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Autore: LaRagazzaConLaSciarpaRossa    25/09/2013    4 recensioni
AU!
Elena Gilbert è una giovane avvocatessa appena laureata che viene convinta dalla sua migliore amica Caroline a raggiungerla a New York dove lavora allo studio legale Somerhalder&Wesley. L'ultima cosa che le interessa è farsi coinvolgere da un ragazzo, ma quando conoscerà Damon Salvatore scoprirà che non è facile dire di no a due occhioni profondi.
Dalla storia "Prima di alzarmi dal letto quella mattina, rimasi avvolta dalle lenzuola leggere per dieci minuti buoni. Avevo sognato Damon. Oddio era così strano chiamarlo per nome. Mi dava l'impressione di conoscerlo. E questo non poteva assolutamente essere più stupido visto che avevamo scambiato appena qualche parola sull'aereo mentre cercavo ripetutamente di non vomitare. Ma dovevo essere onesta con me stessa: mi aveva colpito. All'inizio in modo negativo e dopo in modo molto, molto positivo. Era uno sconosciuto e si era preso cura di me in un momento in cui mi sentivo letteralmente morire"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3

Beat Your Heart Out

 

Pov Elena

 

Ero rannicchiata sul divano quando Caroline entrò nell'appartamento con una busta di carta in mano che nascondeva una bottiglia di spumante.

«Tira fuori i bicchieri, dobbiamo festeggiare» ordinò allegra. La guardai perplessa. «Il magico duo comincerà a lavorare insieme domani» aggiunse Caroline aprendosi ad un sorriso caloroso. E allora capii.

Mi alzai in piedi scattante come un'atleta olimpionica e cominciai a saltellare e canticchiare per tutta la casa. Avevo un lavoro! Mi avevano assunta in uno dei più prestigiosi studi legali di New York!

«Ma ne sei sicura? Chi te l'ha detto?». Mi fermai di botto mentre avanzavo verso la cucina. Volevo essere davvero sicura che Caroline ne fosse certa. Non sarei mai riuscita a riprendermi se dopo tanta allegria lo studio avrebbe ritratto.

«Me l'ha detto Stefan poco prima» rispose lei posando la bottiglia sul bancone in marmo della cucina.

«Hai estorto l'informazione con la forza?» la punzecchiai allegra.

«Possiamo dire così» sorrise porgendomi il bicchiere.

Il mio cellulare lasciato sul tavolino del soggiorno cominciò a squillare. Guardai il display e notai che era il numero dello studio. Stavo per ricevere la telefonata di conferma.

«Pronto?» squittii. Ero troppo emozionata per attivare la modalità e il tono professionale.

«Elena? Sono Stefan Salvatore dello studio legale...»

«Ciao Stefan!» lo bloccai ridacchiando.

Caroline di fronte a me si posò una mano sulla fronte per imitare una persona sconsolata. Non riuscivo a fingere, dal mio modo di parlare chiunque avrebbe capito che avevo appena ricevuto una bella notizia.

«Immaginavo che Caroline ti avrebbe informata...fa schifo a mantenere i segreti» disse Stefan e anche se si trovava dall'altra parte del telefono riuscivo a sentire che stava sorridendo. «Ad ogni modo, congratulazioni! Sarai un nostro nuovo associato del primo anno, comincerai già domani, la tua postazione sarà al nostro stesso piano così se avrai bisogno di una mano io e Caroline saremo a disposizione»

«Grazie Stefan! Grazie davvero per questa opportunità!»

«So che lavoreremo bene, allora buonanotte, salutami Care»

«D'accordo, buonanotte». Chiusi il cellulare e guardai di nuovo la mia amica bionda. Non riuscii a resistere, mi avventai su di lei e l'abbracciai. Mi aveva fatto trovare un lavoro e non uno qualsiasi ma quello che sognavo fin da bambina! E mi aveva permesso di vivere con lei!

