PANDORA
LE LACRIME CHE NON HO VERSATO MAI
Anni addietro, quando ero
ancora una bambina, ricca di sogni e di belle speranze, lessi un libro nella
biblioteca di mio padre, un libro di una scrittrice inglese del Diciannovesimo
Secolo. “I grandi sentimenti talvolta
assumono le apparenze dell'errore, e la grande fede, le apparenze
dell'illusione” scrisse George Eliot. Ma io non le credetti. E la maledissi,
gettando il libro nel fuoco ardente del caminetto e correndo via piangendo,
fino a trovare rifugio tra le braccia di mia madre, che non perse tempo a
consolarmi, come in molte altre volte in cui le avevo dato motivo per
preoccuparsi per me. Mi sembrava impossibile che un sentimento, in cui un uomo
riversava tutto se stesso, tutte le sue emozioni, tutta la sua esistenza,
potesse essere un errore. Né poteva essere possibile, mi dissi quel giorno
perso ormai tra la polvere del tempo, che una fede generasse un’illusione.
Perché la fede alberga dentro di noi, stretta attorno al cuore, avvinghiata in
un vincolo eterno che plasma la realtà circostante, la realtà in cui noi
proiettiamo la nostra stessa fede. La realtà che forse è soltanto un’illusione.
Una beata apparenza. La stessa illusione in cui ho vissuto per tredici
lunghissimi anni. La stessa bastarda illusione che ha sterminato la mia
famiglia, la mia vita e adesso ha ucciso me stessa.
Stanca,
percorro questo oscuro tunnel, ove soltanto risuonano i miei passi, nel
macerato silenzio della mia anima, lasciando indietro tutto ciò che ho creduto
fosse santo, tutto ciò per cui ho creduto valesse la pena vivere, e morire.
Tutto ciò per cui ho permesso che la mia vita fosse stravolta, che i miei amori
fossero dimenticati, che la mia felicità venisse cancellata. Tutto ciò che, a
ben guardare, non mi ha dato niente, se non un inferno nel cuore.
È strano,
sorrido adesso, mentre ripenso a quanto fanaticamente ho servito il mio Signore
per tutti questi anni. A quanto intensamente mi sono adoprata per lui, per
aiutare colui che avevo contribuito a risvegliare, con le mie maledette mani.
Sorrido, perché piangere è adesso impossibile. Persino le lacrime mi sono
negate, poiché per anni ne ho fatto a meno. Per anni le ho represse, nascoste,
celate nel mio cuore, persino di fronte al corpo straziato dei miei genitori,
dei miei servitori, degli animali che popolavano il castello di Heinschtein. E
forse è giusto che adesso, che realmente vorrei disporne, non mi siano
concesse. Un privilegio riservato agli uomini, da cui mi sono esclusa anni fa,
scegliendo le ombre. Forse Dio, l’unico vero creatore di questo mondo, colui
dal quale tutti gli Dei discendono, in esso fondendosi e specchiandosi, ha
deciso che questa fosse la mia pena, che questo fosse l’ultimo martirio che
dovevo sopportare. L’ultimo di una lunga serie di male che mi sono autoinflitta,
di una lunga serie di tenebra da cui non sono stata forte abbastanza per
fuggire. Perché forse non l’ho voluto.
Cammino,
in questo tunnel, lasciando le ultime luci della Giudecca dietro di me,
lasciando i frammenti di un mondo destinato a scomparire per sempre, perché,
chiunque vinca questa guerra, non potrà sorridere né sentirsi realmente
vincitore. E dovrà confrontarsi con un’era che è ormai volta al tramonto.
Un’era a cui ormai non appartengo più. L’illusione coltivata per anni, la speranza
che il mondo, adesso sporco e triste, potesse trasformarsi in un paradiso
meraviglioso, ove la paura della morte fosse bandita, è ormai distrutta. Poiché
se Ades vincerà questa guerra, il pianeta diventerà un secondo inferno, dove
agli uomini verranno continuamente inflitte pene crudeli, dove ripetutamente
saranno obbligati a fronteggiare gli errori del loro passato, senza mai trovare
pace, senza mai trovare quiete, senza mai giungere a disporre, anche solo per
un momento, di quell’agognata felicità, di quell’abbraccio di infinito a cui
l’umana stirpe dannatamente aspira.
Madre!
Padre! Presto ci ritroveremo e forse allora, se troverò la forza per fissarvi
negli occhi, rea dell’omicidio dei miei stessi cari, mi inginocchierò di fronte
a voi, come un uomo china il capo davanti a Dio, e vi chiederò perdono, vi
supplicherò di concedermi il vostro perdono. Poiché adesso non vi è altro che
voglio. Adesso non vi è nient’altro che potrebbe salvarmi da me stessa. E
accetterò, sì lo ammetto, accetterò i vostri insulti, i vostri rimproveri, i
vostri calci sul mio viso sporco di sangue e di vergogna. Li sopporterò in
silenzio, stoica, come in silenzio ho assistito al vostro massacro, come in
silenzio ho acconsentito a spalancare le porte all’ombra sull’intera Terra. Possiate
perdonarmi! Un giorno…
Prima di
rivedervi, prima che i fedeli servitori di Ades mi uccidano per il mio
tradimento, dimentichi dei favori e delle grazie che a loro ho concesso, vi è
un ultimo uomo che vorrei vedere. Un ultimo uomo con cui vorrei parlare, anche
solo per un attimo, poco il tempo che mi sarà concesso. L’uomo che mi ha
ricordato cosa siano i sentimenti, i grandi sentimenti, e la fede, in un sogno
di speranza, in un futuro splendente. L’uomo che sfidato un Dio, soltanto per
salvare un fratello, e che, di fronte ai miei occhi indolenti e colpevoli, ha
risvegliato in me i ricordi di un mondo composto da mille sfumature, di colori
e di emozioni, un mondo così simile all’infanzia che mi è stata rubata.
Questo
rosario, che stringo adesso in mano, e che vorrei fosse una corona di spine,
per poter sentire nuovamente il dolore, per poter vedere il sangue sgorgare
fuori dalle mie mani con il suo colore rosso scarlatto, è tutto ciò che sono
riuscita a salvare. Tutto ciò che ho recuperato dai detriti e dalla polvere
della Giudecca, sotto i quali avrei voluto essere sommersa. Ma credo che, se
qualche minuto ancora mi è stato concesso, forse potrò fare qualcosa di buono,
qualcosa di utile. Un ultimo gesto, minimo se paragonato al male di cui mi sono
macchiata, illudendomi di essere nel giusto e non accettando di vivere nel
torto. Ma è stato sciocco credere che un sogno, il sogno di un nuovo mondo,
senza più sofferenza né morte, potesse avere inizio con una strage. La strage
non soltanto della mia vita, ma di tutti i miei sentimenti.
Lo vedo,
adesso, l’uomo che ho aiutato ad uscire dal Cocito, l’uomo che ha saputo
risvegliare il ricordo della bambina che sono stati anni fa, nell’unico momento
felice di cui la vita mi ha fatto dono. Lo vedo, e le parole mi escono di bocca
naturalmente, come se fossimo amici di vecchia data. Sorrido, perché in fondo
avrei voluto davvero che lo fossimo stati.
- Fermati
Phoenix! Se segui Sirio e gli altri morirai! – E poi, abbandonandomi finalmente
a me stessa, alla donna che non ho mai potuto essere. –Ti farò entrare
all’Elisio! Ma tu dovrai vendicarmi! –E piango. Finalmente piango.
© ALEDILEO