sereno.
Si accorse che si stava muovendo, si avvicinò al
letto.
“Sei diventato infermiere?” chiese a Terence
aprendo gli occhi e cercando di scherzare, la voce era flebile e si vedeva che
parlare gli costava fatica.
“Non parlare, non sforzarti. Candy dovrebbe
arrivare da un momento all’altro.”
“Terence mi raccomando…”
“Albert io..” Lui gli fece cenno di farlo
proseguire.
“Ascolta. Sono molto fiero di te. Non è passato
giorno in cui lei non ti abbia pensato.
Il dolore vi ha segnato ma siete sopravvissuti e cresciuti” s’interruppe per
riprendere fiato, “non lasciarla più sola e tienile testa quando le vengono
certe idee balzane!” Sorrise. “Hai capito? Ti vengo a cercare se non la fai
felice!”
“Albert ma…” Terence era toccato dalle parole dell’amico,
capiva quanto gli stava costando, quello che gli stava dicendo di Candy metteva
a tacere la voce che non aveva smesso di parlare dalla sera della festa: quelle
parole, le parole di lei erano rivolte a lui, dopo tutto.
“Grazie”, aggiunse, “sei un vero amico. Non ti
deluderò!”
Albert fece cenno con la mano come a dire “Non c’è
di che”, non aveva più forza per parlare.
In quel mentre si aprì la porta ed entrò Candy.
“Albert….” Disse con un filo di voce avvicinandosi
a lui, “Come stai?”
Lui non riusciva a rispondere, poteva solo
sorriderle, anche quello gli costava fatica, il suo viso si era illuminato nel
vederla entrare. Candy si avvicinò al letto, gli accarezzò il viso stanco,
continuando a guardarlo negli occhi.
Terence improvvisamente si sentì come fosse
trasparente, escluso da quel dialogo muto tra la ragazza ed il ferito; con un
moto di stizza uscì dalla stanza, senza scusarsi per essere finito addosso
all’infermiera che stava entrando per sostituire Candy.
“Il tuo Romeo sta scappando” le disse Albert piano,
indicando la porta.
Candy gli diede un bacio sulla tempia e uscì di
corsa.
“TERENCE!”
“Signorina Candy! Possibile che non abbia ancora
imparato a non gridare in corsia?!”
“Scusi dottor Leonard!”
“Terence” chiamò più piano, alla fine lo raggiunse.
“Dì un po’, ma tu non stavi male, ieri?” gli occhi
mandavano scintille.
“Sì ma ero troppo in pensiero per Albert…”
“Non stai esagerando? Ci sono un sacco di
infermiere che si possono prendere cura di lui senza che tu ti debba alzare dal
letto con la febbre!” la gelosia lo faceva parlare là dove sarebbe stato meglio
tacere; sapeva perché Candy faceva così, sapeva quanto si sentisse in debito
per tutto quello che lui aveva fatto per lei ma gli dava fastidio questo
attaccamento, la voce in fondo all’anima aveva ricominciato a sussurrare.
Cercò di calmarsi.
“Facciamo due passi?” le chiese.
Raggiunsero in silenzio il prato di fronte
all’ospedale, si avviarono verso il boschetto di betulle.
Terence iniziò a parlare.
“Candy…io… è passato così tanto tempo che non so
nemmeno da dove iniziare.”
“Come sta Susanna? L’ho vista accanto a te alla
festa…”
“Sì, è proprio di questo che volevo parlarti, è
questo il motivo per cui ho deciso di venire a quella festa, di vederti. Sai,”
proseguì, “con Susanna ho parlato molto, ci sono stati periodi molto cupi ma
alla fine si è arresa, ha capito, mi ha lasciato libero..”, si voltò verso di
lei prendendole le mai, “libero di vederti, libero di amarti, finalmente,
libero di sposarti..se tu mi vuoi ancora”, l’ultima frase la disse con uno
sforzo sovraumano, sperando fino in fondo all’anima che lei dicesse di sì.
Non accadde nulla.
Lei lo guardava immobile, gli occhi lucidi, il
respiro sospeso, si vedeva che non trovava le parole per dire qualcosa.
“Candy, tu mi vuoi ancora, vero?”
Terence sentiva che gli stava mancando la terra
sotto i piedi, aveva vissuto solo per lei, solo per essere degno di lei, aveva
avuto la forza di vivere senza di lei perché sapeva che i loro cuori erano una
cosa sola, perché da qualche parte nel mondo c’era lei che lo amava e lo stava
aspettando, malgrado tutto.
Ora la voce dentro di lui stava gridando: “Si è
innamorata di LUI!”.
Continuò ad ignorarla; stava fremendo di rabbia:
l’afferrò per i polsi, sperava di scuoterla da quella fissità, di farla parlare
ma lei abbassò gli occhi.
“Terence, io..non posso. Ho aspettato tanto di
rivederti, sono stata così male, sto così male ma…”, deglutì a fatica, “non
posso, non posso…” non riuscì a finire la frase, le lacrime le offuscavano gli
occhi, lo stava fissando, quasi come se con gli occhi potessero dire tutto
quello che con la voce non riusciva a dire.