Dopo la cena e parecchi bicchieri mi gettai a letto stremata. Era stata una giornata fantastica e io non potevo essere più felice. Mi rigirai nel letto per parecchio tempo, non sapevo se era per l'alcol ancora in circolo o l'eccitazione per aver finalmente trovato lavoro, ma non riuscivo ad addormentarmi. La luce dei lampioni sulla strada entrava dalla mia finestra e illuminava debolmente la camera. Era un'atmosfera molto diversa da quella a cui ero abituata. Al posto della bianca luce lunare c'era un sottotono azzurro. Azzurro chiaro come...beh come quegli occhi magnetici sui quali mi ero specchiata e che inspiegabilmente mi ritornavano in mente più spesso di quanto mi aspettassi.

 

La sveglia suonò alle sette in punto. La sera prima Caroline ed io avevamo preparato il mio completo da "primo giorno". Dovevo essere bella e aggressiva, per questo aveva scelto per me, dal suo armadio, un abito bordeaux aderente lungo fino a metà coscia e con una casta scollatura. Caroline doveva assolutamente portarmi a fare shopping con lei. Non potevo andare avanti ancora per molto rubandole i vestiti.

Uscita dal bagno mi recai in cucina per bere una tazza di caffè caldo e trovai la mia amica seduta al tavolo con il portatile aperto e l'aria concentrata.

«Che fai?» domandai curiosa versando il caffè in una tazza da latte.

«Scrivo una fiction» bofonchiò dimenticandosi di alzare lo sguardo dal computer.

Una fiction? E da quando le piace scrivere? «Oh...su cosa?».

Caroline finì di picchiettare sulla tastiera e mi guardò eccitata. «Ti anticipo solo il titolo: "I diari dello Zombie". Ti intriga?»

«Ehm...No, non molto»

«Elena!» esclamò Caroline allibata chiudendo il portatile «I libri sugli zombi sono la nuova frontiera della letteratura! Hai letto “Warm Bodies”?»

«Ehm...ho visto il film!» le risposi «Comunque non mi convincono...insomma sono morti e hanno difficoltà nella deambulazione» feci spallucce.

«Non insultare gli zombie! Potrebbero morderti e trasformarti!»

«Quelli sono i vampiri, Caroline»

«Ha parlato l'esperta» continuò ironica posando la sua tazza nel lavandino.

«Ho letto i libri di Anne Rice!» esclamai seria finendo il caffè.

Caroline prese il suo spolverino beige e lo indossò. «D'accordo Elena, nascondi i tuoi canini e utilizza la super-velocità per andare a lavoro».

Un brivido mi percosse il corpo. Primo giorno di lavoro.

Presi la giacca di pelle e raggiunsi Caroline alla porta.

Nel giro di venti minuti eravamo sotto il grattacielo nella Lower Manhattan, entrammo nell'ascensore e salimmo fino al quarantaduesimo piano. Erano solo le otto di mattina ma molti miei colleghi -oh quanto mi piaceva dirlo- erano già al lavoro alle loro scrivanie. Anziché muoverci verso il corridoio alla destra dell'ascensore, dove c'era l'ufficio di Caroline, ci spostammo verso il lato sinistro seguendo un ampio corridoio arredato con mobili lussuosi e quadri costosi.

«Nell'ala sinistra del quarantaduesimo piano ci sono le stanze degli associati al primo anno» mi spiegò Caroline mentre mi faceva strada «Ti è stato assegnato l'ufficio che avevo io l'anno scorso».

Superammo quattro stanze e ci fermammo davanti alla quinta. Caroline aprì la porta e mi fece entrare. Era una stanza piccola, con una scrivania, una grande finestra e un ripiano in basso dove erano disposti ordinatamente dei libri di diritto. Certamente non era accogliente come l'ufficio di Caroline ma in quel momento ero troppo emozionata per notarlo.

«Si non è il massimo ma sarà solo per un anno» commentò Caroline come se avesse letto i miei pensieri inconsci.

«È perfetto»

«Lo dici perché è il primo giorno, fidati» mormorò la bionda «Allora, oggi cominciano tutti i nuovi associati. Sarete in sei e siete sistemati tutti in questo corridoio. Fai amicizia e sii gentile ma non farti fregare cause o tempo, devi pensare a te stessa, nessuno si fermerà ad aiutarti, beh eccetto me ma io ti voglio bene!». Caroline era entrata in modalità logorroica.

