Cap.3 La maledizione
“Schifosi!
Porci! Maledetti! Avete aizzato i nibelunghi
contro di me! Avete portato una rivolta nella mia dimora!”
ululò Alberich.
Scalciò più volte. Il semidio si
grattò una guancia, il suo corpo niveo era
avvolto da un alone dorato.
“Risparmia il
fiato” sussurrò. Allungò una spada e
mise la
punta contro il collo del nano. Alberich boccheggiò e il suo
viso divenne
vermiglio, una vena sulla sua fronte pulsò.
Mostrò i denti gialli e si
ritrasse. Si ribaltò e cadde a terra con un tonfo. Wotan si
grattò il
sopracciglio vermiglio e strinse il nodo delle corde e le catene.
“Se vuoi riavere
la tua libertà, ti conviene rivelarci dove
nascondi il tuo oro e il tuo tesoro” sancì.
Inspirò e gonfiò il petto
muscoloso, un rivolo di sudore gli scese lungo la spalla.
“La pagherete
…” sussurrò Alberich con voce stridula.
Tirò
su con il naso e socchiuse gli occhi.
“La pagherete
…” ripeté piagnucolando. Wotan gli
tirò un
calcio e Loge roteò la spada.
“Nel passaggio
la cui entrata è nascosta sotto il mio trono”
spiegò. Loge
gli puntò nuovamente la
spada alla gola e gli fece un graffio.
“E
l’anello?” domandò.
“In …
in tasca …” biascicò il nano. Loge lo
slegò e gli
infilò la mano in tasca, prese l’anello e sorrise,
gli occhi gli brillarono.
“Eccolo
…” bisbigliò.
“Che
l’anello sia maledetto e con lui chi lo
possiederà, con
la sua stirpe e progenie!” urlò Alberich. Loge lo
guardò svanire, si voltò e
osservò Wotan indossare l’anello.
“Questa
sciocchezza ti sarà fatale, non s’indossa
ciò che è
maledetto. Ora andiamo, che i giganti abbiano questo ormai
più letale che utile
oggetto insieme al loro oro” disse e rinfoderò
l’arma.