“Perché? Perché? Non c’è più niente che ci
impedisca di amarci, ho pagato, abbiamo pagato il debito con la sofferenza di
questi anni, siamo liberi, verrai a New York con me, ci sposeremo, viaggeremo
insieme, abbiamo una vita davanti, non voglio vivere senza di te…HO ASPETTATO
TANTO, ABBIAMO ASPETTATO TANTO, CHE TI PRENDE?”
Candy si coprì il viso con le mani e prese a
singhiozzare. Lui la guardava senza più forze, non riusciva a capire, sentiva
solo che il sogno di cristallo che fin’ora aveva brillato ed era stato la luce
della sua vita si stava infrangendo in mille pezzi. La voce in lui continuava a
parlare e lui non voleva ascoltarla, faceva troppo male.
Candy cercò di vedere Terence attraverso le
lacrime, di dominare i singhiozzi, voleva parlare con voce ferma, non voleva
che fosse incrinata dal pianto: le ci volle parecchio sforzo, tremava.
“Terence, ti ho amato tanto, ti voglio bene, io..
io non posso, mi sono accorta che i miei sentimenti sono cambiati, non posso
mentire, non sarebbe giusto.”
“Ti ho amato? Che significa?” Era la voce di
Terence ad essere incrinata, i suoi occhi blu si velarono di pianto,poi con
rabbia “Ti sei innamorata di lui? Vero?”
Candy lo guardò sentendosi gelare, lui aveva
capito, aveva capito tutto, decise però di ignorare la domanda.
“Terence, io..”
“COME HAI POTUTO! COME HAI POTUTO!” non riusciva
più a controllare il pianto, stava piangendo, non gli importava se l’avrebbero
visto tutti, non era in grado di dominarsi.
“Terence, io non ho potuto, non ho scelto, è
accaduto ma non posso farti del male, illuderti, dirti che non è vero.”
“Ti sei innamorata di lui? Rispondi!”
“Sì, ma lui non sa. Non ha importanza se c’è
un’altra persona nel mio cuore, non ha importanza chi è, so solo che non posso
venire con te, non posso sposarti, non posso.”
Si era avvicinata a lui, gli aveva preso il viso
tra le mani, Terence si abbandonò a quel contatto, completamente annientato; la
prese fra le braccia e la strinse così forte che Candy sentì male ma lo lasciò
fare; lo sentiva singhiozzare sommessamente, il viso sul suo collo, le lacrime
che le bagnavano la pelle. Anche lei piangeva: come faceva male dirgli che lui
non era più al centro della sua vita, fargli capire che l’avrebbe amato lo
stesso ma di un amore diverso; aveva un tale peso, un tale nodo duro allo
stomaco che faceva fatica a respirare e sentiva il cuore oppresso da un peso
enorme.
Poco alla volta Terence riuscì a calmarsi,
continuava a stringerla, il viso nascosto tra i capelli di Candy, lei aveva
ricambiato l’abbraccio e stava accarezzando i capelli bruni del ragazzo.
“Candy, dimmi solo una cosa..se..se non fossimo
stati così distanti..se fossi tornato prima...tu credi che..che..”
“Terence, perché ti tormenti con queste domande
senza senso..”
“Rispondimi ti prego..”
“Non so..non lo so davvero…forse sì, non so..”
“Quando hai capito? Quando lo hai capito?”
“Perché fai così?” gli chiese lei con dolcezza,
“serve solo a farti stare peggio…”
“Rispondimi, per favore”
“Forse lo sapevo già da un po’, ma ho visto
chiaramente dentro di me solo l’altra sera, quando ti ho rivisto”
Lui sollevò il viso, gli occhi blu arrossati per il
pianto, “Ti amo, ti ho amato dal primo giorno che ti ho visto, nei tuoi occhi
ho visto il mio destino, non puoi farci questo…”
“Non rendere più difficile tutto quanto, tu non sai
come sto male, aver preso coscienza di cosa è cambiato in me è…angosciante, non
l’ho fatto apposta, non l’ho voluto, non l’ho cercato, io non so cosa dire…So
solo che ti voglio bene e che se avrai bisogno di me io ci sarò sempre, in
qualunque momento, a qualunque ora, dovunque sarò io, dovunque sarai tu….non
posso..” le lacrime le scendevano di nuovo sul viso.
“Non mi basta che tu mi voglia bene…”
“Non posso fare di più…”
Lui le prese il viso tra le mani e le sfiorò le
labbra con un bacio leggero, avrebbe voluto di più ma si rendeva conto che ora
lei non gli apparteneva più.
“Ti amo.”
“Lo so, ti voglio bene.”
“Non ti dimenticherò”
“Non ti dimenticherò”
Terence si perse ancora un attimo negli occhi di
smeraldo di Candy, lei contemplò ancora una volta quei due laghi blu che le
avevano rubato il cuore su quella nave che andava in Europa anche se lei non lo
sapeva ancora.
Poi lui le diede un ultimo bacio sulla fronte e se
ne andò senza dire più una parola. Candy restò immobile a guardarlo fin quando
lui non scomparve dietro un palazzo. Solo allora Candy si accasciò a terra
piangendo amaramente, i singhiozzi non più trattenuti le scuotevano le spalle,
si era sentita così male solo quando Anthony era morto, perché quell’addio era
molto simile ad una morte, era qualcosa di definitivo, un capitolo della sua
vita che si chiudeva e lei non sapeva cosa c’era dopo.