«Siamo arrivate qui presto, a breve ti assegneranno qualche caso, o meglio ti assegneranno ad un avvocato a cui farai da spalla, ma questo solo nei primi tempi, poi farai tutto da sola. Se ti serve una mano vieni da me o vai da Stefan!»

«D'accordo»

«Alle nove c'è la riunione con tutti gli associati, sarà nella prima sala riunioni in fondo a questo corridoio, ci vediamo li d'accordo? Non arrivare tardi!». Non feci in tempo a rispondere che Caroline uscì dall'ufficio come una furia. Era l'effetto del caffè alla mattina, diventava leggermente nevrotica.

Mi sedetti sulla poltrona nera davanti alla scrivania e osservai la stanza girando con la sedia. Le pareti erano bianche, ancora spoglie e c'era un forte odore di nuovo e di pulito. C'era una finestra di grandezza media in fondo alla stanza che dava su alcuni edifici di architettura d'epoca.

Un'ora e molte palpitazioni più tardi mi mossi verso il corridoio che mi aveva indicato Caroline e ne approfittai per fare una rapida conoscenza con gli altri neoassunti: Jamie ed Aimee, due ragazzi afroamericani provenienti dalla Dartmouth, Slater che aveva frequentato Yale, Ben che aveva vinto una borsa di studio alla Columbia per il football ma che inseguito aveva deciso di seguire il corso di giurisprudenza e Aaron un affascinante ragazzo biondo che si era vantato della sua ammissione ad Harvard.

La sala conferenze aveva, come tutte le altre stanze, le pareti vetrate. All'interno erano già sedute una quindicina di persone tra cui, riuscii ad intravedere, anche Caroline.

Un attimo prima di entrare vidi Stefan arrivare dal corridoio opposto. Lui mi vide e sorrise.

«Prima assegnazione delle cause, eccitata?» mi chiese. Notai che gli si erano colorite leggermente le guance. Come se si fosse accorto solo alla fine di aver detto qualcosa di sbagliato.

«Molto»

«Ottimo! Non appena il gran capo finisce di parlare della causa collettiva comincerà la distribuzione» continuò Stefan lanciando un'occhiata all'interno dove un uomo sulla cinquantina in perfetta forma gesticolava allegro davanti ad una lavagna.

«Quello è...»

«Wesley, io lo chiamo il gran capo» ridacchiò «di solito è lui che assegna i lavori mentre l'altro socio fondatore, Somerhalder preferisce giocare sul campo...in attacco»

«La mente e il corpo» commentai.

«Sono due grandi avvocati, non saprei chi scegliere come mentore» ammise Stefan «Entriamo?».

Annuii e varcai la soglia insieme a lui. Ci avvicinammo a Caroline che ci guardava incuriosita.

«Questa è un'azione imponente, un caso che potrebbe portarci al vertice degli studi legali e non credo serva ricordarvi l'impatto che questo avrà sui vostri bonus di fine anno» spiegava il signor Wesley mentre tutti gli associati ridacchiavano «per non parlare di quanto il mio ego gioirebbe nel vedere i Mikaelson perdere contro di noi» altre risate «La "City Gazette" ha ritenuto il precedente studio legale incompetente e l'ha liquidato, perciò le vostre vite private sono annullate fino a nuovo ordine» questa volta gli avvocati non si pronunciarono «Ora, veniamo ai nuovi associati, ho pensato che fa al caso vostro occuparvi di qualche cliente minore».

Il signor Wesley recuperò una cartella dalla quale estrasse un foglio stampato «Ben Mckittrick assisterà Pearl con il test per la Haider Distribution, Jaime Wilson e Aimee Bradley seguiranno il pro bono di Noah, Slater Peterson andrà con Frederick sulla causa penale, Aaron Davis con Connor Jordan ed Elena Gilbert si occuperà del civile insieme a Mary» mi voltai verso la donna che aveva annuito al richiamo di Wesley. Era sulla quarantina e portava i capelli biondi raccolti. Non sembrava molto entusiasta all'idea di diventare la mia istruttrice.

«D'accordo allora, buon lavoro a tutti».

Stefan e Caroline mi salutarono velocemente con un buffetto sulla spalla e uscirono di corsa dalla stanza. Io aspettai in corridoio l'arrivo di Mary.

«Devi farmi doppie fotocopie di tutte le pagine contrassegnate entro le dieci e mezza» ordinò gettandomi in mano un fascicolo che per il numero di pagine faceva invidia all'Anna Karenina di Tolstoj. Annuii silenziosa e osservai la donna scattare come un soldato verso l'ascensore.

Okay non stava procedendo bene come l'avevo immaginato. Mary non rientrava nel gruppo delle fate madrine.

Imboccai il corridoio e mi fermai davanti ad una delle segretarie libere per informarmi sul zona delle fotocopiatrici.

Trascinai il fascicolo come una reliquia per tutto il tragitto finché non entrai in una stanza straripante di scatoloni di cancelleria.

Osservai la fotocopiatrice per qualche minuto. Ne avevo già usate in passato ma questa sembrava seguire un meccanismo di accensione fuori da ogni logica. Provai a picchiettare qualche pulsante a caso e niente. Non succedeva proprio niente. Sbuffai e riprovai. Emise un suono, lampeggiò qualche secondo e si spense di nuovo.

Stavo per cominciare il terzo tentativo quando la porta della stanza si aprì. Magari qualcuno sarebbe stato così gentile da darmi una mano. Mi voltai sorridente piena di grandi speranze e sgranai gli occhi. Non poteva essere vero.

 

Di tutte le persone che pensavo di incontrare lui era senz'altro l'ultimo della mia lista, ma dovevo ammettere che era anche il primo di quelli che speravo di rivedere. Osservarlo mentre mi guardava confuso e perplesso era fonte di gioia; ero riuscita a sorprenderlo ed era una sensazione magnifica perché qualcosa, nel profondo, mi diceva che per attirare l'attenzione dei ragazzi come lui era necessario essere imprevedibili.

Damon aveva ancora la mano sulla maniglia, la bocca socchiusa, gli occhi a fessure e la fronte corrucciata. Indossava dei jeans, un pullover aderente e i capelli spettinati. Inutile raccontarsi storie, era ancora più affascinante di quando lo avevo visto per la prima volta 13.000 metri da terra.

«Tu...» sussurrò impreparato. Era come vivere la scena di un film, due sconosciuti che si rincontrano per caso. Mancava solo una frase sdolcinata e tutto sarebbe stato perfetto «...Non è che sei una stalker, per caso?».

Sgranai gli occhi «Che cosa?» esclamai.

«Come hai fatto a trovarmi?» domandò serio «Sei una...specie di Veronica Mars?»

«Io lavoro qui» risposi secca.

Lui ridacchio. Sembrava sinceramente divertito il che mi irritava parecchio perché la mia non voleva essere una battuta «E da quando?»

«Io...» mi morsi il labbro inferiore «due ore...circa».

Damon scoppiò a ridere e io incrociai le braccia stizzita.

«Non c'è niente da ridire, okay? Tu piuttosto? Che cosa ci fai qui?» sbottai. Lui smise di ridere e mi guardò attentamente mentre richiudeva la porta alla spalle.

«Non credo di dover dare delle spiegazioni a qualcuno di cui non so neanche il nome».

Sbuffai «Elena»

«É un piacere conoscerti, Elena» sorrise avvicinandosi di qualche passo. Eravamo ad un metro e mezzo di distanza circa, avrei potuto tranquillamente indietreggiare e recuperare una certa distanza di sicurezza ma quegli occhi, oddio quei limpidissimi occhi azzurri, mi avevano inchiodata al parquet e cominciavano a minacciare la mia, altrimenti stabile, sanità mentale.

«Che occhi incredibili» continuò lui con voce suadente «Un intenso nocciola...».

Lo osservai attentamente qualche istante e poi lasciai andare una risata divertita «Questo è il tuo modo di flirtare?»

«Che c'è che non va nel mio modo di flirtare?» domandò lui accigliato.

«È un po' banale e...antiquato se vuoi saperlo»

«No, è vintage!» esclamò Damon «E funziona sempre».

Sostenni il suo sguardo con aria di una che stava facendo un'importante riflessione filosofica «Mmm no, non questa volta»

«Ne sei sicura? Perché sono molto bravo con le donne, so essere molto divertente e...» riprese accorciando sempre più le distanze. Mi tremavano le gambe dalla tensione ma dovevo resistere, non potevo farmi condizionare da un paio di occhioni a calamiti, e nemmeno dai capelli vaporosi, il viso da fotomodello o dall'intrigante profumo che lo avvolgeva. Forse non dovevo nemmeno notare tutti questi dettagli...

«Non pensarci neanche» lo fermai posando una mano sul suo torace «Non verrò a letto con te»

«Non ti ho chiesto di venire a letto con me!» disse fingendosi risentito.

Inclinai leggermente la testa verso destra e gli lanciai un'occhiataccia, sull'aereo pochi giorni fa aveva proposto una sveltina, me lo ricordavo solo io?

«Ma l'hai pensato» continuai con fare accusatorio. In realtà mi stavo divertendo molto, Damon mostrava delle espressioni contrariate davvero rivelatrici, dovevo essere una delle poche che gli rispondevano negativamente. E lo capivo, insomma era un bellissimo ragazzo ed era lusinghiero quando uno così notava il colore dei tuoi occhi, ma il modo in cui ci eravamo conosciuti mi portava ad una certa resistenza nei suoi confronti.

«Sei una bella ragazza, non crederai mica che gli uomini pensano ad altro quando ti vedono»

«Mi piace pensarlo, a dire il vero...è il mio punto debole» gli feci l'occhiolino «Comunque se fossi in te abbandonerei i tentativi di abbordaggio nei miei confronti».

Damon alzò leggermente le labbra e sorrise malizioso «Mi hai appena detto di no. Chi mi ferma più adesso».

Alzai gli occhi al cielo e mi voltai verso la fotocopiatrice per nascondere un sorriso spontaneo, impossibile da controllare. «Allora? Cosa fai qui?» tentai d'intavolare un discorso che non causasse un forte rossore alle mie guance.

«In questo preciso momento? Sto cercando di capire che cosa hai fatto alla fotocopiatrice».

Mi voltai verso di lui e poi di nuovo verso il macchinario infernale che aveva preso a lampeggiare. Oddio! Non avevo toccato niente nell'ultimo quarto d'ora!

«Accidenti» imprecai avvicinandomi «Io non so come farla funzionare, non ho mai usato questo tipo di fotocopiatrice».

Sentii Damon muoversi velocemente verso di me e quando si fermò alle mie spalle riuscii a sentire il suo respiro solleticarmi l'orecchio sinistro.

«Fammi dare un'occhiata». Si spostò leggermente di lato e toccò qualche tasto velocemente «Ah ho capito» continuò in tono grave alzando gli occhi cristallini. Perfetto adesso stava per dirmi che l'avevo rotta e avrei dovuto ripagarla. La cosa peggiore era che stavo per dare a Mary un valido motivo per non apprezzare la mia presenza.

«Ti sei dimenticata di mettere i fogli sullo scanner» disse serio.

Sgranai gli occhi e gli tirai un colpetto sul braccio. «E me lo dici così? Sembrava avessi ucciso qualcuno!». Lui ridacchiò divertito. «Che io sappia non è ancora morto nessuno per una fotocopiatrice»

«Se mi prendi ancora in giro tu sarai la prima eccezione» risposi tagliente.

«Che caratteraccio» commentò porgendomi il fascicolo che avevo lasciato sul tavolo alle sue spalle.

«All'occorrenza sono anche gentile» presi il fascicolo e lo sfogliai alla ricerca delle pagine contrassegnate.

«E immagino che dovrò guadagnarmi anche questo». Si avvicinò e mi porse la mano. Io la osservai titubante. Il ricordo della sua stretta sull'aereo era ancora molto forte, in effetti erano passati solo due giorni. Mi bastava guardarla per sentire il calore espandersi in tutto il corpo. «Perché sei così sospettosa Elena? Voglio solo darti una mano con le fotocopie» aggiunse.

«Oh...ehm allora d'accordo» gli passai il fascicolo e lui cominciò a sfogliarlo cercando le pagine indicate da Mary.

«Quindi...anche tu lavori qui» dissi prendendo il foglio che mi stava passando.

«Lo vedi? Sei proprio una grande Veronica Mars»

«E cosa ci fai nella sala per le fotocopie?»

«Gioco a nascondino»

«Wow» finsi ammirazione «E da chi ti staresti nascondendo?».

Pur mantenendo gli occhi sulla macchina notai l'incurvarsi delle sue labbra verso l'alto. «Moglie e figli».

Mi voltai scioccata, con la bocca spalancata. «È uno scherzo, Elena» si affrettò ad aggiungere notando la mia espressione «Non ti hanno mai detto di non credere agli avvocati?»

«È così difficile per te rispondere ad una semplice domanda?» sbuffai irritata.

«Non puoi immaginare quanto» ammiccò misterioso e io sbuffai di nuovo. Era così vago, rispondeva sempre con qualche battutina e io mi sentivo una perfetta idiota perché volevo conoscere qualcosa di lui, sul perché fosse li...era forse sbagliato?

«Qualcuno è mai riuscito ad avere una normale conversazione con te? Perché sinceramente siamo qui da più di venti minuti e l'unica cosa che so di te è come ti chiami»

«Oh allora stiamo facendo conoscenza? Non credevo di essermelo meritato ancora» ridacchiò.

Pensai di rispondergli a tono, di fingermi arrabbiata o infastidita ma volevo stupirlo, trovare una frase che gli restasse impressa. Volevo colpirlo -in tutti i sensi- come lui aveva fatto con me due giorni fa.

«Si, mi piacerebbe conoscerti» dissi calma. Ottenni l'effetto sperato, lui allargò leggermente gli occhi e socchiuse le labbra. La mia espressione seria lo aveva sorpreso più di quanto avrebbe fatto una battutina sprezzante, quale probabilmente si aspettava.

«Cos'è un tentativo di abbordaggio il tuo?» sogghignò strafottente e io roteai gli occhi istintivamente «Scusa, credevo fossi seria quando dicevi di non voler venire a letto con me»

«Ero seria infatti, tra la gente normale voler conoscere qualcuno non è indice di interesse sessuale»

«Si se con gente normale ti riferisci ai personaggi delle fiabe» rispose sarcastico «Ad ogni modo se vuoi conoscermi, dovrem...» ma Damon non riuscì a terminare la frase perché la porta si aprì all'improvviso e Mary entrò con un'espressione truce in volto che tuttavia mutò in una più sorpresa quando vide Damon.

«Damon...?».

Lui le sorrise cortesemente «Ehi Mary!»

«Quando sei tornato?» domandò la bionda dimenticandosi della mia presenza -cosa che avrebbe dovuto essere difficile perché ero praticamente in mezzo a loro due-.

«Chi ha detto che me ne sono andato?» rispose Damon allegro e Mary sorrise. Aspetta cosa? Anche lei sapeva sorridere? Forse non dovevo stupirmi più di tanto, Damon era bellissimo, qualunque ragazza o donna in questo caso, avrebbe voluto presentarsi al meglio per lui.

«Ohu» ridacchiò lei poi il suo sguardo tornò su di me «Sono le dieci e trentadue minuti, sei in ritardo perciò credo proprio che...»

«Perdonala Mary, è colpa mia se è in ritardo, mi ha gentilmente aiutato quando la fotocopiatrice sembrava non funzionare, ma adesso ha finito giusto?». Damon mi guardò e io annuii.

«Oh...allora d'accordo...vai a posarle sulla mia scrivania» mi ordinò Mary «Damon, la mia segretaria ha appena portato il cappuccino, vieni con me?».

Damon sorrise e la raggiunse sulla porta ma prima di oltrepassarla mi fece l'occhiolino.

Stavo per morire, il mio cuore era in fibrillazione.

Raccolsi immediatamente le fotocopie e uscii dalla stanza. Percorrendo il corridoio a ritroso riuscivo a vedere Damon e Mary qualche metro più avanti. Lei continuava ad emettere versetti acuti e imbarazzanti ad ogni parola che usciva dalla bocca di Damon. Mi fermai sul posto quando lei allungò le mani verso la parte bassa della sua schiena.

«Ehi».

Sobbalzai spaventata. Caroline era appena comparsa alle mie spalle, sorrideva sardonica come se avesse capito chi stavo guardando. Anzi togliamo il "come".

«Hai adocchiato il diavolo tentatore?» sorrise Caroline maliziosa mentre Damon spariva dalla mia vista.

«C-cosa?»

«Si, Damon Salvatore lascia tutte senza parole» ridacchiò e io sgranai gli occhi.

«Salvatore?»

«Si! È il fratello maggiore di Stafan, è un associato del sesto anno...»

«È il ragazzo dell'aereo»

«C-cosa?» questa volta era Caroline quella confusa.

«Damon...è lui il ragazzo dell'aereo».

 

Ci avevo riflettuto durante tutta la giornata lavorativa e anche oltre, perché davvero non riuscivo a capacitarmi della cosa. Damon era il fratello di Stafan. Erano imparentati. Erano due opposti che condividevano lo stesso legame di sangue. Ma io non vedevo questa grande somiglianza, né fisicamente né caratterialmente. Beh forse avevano la stessa mascella squadrata, ma per il resto erano il giorno e la notte. Stafan si era dimostrato fin da subito un perfetto gentiluomo, cortese ed educato mentre Damon...beh lui preferiva altri tipi di approcci.

L'entrata in scena di Damon era qualcosa che non mi sarei aspettata nemmeno tra un migliaio di anni. Quante probabilità reali esistevano di incontrare una persona due volte in una città come New York che contava 8.336.697 abitanti?

«Forse è un segno del destino» disse Caroline sparecchiando la tavola. Ne stavamo parlando da ore, o meglio, io ne stavo parlando da ore e lei si era rassegnata ad ascoltare ogni mio pensiero e ogni mia considerazione su di lui.

«Non credo molto in queste cose» sospirai richiudendo l'acqua.

«Non credi nel Karma, non credi al Destino, cosa devo fare con te, Elena Gilbert?».

Ero abituata a pensare che le cose accadevano e basta. Senza una ragione, senza un motivo in grado di spiegarle. Non m'interessava sapere altro, perché molti degli avvenimenti accaduti erano troppo dolorosi e ingiusti per pensare che fossero dovuti a qualcosa di diverso dal caso. Ecco a cosa credevo, al caso.

«Parlami un po' di lui» cominciai ma lo sguardo complice di Caroline mi ammutolì.

«Ohh quindi mi stai implicitamente dicendo che a Damon è bastato uno sguardo per colpire il tuo cuore?» ridacchiò.

Le lanciai un'occhiataccia «Ma cosa dici? Non è assolutamente vero! Io...ecco, vedi io...»

«Tu...balbetti sempre quando sei nervosa» mi bloccò «Non c'è niente di male se senti qualcosa per lui»

«Io...ecco, beh lui è presuntuoso e caparbio e...»

«E ciò significa che ti piace, ti sei sempre innamorata di quelli capaci di tenerti testa» ammiccò lei e io sbuffai. Non volevo dargliela vinta, almeno non quella sera.

«No, non mi piace ma...m'incuriosisce quindi...tu lo conosci? È il fratello di Stefan perciò lo conosci?».

Caroline richiuse la lavastoviglie e si adagiò sul divano bianco. Avevo l'impressione che il suo sarebbe stato un lungo discorso.

«Beh si» cominciò a parlare e io mi avvicinai interessata «Ha cinque anni più di noi, ha frequentato lo stesso liceo privato di Stefan, la Columbia ed è...single, se vuoi saperlo»

«Caroline!»

«Che c'è? Credevo fosse un dettaglio importante!» ridacchiò «Vediamo...lui e suo padre hanno un rapporto un po' complicato, il ché fa di lui una persona un po' complicata»

«Ci sono problemi tra di loro?»

«Da quello che mi ha raccontato Stefan hanno problemi da sempre ma...». Caroline si fermò un attimo, come per raccogliere tutte le informazioni che aveva. «Quattro mesi fa è successo qualcosa di veramente grave, tanto che Damon è volato in Florida, lontano dallo studio»

«Cos'è successo?»

«Non lo so, Stefan non me ne ha mai parlato e io non ho mai avuto il coraggio di chiedergli niente»

«Tu? Davvero tu non avevi il coraggio?» chiesi scettica.

«Cosa vuoi insinuare, Gilbert?» domandò Caroline risentita.

«Niente niente» mi affrettai a rispondere e lei mi fece la linguaccia «Quindi è un tipo complicato, con una famiglia complicata e un carattere impertinente, qualche consiglio?»

«I soliti: stai attenta quando attraversi la strada, non accettare caramelle dagli sconosciuti, lavati le mani prima di mangiare...»

«Caroline...»

«Elena...?». Mi guardò con un'espressione seria «Non ti darò consigli su cosa fare con Damon, okay? I consigli che danno le amiche influenzano troppo e lui...potrebbe essere il tuo grande amore, quello bellissimo e indimenticabile, che tutte le ragazze sognano ma...ovviamente, c'è la possibilità che sia un gran bastardo sessista, e non guardarmi così, è pur sempre un maschio» aggiunse notando la mia smorfia «Perciò non posso elencarti i suoi difetti e convincerti a stargli lontano perché potrei privarti di una grande storia romantica e non posso nemmeno suggerirti di buttarti su lui perché potrebbe finire male e sai quanto mi faccia soffrire vederti distrutta. Non voglio influenzarti con le mie opinioni personali, posso solo dirti che, qualunque sia la tua scelta, qualunque sia la tua decisione io ti supporterò, sempre» terminò abbracciandomi all'improvviso. L'adoravo, era fantastica.

«Okay...beh tanto non mi piace» conclusi ricevendo un'occhiata scettica. Ero così poco credibile?

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Hola genteeee! :D E' la prima volta in assoluto che mi sento abbastanza soddisfatta di qualche capitolo. All'inizio ero bloccata, ma per davvero...avevo il freno a mano del cervello tirato -.- poi qualcosa si è sbloccato come per magia e BUM! Eccolo qui il secondo incontro Delena *^* è stato faticoso davvero perchè avevo moltissime idee diverse e volevo scrivere un sacco di cose diverse o farne un bel mush-up, ma poi era caotico e non si capiva una beata ceppa! Cosa ne pensate???? Se avete dei consigli vi prego, vi supplico di dirmeli senza pietà! Oh cosa vi è parso di questa Caroline neutrale? Nella mia trama mentale non c'è nulla tra lei e Damon che la spinga a mal sopportarlo perciò ho pensato che in qualità di amica, fosse la tattica giusta (io stessa l'ho usata all'occorrenza e non era malvagia ;)). E' un po' - molto - OCC ma mi sono presa la libertà di questa licenza poetica ><. Nel prossimo capitolo proverò a fare qualcosa di ultra super iper difficile....un POV Damon.....sarà un disastro me lo sento ç_ç non sono proprio capace di entrare nella mente maschile.....ma voglio provarci! ù.ù cercherò di applicare qualche trucco di ipnosi a qualche amico per leggergli la mente ù.ù. Ringrazio ancora le fantastiche ragazze che hanno recensito il capitolo precendente e questo: Everlily, Elena78 e Sarawooh. Non so come ringraziarvi per i bellissimi commenti che mi avete lasciato :3 :* Ringrazio anche tutte le ragazze che hanno messo la storia tra le seguite, preferite e anche ricordate! Spero di non annoiarvi mai! Baci a tutte!! :D

  
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